Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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JAZZ DAY BY DAY

 

 

L'agenda quotidiana di

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre č possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembč di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco č possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Marzo 2011

SIGNORI, SI CHIUDE

Post n°1818 pubblicato il 31 Marzo 2011 da pierrde

Come tutte le vicende della vita, buone o meno buone, giunge il momento in cui si deve cambiare.

E' quindi ora di voltare pagina.

Mondo Jazz finisce qui e contemporaneamente oggi nasce un nuovo blog dedicato all'altra mia grande passione, l'acquario.

Venite a visitarmi cliccando qui

 
 
 

DALI & JAZZ

Post n°1817 pubblicato il 30 Marzo 2011 da pierrde
 

Jazz composition and improvisations from Ted Nash inspired by the works of Salvador Dali.

http://www.tednash.com/

 
 
 

QUANTO LONTANO PUOI VOLARE ? UN RICORDO DI LUCA

Post n°1816 pubblicato il 29 Marzo 2011 da pierrde

Sedici anni fa si toglieva la vita Luca Flores, geniale e tormentato pianista dalla vita breve e burrascosa. Mi piace ricordarlo con un suo brano, dolce e straziante, dal titolo quanto mai evocativo: How far can you fly ?

Nato a Palermo nel 1956, inizia a 5 anni suonare il piano. Il padre Giovanni, geologo, dopo aver lavorato in Belize e a Cuba, si trasferisce in Mozambico con la famiglia e qui Luca trascorre la sua prima infanzia, segnata da un evento traumatico che innescherà il suo "male oscuro", cioè la morte della madre Jolanda in un incidente automobilistico.

Trasferitosi a Firenze nel 1970, studia al conservatorio Luigi Cherubini ottenendo il diploma in pianoforte. Del 1974 è il suo incontro con il jazz: forma un quintetto e un trio, e con i gruppi Streams di Tiziana Ghiglioni e Matt Jazz Quintet con Gianni Cazzola partecipa ai maggiori festival italiani.

Conosce Chet Baker e Dave Holland e suona nei loro gruppi imponendosi a livello internazionale. Collabora anche con artisti quali Stefano Cocco Cantini, Bruno Marini, Massimo Urbani, Fulvio Sisti, Tullio de Piscopo, Bruno Tommaso, Lee Konitz, Sal Nistico, Paolo Fresu, Gianni Basso, Paolo Damiani, Claudio Fasoli, Furio Di Castri, Riccardo del Fra, Al Cohn, Steve Grossman, Al Grey, Franco Nesti, Alessandro Di Puccio, Alessandro Fabbri, Bobby Watson, Bob Mover, Kenny Wheeler, Dave Holland, David Murray, Nicola Stilo, Enrico Rava, Muhal Richard Abrams, Tony Scott.

Svolge dal 1979 attività d'insegnamento a Firenze presso l'istituto Andrea del Sarto e partecipa a Siena a seminari come insegnante di piano dal 1985 al 1987, periodo in cui ha avuto assiduamente a lezione tra gli altri anche Stefano Bollani. Luca Flores ha suonato in Francia, Germania, Svizzera, Olanda, Russia.

Il disagio mentale che lo accompagna da anni, nonostante l'affetto delle persone che gli sono vicine, lo porta infine alla scelta estrema del suicidio: il 29 marzo 1995, 10 giorni dopo aver registrato 5 brani musicali al Planet Sound Studios di Firenze, muore suicida nella sua casa di Montevarchi. (Fonte: Wikipedia)

Gli sono stati dedicati tre libri:

Angela, Angelo mio io non sapevo (Stampa Alternativa), di Francesca de Carolis, basato sul racconto dell'ultima compagna di Luca Flores, Michelle;

Il disco del mondo (Rizzoli), di Walter Veltroni, da cui è stato tratto il film Piano, solo, di Riccardo Milani, interpretato da Kim Rossi Stuart.

Italian Jazz Awards - Il primo Oscar Italiano della Musica Jazz Made in Italy votato dal pubblico, ideato e prodotto da ACM-Andrea Causi e dedicato alla memoria di Luca Flores.

 
 
 

SAGGEZZA ORIENTALE

Post n°1815 pubblicato il 28 Marzo 2011 da pierrde

«Mia moglie non ha visto la maggior parte dei miei film e pensa che sentirmi suonare il clarinetto sia una tortura» 

Woody Allen, intervista al quotidiano inglese Guardian durante l'attuale tournè europea della sua New Orleans Jazz Band

 
 
 

LO STREPITOSO LEO & ORGANIC ACCENDE IL MANZONI

Post n°1814 pubblicato il 27 Marzo 2011 da pierrde
 

Un fantastico concerto di Leo Smith & Organic chiude in bellezza la stagione 2010/2011 di Aperitivo in Concerto. Quasi due ore di musica eccitante, ricca di soluzioni e di idee, ritmicamente irresistibile con momenti alternati di tensione e rilascio di pura bellezza catartica.

Una visione splendida delle atmosfere elettriche di Miles, punto di partenza dell'ispirazione di Smith che poi sviluppa temi propri in un work in progress strumentale, dove il trombettista è anche direttore d'orchestra, suggeritore di tempi e di accelerazioni o rallentamenti.

Un organico quantomeno inusuale, quattro chitarre elettriche, un basso elettrico, un contrabbasso,  un violoncello, la batteria e la tromba, da vita ad una rappresentazione visionaria del periodo funky di Davis sgrezzando la matericità dell'originale a favore di momenti più pacati e meditativi e contando su una serie ininterrotta di riff estremamente dinamici e coinvolgenti.

Chi temeva un eccessivo volume e tempi grevi ed ostinati è stato smentito da un approccio molto più morbido nelle masse sonore ed estremamente creativo e fantasioso nello sviluppo discorsivo.

Formidabile la sezione ritmica, composta dalla splendida voce del violoncello elettrificato di Okkyung Lee, il poderoso contrabbasso di John Lindberg, il versatile ed elastico drumming di Pheeroan AkLaff uniti alla voce unica e dinamica di Skuli Sverisson al basso elettrico.

Anche i quattro chitarristi si sono rivelati diversi e complementari: accanto al suono intriso di blues di Michael Gregory hanno ben figurato le sciabolate hendrixiane di Brandon Ross, il suono più contemporaneo e sperimentale di Josh Gerowitz e la giovanissima promessa Lamar Smith, autore di un assolo con il pedale wha wha che ha riscosso visibilmente il consenso degli stessi musicisti.

Una musica che ha travalicato spesso i confini; mantenendo una base sostanzialmente ancorata al blues si è spinta nel funky, ha cavalcato momenti rock di lucidissima fattura, ha srotolato tappeti fatti di arpeggi quasi sussurrati sotto la magnifica sonorità della tromba del leader che spesso ha giocato con l'evocazione di Miles senza mai scendere a compromessi con facili imitazioni.

Un concerto estremamente godibile di uno dei grandi maestri di Chicago ancora sulla breccia. 

 
 
 

CONCERTI JAZZ SU ORDINAZIONE

Post n°1813 pubblicato il 26 Marzo 2011 da pierrde
 
Tag: NEWS

Eravamo abituati da qualche anno al sito web tv del canale satellitare Artè, una produzione franco-tedesca dedicata alle arti, in cui spesso veniva ritagliato un importante spazio dedicato al jazz ed in particolare alle riprese di concerti live effettuate nei numerosi festival francesi.

Ora, Samuel Thiebaut che di quelle riprese e di quei programmi è l'ideatore, ha deciso di creare un sito web dove i filmati siano disponibili sempre e non per un periodo di tempo limitato come invece avviene su Arte Live Web.

Non poteva che chiamarsi Jazz Live il nuovo nato, ed è possibile trovarvi non solo concerti ma molto altro: news, sketch, link ed ogni mese un film documentario dedicato alla preparazione di un concerto, al ritratto di un artista o di un festival. Già in programma: Play with me (Ilhan Ersahin), Sounds from Slumberland (Oliva - Raulin 5tet), Tina Modotti (Francesco Bearzatti Tinissima 4tet), Les Elles du Jazz (les jazzwomen au Paris Jazz Festival).

Ogni tanto date un occhiata al link, ne vale la pena !

 

http://www.my-jazzlive.tv/

 
 
 

AUGURI ANCHE A CECIL TAYLOR...

Post n°1812 pubblicato il 25 Marzo 2011 da pierrde

...che oggi compie 82 anni e rimane uno degli esponenti storici del free jazz più creativi e appassionanti.

La sua musica è caratterizzata da un approccio estremamente energico, visivamente fisico, largamente improvvisato e composto di cluster e di intricati poliritmi.

La sua tecnica pianistica è infatti percussiva, descritta come "88 tamburi accordati" ("eighty-eight tuned drums", in riferimento al numero di tasti nel pianoforte).

Inutile dire che la musica di Taylor è ostica, spesso osteggiata perfino all'interno dell'ambiente jazzistico, ma assolutamente sincera e fortemente creativa.

Una biografia (in inglese) del musicista su : http://en.wikipedia.org/wiki/Cecil_Taylor

 
 
 

GLI OTTANT'ANNI DI PAUL MOTIAN

Post n°1811 pubblicato il 24 Marzo 2011 da pierrde

Il 25 marzo Paul Motian, il più grande batterista jazz vivente, compie 80 anni.

Da qualche tempo, in seguito a problemi di natura cardiaca, Motian ha deciso di non effettuare più tournè e quindi di esibirsi solamente nella sua città, New York.

Questo non gli impedisce di continuare la sua attività anche a livello discografico come testimoniano gli album che regolarmente continuano ad uscire in questi ultimi anni per l'etichetta tedesca E.C.M che, nel mese di aprile sta per pubblicare il nuovo progetto che vede Motian affiancato daun quartetto di tutte stelle: Lee Konitz, Brad Mehldau e Charlie Haden.

Stephen Paul Motian (Memphis, Tennessee, 25 marzo 1931) è un batterista, compositore e musicista statunitense di origini armene.

Salito alla ribalta alla fine degli anni '50 con il pionieristico trio del pianista Bill Evans, Motian ha sempre lavorato in una gran quantità di contesti musicali diversi e ha guidato molte formazioni.

È uno dei musicisti che hanno esercitato una maggiore influenza nell' evoluzione della batteria moderna, avendo dato un contributo fondamentale nel processo di liberazione della batteria dal ruolo convenzionale e tradizionale di semplice parte della "sezione ritmica".

Dopo avere suonato la chitarra durante l'infanzia, Motian passò alla batteria a 12 anni, arrivando a partecipare ad una tournée nel New England con un gruppo swing. Durante la guerra in Corea si arruolò in Marina.

Motian divenne un musicista professionista nel 1954, quando suonò per un breve periodo con il pianista Thelonious Monk. La sua prima notorietà è legata alla militanza nel celebre trio di Bill Evans(1959-64), da prima a fianco del giovane bassista Scott LaFaro e, successivamente, di Chuck Israels.

In seguito ha collaborato con i pianisti Paul Bley (1963-4) e Keith Jarrett (1967-76). Tra i musicisti con cui si esibì o incise durante la prima fase della sua carriera figurano Lennie Tristano, Warne Marsh, Joe Castro, Arlo Guthrie (Motian si esibì per breve tempo con Guthrie nel biennio 1968-69, arrivando perfino ad esibirsi con lui al concerto di Woodstock), Carla Bley, Charlie Haden, e Don Cherry. Nel prosieguo della sua lunga carriera Motian ha collaborato con musicisti di grande importanza nel panorama jazzistico mondiale come Marilyn Crispell, Bill Frisell, Leni Stern, Joe Lovano, Alan Pasqua, Lee Konitz, Wolfgang Muthspiel, Bill McHenry, Stephane Oliva, l'italiano Enrico Pieranunzi e molti altri.

Motian è anche un compositore e band-leader di primo piano ed ha inciso inizialmente per l'etichetta ECM Records (negli anni '70 e nei primi anni '80 e, successivamente, per la Soul Note Records, la JMT Records, la Winter & Winter Records, prima di tornare alla ECM nel 2005. All'inizio degli anni '80 ha guidato un trio composto dal chitarrista Bill Frisell e dal sassofonista Joe Lovano, talvolta integrato dalla collaborazione di alcuni contrabbassisti (Ed Schuller, Charlie Haden o Marc Johnson) e di altri musicisti fra i quali Jim Pepper, Lee Konitz, Dewey Redman e Geri Allen. Oltre a eseguire composizioni originali di Motian, il gruppo ha inciso degli omaggi a Thelonious Monk e Bill Evans e la serie degli album Paul Motian on Broadway che presentano un repertorio costituito da originali riletture di standard jazz.

Nonostante le più celebrate fra le sue collaborazioni siano quelle con i pianisti, nei suoi lavori come leader, fin dal 1970, Motian ha assai raramente incluso il pianoforte nei suoi organici mostrando una evidente predilezione per la chitarra, probabilmente perché era stato il suo primo strumento: oltre alle citate formazioni con Frisell, i suoi primi due album come leader vedono la partecipazione del chitarrista Sam Brown. Inoltre Motian ha fondato, all'inizio degli anni'90, l' "Electric Bebop Band", che comprende due, e talvolta tre, chitarristi.

Questa formazione ha lanciato, o comunque portato all'attenzione del grande pubblico, molti giovani musicisti fra cui i sassofonisti Joshua Redman, Chris Potter, Chris Cheek e Tony Malaby, e i chitarristi Kurt Rosenwinkel, Brad Shepik, Wolfgang Muthspiel, Steve Cardenas, Ben Monder e Jakob Bro. (Fonte : Wikipedia )

 
 
 

LEO SMITH CHIUDE APERITIVO IN CONCERTO

Post n°1810 pubblicato il 23 Marzo 2011 da pierrde

Ultimo appuntamento domenica mattina al Teatro Manzoni di Milano per Aperitivo in concerto con uno dei personaggi più significativi e coerenti della scena radicale americana, il trombettista Leo Smith. Parlare di Leo significa automaticamente tracciare la storia della musica afro-americana dai primi anni 70' ad oggi.

Wadada Leo Smith è nato a Leland (Mississippi) nel 1941. Si è formato in gruppi di rhythm and blues e nelle "marching bands". Dapprima batterista e cornista, si dedica in seguito alla tromba. Ha studiato diverse culture musicali (blues, jazz, africana, orientale). Nel 1967 entra nella AACM di Chicago e presto suona nel trio con Anthony Braxton e Leroy Jenkins, incidendo dischi significativi per la Affinity e compiendo tour in Europa. Fonda poi il New Dalta Ahkri, in cui militano Oliver Lake e Anthony Davis. Inventa un sistema di notazione musicale che chiama Ankhrasmation.

Ottiene molte commissioni da diverse istituzioni americane. Compone per strumento solo, piccolo ensemble, orchestra da camera e jazz. Dagli anni 80 diventa rastafari e amplia la sua ricerca, affrontando anche i ritmi del reggae e del funk. Insieme al chitarrista Henry Kaiser coordina il gruppo "Yo! Miles" dedicato alle musiche del Davis elettrico. Il suo stile strumentale si allontana da quello incalzante e veloce tipico del jazz moderno, e approfondisce invece l'uso dello spazio, l'importanza della singola nota, l'espressività del timbro.

Nella sua lunga carriera Wadada Leo Smith ha diretto trii, quartetti, formazioni allargate; ha inciso per Kabell, Nessa, Sackville, Moers, FMP, Black Saint, ECM, Tzadik, collaborando, tra gli altri, con Lester Bowie, Pheeroan akLaff, John Zorn, Derek Bailey, Roscoe Mitchell. Per la PI Recordings sono pubblicati i lavori del suo Golden Quartet, il suo più recente progetto in ambito jazz, dove hanno suonato solisti come Anthony Davis, Malachi Favors, Jack DeJohnette, Vijay Iyer, John Lindberg, Ronald Shannon-Jackson. 

Leo Smith torna a Milano dopo lunghissima assenza, a capo di un complesso, formato da eccezionali solisti, con cui rievoca l'amata figura di Miles Davis e la sua musica nel cosiddetto periodo "elettrico": quattro chitarre elettriche (oltre al giovane e inventivo e già affermato Josh Gerowitz, di straordinario rilievo il lavoro di Brandon Ross, Lamar Smith e Michael Gregory), un violoncello (la eccellente e purtroppo poco conosciuta Okkyung Lee), un contrabbasso (l'affermatissimo John Lindberg, che molti ricordano nel famoso String Trio of New York), un basso elettrico (l'ottimo islandese Skuli Sverrisson, già direttore musicale di Laurie Anderson e componente di gruppi come Pachora e AlasNoAxis) e una batteria (Pheeroan AkLaff, già a fianco di artisti come Oliver Lake, Cecil Taylor, Anthony Davis, Henry Threadgill, Sonny Sharrock, Andrew Hill, Jay Hoggard, Mal Waldron, David Murray) creano un denso tappeto stratificato di suoni, un fitto contrappunto elettrico di riff e dialoghi strumentali sul quale la tromba di Smith smozzica frasi, abbozza drammatiche orazioni interrotte bruscamente, cesella interiezioni e punti esclamativi con l'enfasi retorica di un aedo feroce e danzante.

Per meglio comprendere la figura del musicista e seguirne l'evoluzione segnalo il link di Birdland, una interessante trasmissione della Radio della Svizzera Italiana: quattro puntate liberamente ascoltabili in cui Riccardo Bertoncelli tesse un ritratto di Smith.

Da notare che sul sito della RSI lo spazio per il jazz è abbondante e tutto ad opera dei maggiori critici italiani del settore, dal citato Bertoncelli a Franco Fayenz, Claudio Sessa, Marcello Lorrai e Maurizio Franco. Ci sono ore di trasmissioni monografiche dedicate ai massimi artisti e alle correnti che hanno fatto la storia del jazz ascoltabili con un click.   

 

http://retedue.rsi.ch/birdland/welcome.cfm?idg=0&ids=4729&idc=40629

Fonte testi: Comunicato Teatro Manzoni

 
 
 

JAZZ FOR JAPAN

Post n°1809 pubblicato il 22 Marzo 2011 da pierrde
 
Tag: NEWS

Mobilitazione dei jazzisti americani per il Giappone lacerato da terremoto, tsunami e a rischio nucleare.

Molti i concerti già programmati, sopratutto da parte di musicisti giapponesi residenti negli States.

Un breve messaggio di Sonny Rollins è comparso in rete: Sonny è sempre stato molto amato in Giappone e gli eventi catastrofici l'hanno molto colpito.

L'evento più importante lo sta però organizzando John Zorn, altro musicista legato a filo doppio al Giappone e alla sua cultura. Tre concerti il 27 marzo ( il Miller Theatre è già tutto esaurito !) , l'8 (Abrons Art center) e 9 aprile (Japan Society) che vedranno impegnati tra gli altri Norah Jones, Marc Ribot, Yoko Ono, Sean Lennon, Philip Glass, Uri Caine, Sex Mob,  Ryuichi Sakamoto, il trio di Lou Reed con Laurie Anderson e lo stesso Zorn, Masada String Trio e moltissimi ancora. Elenco dettagliato dei partecipanti al link:

http://www.allaboutjazz.com/php/news.php?id=78213

 

 
 
 

ABDICARE IMMEDIATAMENTE: STEFANO BOLLANI

Post n°1808 pubblicato il 21 Marzo 2011 da pierrde

Cosa voleva fare a 13 anni ?

Il pianista jazz

Ha il potere assoluto per un giorno: cosa fa ?

Abdico immediatamente

Se la sua vita fosse un film chi sarebbe il regista ?

Fellini

Nel migliore dei mondi possibili abolirebbe la parola....?

Depressione

Cos'è il tabù oggi ?

Il libero pensiero

Cosa risponderebbe a un bambino che le chiede perchè si muore ?

Che neanche a lui piacerebbe un film che non avesse un finale

Una cosa che non ha mai capito della gente ?

Le consuetudini e le formalità legate ad un ambiente preciso

Come immagina il paradiso ?

Come un posto dove andare a ricaricarsi per un pò, ma da turista. Temo non funzioni cos', purtroppo.

Se la sua casa bruciasse cosa salverebbe ?

Niente. Le cose fondamentali le ho addosso o dentro

Cosa ha imparato dall'amore ?

Ho imparato a non dirmi che ho imparato qualcosa dall'amore

La perfetta felicità ?

Il momento preciso in cui la avverti

Tratto da D di Repubblica, 4 settembre 2010

 
 
 

IMPRESSIONI DA BERGAMO

Post n°1807 pubblicato il 20 Marzo 2011 da pierrde
 

Il festival bergamasco è sicuramente il primo grande appuntamento primaverile lombardo, e come consuetudine oltre allo straordinario successo di pubblico, è foriero di certezze e di novità.

La mia partecipazione agli eventi è stata solo parziale, ma da quello che ho ascoltato e come facilmente previsto, la prima serata è stata jazzisticamente la più interessante.

Un gruppo rodato e da un paio d'anni sulla scena, il quintetto di Tomasz Stanko, ha introdotto la prima serata. Il trombettista polacco, abbandonati i furori del periodo free, da diversi anni è approdato ad un pacato e riflessivo lirismo grazie ad un timbro che rimane magistrale a dispetto dell'età.

La sua musica è caratterizzata da un post bop fresco e innervato da una formazione giovane che presenta ben due strumenti armonici, pianoforte e chitarra, e lascia alla voce del leader il compito di esporre i temi e di sviluppare le improvvisazioni. Sulla scia di Dark Eyes, l'album uscito per E.C.M. due anni fa, il concerto si è caratterizzato per quei colori introspettivi e permeati di una vena malinconica che da anni sono il marchio di fabbrica di Stanko. Impeccabile il leader, il gruppo mi è parso molto cresciuto e meglio amalgamato rispetto ai primi tempi.

Certo non tutto è esente da critiche: il bassista mi è parso abbastanza evanescente, Jackob Bro è un chitarrista interessante, dalla evidente influenza friselliana, ma troppo timido nelle iniziative. Due assoli di batteria nel contesto del concerto mi sono parsi eccessivi, vista anche la caratura degli stessi, ma complessivamente la proposta del gruppo mi è sembrata godibile e interessante.

Nel bene e nel male un concerto di Bollani è sempre spiazzante. Era lui la novità più attesa a Bergamo per via di questo gruppo nuovissimo e per il progetto dedicato alle musiche di Frank Zappa.

Si trattava di una prima data europea e la curiosità era di vedere come Stefano avesse amalgamato musicisti e musiche con un organico cosi'inconsueto anche in campo jazzistico: un trombone, Josh Roseman, usato prevalentemente in veste coloristica, ed un quartetto alla Modern Jazz, perlomeno come strumentazione.

Di fatto una visione energetica, quasi materica della musica di Zappa dove le parti solistiche erano distribuite prevalentemente tra il pianoforte ed il vibrafono di Jason Adasiewicz. Formidabile l'impatto strumentale molto fisico del gruppo; eccellente per fantasia, varietà di timbri, potenza e poliritmia il batterista Jim Black, assoluto trascinatore di una band che ha convinto anche grazie ad arrangiamenti stimolanti ed aperti a tutte le suggestioni presenti nella musica di Zappa.

E se Bollani non ha perso il vizio di qualche gigionismo di troppo, poi ha ampiamente ripagato il pubblico con una magistrale versione in piano solo di Peaches in Regalia, uno dei brani più belli e più noti di Zappa.

Enrico Pieranunzi ha aperto la seconda sera riproponendo il progetto aperto sulle musiche barocche di Domenico Scarlatti. Interessante mix di partitura ed improvvisazione la musica del maestro seicentesco è apparsa viva e vibrante, naturalmente ed efficamente innervata dal sapiente tocco dell'ottimo pianista romano.

 
 
 

AL VIA BERGAMO JAZZ

Post n°1806 pubblicato il 18 Marzo 2011 da pierrde

Poche ore all'inizio della trentatreeseima edizione del festival nella magnifica cornice del teatro Donizetti per i concerti serali ed in diversi luoghi della città per gli appuntamenti diurni.

Ultima direzione artistica per Paolo Fresu che, come d'abitudine, allestisce un programma ricco di grandi nomi.

Grandi nomi non significano però automaticamente grande festival, in questo le scelte di Paolo mi sembrano molto mainstream, con pochissimo margine di rischio e molte certezze perlomeno a livello di richiamo di pubblico, tant'è che il Teatro è esaurito già da parecchio tempo.

Rispetto ad altre realtà ugualmente collaudate e storiche, mi vengono alla mente Umbria Jazz, Montreaux ed il festival di Montreal, perlomeno a Bergamo si respira una preponderante atmosfera di jazz con si, altre musiche, ma inserite in un quadro in cui la musica afro-americana rimane al centro dei riflettori e delle scelte e non Cenerentola rilegata nel ripostiglio.

Dal mio punto di vista la prima serata è quella che meglio promette di regalare emozioni, ma poi sarà il palco a stabilire le certezze. Posto qui un video con Enrico Pieranunzi alle prese con una sonata di Scarlatti, programma che il mestro romano proporrà nella serata di sabato.

 

 
 
 

CENTOCINQUANTA !

Post n°1805 pubblicato il 17 Marzo 2011 da pierrde

 
 
 

52 ANNI SENZA PREZ

Post n°1804 pubblicato il 16 Marzo 2011 da pierrde

Ieri ricorreva il cinquantaduesimo anniversario della morte di uno dei più grandi personaggi della musica jazz: Lester Young.

Non credo ci sia bisogno di presentazioni per qualsiasi jazzofilo, però per i più giovani riporto volentieri le note biografiche tratte da Wikipedia.

Il filmato che propongo è un capolavoro assoluto; negli undici minuti di pellicola scorrono personaggi che hanno fatto la storia della musica afro-americana in un contesto fotografico di bianco e nero splendido e suggestivo. Un must che non mi stanco di riproporre ciclicamente.

Fu Billie Holiday, che lo considerava il miglior tenorsassofonista del panorama jazz, ad assegnare a Young il soprannome "Prez", il presidente.

Young trascorse la prima infanzia a New Orleans. Il padre, operaio e musicista, lo iniziò alla musica molto presto: infatti a dieci anni, insieme alla sorella Irma, ed al fratello Lee, che sarebbe diventato anche lui un ottimo musicista, entrò a far parte dell'orchestra del padre, a Minneapolis. Iniziò suonando la batteria, passando poi al sax contralto e in seguito al sax tenore.

Ammiratore di Frankie Trumbauer, che suonava il sassofono in do, cercò di imitarne la sonorità sul sax tenore (che è accordato un tono sotto), il che lo portò a creare una sonorità ed uno stile personali e, per l'epoca, insoliti.

Verso i 18 anni iniziò a lavorare con le orchestre che giravano il Midwest - Lester si rifiutava di andare in tour nel Sud segregazionista -, cominciando dai Bostonian di Art Bronson. Dal 1929 al 1932 suonò nell'orchestra di famiglia, fu con i Blue Devil di Walter Page (1930), e con Eddie Barefield (1932). Nel 1933 si unì all'orchestra di King Oliver e lavorò a Oklahoma City prima di approdare a Kansas City dove suonò con Bennie Moten e dove fu poi ingaggiato da Count Basie (1934), al quale aveva spedito un telegramma chiedendo di poter lavorare con la sua orchestra, dopo averlo ascoltato alla radio.

Nel 1934 fu contattato da Fletcher Henderson per rimpiazzare Coleman Hawkins[1] che aveva lasciato l'orchestra per una tournée in Europa. Young partì per New York per un'audizione al Cotton Club, dopo la quale Henderson decise di assumerlo nonostante il parere contrario di buona parte dell'orchestra,[2] che non apprezzava lo stile rilassato di Young. Fu Young che, a questo punto, rifiutò l'offerta e tornò a Kansas City, dove suonò prima con Andy Kirk, e poi di nuovo con Basie: è a questo periodo (1936) che si riferiscono le prime registrazioni di Young con quell'orchestra, e in questo periodo Young conobbe Billie Holiday e ne divenne amico.

In quel periodo, nella sua autobiografia, Billie Holiday ricorda una gara (cutting contest) tra Young e Chu Berry: « (...)quella sera Benny Carter suonava insieme con Bobby Henderson, il mio accompagnatore al piano. E lì c'era Lester, col suo piccolo e vecchio sassofono, tenuto insieme con del nastro adesivo e degli elastici. Seduto lì vicino c'era anche Chu, e tutti cominciarono a discutere su chi fosse il migliore dei due, cercando di far nascere una gara tra Chu e Lester. Benny Carter sapeva che Lester avrebbe potuto brillare in un duello di quel genere, ma per tutti gli altri l'esito di quella gara non era dubbio: Chu avrebbe spazzato via Lester in un baleno. Chu possedeva un bel sassofono dorato, ma non l'aveva con sé in quel momento. Benny Carter non si diede per vinto. Era con me: aveva fiducia in Lester. Così si offerse di andare a prendere lo strumento di Chu. Andò e tornò. Allora Chu Berry propose di suonare 'I got rhythm'.(...) Chu ce la mise tutta, poi venne la volta di Lester. Suonò almeno quindici "chorus", proprio ben fatti, nessuno eguale all'altro, e ciascuno migliore di quello precedente. Quando l'ultimo fu terminato, Chu Berry era liquidato. » (Bille Holiday)

 


Lester, con l'andare del tempo, accentuò l'originalità del suo stile personale, e divenne sempre più eccentrico. Si persuase d'avere poteri paranormali, e cominciò ad abbigliarsi in maniera stravagante: portava uno strano cappello ed indossava un lungo cappotto nero che gli arrivava fino alle caviglie. Suonando in orchestra nella sezione dei sassofoni aveva preso l'abitudine di suonare tenendo lo strumento molto inclinato (a volte quasi orizzontale) e - come è documentato da diverse fotografie - faceva uso di questo accorgimento anche nelle sue esibizioni come solista.

Dopo aver lasciato Basie e la sua orchestra, Lester ne formò una propria con la quale si esibì a New York e a Los Angeles, senza gran successo. Nell'ottobre del 1944, fu chiamato alle armi. L'esperienza militare fu disastrosa per Lester Young, che non venne nemmeno accettato nella banda militare, a causa del suo carattere. Vari scontri con i suoi superiori culminarono in una denuncia alla Corte Marziale che lo condannò a cinque anni di reclusione, pena poi tramutata in un anno. Fu infine congedato per disonore, dopo aver scontato un anno e 5 mesi (fu trovato in possesso di cocaina e tentò di evadere, per cui la sua pena fu inasprita). Questa esperienza lo segnò profondamente rendendolo ancora più eccentrico e strano di prima. Si muoveva in maniera strana, si abbigliava in maniera stravagante, divenne apatico ed assente.

Alla fine del 1945 era a Los Angeles dove incontrò un suo grande ammiratore, l'impresario Norman Granz, che ne aveva descritto il personaggio in un ruolo di grande rilievo assegnatogli nel film Jammin' the blues.

Prez ha un ritorno di fiamma agli inizi dei Cinquanta, al punto che nel 1952 l'astro nascente del pianismo, il canadese Oscar Peterson, lo ingaggia per registrare col suo Trio. L'esito e' esaltante, Young torna in testa alle classifiche jazz del momento: vince quella della Metronome e nel 1953 fa parte del complesso - Metronome All Star - che accompagnera' il vocalist Billy Eckstine: con Lester suonano Teddy Wilson, Roy Eldridge, Terry Gibbs, Billy Bauer, Eddy Safransky, l'altro saxtenore con cui Prez divide il primo posto, Warne Marsh, e Max Roach. Incidono due stupendi pezzi: St.Louis Blues e How High the Moon, in cui Lester young ha degli a solo da par suo.

Granz immediatamente scrittura Young e gli fa incidere alcuni dischi, sia come solista sia per il suo gruppo, "Jazz at the Philharmonic". Con il JATP Young fu spesso in tournée, fra l'altro in Europa, senza però riuscire a brillare particolarmente, in parte per le grandi dimensioni dell'organico, e in parte per le sue condizioni di salute, sempre più debilitate dall'alcol e dalla droga.

Nel 1955 venne ricoverato per un collasso all'ospedale Bellevue di New York, dove fu parzialmente disintossicato. Dopo essere stato dimesso effettuò una tournée assieme a stelle del jazz come Miles Davis, Bud Powell e il Modern Jazz Quartet

Dopo il fallimento del suo terzo matrimonio, Lester andò ad abitare in un albergo che affacciava sul Birdland, un famoso jazz club nei pressi della cinquantaduesima strada. Spesso sedeva alla finestra malinconico e pensieroso, beveva ancora e spesso si dimenticava di mangiare.

Un medico che lo visitò, sotto l'insistenza di Marshall Stearns, perché facesse qualcosa per risollevarsi dal suo stato, affermò che soffriva di una schizofrenia leggera, e che l'alcol gli causava uno sdoppiamento della personalità. Dopo questa visita, e grazie all'interessamento di amici, per qualche tempo Young si rimise in sesto.

Il 13 marzo del 1959 si trovava a New York. Tornato nel suo albergo, riprese a bere saltando i pasti. Morì due giorni dopo.

 
 
 
 

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