Mondo Jazz
Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.
IL JAZZ SU RADIOTRE
martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30
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JAZZ & WINE OF PEACE
Pipe Dream
violoncello, voce, Hank Roberts
pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig
trombone, Filippo Vignato
vibrafono, Pasquale Mirra
batteria, Zeno De Rossi
Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Messaggi di Giugno 2010
Unica tappa italiana della tournè europea quella al Teatro degli Arcimboldi di lunedi' sera. Shorter mancava da Milano da moltissimi anni ed il pubblico è accorso numeroso all'appuntamento con il consolidato quartetto che oramai vanta una vita quasi decennale costellata di pochi ma celebrati album (Alegria con formazione allargata, Footprints Live e Beyond The Sound Barrier). Il gruppo formato dal pianista panamense Danilo Perez e dagli statunitensi John Patitucci al contrabbasso e Brian Blade alla batteria mostra un affiatamento ed una compenetrazione ragguardevoli: la voce di Shorter sia al tenore che sopratutto al soprano rappresenta ancora oggi una delle più emozionanti esperienze ascoltabili in concerto. Circa un'ora ed un quarto suonate tutte d'un fiato prima di un breve bis hanno messo in luce una trama fittissima, ricca di snodi premarcati in mezzo ad una vasta prateria sonora affidata all'improvvisazione ed ai dialoghi tra gli strumentisti. Musica densa, materica, di poca godibilità melodica, senza appigli ne consolazioni di nessuna natura, nemmeno ritmica , e che marca costantemente una forte distanza da situazioni sia post-bop che post-free. Brevi esplosioni della batteria di Blade hanno avuto come controaltare passaggi di stampo cameristico ad opera del contrabbasso archettato, mentre l'intenso lavoro contrappuntistico di Perez ne ha mostrato più il lato colto europeo che non l'apetto latineggiante. Il settantasettenne Shorter, pur malservito dall'amplificazione, ha mostrato una vena introspettiva e sperimentale ancora pulsante e spumeggiante. Un gruppo formidabile, lontano da qualsiasi classificazione pre-costituita e alla costante ricerca di soluzioni nuove e personali. |
Post n°1539 pubblicato il 29 Giugno 2010 da pierrde
Suoni e Visioni 2010 Dopodiciannove anni di storia gloriosa, nei quali la manifestazione ha assunto unruolo centrale nella proposta musicale nazionale, “Suoni e Visioni” è statacancellata con una secca dichiarazione rilasciata il 28 aprile al quotidiano LaRepubblica dall’assessore alla cultura e vicepresidente della Provincia diMilano, Novo Umberto Maerna (PdL). “Suoni e Visioni” era nata con lo scopo di rappresentare una frontieraartistica in cui legare l’alta qualità musicale con l’universo dell’immagine,per un legame simbiotico e interdisciplinare, di stretta relazione tra i duecampi, nell’elaborazione dei generi e nell’incontro dei linguaggi: un festivaldi ricerca e di indagine fuori dal perimetro commerciale, con molti spettacolie performance nati appositamente e in esclusiva per la nostra rassegna, oraridotta al silenzio da un nuovo esempio di cattiva politica e diamministrazione sorda, indifferente al ruolo di proposizione culturale.Nellasso di tempo – ormai quasi un anno – intercorso dal suo insediamento, nél’Assessore, né dirigenti della Provincia o suoi assistenti, hanno mai indicatola volontà di chiuderci e neppure è stato mosso alcun rilievo circa i contenutiospitati nelle diciannove edizioni sinora approntate. E nemmeno è statorigettata alcuna ipotesi disegnata per il 2010: frutto di sollecitazioni erichieste periodiche, le scalette di concerti e appuntamenti opzionati perl’edizione numero venti (Natalie Merchant, Alan Stivell, Henry Threadgill, eHairy Bones, il nuovo progetto di Peter Brotzmann erano tra gli artistitrattati, a ribadire la trasversalità, lo sguardo a 360° garantito sempre da“Suoni e Visioni”), sono state raccolte e messe in un cassetto. Nel segnalare difficoltà di bilancio, ci è maistato chiesto di provvedere a un’edizionein economia e sicuramente tutte le soluzioni individuate andavano in tal senso,con un brusco, sostanziale taglio dei costi (nei preventivi superiore al 60-70%rispetto al 2009). Untale rigore non è bastato, a dimostrare che la volontà non andava certo nelsenso di un salvataggio di “Suoni e Visioni”, ma di un suo ingiustificatoazzeramento: ancora più grave se si considera che dal 1991 giunte e assessoridi diverso colore politico si sono succedute, senza mai mettere a rischio losvolgimento della rassegna. Tali scelte, miopi e prive di alcun criterioartistico, non sono mai state comunicate (o discusse) a chi il festival l’haideato e diretto sin dalla sua fondazione: e ora la città, gli appassionati,gli operatori del settore e la critica che ci hanno sempre robustamente eaffettuosamente sostenuti, sono privati di una voce che nel tempo è stata distimolo, suggerimento per tante altre manifestazioni. Ilfuturo messo così duramente a repentaglio è ancora fosco e incerto, ma ogniimpegno sarà profuso, anche senza il sostegno della Provincia di Milano, permantenere e rilanciare il marchio e lo spirito di “Suoni e Visioni”: che non èproprietà esclusiva di un assessore, ma appartiene ai musicisti, al pubblicoche li ha ascoltati e applauditi, a chi l’ha pensata e guidata con passione inquesti anni. Enzo Gentile (ideatore e direttore artistico ditutte le diciannove edizioni) Giusto per fornire una sommaria, rapida e incompleta panoramica sugli artisti ospitati a “Suoni e Visioni”, spesso inesclusiva o per la prima volta in Italia, ecco un elenco indicativo, in ordinecronologico: Philip Glass, Abdullah Ibrahim, Terry Riley, Steve Reich, John Lurie/Lounge Lizards,Elvis Costello, Jan Garbarek, Chieftains, Michael Nyman, Penguin Cafè Orchestra,Diamanda Galas, Italian Instabile Orchestra, Joe Jackson, Bill Frisell, HenrykGorecki, Kodò, Baden Powell, Klezmatics, Arvo Part, Fugs, John Cale, DervisciRotanti di Konya, Ludovido Einaudi, Goran Bregovic, Bert Jansch, Bang on a Can,Compay Segundo, Enrico Rava/Richard Galliano, Wim Mertens, Balannescu Quartet,Angelique Kidjo, Joan La Barbara, Bryan Ferry, Youssou ‘N Dour, Marc Ribot,Renè Aubry, Mick Taylor, Popa Chubby, Archie Shepp, Elliott Sharp, Don Moye,John Surman/Jack De Johnette, Brian Eno, Nigel Kennedy, Manu Dibango/RayLema, Orchestra Baobab, Jon Hassell, Randy Newman, Meredith Monk, Hot Tuna,Nicola Piovani, Antony and the Johnsons, Bobby Previte, Pink Martini, Tuxedomoon, Adrian Belew,Toumani Diabate, Robert Plant, Anthony Braxton/William Parker, Dirty DozenBrass Band, Trilok Gurtu, Hector Zazou, Natasha Atlas, Fatima Miranda, BillLaswell, Evan Parker, Roscoe Mitchell/Wadada Leo Smith, Bettye Lavette, TomVerlaine, Richard Thompson, Tony Levin, Omar Sosa, Donovan, Eric Andersen, FredFrith, Seun Kuti, David Byrne, Scott Matthew, Kurt Rosenwinkel, Bat for Lashes. |
In questo inizio d'estate, tra festival che vanno ad iniziare e altri che si spengono, mi piace ricordare uno dei primi e più importanti festival documentati con una pellicola cinematografica. Jazz On A Summer's Day è un capolavoro, un capostipite ed una assoluta goduria per tutti coloro che amano la musica jazz. Se su You Tube è possibile vederne spezzoni, oggi si può reperire abbastanza facilmente il dvd o la videocassetta con l'intero film. Il primo video che propongo documenta l'inizio della pellicola ed io trovo straordinariamente pertinenti le immagini baluginanti dell'acqua commentate dalla musica di Jimmy Giuffre. Il secondo video è invece il trailer del film con ampio spazio dedicato a Louis Armstrong. Interessante è la scheda dedicata all'opera su Wikipedia, che riporto in lingua originale. Jazz on a Summer's Day (1960) is a documentary film set at the 1958 Newport Jazz Festival in Rhode Island, and filmed and directed by noted commercial and fashion photographer Bert Stern. The film mixes images of water and the city with the performers and audience at the festival. It also features scenes of the 1958 America's Cup yacht races. The film is largely without dialog or narration (except for periodic announcements by emcee Willis Conover). Also appearing are Buck Clayton, Jo Jones, Armando Peraza, and Eli's Chosen Six, the Yale College student ensemble that included later-legendary trombonistRoswell Rudd, shown playing Dixieland as they drive around Newport in a convertible jalopy. Many performances ran long, so that the last act, Mahalia Jackson, did not appear on stage until after midnight, wowing the audience with The Battle Hymn of the Republic. The movie was written by Albert D'Annibale and Arnold Perl. It was directed by Aram Avakian, Bert Stern. In 1999, the film was selected for preservation in the United States National Film Registry by the Library of Congress as being "culturally, historically, or aesthetically significant". Lineup : Jimmy Giuffre 3: Jimmy Giuffre, Bob Brookmeyer, Jim Hall Thelonious Monk Trio: Thelonious Monk, Henry Grimes, Roy Haynes Sonny Stitt and Sal Salvador Anita O'Day George Shearing Dinah Washington Gerry Mulligan Quartet: Gerry Mulligan, Art Farmer Big Maybelle Chuck Berry Chico Hamilton Quintet Louis Armstrong and his All-Stars: Trummy Young, Danny Barcelona Armstrong & Jack Teagarden Mahalia Jackson |
In Italia tiene ban ![]() Incredibile anche quello che è successo a Calgary, Canada. Ieri avrebbe dovuto iniziare il festival che nell'arco di sette giorni proponeva diversi nomi, molti anche di livello assoluto (Chick Corea, Cedar Walton, Joshua Redman....). Invece sabato gli organizzatori hanno proclamato il black-out: troppi debiti pregressi dalle scorse edizioni, poche prevendite, pochi finanziamenti ed il grosso timore di dover sospendere il festival dopo i primi concerti. Inconcepibile però che si sia arrivati a festival organizzato ed ad un soffio dal via per accorgersi di tutti questi problemi. La cronaca dei fatti ed i risvolti della vicenda sul blog a tema jazzistico del quotidiano di Ottawa. http://communities.canada.com/ottawacitizen/blogs/jazzblog/default.aspx |
Filmé le 18/06/2010 à La Maison de la Danse de Lyon Description Blue Lady, solo mythique de Carolyn Carlson créé en 1983, a laissé des images inoubliables dans le monde entier. Créé dans le cadre de la Fenice de Venise, c'est un jalon dans la carrière de celle qui est devenue une figure marquante de la nouvelle danse française. Nel corso della sua carriera Carolyn ha a lungo collaborato con musicisti jazz: si ricorda il sodalizio artistico e umano con Michel Portal e le splendide musiche scritte per lei da John Surman. Grazie ad Artè Live Web è possibile godere dell'intero spettacolo, oltre un'ora, andato in scena venerdi' sera a Lione . Ricordo che sul sito di Artè si possono vedere moltissimi concerti jazz con grande qualità audio e video. Un sito da consultare spesso. http://liveweb.arte.tv/fr/video/Carolyn_Carlson_a_la_Maison_de_la_Danse_de_Lyon/ |
il 20 giugno 2000, iniziava l'avventura di Jazzitalia. Oggi, a distanza di 10 anni, siamo ancora qui a rendere disponibile uno strumento utile per chiunque voglia far conoscere il proprio lavoro nell'ambito della musica Jazz, per chiunque voglia essere aggiornato sulle evoluzioni, le tendenze, le novità di questo mondo musicale. Grazie al contributo volontario di tanti collaboratori di cui alcuni oramai consolidati, Jazzitalia contiene oggi più di 7000 tra interviste, recensioni, lezioni, articoli nelle varie sezioni, oltre a più di 34000 schede di concerti, 15000 comunicati stampa, 10000 indirizzi, e poi ci sono i quasi 300 J-Blogs, una Gallery con più di 6000 tra foto e disegni, oltre 1500 schede di artisti, 12000 annunci, 13 forum con più di 10000 post, la Newsletter con 4000 iscritti, i già più di 1000 video selezionati da You Tube, più di11000 sample audio, la nuova sezione completamente dedicata a New York realizzata con la collaborazione di Roberta Zlokower, editore del magazineRobertaOnTheArts.com, una grande esperta di New York che vive nei pressi di Times Square. E' una giornalista, un membro della prestigiosa giuria del Drama Desk, oscar dei musical di Broadway, è un'esperta di jazz, balletto, opera, arte e, infine, è anche una persona molto cordiale. La sezione dedicata a New York, attivata ad inizio marzo, è stata già visitata più di 6000 volte. Vi si può trovare una selezione dei principali jazz club, negozi di musica ed eventi della Grande Mela... Jazzitalia fino ad oggi è stato visitato più di 52 milioni di volte per un totale di più di 137 milioni di pagine consultate. Cosa attendersi da Jazzitalia nel futuro? Andremo avanti su vari fronti: innanzitutto struttureremo sempre meglio la nostra redazione individuando precisi riferimenti, amplieremo lo spettro musicale di competenza cercando anche in altre musiche selezionate dal mondo afro-americano, daremo più spazio ai contenuti multimediali, modificheremo il layout per renderlo fruibile anche attraverso i dispositivi mobili e…valuteremo anche la possibilità di istituire un Award! Insomma, seguiteci ;-) Non possiamo però non chiudere con una riflessione purtroppo amara. Viviamo un periodo non certo felice per la cultura. Tagli ovunque e comunque, senza spesso cognizione di causa, stanno rendendo la storia di molte manifestazioni difficilmente sostenibile. E quello che più rammarica, è che poi di molte di loro si perderà traccia, nell'indifferenza di chi c'è e di chi ci sarà domani a cui rimarranno delle fotografie, degli articoli, dei ricordi. Lavoriamo tutti per fare in modo che tutto ciò non decada, e offriamo a chi ha lavorato tanti anni spesso per pura filantropia il nostro sostegno. Diamo voce e facciamo sì che tutto ciò continui in attesa di tempi migliori. Marco Losavio Un caloroso in bocca al lupo a Marco anche da parte mia, consumatore quotidiano e appasionato del sito e, per un periodo, anche collaboratore. Il sito è a mio parere molto ben strutturato e ricchissimo di spunti. Potessi avanzare una richiesta di miglioramento la individuerei nel campo della presentazione grafica e dell'immagine. Ma sono aspetti secondari che non inficiano l'ottimo lavoro della squadra di Jazzitalia. Auguri ragazzi e buon lavoro ! |
Post n°1532 pubblicato il 18 Giugno 2010 da pierrde
Uscirà il 22 giugno " Hancock ha un rapporto smaliziato e duraturo con la musica di consumo iniziato negli anni 70 con gli album di funky Future Shock e Head Hunters, per non parlare di Watermelon Man, un brano del 1962 più volte ripreso in chiave r&b, gospel e cha-cha-cha e infine riproposto e trasformato anche dai dj. L'album precedente, dedicato a riletture di brani di Joni Mitchell, era certamente più ispirato, per quanto sicuramente sopravalutato tanto da essere premiato fino alla saturazione. The Imagine Project è invece un prodotto esclusivamente commerciale, molto patinato e ben costruito: grandi voci, ottimi musicisti, tanti ospiti, temi famosi e naturalmente nessuna traccia di musica jazz. Un magnifico album per le radio americane, che mieterà consensi e nuovi premi. Musicalmente senza nessuna pretesa non aggiungerà nulla all'immagine di Herbie ma ne consoliderà fama e fatturato. In un recente polemico intervento su Il Giornale della Musica (che consiglio di leggere a prescindere dalle polemiche), Carlo Boccadoro istituisce la figura dei "bamboccioni acustici", persone che usano farsi "cullare" e "coccolare" dalla musica, escludendo dalla fruizione qualsiasi utilizzo della materia celebrale: ebbene, questo album sembra rivolgersi a questa categoria di ascoltatori oltre che a tutti coloro che fanno della musica un mero accessorio di sottofondo. Nove anni dall'ultimo album in studio (“Life on a string”), otto anni dall'ultimo disco dal vivo (“Live in New York”) e tre dalla riedizione per il 25esimo anniversario di un suo storico lavoro come “Big science”. Ora Laurie Anderson ha deciso di pubblicare il suo nuovo capitolo discografico “Homeland”, uscita che giunge dopo un tour di presentazione iniziato già alla fine del 2007: proprio nella dimensione live l ![]() La musica di Laurie Anderson è costante nella sua apparente immobilità: tappeti elettronici, leggere micro-variazioni, utilizzo della voce filtrata da computer, melodie semplici e per lo più fulminanti, strumenti ridotti all'osso. Non a caso l'album esce accompagnato da un dvd: la musica è solo una parte della performance dell'artista. Nella fattispecie il progetto è stato a lungo testato dal vivo, e giunge in studio ben rodato e smussato e rispetto agli album precedenti, molto più ricco musicalmente. Testi ispirati da una disperata e disincantata ironia: Bush e l'Irak, la condizione dell'America, il privato, la disillusione. Importanti e imprescindibili quanto la musica, sono il vero marchio di fabbrica di Laurie Anderson, più ancora dell'utilizzo dell'elettronica. Per chi come me ha sempre apprezzato il micro-cosmo musicale della Anderson si tratta di un album intrigante e assolutamente apprezzabile. Arrangiamenti insolitamente ricchi, varietà di soluzioni, temi a presa rapida uniti ai testi, urticanti o sconsolati, contribuiscono al fascino speciale racchiuso nella voce di Laurie. Ho solo un appunto al progetto: la copertina, a mio parere decisamente brutta anche se con un preciso riferimento all'alter ego maschile della voce della protagonista. Chi ne ha sempre criticato la staticità troverà conferme alle proprie opinioni, ma ciò non toglie che Homeland rappresenti una novità discografica da ascoltare assolutamente. |
Post n°1530 pubblicato il 17 Giugno 2010 da pierrde
Il nome è tra i più nuovi in assoluto, la novità è evidente cosi' come la grazia e la bella presenza della musicista che ovviamente non guastano. Per gli appassionati jazzofili bergamaschi una ghiotta opportunità di vedere all'opera una delle protagoniste della new wawe newyorkese. Peccato l'orario; come al solito poca considerazione per chi lavora il giorno dopo... |
Appena pubblicati i risultati del referendum della critica musicale americana, che riflettono il momento e la realtà della scena statunitense. Vecchi leoni e giovani promesse ben amalgamati in un quadro a mio modo di vedere piuttosto aderente ai valori effettivi. Interessante, e nonostante la mia personale diffidenza verso questo tipo di riconoscimento, utile per avere riferimenti sullo stato di salute del jazz americano. The winners of the 2010 Jazz Journalists Association Awards were announced this afternoon in New York -- tweeted, no less! The big winners were Maria Schneider, Darcy James Argue, Joe Lovano and Vijay Iyer, based on the Twitter feed below: 2010 Periodical of the Year: Jazz Times |
La risposta di Bonami, curatore della Biennale di Venezia nel 2003 e di quella del Whitney Museum di New York di quest’anno, lascia aperti molti dubbi: Se uno prova a farci l’occhio, andando a mostre o visitando musei, inizierà a capire quasi automaticamente quali sono gli artisti veri e quelli falsi. L’opera d’arte realizzata da un vero artista suscita dentro di noi una sensazione completamente diversa da quella prodotta da un millantatore. Il finto artista, invece, “sarà capace di mettere al mondo solo cose con la forma e l’aspetto di un’opera d’arte ma prive di anima”. Insomma, non c’entra la bravura tecnica, la padronanza dello stile; o quanto meno non è del tutto necessaria Fonte : www.artsblog.it Si crede Picasso è l’ultimo libro di Francesco Bonami, dopo il successo de Lo potevo fare anch’io. Una galleria di quaranta artisti contemporanei noti al grande pubblico, da Joseph Beuys a Damien Hirst, da Louise Bourgeois a Gilbert & George sino all’immancabile Maurizio Cattelan. Bonami parte dall’assunto che esistano buoni e cattivi artisti, ovviamente, ma soprattutto artisti veri e altri che dell’artista hanno solo l’aura, l’atteggiamento o l’abbigliamento, ma che – insomma – artisti veri non sono. La differenza tra i primi e i secondi starebbe nella sincerità dell’opera, dunque i veri artisti – buoni o cattivi che siano – producono un’arte inevitabile, necessaria, e soprattutto con un’anima. Bonami l’arte contemporanea la conosce come pochi, ne è un’autorità internazionale. Le sue opinioni sono sempre interessanti e altrettanto spesso si accompagnano a battute fulminanti, per quanto lo stile sbarazzino e disinvolto “a tutti i costi” alla lunga divenga una iattura: come quando a qualcuno dicono che è simpatico e da allora non la smette più di raccontare barzellette. Meno cristallino, rispetto alle opinioni, è il metodo per dimostrarle, al punto che talvolta le argomentazioni che servono a fare di qualcuno un artista vengono adoperate per bocciare qualcun altro. Ma, si sa, nell’arte la scientificità non esiste, e allora teniamoci almeno le opinioni, che – per motivi che attengono più al territorio del gusto e dell’estetica che a quello della logica – funzionano benissimo. Il punto, però, è un altro, e cioè che sarebbe impensabile, almeno in Italia, un simile libro sulla musica contemporanea. Per almeno tre motivi, e nessuno dei tre rappresenta, diciamocelo, una bella notizia: 1) Il grande pubblico conosce Sigmar Polke, Gerhard Richter e Michelangelo Pistoletto, ma ignora – senza alcun senso di colpa – chi siano Ligeti, Andriessen, Hosokawa e Adams. Dunque, semplicemente, un omologo del libro di Bonami non si venderebbe. 2) I musicologi italiani si sentono orgogliosamente incapaci delle semplificazioni e degli sberleffi, piuttosto sono pronti a scrivere orrori tipo: “l’autore utilizza il materiale musicale in senso palindromo con una insistenza sul tritono e sulla riverberazione e la polverizzazione intervallare che si estrinseca in un riempimento frattale dello spazio diastematico” o similia. Magari nel corso di una conferenza su come avvicinare la musica al grande pubblico. 3) Parlar male di un compositore (a meno che non sia americano) è considerato un atto di lesa maestà. Il meglio che possa capitare all’autore dell’oltraggio è subire una raccolta di firme. Quando qualcuno pubblicherà (e venderà) un libro come quello di Bonami sulla musica di oggi, sarà dunque una buona notizia. In ogni caso
Fonte : http://www.giornaledellamusica.it/blog/?b=37 dal blog di Emanuele Arciuli
Un tentativo - librario - l'ha fatto (mutatis mutandis) Mario Gamba con i suoi "Questa sera o mai" (Fazi) e - con altro taglio - "Gli ultraterrestri" (Cronopio). La distanza tra la ricezione dell'arte contemporanea e quella della musica contemporanea è abissale e dipende da molti fattori. Di certo il dislivello risulterebbe meno profondo - e forse più confortevole - se l'ambito musicale contemporaneo non venisse spesso limitato ai soli compositori e esecutori di estrazione accademica, ma comprendesse anche musicisti, compositori, strumentisti, sperimentatori di ambito jazz, popular, elettronico, etc. E la cosa che fa sorridere è che ormai gran parte dei fruitori e delle persone che vivono il mondo musicale questa cosa non hanno bisogno di sentirsela dire, la vivono spontaneamente e senza sovrastrutture, ascoltando Morton Feldman e Mulatu Astatqe, Henry Threadgill e i Wilco con la stessa curiosità emotiva e culturale. Continuano a non accorgersene solo quelli che ne avrebbero più bisogno e, come dice giustamente Arciuli, quella sarebbe sì una buona notizia! Enrico Bettinello, in risposta al post di Arciuli "Questa sera o mai. Storie di musica contemporanea” di Mario Gamba, Fazi Editore |
Piatto forte del programma la registrazione integrale del concerto di Keith del 9 giugno 1972 in trio con Paul Motian e Charlie Haden. Quasi due ore di concerto con Jarrett che suona il pianoforte ma anche il sax soprano, il flauto e le percussioni. Musica lirica e ribollente e ancora oggi fortemente evocativa, sopratutto pensando che allora il pianista aveva solo 22 anni e ancora militava nel gruppo di Charles LLoyd. Il concerto, assolutamente inedito, è ascoltabile in streaming cosi' come l'intera trasmissione radiofonica di Dutilh andando sul sito dell'emittente francese. Belle fotografie e copertine degli album rendono gradevole la lettura della pagina web. Link: http://sites.radiofrance.fr/francemusique/ev/fiche.php?eve_id=265000308 |
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