Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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Dall'immenso archivio di Radiotre è possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembè di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco è possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Marzo 2010

CIAO ANCHE A NICOLA

Post n°1474 pubblicato il 31 Marzo 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS

 


E' notizia addiritura da telegiornale, è scomparso Nicola Arigliano. Per i meno giovani come me, un personaggio conosciuto fin dai tempi del Carosello. In realtà persona simpaticissima, dalla grande carica umana e dalla lunga carriera artistica. Non posso dire di averlo amato come musicista, molto diversi i miei gusti, ma Arigliano ha sempre goduto di stima e di generale apprezzamento. La notizia con gli approfondimenti è leggibile qui:

 
 
 

R.I.P. HERB ELLIS

Post n°1473 pubblicato il 30 Marzo 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS



 


Se ne è andato domenica, all'età di 88 anni dopo una lunga battaglia contro il morbo di Alzehimer, nella sua casa di Los Angeles. La notizia l'ha data il Washington Post ieri. Ellis, texano di nascita, suono' negli anni 50' per cinque anni nel trio di Oscar Peterson e Ray Brown. Successivamente collaborò spesso con altri chitarristi, da Joe Pass a Tal Farlow. Io lo vidi con il Great Guitars a metà anni 80', un gruppo capitanato da Herb assieme a Barney Kessel e Charlie Byrd. Musica rilassata e rilassante, con una cifra tecnica sontuosa ed una innata capacità di swingare. 
 

 
 
 

PAUL MOTIAN TRIO - LOST IN A DREAM (E.C.M.) 2010

Post n°1472 pubblicato il 29 Marzo 2010 da pierrde
 

Track listing: Mode VI; Casino; Lost In A Dream; Blue Midnight; Be Careful It's My Heart; Birdsong; Ten; Drum Music; Abacus; Cathedral Song.

Personnel: Chris Potter: tenor saxophone; Jason Moran: piano; Paul Motian: drums. 

Una settimana di ingaggio al Village Vanguard nel febbraio 2009 ha consentito a Paul Motian e Manfred Eicher di selezionare questi dieci temi, frutto dei concerti dal vivo di questo inedito ma magnifico trio. Motian è uno dei più grandi e personali batteristi che la storia del jazz ricordi ma sarebbe ormai giunta anche l'ora di riconoscergli le evidenti doti di ottimo e finissimo compositore . Nove dei dieci brani sono difatti ad opera della penna del batterista, pescati tra composizioni passate (Birdsong da Tati, Abacus e Drum Music da Le Voyage) e recenti, e tutte portano impresse una cifra stilistica costituita da tempi medio-lenti, melodie rarefatte e intrise di malinconica bellezza. Grande mattatore dell'album è il sassofono tenore di Potter: cresciuto nell'Electric Be Bop Band, il sassofonista ha grande confidenza con l'accompagnamento asimmetrico e spiazzante del batterista. Se Potter è conosciuto per la carica bruciante ed energetica dei suoi assoli, sopratutto nei gruppi a nome di Dave Holland, in queste pagine si rivela invece un convinto e raffinato balladeur particolarmente a proprio agio su temi lirici e meditativi. Il suono caldo e potente del sax ha un appiglio naturale nel pianismo discreto ma pressante di Moran, qui lucido e autorevole contraltare sia al solista che all'accompagnatore. Sempre che il drumming di Motian possa essere liquidato semplicemente come accompagnamento e non invece come improvvisazione colloquiale a tutto campo con gli altri musicisti. La prova di Moran è degna della massima attenzione, forse ancor più che nei progetti a proprio nome il pianista trova qui espressione di grande concretezza e personalità. Musica ricolma di grazia, ricca di saporiti frutti e aromi inebrianti.

V A L U T A Z I O N E :  *  *  *  *  

 
 
 

UN RACCONTO CHIAMATO JAZZ

Post n°1471 pubblicato il 28 Marzo 2010 da pierrde
 

Performance multimediale quella di ieri sera nella prestigiosa cornice di Castel Masegra a Sondrio. In occasione della giornata FAI di primavera, il trio composto da Franco D'Andrea al pianoforte, Daniele D'Agaro al clarinetto e Mauro Ottolini al trombone ha dato vita ad un set swingante e ricco di emozioni accompagnando le foto di Pino Ninfa. Un programma sviluppato in cinque parti, legato alle radici del jazz con le immagini delle coste africane da dove partirono gli schiavi diretti alle piantagioni di cotone, poi sulle strade del blues in un viaggio musicale e fotografico da New Orleans a New York per terminare con l'ultimo capitolo che racconta le danze, dall'Africa agli Stati Uniti. Foto in bianco e nero che passano al colore solo nell'ultima parte del progetto e che costituiscono un corposo supporto visivo alle musiche suonate dal trio. La musica eseguita passava con disinvoltura dal blues allo swing, raccogliendo qua e la frammenti dei brani di Thelonious Monk, ma anche una stralunata versione di Caravan di Juan Tizol. La mano sapida di D'Andrea si è sentita negli arrangiamenti e nelle cuciture, tanto da rendere difficile distinguere la parte scritta da quella improvvisata. Ottolini si è espresso con la consueta vivacità mobile ed emotiva, con un set ricco di sorprendenti borborigmi e fulminanti improvvisazioni. D'Agaro è un musicista dal suono introverso e riflessivo, perfettamente a proprio agio in questa formazione cosi' ricca di swing in maniera deliziosamente cool. Un ottimo concerto, purtroppo destinato ad una scarsa affluenza di pubblico che a stento ha riempito la saletta del Castello.   

 
 
 

VOTO ANTONIO..... O NO ????

Post n°1470 pubblicato il 26 Marzo 2010 da pierrde




Una delle incognite di queste elezioni è l’ astensionismo di sinistra. Lo spettacolo, annoso e dannoso, delle lotte intestine tra dirigenti sempre più anziani e sempre più narcisi; e la presenza nel Pd di una componente clericale (che non è sinonimo di cattolica) che boicotta in partenza ogni riforma laica sembrano, tra i tanti, i due elementi più respingenti. Così respingenti da rischiare di mettere in ombra perfino le evidenti conseguenze che l’ astensione avrebbe sulla scena politica: rafforzare ulteriormente il centrodestra. Nelle discussioni tra amici, nelle lettere ai giornali, impressiona la natura “nuova” di questi aspiranti astensionisti. In larga parte non appartengono all’ area da sempre irrequieta del radicalismo ideologico o dell’ antipolitica. Si tratta in molti casi di militanti di lungo corso della sinistra storica, profondamente partecipi della vita sociale, gente di sindacato, di partito, di primarie, di assemblee di quartiere, a suo agio nelle faccende pubbliche. Il tono, più che disgustato, è stremato: scusate, ma non ce la faccio più. Oppure si tratta di giovani che si sentono drasticamente esclusi dal discorso pubblico, e ne traggono l’ altrettanto drastica conseguenza di rispondere per le rime: voi non vi occupate di me, io non mi occupo di voi.Alle persone della mia formazione politica e della mia generazione, l’ astensionismo è sempre parso una diserzione imperdonabile. Oggi mi sembra soprattutto un disperato gesto politico, nella speranza di staccare la spina a questa sinistra, e soprattutto alla nomenklatura di questa sinistra, per far rinascere finalmente altro, e altri. Ma con altrettanta onestà voglio spiegare, da cittadino, perché ho deciso di andare a votare, mettendo da parte dubbi e perplessità. E perché considero un errore (un errore, non una colpa) non farlo. Il potere smisurato e quasi senza argini di Berlusconi è una ragione assolutamente ovvia e stradetta, ma non per questo meno evidente, e grave.Una sinistra ulteriormente indebolita (il Pd prima di tutto, ma anche le altre liste di opposizione) confermerebbe lui, e la sua folta claque, nella presunzione di poter fare finalmente e definitivamente da soli. E senza più impicci. Già parla “in nome del popolo” e “in nome degli italiani”: come dirgli “ma non in mio nome” senza andare a votare per l’ opposizione, e a fare numero? Ma accanto a questa ragione, urgente ma tutto sommato contingente (Berlusconi è solo una lunga parentesi di una storia molto più lunga e importante di lui), nella decisione di andare comunque a votare pesa una concezione radicata non solo e non tanto della politica, quanto della persona-cittadino. Per dirla in parole molto semplici, autoriferite per comodità, non riesco a immaginarmi non votante senza sentirmi in disaccordo con me stesso. Non dico in colpa: i sensi di colpa non portano mai lontano. Dico in disaccordo con me stesso.In questo stato d’ animo conterà certo qualcosa il “richiamo della foresta”: se si passa una vita intera a considerare il voto come un diritto-dovere (così, del resto, lo definisce la Costituzione), non è facile passare davanti a un seggio elettorale voltando la testa dall’ altra parte. Ma conta, più di tutto, il fatto che nell’ astensione percepisco un elemento di platealità (mi si nota di più se non vado…) che si incastra perfettamente nell’ eccesso di emotività nazionale. Votare, almeno per me, è un gesto umile e razionale. Significa, lo dico brutalmente, accettare di far parte di una mediocrità collettiva (la democrazia è anche questo) piuttosto che di un’ eccellenza appartata. Votare significa accettare i limiti non solo di un partito e dei suoi candidati, ma anche i propri. Il non voto è una specie di “voto in purezza”, un gesto estetico e sentimentale che antepone l’ integrità dell’ io alla contaminazione del noi. L’ astensionista menefreghista (quello che una volta si chiamava qualunquista) è uno che non si immischia, l’ astensionista nobilee deluso di oggi è uno che non si mischia: cerca di salvare se stesso, la propria coscienza, la propria coerenza, levandoli dal tavolo di gioco e portandoseli a casa. Se è il narcisismo la colpa che, giustamente, si imputa ai dirigenti della sinistra e del centrosinistra, specie i post-comunisti, l’ astensionista sappia che rischia di peccare anch’ egli di narcisismo. Aiuta e serve solo se stesso, lasciando in mani altrui la precaria, vischiosa materia dell’ identità collettiva. Questa sinistra, queste sinistre, sono anche il prodotto delle nostre idee (quelle giuste e quelle sbagliate) e delle nostre vite. I loro pregi e i loro difetti assomigliano molti ai nostri. Aggiungere alla lista dei difetti la rinuncia astensionista, e sottrarre a quella dei pregi l’ umiltà dell’ impegno pubblico, non aiuta di certo a migliorare il bilancio: della sinistra e delle persone di sinistra.

Michele Serra
La Repubblica, 4 giugno 2009



Domenica e lunedì si vota per le regionali, ci avevano promesso liste pulite, le hanno fatte sporche come forse mai erano riusciti a farle prima di questa volta, hanno battuto tutti i record precedenti. I due maggiori partiti, ovviamente PD e PDL, sono infarciti di inquisiti, di condannati, di imputati, di pregiudicati, il record ovviamente spetta al PDL, il PD insegue con un buon numero, l’Udc naturalmente tiene fede alla sua tradizione.




 
 
 

MINA : 70 !

Post n°1469 pubblicato il 25 Marzo 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS

 


Con la solita esagerata retorica che ci contraddistingue, oggi e già da diversi giorni, radio, televisioni e giornali nelle pagine degli spettacoli non parlano d'altro che del compleanno di Mina. Per colmo del contrasto a Lugano, città d'adozione della cantante, tutto è vissuto in maniera riservata come dovrebbe essere giusto e normale. Ma nel nostro paese è rimasto poco di normale, tanto meno di giusto. Francamente non ho mai creduto ai peana incensatori che da anni dipingono Mina come la non plus ultra in qualsiasi campo: è una brava cantante, punto. Leggo a questo proposito sulla Stampa di oggi considerazioni che a mio avviso paiono piuttosto azzardate : 

 Non solo le colleghe avvolte di leggenda, Barbra Streisand o la stessa Aretha Franklin (nata il 25 marzo come lei) la apprezzano: artisti di rilievo sparsi ai quattro angoli del mondo, le riconoscono impensate primogeniture nella complessità del campo musicale: «Mina mai è stata in Brasile eppure Chico Buarque dice che è una delle più grandi interpreti di bossanova. Kenny Barron, pianista jazz della vecchia scuola, ha detto che è la miglior cantante jazz». Dall'Argentina, ci si ricorda che gli unici episodi di tango cantato di Piazzolla sono stati con Mina; Almodovar, che la adora, giura che nessuno come lei sa fare il bolero" 


Magari un bel respiro prima di proporre certi paragoni ?



 
 
 

NOI, CHE ODIAMO GLI AMERICANI.....

Post n°1468 pubblicato il 23 Marzo 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS

Ancora una volta il buon Keith Jarrett è insorto contro il pubblico ad un concerto, reo di disturbargli la concentrazione a...colpi di tosse. E' successo venerdi', e molti tra quotidiani e blog americani parlano dell'episodio, qualcuno con ironia altri con stupore. Ma veniamo ai fatti : 2700 spettatori gremiscono la Davies Syimphony Hall di San Francisco , con biglietti fino a 90 dollari per ammirare il divo in un concerto per piano solo. Dalla Svizzera è giunto il fidato tecnico del suono di casa ECM e tutto è pronto per registrare l'evento destinato a diventare ennesimo capitolo per l'etichetta di Manfred Eicher. Jarrett inizia a suonare un tempo lento e meditativo ma ad un certo punto, ecco, si ode distintamente un secco colpo di tosse. "Al momento giusto" sibila al microfono, ma non fa a tempo a continuare che di nuovo si risente tossire. "Adesso ci sarà il contagio" sbotta Keith e prosegue la sua lamentazione prendendosela anche con i giapponesi, che, orrore, dopo decenni di silenzio religioso hanno iniziato pure loro a tossire durante i concerti. Poi finalmente per una buona mezz'ora gli impudenti spettatori smettono di espettorare ed il nostro si esibisce in contorcimenti e slanci, facendo ricorso a tutto il proprio meraviglioso bagaglio di inventiva e lirismo. Tutto sembra filare nel verso giusto fino naturalmente al nuovo colpo di tosse e alle nuove rimostranze sulla necessità della concentrazione e del rispetto. Intervallo e poi un brano dolce e sussurrato, stoppato da altri colpi di tosse. Jarrett piega la testa sulla tastiera e pronuncia "ok, mi arrendo, volevo sviluppare ulteriormente questo brano ma ho dovuto tagliar corto, i colpi di tosse sono sul nastro" Dal pubblico giungono proteste e urla ( Just play !!) e Jarrett chiede agli spettatori cosa suonare, non prima di aver chiarito che "sono due anni che sto zitto, da Perugia 2007, dove i flash mi hanno disturbato la concentrazione. Qualcosa di strano succede anche qui a S.Francisco. Mi ricorda quella tournè in Europa, li si odiano gli americani." Poi è partito con What is this thing called love seguita da Summertime. Fine del concerto e ovazioni del pubblico con Jarrett che concede addiritura cinque bis.

Miglior commento ? Quello di Christian McBride su Twitter : "Please take some NYQUIL before you go to see Keith Jarrett," 
Leggi tutto qui:

 
 
 

GUIDO MANUSARDI INAUGURA IL NUOVO TEATRO DI CHIAVENNA

Post n°1467 pubblicato il 22 Marzo 2010 da pierrde
 

 


Il mio week-end jazzistico si conclude con il trio di Guido Manusardi che inaugura la nuova sala del teatro della Società Operaia di Chiavenna dopo ben 23 anni di chiusura. Una disponibilità, quella dei musicisti, veramente squisita e di totale servizio verso il recupero di uno spazio culturale a favore della comunità chiavennasca, tanto da rinunciare al compenso della serata. Il concerto si è sviluppato sul filo dei ricordi di Manusardi: dalla scoperta appena ragazzino di quella strana e irresistibile musica che proveniva dal di là dell'oceano grazie a In The Mood di Glenn Miller ascoltata alla radio, fino allo scelta di studiare il pianoforte e quelle meravigliose composizioni di Gershwin, Berlin, Rodgers, Hart, Porter, che nel primo dopoguerra infiammavano il cuore di qualsiasi persona dotata di sensibilità musicale. La carriera musicale di Guido è ben nota, cosi' come le sue peregrinazioni in vari paesi d'Europa anche oltre quella che allora era una cortina di ferro che divideva il mondo occidentale dai paesi di area comunista. Anche lo stile di Manusardi è ben conosciuto: ottimo armonizzatore e sempre attento alle matrici popolari, il suo valore ed il suo nome sono apprezzati in tutto il mondo e tra gli appassionati di ogni nazionalità. Il concerto alla Società Operaia si è sviluppato su binari consueti, con splendidi ed emozionanti momenti in solo ( Summertime, Yesterday, Misty) e notissimi standards ben eseguiti dal gruppo che vedeva un intrigante Alberto Viganò alla chitarra basso e Mimmo Tripodi alla batteria. Quasi due ore di ottima musica mainstream con intercalari tra un brano e l'altro in cui Manusardi, poco dotato da un punto di vista diplomatico ma assolutamente nel giusto nella sostanza, si è scagliato ora contro la pessima musica di consumo trasmessa dai media, ora contro il festival di Sanremo, sempiterno e luciferino nella sua essenza costruita sulla mancanza di cultura musicale di massa.  
 
 
 

BERGAMO JAZZ : GALLIANO/SURMAN E AHMAD JAMAL

Post n°1466 pubblicato il 20 Marzo 2010 da pierrde
 

Il Festival di Bergamo gode di ottima salute, con un Teatro Donizetti sold-out già da un paio di settimane ed una programmazione stuzzicante e originale. Ho scelto la prima serata per due ottimi motivi: una certezza, il leggendario Jamal, ed una produzione originale del festival, il duo Richard Galliano/John Surman.  Nonostante una sola giornata di prove il duo franco-inglese ha dato vista ad un set equilibrato e piacevole. Alternanza di composizioni, dall'iniziale Aurore alla finale Crepuscule di Galliano ma nel mezzo molti brani di Surman tra cui La calada e Hymn, pescati nei rispettivi repertori ed adattati alle esigenze del duo. Classe a profusione e assoli intriganti, ma personalmente non ho visto quagliare qualcosa in più di una onesta disponibilità reciproca: l'impronta principale mi è parsa quella del fisarmonicista, con un Surman più gregario che leader. Insomma, quella luce che pervade organici strumentali identici, Galliano/Portal o i nostrani Biondini/Girotto, non si è accesa ieri sera, anche se mi rendo conto che è difficile fare simili paragoni, e probabilmente non è nemmeno corretto.

La magia che caratterizza i concerti di Ahmad Jamal si è esplicata anche ieri sera: qualsiasi gruppo che suoni prima o dopo il suo viene rapidamente fatto dimenticare dal set del formidabile pianista. L'ennesima prova straripante con una sezione ritmica elastica e coesa e quello stile pianistico unico e inimitabile, fatto di stop and go, di pianissimi che interrompono improvvisamente dei fortissimi, di grande sapienza armonica e di meraviglioso gusto per la melodia, stravolta e rivoltata con facilità e nonchalance. Spalle al pubblico ed in parte anche ai suoi musicisti, Jamal è maestro senza allievi, profeta senza seguaci, inimitabile e inimitato. Dirige il suo gruppo quasi fosse un orchestra, stabilendo tempi e modi degli assoli, tutti rigorosamente entro le coordinate del brano e sempre con l'accompagnamento degli altri musicisti. Uno spettacolo che per l'ennesima volta mi sono goduto, con divertimento e con l'impossibilità di tenere fermi i piedi per l'enorme quantità di swing riversata dal gruppo. Formidabile.

 
 
 

IL CONCERTO - UN FILM DI RADU MIHAILEANU

Post n°1465 pubblicato il 18 Marzo 2010 da pierrde
 

Improbabile, surreale, grottesco, privo di qualsiasi parvenza di verosomiglianza, e per di più nella versione italiana penalizzato da un assurdo doppiaggio (originalmente il film è in francese ed in russo, e sarebbe stato di gran lunga preferibile una versione sottotitolata). Eppure il film di Mihaileanu, il regista di Train de Vie, è in egual tempo una pellicola che diverte, commuove e avvince lo spettatore. Ovviamente non tratterò della trama per non togliere il piacere della sorpresa a coloro che il film non l'hanno visto, basti dire che tra i molti temi, quello centrale che la pellicola sviluppa in maniera esemplare è il rapporto tra immagini, storia e musica, un mix di ingredienti comune alle migliori pellicole che vedono la musica in veste di protagonista. In questo caso si tratta del concerto per violino e orchestra op. 35 di Tchaikovsky, suonato dalla Orchestra Sinfonica di Budapest con la giovane violinista rumena Sarah Nemtanu nel ruolo di solista. Anche se la durata del concerto viene ridotta ed estrapolata, dei circa 22 minuti della partitura originale si ascoltano solo 12 minuti, l'abilità del montaggio e la sapienza narrativa del regista creano una atmosfera ricca di pathos, armonia e struggimento. Se la seconda parte del film è focalizzata sulla musica, nella prima parte il regista dispensa una arguta autoironia sui proverbiali vizi della cultura ebraica, per non parlare delle esilaranti bordate alla grottesca versione della democrazia che trionfa oggi in Russia. Il tutto tratteggiato con mano ferma ma lieve, venata da un abbondante pizzico di surreale ironia. In un mondo dove trionfano insulsi e volgari cinepanettoni o noiosi e prevedibili action-movie di stampo amerikano, ecco un film da non perdere, proprio perchè imperfetto e sgangherato, ricco di grande musica e di corrosiva ilarità.  Non un capolavoro, ma tra le migliori storie che attualmente è possibile vedere in sala.

 
 
 

LA STORIA DI GIUSEPPI LOGAN

Post n°1464 pubblicato il 16 Marzo 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS

Parrebbe l'ennesima storia del musicista jazz maledetto e sfortunato, ma questa volta sembra che il finale sia lieto. Giuseppi Logan ebbe una breve e folgorante stagione creativa a metà degli anni '60, quando incise per l'etichetta ESP a capo di un gruppo notevole che vedeva Don Pullen al pianoforte, Milford Graves alla batteria e Eddie Gomez al contrabbasso. Grande interesse della critica e degli appassionati all'ascolto delle registrazioni, ma il musicista, divorato da droghe e disagio mentale, scomparve letteralmente nel nulla. Ogni tanto sui magazine americani si leggevano lettere di appassionati che ne chiedevano informazioni, ma il velo di silenzio si è rotto solo un anno e mezzo fa.


Una vicenda simile a quella che tempo fa riportò alla attività musicale il contrabbassista Henry Grimes, per decenni vissuto come un homeless e poi riconosciuto da un appassionato che lo aiutò a reinserirsi e a riprendere la sua vita di musicista. Logan ricompare a New York dopo quasi 40 anni ed alcuni video postati su You Tube nel 2008 ne documentano lo stato di bisogno ma, a differenza di Grimes, nonostante le diccoltà non ha mai perso confidenza con gli strumenti musicali. Il trombettista Matt Lavelle lo inserisce nel proprio gruppo, esibendosi anche in concerto come documenta questo video del 2009.
L'ultima notizia proveniente dagli States è giunta da pochi giorni sotto forma di un nuovo disco a nome Giuseppi Logan Quintet uscito per l'etichetta Tompkins Square Records e che vede il nostro a capo di un gruppo con il formidabile Dave Burrell al pianoforte, Warren Smith alla batteria, Francois Grillot al contrabbasso e Matt Lavelle alla tromba. L'ho appena ascoltato e la prima impressione è quella di una forte continuità espressiva, un ritorno carico della stessa intensità emotiva decisamente interessante e ricco di possibili sviluppi.
 
 
 

SALVATORE BONAFEDE TRIO - SICILIAN OPENING (MUSIC EYES) 2010

Post n°1463 pubblicato il 13 Marzo 2010 da pierrde
 

Track listing: Sicilian Opening; La Grande Ilusion; Ideal Standard; bbbb; WWW; Blackbird; It Plays From Far; Appunti su Palermo; Italian Ingegno; Lode al Silenzio; She's Leaving Home; Torre Ligny.

Personnel: Salvatore Bonafede: piano; Marcello Pelitteri: drums; Marco Panascia: bass. 


Un nuovo album tutto siciliano, e contemporaneamente tutto newyorkese, per Salvatore Bonafede. Il pianista siciliano, per anni residente negli Stati Uniti, si produce per l'etichetta palermitana Music Eyes a capo di un trio classico con alla sezione ritmica Marcello Pellitteri e Marco Panascia, rispettivamente a batteria e contrabbasso, siciliani residenti da tempo a New York.

La prima notazione è per la coraggiosa etichetta Music Eyes: non solo produce album di qualità artistica ma anche i dischetti sono confezionati per il piacere della vista: si tratta infatti di compact disc che ricordano graficamente con gusto e splendido effetto visivo i vecchi long playing. Di Bonafede è inutile ricordare agli appassionati la lunga carriera e le prestigiose collaborazioni, da Paul Motian a Joe Lovano passando per un numero imprecisato di altri big; quello che importa è la qualità artistica dei suoi album e questa nuova uscita non è da meno rispetto alla fama conquistata dal pianista siciliano. 

Una musica melodicamente frizzante, perfettamente supportata da una sezione ritmica in gran forma e assolutamente pertinente, che mette in rilievo la vena lirica ed il gusto mediterraneo di Bonafede, attento ai temi ma anche all'aspetto puramente ritmico del trio, bilanciato e coeso. Come sempre negli album del pianista a conquistare immediatamente è l'aspetto cantabile delle composizioni, ma nel corso di ripetuti ascolti si intuisce un profondo lavoro armonico ed un attento coinvolgimento della ritmica. Esemplare da questo punto di vista la versione di due brani dei Beatles, Blackbird e She's Leaving Home . Prova intensa e perfettamente riuscita che conferma Bonafede come una delle voci più originali del jazz nostrano.

V A L U T A Z I O N E :   *  *  *  1/2 

 
 
 

IN THE MOOD OF CHET

Post n°1462 pubblicato il 12 Marzo 2010 da pierrde
 

 



dagli Studi di Milano:"In The Mood of Chet", è un progetto per ricordare Chet Baker, il grande trombettista statunitense tragicamente scomparso il 13 maggio 1988. Misurarsi con un repertorio di standard per omaggiare la figura e l'arte di Chet Baker, e amalgamare il tutto con alcuni brani originali, è un esercizio ostico e complesso per chiunque, tanto è alto il rischio di prevedibilità al quale si va incontro. Ma l'impresa è riuscita, riuscito è questo mix di originalità e mood bakeriano che propone i più famosi eaffascinanti standard jazz in un' insolita condotta a due voci: quella di Lara Iacovini in grado di evocare, sorprendentemente, il timbro "angelico" di Chet, e quella di Riccardo Fioravanti al contrabbasso.Con loro Massimo Colombo al pianoforte e Giovanni Falzone alla tromba.

Radiotre, venerdi' 12 marzo ore 22,30 

 
 
 

JASMINE : IL DUO TRA JARRETT E HADEN

Post n°1461 pubblicato il 11 Marzo 2010 da pierrde
 
Tag: NEWS


Il sito www.keithjarrett.org annuncia per maggio l'uscita di un nuovo album in duo di Keith Jarrett e Charlie Haden, probabilmente registrato nel marzo 2007 direttamente negli studi di casa Jarrett nel New Jersey. Per ora si conosce il nome dell'album, Jasmine, e naturalmente l'etichetta, la ECM. Il video invece proviene dal film documentario Rambling Boy uscito qualche tempo fa sulla vicenda umana di Charlie Haden.

 
 
 

CLIMA PESANTE

Post n°1460 pubblicato il 10 Marzo 2010 da pierrde

 
 
 
 

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