Mondo Jazz
Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.
IL JAZZ SU RADIOTRE
martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30
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JAZZ & WINE OF PEACE
Pipe Dream
violoncello, voce, Hank Roberts
pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig
trombone, Filippo Vignato
vibrafono, Pasquale Mirra
batteria, Zeno De Rossi
Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Messaggi di Ottobre 2009
1. Locker vom Hocker (Sommer) 7: 59 Da sempre ho amato i musicisti capaci di mettersi in gioco ad ogni concerto, in special modo quelli dotati di profondo senso di ironia e autoironia. Da questo punto di vista Gunter Sommer ha poco da invidiare ad Han Bennink, e non a caso i due sono stati a lungo i beniamini di un festival come quello di Clusone, dove più che le star del jazz da sempre sono apprezzati i musicisti dallo straripante calore umano. Questo album è il reincontro dopo trentanni dal primo duo, di due amici, che calcano insieme i palcoscenici di tutto il mondo con il loro Zentral Quartett completato da Conrad Bauer ed Ernst Ludwig Petrowski . Raccontano le storie della loro vita, fatta di complicità, senso del ritmo, passione, follia ed umorismo. Quadretti ora irridenti ora di disarmante liricità, dove marcette ironiche vengono spazzate da brusche accelerazioni, e nel mezzo di un fitto dialogo di matrice free ecco improvvisamente sbocciare una melodia irresistibile. Il piacere dell'incontro e del confronto è traboccante, non c'è competizione, i due si rilanciano l'iniziativa con astuzia e sagacia seguendo una trama spiazzante ma straordinariamente swingante ed appassionante. Nell'album composizioni alternate dei due e tre canzoni di Wolf Biermann arrangiate da Gumpert. Tra i brani migliori, una strampalata Free for Two in cui sembrano fare capolino gli accordi di Tea for Two precede il tema ostinato di Sommer Inside Outside Shout ed il ritmato Funk for two. Dolcissima la melodia di Kami-Fusen, impagabile la feroce e corrosiva satira di Soldat Soldat e simbolicamente caustico il pezzo finale, che tradotto significa Ma Non Può Essere La Fine. Un disco divertente, straripante, dolce ma con un pizzico di malinconia, lirico e a tratti astratto, proprio come è la vita che questi due grandi musicisti cosi' bene sanno descrivere. V A L U T A Z I O N E : * * * * |
Appuntamento raro e prelibato questa sera su Radiotre Jazz Suite: dalle 22,30 in diretta da Botticino sarà possibile ascoltare il concerto del quintetto di Anthony Davis. Il pianista americano non è tra le figure di jazzisti più conosciute, ma la sua caratura artistica è notevole. Negli ultimi vent'anni è divenuto un importante compositore, autore di opere a tutto tondo in cui musica contemporanea, afro-americana e classica si fondono con risultati notevoli. E' del 1986 la prima alla New York City Opera di X, The Life and Times of Malcom X, alla quale sono seguite Under Double Moon (1989), Tania (1992) e Amistad (1997), progetti che spaziano dalla storia del popolo nero a quella dei suoi protagonisti fino a spaziare nella fantascienza. Prima di questa corposa attività, accompagnata anche da una cattedra all'Univesità di California, Davis ha svolto una intensa attività come pianista, sia in solo che con propri gruppi. In Europa era abbastanza popolare negli anni 80' per i suoi duetti con il flautista James Newton ed il vibrafonista Jay Hoggard. Il festival di Botticino lo riporta in Italia con due concerti nella giornata odierna: alle 19 presenta una nuova composizione, Letters from Lincoln per pianoforte solo. Alle 22,30 si esibirà con il quintetto Episteme che lo vede affiancato da Gerry Hemingway alla batteria, Lisle Ellis al contrabbasso, Mark Feldman al violino, J.D.Parran ai clarinetti e flauto. Appuntamento da non perdere. Nel video, unica presenza di Davis su You Tube, una gustosa mezz'ora di lezione attorniato da due cantanti e presentato dal grandissimo trombonista George Lewis. |
Post n°1350 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da pierrde
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Qualche mese fa avevo parlato della crisi editoriale che aveva colpito diversi magazines dedicati alla musica jazz: in Francia Jazz Magazine e Jazzman si sono fuse, con risultati piuttosto buoni, anche se è prevalso lo stile e l'imprintig della rivista più anziana e titolata a discapito della freschezza e della spensieratezza dei più giovani. Negli Stati Uniti si era paventata addiritura la chiusura dello storico Jazz Times, che in pratica dopo il passaggio di proprietà era stampato e spedito solamente agli abbonati. Ora la buona novella per bocca del direttore di Madavor Media, Joan Linch: la rivista avrà una edizione in digitale con un abbonamento ridottissimo, solo 20 dollari annui per 10 numeri mensili, cosa che favorirà sopratutto noi appassionati d'oltre oceano in passato duramente penalizzati da tariffe e ritardi postali. Notevole poi la possibilità estesa a chiunque di poter leggere il nuovo numero, quello di novembre facendosi una propria opinione personale della rivista in maniera assolutamente gratuita scaricando sul proprio pc il sample a questo indirizzo Credo che il magazine sia di buona qualità, il prezzo assolutamente fattibile, pertanto chi decidesse di abbonarsi lo potrà fare cliccando : |
Post n°1347 pubblicato il 27 Ottobre 2009 da pierrde
Sirone (Norris Jones) died on Wednesday 21st October 2009 in Berlin, at the age of 69. He was one of the finest free jazz bassists, appearing on recordings with Pharoah Sanders, Noah Howard, Sonny Sharrock, Marion Brown, Dewey Redman, Cecil Taylor, Phalanx, and, most famously, The Revolutionary Ensemble, with Leroy Jenkins and Jerome Cooper. This bass solo comes from the Marion Brown album 'Why Not', released on ESP Disk in the late 60s. Un breve ritratto del contrabbassista su Wikipedia : |
Post n°1344 pubblicato il 20 Ottobre 2009 da pierrde
Sto per raggiungere il traguardo temporale dei quattro anni: pochi blog a tema squisitamente jazzistico ci sono riusciti. Le visite giornaliere si sono attestate tra le 100 e le 140, contro punte in passato di 200-250. Mi rendo conto dei limiti di un blog frutto di passione personale di un singolo: i neofiti ed i digiuni ne sono espulsi quasi immediatamente, gli appassionati magari vorrebbero più analisi e profondità. Ho scelto volutamente un approccio più "visivo" e meno concettuale per diversi motivi: dal tempo necessario alla scrittura fino alla frequenza dei post . Ogni tanto ho espresso opinioni poco argomentate e affrettate, venendo immediatamente ripreso: segno di un seguito certo non numeroso ma attento. Qualche volta ho commentato l'attualità, dalla politica alla cronaca. Continuerò a farlo, anche se in dosi omeopatiche per non stravolgere l'argomento principe . Tra pochi giorni mi prenderò una vacanza intensiva a base di musica come da moltissimi anni non riuscivo più a fare: andrò infatti a Cormons per seguire l'intero festival (22-25 ottobre). Abituato a partecipare a rassegne e festivals a spizzichi per mancanza di tempo o distanze, mi pare un lusso incredibile. Arrivederci alla prossima settimana con le cronache dal festival. Qui il programma |
Due modi differenti ma ugualmente interessanti di rendere omaggio ad una delle figure più interessanti della pittura contemporanea. In questo secondo video, con la musica di Morton Feldman, scorrono le riproduzioni di alcune delle tele più famose di Mark Rothko. Il suo lavoro si concentrò sulle emozioni di base, spesso riempendo grandi tele di canapa con pochi colori intensi e solo piccoli dettagli immediatamente comprensibili. Per questo può anche essere considerato precursore dei pittori colorfield. È infatti tra la fine degli anni '40 e l'inizio degli anni '50 che sviluppa il suo stile della maturità. Luminosi rettangoli colorati sembrano stagliarsi sulla tela librandosi al di sopra della sua superficie. Tuttavia Rothko rimase semisconosciuto sino al 1960, sostenendosi insegnando arte, prima presso il Brooklyn Jewish Academy Centre e poi alla California School of Fine Arts di San Francisco. http://it.wikipedia.org/wiki/Mark_Rothko |
Cheese Kit Diptych is an installation by artist Walter Willems consisting of two drum kits. In one, full rounds of real (mainly Dutch) cheese sit atop drum stands; in the other, plastic cheese replicas usually found in store display windows are employed. In this absurd setting Willems reinforces the international stereotype of the Dutch by using a classic Dutch export product as its main ingredient. Cheese Kit Diptych was created specifically to be played by world-renowned Dutch improvisational jazz drummer Han Bennink. Bennink, ambassador of the Dutch free jazz scene, is known for his ability to drum on any surface, teeming with humor, virtuosity, and creativity through his animated style. Willems considered his installation incomplete until Bennink played both of the drum kits. The drum performance by Han Bennink was recorded on June 17, 2005 at the Museum of Contemporary Canadian Art where the Cheese Kit Diptych installation was a featured artwork in the Demons Stole My Soul: rock 'n roll drums in contemporary art exhibition. As part of the performance Bennink also played a conventional drum kit and a pair of wooden shoes. Avevo visto all'opera percussionisti di varie estrazioni suonare "strumenti" impensabili, dalla lama della sega percossa con i martelletti (M'Boom Re Percussion) alla sedia utilizzata come kit drum per tenere il tempo del Bolero di Ravel (Breuker Kollektief), ma solo la fantasia vulcanica di Han Bennink, del quale avevo appena postato un altro video di incredibile originalità, poteva fare si che esistesse un set drum a base di .....forme di formaggio, sia reali che di plastica. Potete vederne ulteriori sviluppi anche nella Parte2 , con un kit convenzionale, e nella Parte3 per ...zoccoli olandesi. Cheese ! |
Nato come progetto commissionato da Chuck Helm, direttore del Wexner Center of the Arts dell'Università dello Stato dell'Ohio, Musical Portraits from Heber Springs: Bill Frisell's Disfarmer Project, è diventato un disco pubblicato nel luglio scorso dalla casa discografica Nonesuch. Il lavoro trae la sua ispirazione da una collezione di fotografie realizzate fra gli anni '30 e '40 del Novecento dal fotografoMike Disfarmer. Le fotografie ritraggono gli abitanti della cittadina di Heber Springs nello Stato dell'Arkansas. Si tratta di straordinari ritratti recuperati dopo la morte del fotografo e diventati oggi parte della collezione fotografica del Museum of Modern Art e del Metropolitan di New York. Mike Disfarmer, sconosciuto in vita e oggi venerato alla stregua di un maestro, si chiamava in realtà Michael Meyers ed era nato nel 1884 da genitori tedeschi emigrati negli Stati Uniti. Cresciuto in una comunità agricola, Meyers decise di cambiare il proprio nome in Mike Disfarmer proprio per dissociarsi dalla famiglia e dalla comunità di contadini in cui era costretto a vivere (Meyers in tedesco arcaico significa "fattore"). Sosteneva addirittura di essere stato catapultato nella sua famiglia da un tornado che passava di lì per caso. Contattato anni fa da Chuck Helm, Bill Frisell partì alla ricerca di testimonianze sulla vita e l'opera di Mike Disfarmer. Attraversò mezza America per giungere infine a Heber Springs, Arkansas, dove conobbe il becchino locale, Tom Olstead, fotografato in gioventù da Disfarmer, il quale gli raccontò una serie di aneddoti che permisero a Frisell di meglio focalizzare il personaggio. Ne sono nate una serie di vignette musicali che si pongono da un lato come una sorta di commento in musica delle fotografie in bianco e nero di Disfarmer, e dall'altro come ricostruzione immaginifica delle vicende personali dello stesso fotografo. Pensate inizialmente per un trio (a fianco di Frisell del progetto erano parte anche il virtuoso di steel guitar Greg Leisz e la violinista Jenny Scheinman), le composizioni hanno poi trovato una forma definitiva nelle mani di un quartetto completato dal contrabbassista Victor Krauss. Settantun minuti di musica e ventuno tracce che esplorano un'epoca e una geografia rurale alla quale Frisell ha già tributato svariati omaggi in passato. Bill Frisell si muove perfettamente a suo agio in un territorio a cavallo fra musica country e bluegrass, jazz e blues acustico e dimostra ancora una volta tutta la sua capacità di rendere vivido il paesaggio americano e di sottolinearne il carattere grazie anche all’uso di un strumentazione povera e rispettosa della tradizione (steel guitar, chitarra, mandolino, violino, contrabbasso). Oltre agli originali di Frisell, da segnalare anche due cover: That's Alright Mama di Arthur Crudup e I Can't Help It (If I'm Still in Love with You) di Hank Williams Sr. Fonte : www.rtsi.ch |
Begone Dull Care è sicuramente un cortomertraggio di notevole interesse e largamente in anticipo sui tempi. L’opera di Norman McLaren è datata 1949, ed è forse il primo cartoon in cui, protagonista la musica, non vi è nessuna storia raccontata dalle immagini. Al contrario, i disegni rappresentano l’espressione del flusso di coscienza tipica dell’improvvisazione jazz. McLaren, immedesimandosi nel trio di Oscar Peterson, segue la musica con immagini astratte e funzionali: nella prima parte del filmato linee bianche ottenute con graffi direttamente sulla pellicola, emergono contro il nero dello sfondo per sottolineare le corrispondenti linee musicali di Peterson, poi i colori e i continui cambi di geometrie riprendono l’improvvisazione dei musicisti, accompagnandone l’estro con pari fantasia. L’opera di McLaren è stata accostata al lavoro di Jackson Pollock e anche all’astrattismo di Willem de Koonig. |
Personnel: Keith Jarrett: piano. Creare dal nulla un universo compiuto che solo un attimo prima non esisteva. E’ questa l’esperienza unica che un concerto in solo di Keith Jarrett offre al pubblico che assiste ai suoi concerti. In questo senso il suo nuovo triplo album, che racchiude due concerti dati nell’arco di soli cinque giorni, è a mio parere l’avvenimento discografico dell’anno. Si potrà obiettare che la produzione discografica di Jarrett è divenuta negli anni ipertrofica, che si tratti di piano solo o del trio ogni angolo e piega dell’universo jarrettiano è stata abbondantemente esplorata, ma rimane comunque una qualità complessiva a livello di eccellenza impossibile da ignorare. Testament ripercorre con lo stile unico e immediatamente riconoscibile tutto il complesso mondo interiore che ogni appassionato ben conosce, e lo fa con lievità e ispirazione, con feroce concentrazione e con pagine di bellezza impossibili da descrivere con semplici parole. Proseguendo il filo del discorso intrapreso conRadiance (2002) e The Carnegie Hall Concert (2006) Jarrett propone una sequenza di improvvisazioni di durata media, ognuna in grado di esplorare differenti facce e stati d’animo, ora agitate e pensose, a volte di lirica immediatezza,facendo affiorare sentimenti e passioni spesso di segno opposto, procedendo con lucida determinazione in un cammino che lo vede figura unica nel panorama contemporaneo. Ad un mood di estrazione classica contrappone virate bop, frasi intrise di gospel, ricami di abbacinante folgorazione. Stilemi tipici del pianista, come gli ostinati sulle note basse che immediatamente richiamano le pagine del Koln Concert, sono contrapposti a momenti più liberi e aperti,mantenendo un groove costante nella esplorazione di idee al confine del free.La aperta confessione di Jarrett nelle note di copertina sul difficile periodo che stava vivendo nei giorni dei concerti, la separazione dolorosa dalla moglie, getta una luce ulteriore sul groviglio di pathos, rabbia e dolcezza che marcano indelebilmente ogni brano. Il primo dischetto riporta per intera la serata alla Salle Pleyel di Parigi, e la differenza rispetto agli altri due compact, relativi al concerto alla Royal Albert Hall di Londra, è marcata. La musica è nervosa, agitata, con rari ma magnifici squarci di luce in un mare in tempesta. Il concerto londinese è più pacato, riflessivo, abbondantemente permeato di lucida grazia. Il flusso di idee e di coscienza è ininterrotto,accompagnato dai gemiti e dai lamenti del pianista, il tocco è di vertiginoso splendore, la musica estatica ed intrisa di una profonda spiritualità.Capolavoro. V A L U T A Z I O N E : * * * * * |
AUTORI DEL BLOG
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Inviato da: Less.is.more
il 24/08/2019 alle 11:46
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