Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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JAZZ DAY BY DAY

 

 

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre è possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembè di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco è possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Gennaio 2010

ANCORA PREMI

Post n°1426 pubblicato il 31 Gennaio 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS

Logo Académie du Jazz 2009PALMARES 2009 

Prix Django Reinhardt (musicien français de l’année) : Stéphane Guillaume 

Grand Prix de l’Académie du Jazz (meilleur disque de l’année): Allen Toussaint « The Bright Mississippi » (Nonesuch/Warner) 

Prix du Disque Français (meilleur disque enregistré par un musicien français) : Stéphane Guillaume « Windmills Chronicles » (Gemini/Sphinx) 

Prix du Musicien Européen (récompensé pour son œuvre ou son actualité récente) : Laurent Blondiau 

Prix de la Meilleure Réédition ou du Meilleur Inédit : Stan Getz – Kenny Barron « People Time, The Complete Recordings » (EmArcy/Universal) 

Prix du Jazz Classique : Paris Swing Orchestra & André Villeger  « Swingin’ Sidney Bechet » (Black & Blue) 

Prix du Jazz Vocal : Roberta Gambarini « So in Love » (EmArcy/Universal) 

Prix Soul : Candi Staton « Who’s Hurting Now » (Honest Jons/EMI) 

Prix Blues : Billy Boy Arnold - John Primer - Billy Branch - Lurrie Bell « Chicago Blues : A Living History » (Raisin/Socadisc) 

Prix du livre de Jazz : Ex-aequo : Laurent Cugny « Analyser le jazz » (Outre Mesure) & Gérard Régnier « Jazz et société sous l’Occupation » (L’Harmattan) 

Mention Spéciale : Bo Lindström & Dan Vernhettes « Traveling Blues, The Life and Music of Tommy Ladnier (Jazz’edit, Paris)
Abbiamo più volte parlato su questo blog del significato e dell'importanza  dei premi e delle classifiche che ogni magazine, associazione o ente ogni anno riversa all'interno del mondo jazzistico. Ribadisco che salvo referendum degli appassionati e/o  lettori, nel migliore dei casi si tratta dell'industria che premia se stessa; nessuna particolare enfasi quindi nel leggere i Palmares 2009 dell'Academie du Jazz, ma si impongono alcune osservazioni su nomi e titoli presenti tra i premiati. Innanzitutto trovo interessante l'abum indicato come il migliore: Alain Toussaint ha firmato con The Bright Mississippi un'opera tanto preziosa quanto, a mia impressione, poco  conosciuta e un pò snobbata, almeno in Italia.  Trovo invece  grande concordia di valutazione con la segnalazione del cofanetto People Time che raccoglie le registrazioni integrali di Stan Getz e Kenny Barron. Già l'originale edizione in doppio compact dallo stesso titolo costituiva un capolavoro immenso, testamento musicale di bellezza e profondità sconvolgente di Getz a pochi mesi dalla morte, ma l'edizione integrale di quella breve tournè credo rappresenti un evento e non vedo l'ora di entrarne in possesso (purtroppo solo tramite ordine diretto ad Amazon.fr, poichè il cofanetto non è importato, ma a tal proposito segnalo che 7 cd + libretto di 40 pagine costano su Amazon 32 euro, su altri negozi on-line si arriva ad oltre 100 euro....). Fa piacere infine il riconoscimento, l'ennesimo, alla nostra Roberta Gambarini, sempre più premiata e sempre più brava. E lo dico con la convinzione di un appassionato che pure non vede tra le sue preferenze il canto jazz mainstream.

 
 
 

HAITIAN FIGHT SONG - IL JAZZ ITALIANO PER HAITI

Post n°1425 pubblicato il 29 Gennaio 2010 da pierrde

“Il jazz” italiano in concerto a favore di Medici Senza Frontiere

Dal 31.01 al 02.02 a Milano, Genova, Brescia, Ferrara e Cordenons (PN)
Dal 20.02 al 22.02 a Bologna, Ferrara, Roma, Napoli, Bari, Ancona, Pescara, Firenze, Cagliari, Torino


E’ all’insegna del comune amore per la musica jazz – da cui il titolo della manifestazione: 
Haitian Fight Song. Italian Jazz for Haiti, che rimanda al grintoso spirito del brano di Charles Mingus - che i volti più noti del jazz italiano si ritroveranno sulle scene d’importanti, generosi, teatri e club italiani, per una doppia maratona benefica, i cui proventi saranno interamente devoluti al Fondo Emergenze di Medici Senza Frontiere. I concerti e le jam session in calendario si terranno in due tranche, a pochi giorni di distanza l’una dall’altra: dal 31 gennaio al 2 febbraio a Milano, Genova, Brescia, Ferrara e Cordenons (PN) e dal 20 al 22 febbraio a Bologna, Roma, Napoli, Bari, Ancona, Pescara, Firenze, Cagliari, e ancora Torino (sulla pagina Haitian Fight Song. Italian Jazz for Haiti di Facebook, gli aggiornamenti sul programma della manifestazione – nuove città, venue, artisti - in tempo reale).
Medici Senza Frontiere è la più grande organizzazione umanitaria indipendente di soccorso medico presente ad Haiti dal 1991, i suoi operatori sono intervenuti immediatamente dopo il terremoto operando in strutture di fortuna e curando più di 900 feriti nelle prime 24 ore. Il Fondo Emergenze è lo strumento cardine di MSF per poter essere immediatamente operativi e soccorrere le popolazioni vittime di catastrofi naturali, guerre, epidemie e carestie.
Il progetto nasce dall’intuizione quanto mai inattesa e quasi taciuta (se non fosse che, per fortuna anche nel caso d’iniziative come questa, “la gente mormora”, e non solo sul web) di Riccardo Fioravanti, contrabbassista jazz, decisamente poco avvezzo al mondo dei new media e – fino a qualche settimana fa - alle potenzialità di un mezzo come Facebook. Il suo post del 15 gennaio è infatti stato all’origine di un’istantanea catena di comunicazioni a carattere organizzativo, confluite in un programmazione musicale degna di un festival.
«Nonostante il profondo senso di lutto che tutti noi proviamo in momenti come questo,  riflette Fioravanti, constatare che l’ideale umanitario alla base della nascita del jazz non è affatto morto apporta un senso, sebbene provvisorio e fievole, di speranza: l’adesione spontanea, e istantanea di colleghi e amici, musicisti e non, al progetto
 Haitian Fight Song – Italian Jazz For Haiti dimostra che i sentimenti di compassione, trasporto, devozione, dolore, rabbia, e fede sono pronti a risvegliarsi in ogni coscienza, ma non solo: a trasformarsi in musica per portare speranza, e quanto più sarà possibile anche  risorse, alla gente colpita da calamita tremende, come quella che ha devastato Haiti quest’anno.
 

 
 
 

NUOVO ALBUM PER DAVE HOLLAND

Post n°1424 pubblicato il 28 Gennaio 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS

 


Nuovo album per il contrabbassista inglese Dave Holland in ottetto dal titolo Pathways (Dare2). L'uscita prevista è per il 23 marzo e si tratterà di una edizione limitata; sono previste infatti solo 1000 copie in compact disc ma in compenso sarà possibile scaricarlo sotto forma di download (MP3, Apple Lossless o FLAC). Tutti coloro che prenoteranno la copia del cd sul sito del musicista riceveranno immediatamente il download dell'album. La formazione dell'ottetto comprende Chris Potter (tenore, sax soprano), Robin Eubanks (trombone), Steve Nelson (vibrafono, marimba), Nate Smith (batteria), Antonio Hart (sassofono contralto), Alex Sipiagin (tromba) e Gary Smulyan ( sax baritono). 
"Avevo sempre amato il suono dei gruppi ridotti di Duke Ellington, spesso con un front-line di cinque fiati più la sezione ritmica," dice Holland. "La combinazione di due ottoni e tre sassofoni dà accesso a una vasta gamma di tessiture e colori e permette ad un compositore di evocare il suono di una big band o creare il suono più intimo di un piccolo gruppo."

 
 
 

LEE KONITZ VIDEO CONCERTO E NUOVI JAZZ BLOG

Post n°1423 pubblicato il 27 Gennaio 2010 da pierrde
 
Tag: DAL WEB

La  notte di giovedi' scorso Lee Konitz ha tenuto un concerto al Village Vanguard in trio, accompagnato da Dan Tepfer al pianoforte e Matt Wilson alla batteria. L'evento è stato disponibile in video e lo è ancora in audio, anche scaricabile sotto forma di mp3, sul solito bellissimo A Blog Supreme dove è possibile anche leggere un corposo articolo su Lee  e sulla serata newyorkese. Per chi si fosse perso il video del concerto nulla è perduto: infatti è possibile assistere a tutta la serata al Village grazie al sito Jazz in Rete di cui ho parlato in passato e del quale è bene ricordare anche oggi la messe di informazioni, concerti in streaming, podcast e radio dedicate messe a disposizione degli appassionati. Dall'inizio del 2010 al sito si affianca anche un blog che porta lo stesso nome e al quale va il mio personale benvenuto oltre che sinceri auguri di buon lavoro.



 
 
 

MYRA MELFORD BE BREAD - THE WHOLE TREE GONE (FIREHOUSE 12 RECORDS) 2010

Post n°1422 pubblicato il 26 Gennaio 2010 da pierrde
 

Track listing: Through the Same Gate; Moon Bird; Night; The Whole Tree Gone; A Generation Comes and Another Goes; I See a Horizon; On the Lip of Insanity; Knocking from the Inside.

Personnel: Myra Melford: piano; Cuong Vu: trumpet; Ben Goldberg: clarinet and contra-alto clarinet; Brandon Ross: guitar and soprano guitar; Stomu Takeishi: acoustic bass guitar; Matt Wilson: drums.

Myra Melford è una musicista non molto conosciuta da noi, ma che ha saputo guadagnare il rispetto di critica e appassionati con una carriera ormai lunga ed una serie di album particolarmente interessanti. Ne è riprova quest'ultima fatica, da pochi giorni nei negozi per l'etichetta Firehouse 12 Records. All'impianto pre-esistente, Takeishi, Vu e Ross, qui si aggiungono il clarinetto dai sapori klezmer di Goldberg ed il magnifico drumming di Matt Wilson. Tutte le composizioni sono della pianista, in gran parte concepite per un opera commissionata nel 2004 dalla Chamber Music America, ma qui rivisitate in funzione dei musicisti prescelti. La prima differenza consistente rispetto a precedenti album è la scelta di suonare completamente acustico: accantonati effetti ed elettroniche il suono è ulteriormente impreziosito dalle chitarre acustiche di Brandon Ross che ne tratteggiano palpabili atmosfere di classicità, opportunamente supportate dalla visceralità della tromba di Cong Vu e sostenute da una sezione ritmica scardinante ed effervescente. L'aspetto lirico delle composizioni guadagna moltissimo dalla scelta acustica, gettando luce sulle complesse iterazioni dei fiati e su potenti break di pianoforte, forse gli unici e brevi momenti apertamente free dell'intero album. Accattivante e rigoroso, il lavoro del sestetto richiede pazienza e più passaggi nel lettore per sprigionare tutti gli aromi ed i colori riposti nelle composizioni. L'attenzione dell'ascoltatore è però ampiamente compensata da una musica sincera, appassionata, complessa e ricercata.

V A L U T A Z I O N E:  * * * *

 

 

 

 
 
 

UNA VESTE DIGITALE ANCHE PER JAZZIZ

Post n°1421 pubblicato il 24 Gennaio 2010 da pierrde
 
Tag: DAL WEB



Jazziz è, dopo il decano Down Beat e il rinnovato Jazztimes, il terzo magazine americano dedicato alla musica jazz. Si è diversificato dai confratelli per il compact allegato, i numeri speciali "stagionali" ed una particolare attenzione ai musicisti americani più giovani e meno noti. Ora appare in una veste digitale che comporta alcune novità significative: il primo numero è consultabile on-line a tutti, cosi' come gli arretrati, e se da un lato assomiglia molto alla versione web di Down Beat o Jazz Magazine, dall'altro se ne diversifica per un uso intensivo delle possibilità che offre internet. Cosi' accade che leggendo la recensione del nuovo album dei Chicago Underground Duo sia possibile far partire un mp3 con un brano dell'album. Oppure, nella corposa intervista dedicata a Leo Smith che costituisce il perno centrale della rivista, si può visionare un clip video che mostra il trobettista in concerto con il quintetto. E cosi'ogni pagina, anche quelle pubblicitarie, diventa un concentrato di link, rimandi a siti o clip audio e video. Leggere non è più solo leggere, ma diventa anche ascoltare e vedere la musica. Il mio pensiero va agli amici di Musica Jazz che stanno allestendo il nuovo sito web della rivista: una occhiata a Jazziz potrebbe essere utile......

 
 
 

IL DOTTOR DJEMBE'

Post n°1420 pubblicato il 23 Gennaio 2010 da pierrde
 
Tag: DAL WEB


Nel solco della tradizione radiofonica inaugurata decenni fa da Renzo Arbore, va segnalata la ripresa da alcune settimane del programma di Riondino e Bollani su Radiotre: gags intelligenti e scanzonate e, molto spesso, buona musica come nel caso di questo video che vede una libera improvvisazione a tre, Mirko Guerini, Gianluca Petrella e Stefano Bollani dopo che David Riondino ha effettuato delle libere variazioni sul testo della poesia Il Verme Solitario di Ernesto Ragazzoni. Nel grigiore della programmazione radio, con esclusione di Radiotre, la trasmissione è una delle poche che offre divertimento e cultura cosi' intrecciate tra loro che è difficile dire dove finisce il...cazzeggio e dove si inizia a fare sul serio. Imperdibile.
La trasmissione va in onda il sabato e la domenica dalle 13 alle 13,45 su Radiotre ed è ascoltabile in podcast, comprese le puntate precedenti, all'indirizzo :

 
 
 

THE ELECTRIC MILE : UN MUSEO VIRTUALE PER MILES

Post n°1419 pubblicato il 22 Gennaio 2010 da pierrde
 
Tag: DAL WEB

 


Si tratta di un sito ovviamente, che si ripromette di essere (diventare ?) un museo virtuale dedicato agli anni elettrici del grande Miles. Grafica accattivante, moltissimi bootlegs, cioè concerti live mai editi su album da scaricare tramite download la cui legalità credo sia un optional ma il cui interesse è invece veramente grande. Discografia, sfiziose copertine di album (compresi i bootlegs ), riptoduzione di storici manifesti di concerti, poi anche interessanti interviste (Teo Macero e Herbie Hancock) fanno del sito una lettura interessante grazie anche alla oculata scelta di video, alcuni di qualità non eccelsa ma di notevole interesse musicale. Ci sono anche le riproduzioni di alcuni dipinti del trombettista, dallo stile originalissimo e subito riconoscibile, ed infine una serie di rimandi ad altri siti, perlopiù apparentemente curati dallo stesso autore, che spaziano dai Beatles ai protagonisti della scena di Canterbury. Insomma, c'è molto da vedere e da leggere. Se vi ho incuriosito il blog è :

 
 
 

GLI 80 ANNI DI WHEELER

Post n°1418 pubblicato il 20 Gennaio 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS

Il  14 gennaio Kenny Wheeler, trombettista e flicornista canadese trapiantato da oltre mezzo secolo in Inghilterra, ha compiuto 80 anni. Per la ricorrenza c'è stato un concerto di Kenny alla Royal Academy of Music con moltissimi musicisti ospiti, dal trio Azimuth al Dave Holland quartet e quintet, gruppi che hanno visto Wheeler come protagonista, per finire alla grande big band che raccoglieva molti dei protagonisti di storiche incisioni con il trombettista. La discografia di Kenny è sterminata, in proporzione inversa rispetto al carattere schivo che probabilmente non ha contribuito a farlo conoscere come avrebbe meritato. Molti gli album di notevole interesse che costellano una carriera che lo ha visto dapprima protagonista della scena più radicale inglese, per poi far emergere con il passare del tempo il suo innato lirismo e la grande facilità di scrittura per orchestra. Quattro dischi sopra tutti, almeno a mio gusto, il cui ascolto rende giustizia alle qualità di musicista e compositore: Gnu High del 1975 con una formazione sontuosa (Jarrett, Holland, De Johnette) che interpreta temi di bellezza asciutta e splendente. Double Double You del 1983, sempre con Holland e De Johnette e in più John Taylor e Michel Brecker, un mix esplsivo di forza e grazia. Nel 1990 esce, sempre per E.C.M.  un doppio album per grande orchestra, Music For Large & Small Ensemble, che rappresenta al meglio lo stile compositivo del nostro. Infine, nel 1997 esce Angel Song per quartetto senza batteria (Koniz, Frisell, Holland), caratterizzato da temi lirici e forte empatia tra i musicisti. Ma il mio ricordo personale di Wheeler è legato alla prima volta che lo ascoltai in concerto, per la stupefacente forza che emanava il gruppo (il quartetto di Braxton con Holland e Altschul): un free-bop con l'inconfondibile marchio di Braxton, suonato a pazzesca velocità e con ineguagliabile perizia . Credo che quel gruppo sia stato uno dei migliori mai ascoltati negli anni '70 ed una delle migliori proposte dello stesso Braxton. Il compleanno di Wheeler è stato occasione anche per gli appassionati canadesi per rendere omaggio al trombettista. Su Jazzblog.ca un lungo omaggio fatto di ricordi, interviste, fotografie e video. Interessante anche il ritratto fatto su Wikipedia (in italiano), con biografia e una parziale discografia. Più ricco l'equivalente Wikipedia in lingua inglese con numerosi rimandi e link. Anche All About Jazz Italia grazie a Mario Calvitti ha dedicato un articolo ed una discografia. Tutti i link sotto segnati.







 
 
 

E' USCITO JAZZIT DI GENNAIO/FEBBRAIO

Post n°1417 pubblicato il 18 Gennaio 2010 da pierrde
 

La nostra pubblicazione bimestrale da più di dieci anni è impegnata nella divulgazione della musica jazz in Italia. La preziosa fattura tipografica (stampa in piano e rilegatura con brossura cucita) rende ogni numero della rivista un volume da collezionare.
JAZZIT si distingue per ampie COVER STORY monografiche dedicate ai protagonisti della scena jazz contemporanea e di sempre, e per gli studi abbinati all’allegato discografico edito dalla JAZZIT RECORDS (in collaborazione con il Museo del Jazz di Genova).
JAZZIT seleziona per i propri lettori una ricca agenda di concerti; presenta festival e rassegne; propone concorsi musicali; cura interviste ad artisti nazionali e internazionali; pubblica servizi di approfondimento storico-musicale; ricerca e fa conoscere nuove etichette discografiche nonché i migliori jazz club del nostro Paese e del mondo; cura rubriche di guida all’ascolto e di analisi di standard celeberrimi; recensisce dischi, libri e dvd, prestando particolare attenzione anche ai musicisti emergenti e alle ristampe di album storici; presenta una sezione dedicata all’audiofilia e all’Hi-Fi.
JAZZIT è corredata delle dispense didattiche a cura della Fondazione Siena Jazz.


Fin qui le note di presentazione del nuovo numero del bimestrale della Vanni Editore. A me preme invece parlare della sostanza del magazine, che ormai ha tagliato il traguardo dei dieci anni di vita. Il tempo non è passato invano, la rivista è molto cresciuta e migliorata. Elegante nella confezione e graficamente accattivante, dedica da sempre un grande spazio ai musicisti italiani e non solo ai più noti. Negli ultimi tempi il punto di forza mi pare sia diventata la monografia, scritta solitamente a più mani, riesce a dipingere con pennellate agili ma nello stesso tempo solide e profonde il ritratto del musicista. Ho apprezzato molto il lavoro su Corea e su Zorn, forse perchè ancora oggi protagonisti eccellenti e quindi più intriganti nel mio immaginario di appassionato. Non mi pare invece particolarmente appetibile il compact disc: anche qui fin che è stato possibile un accordo con una etichetta (la Auand) il famigerato dischetto aveva almeno il pregio dell'originalità. Da quando invece ci si è posizionati su compilations pescate nella storia dei grandi protagonisti il mio interesse è scemato di molto. Rispetto alla consorella Musica Jazz però, la rivista umbra concede la possibilità di abbonamento senza cd, ed è proprio quello che farò quest'anno. Altro punto debole, a mio parere naturalmente, è la parte informativa: data la cadenza bimestrale il più delle volte si tratta di notizie "vecchie". Leggo comunque che è alle porte il restlyng del sito web: potrebbe essere la soluzione al problema, demandando alla rete l'attualità informativa si guadagnerebbero anche molte pagine. Migliorabile è sicuramente la parte dedicata alle recensioni, spesso troppo corte, senza possibilità di grande attualità dati i tempi, senza contradditori per quanto riguarda gli album più significativi e anche un pò troppo "italiocentrica" nelle scelte. Mossa vincente e che potrebbe risolvere molti dei "problemi" che segnalo sarebbe il passaggio del magazine da bimestrale a mensile, ma detto questo, che riflette la mia speranza di lettore, dico subito che non conosco i problemi di distribuzione e di gestione che tutto questo comporterebbe. Rimane una rivista intrigante, facilmente leggibile, ricca di interviste e di approfondimenti. Vista la scomparsa del terzo "concorrente" in edicola, la comasca Jazz Magazine, la speranza è che le due rimaste migliorino e si rinforzino sempre di più.

 
 
 

IL NUOVO PROGETTO DI PAT

Post n°1416 pubblicato il 16 Gennaio 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS

 

I

In uscita il 26 gennaio (il 29 in Italia) il nuovo album di Metheny. Ne ho già parlato qualche settimana fa, ma ora che su You Tube si cominciano a trovare i video relativi al nuovo album e al relativo progetto, è utile ritornarci sopra.Complice anche  un articolo-intervista di Anna Lombardi sul Venerdi' di Repubblica che prova a spiegare la nuova avventura del chitarrista americano:

"I tasti di una vecchia macchina perscrivere che picchiettano accordi su tre chitarre elettriche. Piatti e tamburi appesi a un'impalcatura. Decine di bottiglie, mezze piene d'acqua, fissate astrani soffietti. Una manciata di plettri fusi a una cinghia d'automobile che pizzicano su un vecchio basso. E, ancora, due xilofoni e un pianoforte che si animano da soli, muovendosi freneticamente, senza che nessuno li sfiori. Eccolo l'Orchestrion: il nuovo progetto artistico di Pat Metheny che prende il nome da quegli strumenti musicali meccanici comparsi in Europa a fine settecento e ricomparsi in Germania negli anni venti, che permettevano ad un solo apparecchio di emettere suoni diversissimi tra loro."

 

"Ero ancora bambino quando scoprii nella cantina di mio nonno materno, Delmar Bjorn Hansen, che era un grande musicista,uno strano oggetto vecchio di cinquant'anni: sembrava un pianoforte, si suonava come un piano, ma attraverso un complicato sistema di scatole riproduceva il suono di strumenti diversissimi tra loro. Solo dopo scoprii che era un Orchestrion. Ne rimasi affascinato e nel tempo mi sono sempre chiesto: cosa verrebbe fuori applicando il potenziale delle nuove tecnologie a quegli accrocchi acustici suonando melodie jazz ? Questo disco è solo la mia prima risposta."

 

La seconda risposta ci sarà dal vivo, durante la tournè italiana che lo vedrà protagonista nel mese di marzo di diversi concerti nelle città italiane.Intanto i video prefigurano una musica un pò claustrofobica e piuttosto compatta. Oltre i brani che state ascoltando c'è un video che spiega e illustra i vari meccanismi dell'orchestra meccanica. Lo potete trovare cliccando qui

 
 
 

NOVITA' E.C.M DEL MESE DI GENNAIO

Post n°1415 pubblicato il 15 Gennaio 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS

ECM 2107 CD 6025 179 8987 (0)
Kristin Asbjørnsen vocals; Tore Brunborg tenor and soprano saxophones; Tord Gustavsen piano; Mats Eilertsen double-bass; Jarle Vespestad drums

Dopo una trilogia di album ("Changing Places", "The Ground", "Being There"), Tord Gustavsen si muove verso nuove direzioni. La formazione di Restored, Returned conta due musicisti familiari agli ascoltatori di ECM - il bassista Mats Eilertsen ed il sassofonista Tore Brunborg – e la novità della voce blues di Kristin Asbjørnsen sulle poesie di W.H. Auden. Da questa formazione rinnovata scaturiscono interazioni tra duo e trio che poggiano sul linguaggio melodico di Gustavsen.

François Couturier 
Un jour si blanc


ECM 2103 CD 06025 270 2689 (3)
François Couturier: piano

Il piano solo di François Couturier "Un jour si blanc" è concepito dal pianista come il secondo volume di una trilogia e un'estensione del disco in quartetto "Nostalghia" dedicato al regista Andrei Tarkovsky. L'approccio poetico - sia nel modo di suonare, sia nella concezione allusiva - è certamente evidente ed il punto di partenza è una poesia  di Arseni Tarkovsky che da il titolo all'album. E' per questo che la musica si apre seguendo una logica associativa, operando connessioni tra improvvisazioni idiomatiche. "Ho voluto rendere omaggio ad artisti che amo molto" racconta Couturier. Tra questi Johann Sebastian Bach, Arthur Rimbaud, Claude Debussy, Franz Schubert, Toru Takemitsu, Joan Miro, i pittori del Blaue Reiter group ed altri. Il brano "Lune de miel" cita "I Fall In Love Too Easily"... Ma se è vero che il jazz classico resta una delle componenti di questo disco, è anche vero che questo viene filtrato attraverso le scelte di un interprete profondamente imbevuto della cultura europea in campo classico e sperimentale.

Stefano Battaglia/Michele Rabbia
Pastorale

ECM 2120 CD 06025 271 3764 (3)
Stefano Battaglia: piano, prepared piano; Michele Rabbia: percussion, electronics

In questo splendido album, inciso da due musicisti italiani tra i più creativi, si assiste spesso ad un ribaltamento dei ruoli. La percussione lirica sfuma nell'elettronica e la struttura si trasforma in melodia. Stefano Battaglia è qui per ricordarci come il piano sia anche uno strumento a percussione, mentre Michele Rabbia sperimenta tutte le implicazioni tonali di tamburi e piatti. I musicisti suonano con o senza spartito su materiali dalla forma assai aperta, estremamente controllati, che traggono ispirazione dal folklore, dalla musica classica dalle istallazioni artistiche. Battaglia permette ad una serie di splendidi temi di propagarsi attraverso l'intero lavoro di modo che i suoni abbiano lo spazio per poter sbocciare. Il duo per pianoforte e percussione fa parte degli organici prediletti da Battaglia (all'inizio degli anni '90 aveva collaborato con Tony Oxley e Pierre Favre). Dal 2000 è il suo connazionale Michele Rabbia ad essere il suo percussionista principale. Già presente sui due album ECM di Battaglia come improvvisatore e membro del gruppo, con "Pastorale" i musicisti condividono paritariamente il progetto.

Fonte : Ufficio Stampa ECM in Italia

 
 
 

R.I.P. ED THIGPEN

Post n°1414 pubblicato il 14 Gennaio 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS

 

Drummer Ed Thigpen, who was nicknamed "Mr. Taste" and who played on some of Oscar Peterson's finest records in the early 1960s, has died after a long illness. He was 79, and passed away yesterday in Kingdom Hospital in Copenhagen, where he had lived for nearly four decades.

Continua a leggere : http://communities.canada.com/ottawacitizen/blogs/jazzblog/default.aspx

 
 
 

LE FILA DEL DISCORSO

Post n°1413 pubblicato il 13 Gennaio 2010 da pierrde
 

Tirare le fila di quello che non era un 
dibattito organizzato ma
 la semplice notizia dei risultati del Top 
Jazz sta diventando 
complicato: ringrazio tutti gli intervenuti 
per aver espresso le 
proprie opinioni in maniera civile e senza 
scatenare guerre di 
religione. Credo tranquillamente che si possa convivere pur con 
opinioni diff
erenti, soprattutto se la materia del divergere è 
musicale pur con le  sue implicazioni storiche, culturali e filosofiche.
 Ad esempio, personalmente condivido i gusti musicali di Lucio 
(vedi post precedente) cosi’
 orientati verso il free ed il radicalismo di matrice prevalentemente 
europea. Ma nello stesso tempo apprezzo ed ascolto volentieri il 
jazz italiano. Non considero Rava senz’arte ne parte, al contrario 
posso dire che uno dei concerti migliori ai quali ho assistito nello 
scorso anno è stato proprio del quartetto di Enrico. Mi sembra centrata 
in pieno l’analisi che ha fatto Gualberto sugli indubbi meriti del
 trombettista torinese (e se lo dice lui che notoriamente non è mai
 stato tenero verso il jazz nostrano….), in parte condivido anche le 
critiche di Facchi, ma proprio di Riccardo apprezzo il messaggio implicito
 che invita ad ascoltare chiunque a prescindere da quello che si legge di
 positivo o di negativo. A crearsi una propria opinione indipendentemente
 dai Top Jazz e dalle riviste “ufficiali” o dai pareri di appassionati autorevoli, 
tra i quali, appunto, anche lui e Gualberto. Il blog non è terreno adatto per
 analisi più approfondite, proprio come conferma anche  Facchi, ma
 soprattutto ha una funzione diversa: nelle mie intenzioni non è nato per
 contrapporre fazioni ma per stimolare conoscenza, fornire informazioni e
 dare orientamento, nel limite del possibile, alla vastità della produzione
 discografica. Mi piacerebbe parlare più diffusamente di molti dei 
protagonisti di cui parla Lucio . Ricordo però che non c’è una redazione e 
i molti collaboratori che contraddistinguono All About Jazz o Jazzitalia, ma
 una sola persona con i suoi problemi di tempo e di disponibilità. 
L’esperienza di un blog collegato a All About Jazz Italia è naufragata 
piuttosto velocemente, segno che è tutt’altro che facile mantenere un 
impegno costante e continuo. Per la qualità dgli interventi credo che ora
 Mondo Jazz abbia acquisito una suapiccola rilevanza tra una parte degli
 appassionati. Per questo ringrazio ilettori e rinnovo l’invito a chi è i
nteressato a collaborare con articoli,recensioni ed interviste. Il blog
 è aperto e non solo ai commenti.

 
 
 

C'E' POSTA.....E POI SI TIRANO LE FILA SUL JAZZ ITALIANO

Post n°1412 pubblicato il 12 Gennaio 2010 da pierrde
 

Ricevo una mail interessante da Lucio, un appassionato con poca dimestichezza con i meccanismi di un blog. Ne riporto quindi il contenuto:


dopo aver selezionato: blog appassionati jazz 
contemporaneo, è uscita la sua pagina. e così mi sono letto tutta una 
serie di opinioni incentrate esclusivamente sul panorama italiano in 
riferimento all'annuale referendum presumo di musica jazz. Volevo vedere 
se potevano esserci altri appassionati altrettanto interessati e 
conoscere le loro opinioni così sui generis. Spezzando una lancia su un 
panorama più internazionale che mi sembra totalmente assente nelle 
vostre dichiarazioni. sfortunatamente sono totalmente ignorante sui 
blog, non ho idea su come inserirmi nel vostro dibattito, così le mando 
questa e-mail. . Io ho qualche anno più di lei ma sin dagli ultimi anni 
sessanta, allora 18enne il mio interesse è sempre stato attratto dalla 
scena internazionale ed europea. dove i musicisti italiani sono sempre 
stati inesorabilmente assenti soprattutto per la loro incapacità a 
proporsi e a confrontarsi con le nuove sonorità emergenti in quel 
decennio. ho tentato di scardinare la situazione italiana che si è 
mostrata completamente refrattaria a qualsiasi apertura. la mia 
opinione? c'è una omertà mafiosa da regimi dell'est blocco sovietico. 
media, promoter, radio, organizzazioni, tutte protese a chiudere 
ermeticamente ogni apertura possibile. forse per una loro totale 
ignoranza di ciò che succede oltre i confini nazionali. forse la 
conservazione di uno status di appartenenza. ad escludendum. basta dare 
un'occhiata ai concerti ed ai musicisti invitati nei vari festival 
italiani. nullità impressionanti. umbria jazz è alla base di tale 
situazione. come pure siena, coi suoi corsi antistorici. se perfino i 
maestri ne ignorano l'esistenza come si può presumere che gli allievi lo 
conoscano? da dove partire? purtroppo da lontano. dagli anni sessanta. 
quegli anni sono stati uno spartiacque tra un jazz alla fine e una nuova 
oggettività che in quegli stessi anni si proponeva alla platea più 
aperta. il jazz è una musica secolare. la stessa parola non è più 
sufficiente a darne un significato compiuto. nonostante io sia 
refrattario a etichettare un genere o un aspetto, purtroppo non se ne 
può fare a meno. il jazz modale era al canto del cigno, il free jazz 
stava proiettando tutte le potenzialità che lo avrebbero caratterizzato 
nei decenni successivi. in breve Davis e Coltrane erano il vecchio, 
Coleman Taylor Ayler il nuovo che stava emergendo. il free jazz la free 
music la new thing ancora tanto osteggiata negli usa, trovava platee e 
occasioni di lavoro proprio nella vecchi europa. dove? non certo in 
italia? soprattutto in scandinavia, danimarca, olanda, germania. non a 
caso proprio in questi paesi nacque e si sviluppò l'unico movimento 
europeo di tale nome e di tale importanza. a cui si aggiunse 
l'inghilterra con una propria rivoluzione operata soprattutto 
dall'indimenticabile john stevens e dal suo entourage. free jazz, free 
music, free & improvised music, free improvisation, instant composition, 
group improvisation, le definizioni emergenti. altri paesi europei 
vennero coinvolti: l'austria, la svizzera, anche il belgio. uniche 
eccezzioni francia e italia. e nonostante quest'ultima avesse ospitato 
concerti di quei musicisti rivoluzionari. da li parte l'isolamento che 
tuttora continua. ma non è un mio problema. quei paesi videro per primi 
in europa i nuovi musicisti, appunto coleman, ayler, brown, cherry, 
murray, peacock, isenzon, bley, shepp, lyons, tchicai, le avanguardie 
del nuovo verbo. fu poi la volta di parigi, ad ospitare tutta una serie 
di concerti di questi e altri innovatori. la scena di chicago trasferita 
in blocco. tutti documentati dall'etichetta byg - actuel. ricordiamo 
anche circle. tutto questo germinare fecondo produsse i vari brotzmann, 
kowald, schweizer, favre, bailey, parker, bennink, breuker, johansson, 
schlippenbach, hampel, van hove, oxley, stevens, tutto ebbe origine da 
lì. e si diffuse per l'europa intera. pure la francia rimase esclusa da 
questo contesto. sviluppò unicamente un linguaggio smaccatamente copia 
dell'esperienza americana, mai autenticamente autonomo. se si esclude a 
metà settanta l'workshop de lyon e il collettivo che lo supportava. 
negli stessi anni si aggiunse la svezia. quando nei primi anni novanta 
chicago emerse prepotentemente soprattutto per merito di musicisti 
bianchi, il nume tutelare Ken Vandermark non ebbe difficoltà ad 
ammettere che la nuova onda era debitrice della free music europea. 
soprattutto brotzmann e kowald erano i referenti. dopo di allora 
cominciarono gli scambi più proficui con la nuova realtà europea più 
interessante, la norvegia, che assieme alla svezia dei gustafsson, 
sandell, strid si aggiungeva al novero degli innovatori. nel 2000 nel 
suo referendum downbeat consacrò evan parker musicista dell'anno. ebbene 
negli stessi anni girava in solo suonando per l'italia in piccoli ambiti 
quasi amatoriali. per pochi soldi e pochi avventori. incredibile!!!!!!!! 
e vergognoso.|!!!!! negli anni novanta il vancouver jazz festival 
presentava anno dopo anno tutta la scena europea più innovativa e 
rivoluzionaria. col nuovo millennio si affacciarono pure la spagna e il 
portogallo. una delle etichette più prolifiche ed interessanti è appunto 
portoghese. per capirci la black saint nostrana degli anni settanta. non 
è mai esistito un free jazz italiano. stroncato di netto sul nascere. e 
mi sembra che gli appassionati non ne abbiano mai sentita l'esigenza. 
voi stessi vi arrovellate su rava, una prima donna senza arte ne parte. 
fresu, bollani altri prime donne da passerelle demodè. tra il '74 e 
l''80 / '81, il festival di pisa si poneva come l'unica occasione per 
gli appassionati più avveduti di poter ascoltare quelle nuove sonorità. 
ma già in quegli anni un certo luca cerchiari mostrava insofferenza e 
osteggiava apertamente qualunque concerto al grido: non se ne può più. 
vedo con rammarico che un tale soggetto ha fatto carriera. non è un mio 
problema. naturalmente la mia storia partita da così lontano ha 
coltivato propri favourites, tuttora inarrivabili. quando assolutamente 
sconosciuti ai più.
Schlippenbach/Parker/Lovens trio, Howard Riley trio, Spontaneous Music 
Ensemble, Anthony Braxton 4tet, Parker/Guy/Lytton, Gerry Hemingway 4tet 
/ 5tet, Gush, Graewe/Reijseger/Hemingway trio, International Front, 
Drake/Kessler/Vandermark. naturalmente ci sono incisioni superlative 
troppe da menzionare. forse ce ne sarà occasione prossimamente. 
recentemente mi sono imbattuto in una nuova realtà. francese. come 
sempre mi sono gettato entusiasta. e sono in contatto. il verbo? free 
jazz / improvvisazione. il linguaggio comune. come comuni la platea 
continentale. Free Unfold trio, Guerineau/Rogers/Lasserre, the Fish ( 
guionnet/duboc/perraud ), Bennani/Duboc/Perraud trio, 
Lasserre/Duboc/Guionnet trio. Periferia di Francia. incisioni download 
musica + cartaceo. incredibile.
Lascio.

*Free Improvising** has been in our midst for some 40 years now, ever 
since Ornette Coleman arrived on the scene with his personal take on 
jazz music:* *FREE JAZZ*.
(*Barre PHILIPS*)

*Is What You Play Jazz*? Una problematicità che per costoro non si pone.

" *a stringent and meaningful complexity in improvised music is 
sometimes obtained through graphic scorse, harmonic predeterminations, 
and conceptual systems of rules and sighs -- as in Cecil Taylor's 
classical unit concepts. *To name but one better-known example. "

La " *contemporary* *european free music* ". Una breve seppure esaustiva 
lista di europei.

Evan Parker, Barry Guy, Paul Lytton, Tony Bevan, Howard Riley, Keith 
Tippett, John Edwards, Mark Sanders, John Russell, John Butcher, Roger 
Turner, Alex Ward, Alexander Hawkins, *UK*, Sten Sandell, David 
Stackenas, Mats Gustafsson, Raymond Strid, Martin Kuchen, Kiell 
Nordeson, Christen Bothen, Johan Berthling, Matthias Bauer, Sven-Ake 
Johansson, Magnus Broo, Havard Wiik, Fredrik Ljungkvist, Sture Ericson, 
Per-Ake Holmlander, Arne Forsen, Ulf Akerhielm, *Svezia*, Agustì 
Fernandez, Ramon Lopez, *Spagna*, Paal Nilssen-Love, Ingebrikt 
Haken-Flaten, Hakon Kornstad, Ingar Zach, Ivar Grydeland, Tonny Kluften 
*Norvegia*; Alex Donner, George Graewe, Paul Lovens, Peter Brotzmann, 
Wolfgang Fuchs, Burkhard Beins, Martin Pfleiderer, Michael Renkel, Frank 
Gratkoski, Dieter Manderscheid, Achim Kaufmann, Martin Blume, Stefan 
Keune, *Germania*, Fred VanHove, Peter Jacquemyn, Andrè Goudbeek, Luc 
Houtkamp, Ivo Vander Borghi, *Belgio*, Wolter Wierbos, Wilbert De Joode, 
Michael Vatcher, Guus Janssen, Ab Baars, Tobias Delius, Michiel Braan, 
Eric Boeren, Michael Moore, *Olanda*, Carlos Bechegas, Rodrigo Amado, 
Pedro Goncalves, Bruno Pedroso, Hernani Faustino, Gabriel Ferrandini, 
*Portogallo*.

aggiungo anche una panoramica oltre oceano. * *

Solo per restare in ambito afro-americano, citiamo un breve elenco di 
protagonisti tra i più creativi: Matthew Shipp, Rob Brown, Joe Morris, 
Whit Dickey, William Parker, Craig Taborn, Gerald Cleaver, Gary Hassay, 
Tim Berne, Mark Helias, Andrew Baker, Charles Waters, Seth Misterka, 
area *NYC*; Jim Baker, Dave Rempis, Jeb Bishop, Jason Ajemian, Aram 
Shelton, Jason Roebke, Todd Margasak, Rob Mazurek, area *Chicago*; Wally 
Shoup, Reuben Radding, Brent Arnold, Bob Rees, Greg Campbell, Daniel 
Carter, Gust Burns area *Seattle*.

Senza dimenticare la *California* dei vari Alan Lechusza, Christopehr 
Adler, Mark Weaver, Harris Eisenstadt, Damon Smith, Jerome Bryerton, 
Paul Hartsaw, Aaron Bennet, Weasel Walter. *Boston* e il *New Englang*, 
con James Rohr, John McLellan, John Turner, Nate McBride, Curt Newton, 
Pandelis Karayorgis, Charlie Kohlhase, Matt Turner.

E la sparuta pattuglia dei COLD BLEAK HEART di Paul Flaherty con Chris 
Corsano, Matt Heynes, Greg Kelley, Steve Baczkowski.

Ma soprattutto le giovani voci guida del panorama improvvisativo. *Matt 
Bauder*, *Zach Wallace*, *Aaron Siegel*, paritetiche nel *A. Braxton* /* 
M. Bauder 4tet*, così come *Reuben Radding*, *Jeff Arnal*, *Seth 
Misterka*, *Nate Wooley*, *Nate Drury*, col loro collettivo TRANSIT.

Omettendo intenzionalmente di menzionare la personalità più carismatica 
e più importante della scena creative nord-americana, *Ken Vandermark*, 
per la cui opera compositiva è stato insignito dalla Mc Arthur Foundation.

Saluti. Lucio

 
 
 
 

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