Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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JAZZ DAY BY DAY

 

 

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festival cliccando qui

 

I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre è possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembè di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco è possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Gennaio 2009

JOSHUA REDMAN - COMPASS (NONESUCH) 2009

Post n°1158 pubblicato il 29 Gennaio 2009 da pierrde
 

Track listing: Uncharted; Faraway; Identity Thief; Just Like You; Hutchhiker's Guide; Ghost; Insomnomaniac; Moonlight; Un Peu Fou; March; Round Reuben; Little Ditty; Through The Valley.

Personnel: Joshua Redman: tenor saxophone (1-5, 7-9, 11, 13), soprano saxophone (6, 10, 12); Larry Grenadier: bass (1-6, 8, 10, 12, 13); Reuben Rogers: bass (1, 3, 4, 7-13); Brian Blade: drums (2-4, 6, 8-13); Gregory Hutchinson: drums (1, 2-5, 7, 8, 10, 12).

La prima naturale analogia che colpisce l'ascoltatore è quella con il Sonny Rollins di Way Out West : formazione similare (come già in Black East), influenza riconosciuta dallo stesso Redman, coraggio nel gettare il cuore oltre l'ostacolo alla ricerca del nuovo, del non detto, del rischio (calcolato). Nelle note di copertina è lo stesso sassofonista a raccontare il processo creativo associato alle registrazioni: invece che scolpire e limare le composizioni con maniacale artigianalità come nel precedente album, la scelta è stata di lasciare più spazio all'imprevisto e alla capacità di creazione istantanea dei musicisti. Il risultato è certamente buono, frutto di melodie assimilabili, notevole interplay e forza creativa in un'ottica post colemaniana, libera e associata ad un asciutto lirismo. Anche la formula delle diverse formazioni pare giovare alla espressività del linguaggio: accanto alla voce del tenore in dieci brani e del soprano negli altri tre ci sono cinque pezzi con la doppia sezione ritmica, ben separata in fase di missaggio con le batterie agli angoli estremi ed i contrabbassi più centrali. Nei restanti brani le formazioni sono costituite da sei trii  e due quartetti in permutazioni varie di organico. Dodici composizioni scaturiscono dalla penna del leader, mentre Moonlight è una rilettura del celebre brano di Beethoven. Musica sobria ed elegante, raffinata nelle diverse soluzioni, calibrata sulla personalità esuberante di Redman attorniato da ottimi patners in versione più coloristica che contrappositiva. Brian Blade e Gregory Hutchinson alla batteria e Larri Grenadier e Reuben Rogers al contrabbasso sono infatti musicisti dalla tecnica scintillante ma non sembrano in grado poter spostare gli equilibri in nessuna delle diverse combinazioni. Manca la zampata graffiante, la scintilla, il lampo di genio, il briciolo di imprevedibilità che sanno trasformare in capolavoro quello che invece è solo un buon disco.   

V A L U T A Z I O N E : * * * *

 
 
 

UN NUOVO SITO RICCO DI PRELIBATEZZE

Post n°1157 pubblicato il 28 Gennaio 2009 da pierrde
 
Tag: DAL WEB

E' un sito italiano, ad opera di Alberto Lofoco, ed è dedicato a tre musicisti di Chicago: Anthony Braxton, Roscoe Mitchell e Matana Roberts. Ci sono biografie, discografie aggiornate, in particolare quella considerevole di Braxton, molta musica in mp3 da ascoltare e diversi video. Completano il goloso quadro numerose foto, le formazioni dei diversi progetti dei musicisti e, nel caso di Braxton,  un notevole numero di rimandi a links ipertestuali con interviste, articoli e approfondimenti. Akamu è il sito del management agency dei tre musicisti.

 
 
 

GIORNATA DELLA MEMORIA/GLI ALTRI OLOCAUSTI

Post n°1156 pubblicato il 27 Gennaio 2009 da pierrde

MARIO FRAGIACOMO & MITTELEUROPA ENSEMBLE
La via del Jazz Italiano all'intersezione di
popoli e culture dell'Adriatico orientale e Mitteleuropa


Sabrina Sparti, vocal
Laura Bagarella, voce recitante
Mario Fragiacomo, flicorno-tromba
Roberto Favilla, pianoforte
Furio Romano, sax alto
Fiorenzo Gualandris, basso tuba
Claudio Saveriano, batteria

Musiche e canti della tradizione ebraica interpretate dal Mitteleuropa Ensemble fanno da cornice a letture sulla Shoah.
Una originale fusione di musica e letteratura premiato con la Targa Mazars, award Internazionale dell'Università Bocconi di Milano.
Il Mitteleuropa Ensemble è stato il primo gruppo in Italia che ha studiato l'idioma della tradizione popolare della musica ebraica apportandovi sensibilità jazzistiche e contemporanee, combinando identità e misticismo ebraico con lo spirito del nostro tempo e diventando, nel campo della musica jazz nazionale, una delle più originali ed apprezzate formazioni della musica klezmer. Il gruppo, riunitosi attorno alla figura del trombettista Mario Fragiacomo (che in passato aveva collaborato per molti anni con la TheaterOrchestra di Moni Ovadia), è il simbolo italiano di quel klezmer che fonde le tradizioni ashkenazite con le influenze dell'avanguardia jazzistica. L'essenza è quella di una musica di festa ma allo stesso tempo anche di dolore, che celebra la natura estatica delle sonorità yiddish e crea riflessioni e turbamenti.

Almeno oggi sarebbe significativo che ci si ricordasse anche di tutti gli altri olocausti, vecchi e nuovi, quelli conosciuti e quelli dimenticati. L'elenco è infinito: Tibet, Armenia, Kurdistan, Palestina, Uganda, Haiti, Birmania, Afganistan, Irak, Cecenia, gli aborigeni dell'Australia, gli  indios dell'Amazzonia, i musulmani della Bosnia Erzegovina. E si potrebbe continuare a lungo.....  

 
 
 

ENRICO RAVA - NEW YORK DAYS (E.C.M.) 2009

Post n°1155 pubblicato il 26 Gennaio 2009 da pierrde
 

Enrico ha vissuto a New York per sei anni. Convinto da Gato Barbieri, nel 1967 parti' alla volta della grande mela con 300 dollari in tasca e senza sapere una parola d'inglese. Li conobbe i grandi del jazz e fece esperienze memorabili. Giusto un anno fa ottenne una scrittura di una settimana in un club della città, ed il proprietario volle che Enrico, oltre che con Stefano Bollani, si esibisse con un gruppo. Da li' l'idea di chiamare Paul Motian e Mark Turner, che già avevano collaborato con il trombettista, e Larry Grenadier conosciuto per la sua partecipazione ai gruppi di Brad Mehldau, Pat Metheny e dello stesso Turner. Il progetto si concretizzò grazie a Manfred Eicher nell'album che è da poco uscito e che rappresenta per molti versi, la summa artistica di Rava. Difatti il risultato finale è talmente forte che pare il logico lavoro di un gruppo affiatato che lavora insieme da molto tempo. Una naturale empatia tra i musicisti è la prima impressione di ascolto: Rava ha pescato nel proprio repertorio brani che calzano al meglio per i singoli protagonisti, dando come sempre pochi spunti melodico-tematici ed affidando alla creatività e alla fantasia di ognuno lo sviluppo conseguente. In questo il contributo di ognuno è al meglio delle rispettive capacità: raramente Bollani ha avuto un approccio tanto concentrato, senza fronzoli, diretto alla sostanza della musica. Paul Motian giganteggia dietro le pelli, con quella sua naturale capacità di essere avanti, sopra e sotto il ritmo senza mai perdere il tempo. Un continuo assolo, un accompagnamento stimolante e fuori dalle capacità di qualsiasi altro batterista. Mark Turner è un grande musicista più apprezzato dai suoi colleghi che dal pubblico: ha uno stile asciutto, per nulla appariscente, non concede niente allo spettacolo ma è straordinario per qualità, concentrazione e rigore. La maggiore derivazione stilistica del suo linguaggio è verso Warne Marsh, ma la statura di Turner è  tale da renderlo ormai un modello da imitare per le generazioni successive . Grenadier è un contrabbassista lucido ed essenziale, la sua completa integrazione con Motian è uno dei punti di forza dell'album. Enrico ha un suono assolutamente originale, riconoscibile fin dalla prima nota. Frutto di grande lavoro e costanza, come spesso lui stesso si trova a sottolineare. Quando l'ètà avanza l'intelligenza del musicista consiste nello sfruttare quelli che in apparenza sono i punti deboli. Ecco che allora i tempi delle composizioni sono tutti medio-lenti e gli assoli più pacati che infuocati, carichi di matura consapevolezza, di tranquilla emozione. Non c'è traccia di ritmi altissimi, sovracuti e battaglie tra i fiati. Non ce nè bisogno, questi musicisti sanno donare brividi parlando a voce normale, quasi bassa. E' una conversazione confidenziale, intima, senza retorica e senza enfasi. Un album molto bello, degno suggello dei cinquanta anni di carriera di Rava.

V A L U T A Z I O N E :  * * * * 1/2  

 
 
 

L'ANNUARIO DEL JAZZ 2008

Post n°1154 pubblicato il 25 Gennaio 2009 da pierrde
Foto di pierrde

Un anno di jazz raccolto in un volume speciale da collezionare e consultare, dove saranno indicizzati tutti i festival, le rassegne, i tour, i jazz club e le uscite discografiche del 2008. Il primo Who’s Who del Jazz in Italia. L’Annuario raccoglie e presenta l’attività concertistica jazz in Italia nei dodici mesi del 2008 indicizzando i nomi degli artisti in cartellone, le date, le sedi e tutte le informazioni sugli organizzatori degli eventi. Raccoglierà tutte le uscite discografiche delle label italiane per singola etichetta, attività indispensabile per storicizzare l’attività dei produttori e musicisti italiani. Ampio spazio sarà dedicato a un sommario diviso per categorie con tutte le realtà del jazz in Italia: jazz club, festival, label, agenzie di management & booking, negozi di musica specializzati, fonoteche ed enti concertistici, scuole di musica e media: un database unico. L’Annuario del Jazz 2008, in distribuzione nazionale a partire dal 10 dicembre 2008, sarà suddiviso in quattro sezioni corredate da splendidi servizi fotografici: 1) Programmazione Festival e Rassegne Musicali 2008 (per singolo festival e in ordine geografico) 2) Uscite Discografiche 2008 (per singola etichetta) 3) Uscite Editoriali 4) Database Indirizzi per categorie a) Agenzie di Management & Booking b) Case Discografiche c) Festival & Rassegne d) Jazz Club e) Media (web, radio, riviste, canali satellitari) f) Scuole di Musica g) Studi di Registrazione e Sale Prova h) Varie (enti, fonoteche, etc …)

INFO: Prezzo di copertina: 9 euro

L'ho finalmente ricevuto e sfogliato, e vi assicuro che la bontà del progetto e la ricca messe di informazioni valgono la spesa. L'utilità poi non si esaurisce in una rapida lettura, ci sono decine e decine di indirizzi internet, e, cosa che mi è molto piaciuta, l'elenco di tutti gli album con relativa foto di copertina, usciti nel 2008 a nome di un musicista italiano.

 
 
 

SHAKE THE DEVIL OFF

Post n°1153 pubblicato il 24 Gennaio 2009 da pierrde
 

Per tutti gli abbonati ai canali satellitari Sky questa sera alle 22,55 su Artè (canale n. 544), co-produzione franco-tedesca a tema culturale, il film documentario Shake The Devil Off del regista Peter Entell. Si tratta di una pellicola che documenta la rinascita di New Orleans dopo il passaggio dell'uragano Katrina; l'opera di Entell ha ottenuto il premio come migliore film al Nashville Film Festival nel 2008. Nella vicenda narrata la musica jazz ricopre un ruolo fondamentale, cosi' come la città riveste una importanza particolare nella storia della musica nero-americana. Per saperne di più sul regista e sul film cliccare qui .

 
 
 

PROBLEMI DI SALUTE ANCHE PER DAVID WARE

Post n°1152 pubblicato il 23 Gennaio 2009 da pierrde
 
Tag: NEWS

 

Sono quasi dieci anni che il forte sassofonista si sottopone regolarmente a dialisi. Nonostante ciò la sua attività musicale è sempre stata regolare, permettendogli di partecipare a festival e tournè e facendosi quindi conoscere al pubblico italiano ed europeo. Dal suo entourage giunge purtroppo notizia che lo stadio della malattia è oramai cosi avanzato che la dialisi non è più sufficiente a risolvere il problema, pertanto Ware è in lista d'attesa per un trapianto di rene. Avendo avuto modo diverse volte di ascoltarlo in concerto non posso che apprezzarne moltissimo le doti di musicista generoso e avvincente, e non mi rimane che fargli il mio personale in bocca al lupo. Lo omaggio con un brano particolarmente felice che lo vede alla testa di un gruppo eccellente con David S. Ware saxophone, Matthew Shipp piano, William Parker bass e Susie Ibarra drums. Il brano è registrato dal vivo a Chiasso nel 1998 e fa parte del bellissimo album Live in the World uscito nel 2005. La foto riproduce un dipinto di Mauro Manca, Genesi Materica del 1959.

 
 
 

E' SCOMPARSO DAVID FATHEAD NEWMAN

Post n°1151 pubblicato il 22 Gennaio 2009 da pierrde
 
Tag: NEWS

Una voce facilmente riconoscibile fin dai primi album con Ray Charles e poi, dal 1959 con progetti a proprio nome, si è spenta a 75 anni  per un carcinoma al pancreas. David doveva essere protagonista dell'appuntamento di domenica 25 gennaio al Teatro Manzoni di Milano per la rassegna Aperitivo In Concerto; già da qualche settimana un comunicato parlava delle condizioni di salute in peggioramento e della sostituzione del valente sassofonista con il trombonista Slide Hampton . Purtroppo Newman non ce l'ha fatta e si è spento il 20 gennaio nella sua casa di New York.

Un profilo del musicista sul sito di JazzTimes

 
 
 

SUL PONTE SVENTOLA BANDIERA BIANCA

Post n°1150 pubblicato il 22 Gennaio 2009 da pierrde

 Stiamo parlando dell'industria discografica che, almeno a sentire Ernesto Assante sulla Repubblica del 20 gennaio, dichiara finita la guerra al downloading illegale con una solenne sconfitta:   

"Basta fare guerra a chi scarica la musica su Internet. Mandarli in galera non ci farà guadagnare un solo dollaro in più. L'industria deve dare ai consumatori quello che vogliono, in maniera legittima, assicurandosi che gli artisti, i compositori e le case discografiche siano pagate". 

"Dopo dieci anni di inutili battaglie legali, dopo aver fatto chiudere decine di siti di file sharing illegale e combattuto una infruttuosa guerra ai "pirati", l'industria discografica ha ufficialmente annunciato la fine di un'era e l'inizio di una strategia nuova. Visto che il file sharing non può essere combattuto, visto che la musica gratis è una realtà incontrovertibile, "meglio adattarci a questa realtà", dice ancora Sharkey, "Il 2009 sarà l'anno in cui l'industria della musica smetterà di preoccuparsi e imparerà ad amare la bomba. Il file sharing on line va trasformato in un opportunità, in una fonte di ricavi".
"Se potessimo avere una licenza in grado di far pagare a chi si connette a Internet un solo euro al mese per poter scaricare liberamente la musica, l'industria potrebbe guadagnare 500 milioni di euro al mese, circa 26 miliardi di euro l'anno". Il modello è quello che dai primi anni del '900 è in vigore per le radio, che consentono di ascoltare musica gratis, ma che pagano una licenza per poterlo fare. "Alla fine di tutto quello che conta è la musica", tiene a sottolineare Feargal Sharkey, "e dobbiamo tornare a pensare alla musica prima di tutto".

Meglio tardi che mai, verrebbe da dire, anche se non ho letto una sola riga di autocritica per i prezzi assurdi imposti per decenni, vero boomerang della vicenda. A mio parere le case discografiche hanno poco tempo per sfuggire al disastro completo: questo pare che l'abbiano recepito, ora bisogna vedere se sapranno adeguarsi velocemente e con profitto alle nuove realtà. Intanto, magari, sarebbe il caso di far scendere un poco i prezzi. Non parlo naturalmente delle piccole etichette nate dalla passione di qualche sfegatato jazzofilo: le conosciamo e sappiamo quanto lavoro, dedizione e fatica si cela dietro ad ogni album prodotto. Non a caso il costo di un compact di una piccola etichetta indipendente è del 25-30 % in meno rispetto a quello di una major.  

L'articolo completo su Repubblica

 
 
 

ANCORA SU FAZIO E DE ANDRE'

Post n°1149 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da pierrde
 

Ricevo un commento interessante (anonimo, peccato) al post

 sulla trasmissione di Fabio Fazio dedicata a Fabrizio De Andrè: 

Lungi da me dire che quella di Fazio sia una trasmissione perfetta,

 ma mi indicate - per favore - quali sarebbero i programmi a cui Fazio si

dovrebbe ispirare? Fazio invita dei jazzisti (da quanti anni non vedevate un

 jazzista in prima serata in televisione?) e giù critiche; Fazio ricorda De

Andre (chi avrebbe dovuto ricordare: Little Tony? Nino D'Angelo?) e giù

critiche. No, proprio non capisco.

 

Riassumo telegraficamente la mia posizione:

a) la trasmissione nel vuoto televisivo serale rimane tra le poche decenti

b) la presenza di jazzisti è sempre calorosamente ben accetta

c) meglio De Andrè rispetto ai Cugini di Campagna



Nonostante ciò:

a) gli ospiti sono pescati sempre tra i soliti 40-50 nomi. Per lo più si limitano a fare marchetta, avendo in uscita libri, dischi, film o quant'altro. Non c'è nessun approccio critico da parte di Fazio: tutti sono "meravigliosi, bravissimi, unici". Non pretendo che Fazio faccia il Grillo della situazione ma almeno a Tronchetti Provera mi sarei auspicato un trattamento degno di quello che Telecom riserva ai propri abbonati

b) la lamentela riguardo ai jazzisti italiani riguarda il fatto che si tratta sempre degli stessi 10 nomi. Detto questo., meglio Rava più volte al giorno che una sola volta di Cicchitto, Bondi e Capezzone

c) Memorial di Little Tony e altri cadaveri eccellenti sono praticamente quotidiani, cambiano solo i contesti, ma, quelle che erano piacevoli canzoncine e nulla più sono oramai un tormentone televisivo sintomo di spaventosa arretratezza culturale del paese.

Credo che lo spirito libero e anarchico di De Andrè sarebbe stato molto scettico su una commemorazione televisiva,. La trasmissione ha riservato meno melassa e meno retorica del previsto. Rispetto ovviamente la decisione di Dori Grezzi, certamente si è trattato di un'isola felice nel marasma del tubo catodico ma continuo a pensare che il contesto rimanga inadeguato, fuori tempo e forse nemmeno in linea con le idee dell'omaggiato

 
 
 

MARTIN LUTHER KING : IL JAZZ PARLA DI VITA

Post n°1148 pubblicato il 20 Gennaio 2009 da pierrde
 

« Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli. »

In occasione della commemorazione della nascita di   Martin Luther King  ho ripescato un breve, magnifico testo scritto dal reverendo nel 1964 a BERLINO per l'inaugurazione del Jazz Festival. Parole bellissime ed attuali, proprio come il famoso discorso I Have a Dream di cui riporto un breve video con i sottotitoli in italiano.  

God has wrought many things out of oppression. He has endowed his creatures with the capacity to create and from this capacity has flowed the sweet songs of sorrow and joy that have allowed man to cope with his environment and many different situations.

Jazz speaks for life. The Blues tell the story of life's difficulties, and if you think for moment, you will realize that they take the hardest realities of life and put them into music, only to come out with some new hope or sense of triumph.

This is triumphant music.

Modern Jazz has continued in this tradition, singing the songs of a more complicated urban existence. When life itself offers no order and meaning, the musician creates an order and meaning from the sounds of the earth which flow through his instrument.

It is no wonder that so much of the search for identity among American Negroes was championed by Jazz musicians. Long before the modern essayists and scholars wrote of racial identity as a problem for a multiracial world, musicians were returning to their roots to affirm that which was stirring within their souls.

Much of the power of our Freedom Movement in the United States has come from the music. It has strengthened us with its sweet rhythms when courage began to fail. It has calmed us with its rich harmonies when spirits were down.

And now, Jazz is exported to the world. For in a particular struggle of the Negro in America, there is something akin to the universal struggle of modern man. Everybody has the Blues. Everybody longs for meaning. Everybody needs to clap hands and be happy. Everybody longs for faith.

In music, especially this broad category called Jazz, there is a stepping stone towards all these.

 
 
 

DOMANI L'INSEDIAMENTO DI OBAMA

Post n°1147 pubblicato il 19 Gennaio 2009 da pierrde

Questa sera a Washington grande festa al Kennedy Centre per un doppio e straordinariamente significativo avvenimento: domani l'insediamento del 44° presidente degli Stati Uniti, il primo nero-americano della storia, e oggi ricorrenza del compleanno di Martin Luther King. Concerto con l'orchestra del Lincoln Center di New York con Wynton Marsalis ed il nostro Francesco Cafiso ospite. Sui giornali americani c'è un fermento di analisi e di articoli storici, con naturalmente protagonista la lunga lotta del popolo nero per il raggiungimento dei diritti civili. Nat Hentoff traccia sul Wall Street Journal una breve storia del ruolo e dell'impulso dato dalla musica jazz e dai jazzisti all'integrazione razziale, raccontando annedoti e vicende dei musicisti storicamente impegnati nella lotta, da Max Roach a Louis Armstrong. Interessante il ricordo di Norman Grantz, celebre impresario e discografico, promotore de Jazz at the Philarmonic, carovana itinerante e poi serie discografica di concerti di musica jazz con i più grandi nomi dell'epoca, bianchi e neri. Grantz pretendeva sempre di fare spettacoli in teatri dove non ci fosse segregazione razziale, a tal scopo rimuoveva personalmente, se necessario, gli infami cartelli sulla separazione dei servizi igienici e non esitava ad intervenire personalmente se notava episodi o comportamenti razzisti tra il pubblico. Questo e molto altro lo potete leggere cliccando qui .

Un altro ricordo sempre di un giornalista e critico musicale americano, Harvey Mandel, su Jazz e diritti civili  nel 1963 lo potete leggere cliccando qui .

Infine concludo con il video, e non poteva che essere Billie con la sua Strange Fruits a ricordare il lungo cammino verso l'eguaglianza e la parità dei diritti. Domani , comunque, sarà l'alba di una nuova era.

 

 

 
 
 

QUINDICI ANNI SENZA DIZZY

Post n°1146 pubblicato il 18 Gennaio 2009 da pierrde

Nat Hentoff, recentemente "licenziato" dal Village Voice, continua comunque a scrivere di jazz su varie testate. Una di queste è il Wall Street Journal, che rappresenta l'equivalente del nostro Sole 24 Ore, e che la domenica pubblica un inserto dedicato alle varie forme di arte ed intrattenimento esattamente come il quotidiano italiano. Hentoff scrive un accorato ricordo di Dizzy Gillespie scomparso in questo mese quindici anni fa. L'articolo è lungo e gustoso, ma una citazione mi sembra interessante per raccontare il Dizzy uomo, grande almeno quanto il Dizzy musicista. Gillespi ammalato di carcinoma al pancreas si potè comunque permettere cure adeguate. Cosa non facile negli States dove non esiste un servizio sanitario nazionale gratuito e per tutti. Proprio per questo motivo Dizzy, sapendo di non poter sopravvivere, disse a Francis Forte, il suo oncologo, che non avrebbe potuto finanziare una fondazione ma che certamente il suo nome avrebbe attirato finanziamenti in grado di aiutare musicisti non coperti o parzialmente coperti dall'assicurazione. In questi quindici anni la Dizzy Gillespie Memorial Found, forte di una cinquantina di specialisti diversi, ha assistito più di mille musicisti.

Il resto dell'articolo lo potete leggere cliccando qui .

 
 
 

LUNGIMIRANZE

Post n°1145 pubblicato il 17 Gennaio 2009 da pierrde
 

Jaco Pastorius: ''Sono il miglior bassista del mondo e vorrei suonare nel tuo gruppo''


Joe Zawinul: ''Levati dai piedi imbecille''

 
 
 

TORNA MARCUS ROBERTS DOPO OTTO ANNI 

Post n°1144 pubblicato il 16 Gennaio 2009 da pierrde
 
Tag: NEWS

Dopo otto anni di silenzio uscirà in primavera il nuovo album di Marcus Roberts, pianista quarantacinquenne che si è distinto in gruppi a fianco di Wynton Marsalis e per una serie di album a proprio nome. Non vedente dall'età di quattro anni, Roberts è in possesso di una formidabile tecnica ed una spiccata sensibilità, fin'ora orientata in maniera quasi esclusiva nella rilettura e rielaborazione di grandi pagine del passato. Non sembra sfuggire alla regola nemmeno l'annunciato nuovo lavoro, dal titolo New Orleans meets Harlem, che mette in fila una serie di composizioni di Jelly Roll Morton, Fats Waller, Scott Joplin, Duke Ellington e Thelonious Monk, ed un solo brano originale. Roberts è accompagnato dal suo trio, Roland Guerin al contrabbasso e Jason Marsalis alla batteria, che oramai ha una storia decennale. Nonostante (o forse, grazie al fatto) che Roberts abbia molti punti in comune con le idee di Wynton, è a mio parere un musicista molto interessante, con grandi potenzialità ed un bagaglio ricchissimo.

 
 
 
 

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