Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre è possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembè di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco è possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Agosto 2011

NOVITA' EDITORIALI

Post n°1928 pubblicato il 31 Agosto 2011 da pierrde


«Scrivere un libro sul jazz è come cercare di far volare un aquilone in una stanza», ma se si prova a farlo con iPad il risultato può lasciare a bocca aperta. E’ il caso di The History of Jazz, app per la tavoletta con la mela che è stata da pochi giorni aggiornata alla seconda versione dagli sviluppatori di 955 Dreams.

L’app (in inglese) è una timeline interattiva del jazz, nella quale possono essere consultate schede ragionate sui vari stili jazzistici e su moltissime figure che hanno fatto la storia di questo genere musicale (e l’elenco nella 2.0 è stato ulteriormente aggiornato). Per ciascuno è possibile consultare una biografia e gli album che ha curato o ai quali ha collaborato (che possono anche essere direttamente acquistati su iTunes), ma soprattutto una collezione davvero completa di video con le sue registrazioni più importanti. L’app supporta AirPlay, così da permettere di ascoltare le leggende del jazz direttamente sul proprio impianto Hi-Fi o sulla Apple Tv. Complessivamente oltre 45 ore di contenuti video ai quali, nella nuova versione 2.0 dell’app, sono stati aggiunte 30 nuove schede di musicisti.

The History of Jazz è disponibile per iPad a 3,99 euro.


Altra iniziativa questa volta in edicola da domani è della De Agostini ed è una collaborazione con la rivista Jazzit per chi ama la musica "solida", quella che nasce dalla puntina del giradischi che vibra sui solchi incisi nel vinile. De Agostini  infatti ha realizzato una straordinaria raccolta delle più celebri incisioni dei grandi interpreti del Jazz. 40 imperdibili ristampe su vinile da 180 grammi dei 33 giri che hanno fatto la storia del Jazz: Miles Davis, Keith Jarrett, John Coltrane, Billie Holiday, Charlie Parker, Duke Ellington e tanti altri straordinari musicisti, per riascoltare tutta la naturalezza e il calore che solo il vinile sa restituire alla musica. 

Sfoglia in anteprima l'inserto editoriale (di Luciano Vanni) http://www.deagostinipassion.it/collezioni/jazzva/Fascicoli.html

 
 
 

DAVID LINCH E DAVID WARE: A WORLD OF SOUND

Post n°1927 pubblicato il 30 Agosto 2011 da pierrde

David Linch, il regista di Blue Velvet e Twin Picks, ha un nuovo canale televisivo on line, il David Lynch Foundation Television, che, secondo il suo ispiratore "celebra la coscienza, la creatività e la felicità".

Da oggi sul DLF.tv è possibile vedere il breve film (circa 14 minuti) girato dalla regista Amine Kouider su David Ware, musicista e uomo di forte aura spirituale che inevitabilmente riversa nella propria musica. Ware, che appare pienamente recuperato dopo il trapianto del rene dello scorso anno compare nel film dopo una intervista breve ai suoi abituali collaboratori (William Parker e David Cooper-Moore) e una più lunga e spezzettata al protagonista, inframezzata  con alcuni spezzoni in cui Ware si esibisce in solo al soprano.

Nella presentazione del trailer che vedete riprodotto qui sopra, la DLF.tv traccia una breve presentazione dell'opera che riporto:

PREMIERING AUGUST 30TH 2011!

"David S. Ware: A World of Sound" - the latest film from filmmaker Amine Kouider - will premiere on David Lynch Foundation Television Aug 30th.

The film profiles one of the most original minds in jazz history, saxophonist/composer/bandleader David S. Ware. In 2010, BBC reviewer Daniel Spicer wrote, "Ware's playing is astonishing, pushing the limits of brain, fingers and equipment, ideas rushing out in a stream of furious, liquid invention, with an almost superhuman precision." On Amine and David's first meeting, David said to him: "Good luck trying to finish this film." The luck was much-needed, as "A World of Sound" ended up taking over two years to finish. But, upon completion, film director and founder of DLF.TV David Lynch praised the finished product, telling Amine, "I love this guy, David S. Ware... and I love this film you've made for him, Amine... Really good to have documented this great man and his music and his spirit."

Raccontata la storia non mi rimane che rimandarvi al link dove poter vedere per intero il film:

http://dlf.tv/2011/david-s-ware/#

 

 
 
 

BIRD LIVES

Post n°1926 pubblicato il 29 Agosto 2011 da pierrde

 

"Non riuscivo più a sopportare le armonie stereotipate che allora venivano continuamente impiegate da tutti. Continuavo a pensare che doveva esserci qualche cosa di diverso. A volte riuscivo a sentire qualcosa, ma non ero in grado di suonarlo... Si quella notte improvvisai a lungo su Cherokee. Mentre lo facevo mi accorsi che impiegando come linea melodica gli intervalli più alti delle armonie, mettendovi sotto armonie nuove, abbastanza affini, stavo suonando improvvisamente ciò che per tutto quel tempo avevo sentito dentro di me. Rinacqui a nuova vita" (Charlie Parker)

Oggi Bird compirebbe 91 anni (Kansas City, 29 agosto 1920), ed il suo lascito musicale è ancora attualissimo e di vasto interesse. Poche le commemorazioni sui blog e sui portali americani, a differenza di quanto invece è stato scritto per il compleanno di Wayne Shorter (25 agosto 1933).

Un sito in italiano che fornisce una mole notevole di materiale su Parker è 

http://web.tiscalinet.it/treffi/parker/biografia.htm

Due biografie ad opera di Arrigo Polillo e Joaquim Berendt, una intervista in inglese ad opera di Paul Desmond, una tesi universitaria, articoli e ritratti da magazine e riviste specializzate, elenco dei libri e dei film, una discografia, materiale fotografico, brani in mp3, ed un fornitissimo elenco di rimandi a link.

A completare una siffatta mole di materiale ecco in rete anche gli Appunti da una Conferenza di Francesco Martinelli con riferimento al libro di Carl Woideck, Charlie Parker, vita e musica:

http://www.edt.it/musica/leggio/articolo.php?a=461

 

 
 
 

ANNIVERSARI: LESTER YOUNG (27 AGOSTO 1909)

Post n°1925 pubblicato il 27 Agosto 2011 da pierrde

 

 

« (...)quella sera Benny Carter suonava insieme con Bobby Henderson, il mio accompagnatore al piano. E lì c'era Lester, col suo piccolo e vecchio sassofono, tenuto insieme con del nastro adesivo e degli elastici. Seduto lì vicino c'era anche Chu, e tutti cominciarono a discutere su chi fosse il migliore dei due, cercando di far nascere una gara tra Chu e Lester. Benny Carter sapeva che Lester avrebbe potuto brillare in un duello di quel genere, ma per tutti gli altri l'esito di quella gara non era dubbio: Chu avrebbe spazzato via Lester in un baleno. Chu possedeva un bel sassofono dorato, ma non l'aveva con sé in quel momento. Benny Carter non si diede per vinto. Era con me: aveva fiducia in Lester. Così si offerse di andare a prendere lo strumento di Chu. Andò e tornò. Allora Chu Berry propose di suonare 'I got rhythm'.(...) Chu ce la mise tutta, poi venne la volta di Lester. Suonò almeno quindici "chorus", proprio ben fatti, nessuno eguale all'altro, e ciascuno migliore di quello precedente. Quando l'ultimo fu terminato, Chu Berry era liquidato. »

(Billie Holiday dal libro Lady Sing the Blues)

Un racconto dallo straordinario spessore ispirato alla vita di Lester è contenuto nel libro di Geoff Dyer, Natura morta con custodia di sax, il titolo in italiano ispirato alla famosa foto di Herman Leonard.

"L'unico libro attorno al jazz che ho consigliato ai miei amici. Una piccola gemma contraddistinta anche dal fatto di essere "attorno"' al jazz piuttosto che "sul" jazz. Se un grande assolo è definito dall'intensità con cui il suo materiale è percepito dall'autore, il libro di Dyer è un assolo." (Keith Jarrett)

 
 
 

VERO JAZZ

Post n°1924 pubblicato il 26 Agosto 2011 da pierrde

Sostengono gli esperti, non da oggi, che al Roccella Jazz Festival s'impara sempre qualcosa. Eppure, dopo il pregevole epilogo della trentunesima edizione con l'Orchestra Nazionale dei Conservatori Italiani diretta da Nicola Piovani che ha proposto alcune sue brillanti e celebri musiche per film (La voce della Luna, Ginger e Fred, La vita è bella, l'overture di Garibaldi in prima esecuzione assoluta e La vita è bella replicata come bis) si sono uditi alcuni mugugni del pubblico perché, fra i 40 concerti della manifestazione – troppi, ndr – alcuni fra i più importanti "non erano jazz".

E' appena il caso di dire che non siamo affatto d'accordo. Di più: ci meraviglia che un'affermazione così retriva si percepisca nella platea di un festival che sempre ha cercato di andare "oltre" e che proprio per questo ha sempre insegnato (e rischiato) qualcosa. Oggi, inoltre, un jazzfest di livello internazionale come questo di Roccella, non potrebbe più, nemmeno se lo volesse, limitarsi al "vero jazz", perché i maestri che hanno creato e suonato per decenni la musica del Ventesimo secolo, come non a caso la si chiama, sono rimasti in pochi per ragioni anagrafiche. E quindi, allo scopo di attirare il pubblico e di far ascoltare comunque buona musica, si deve ricorrere ai dintorni vicini e lontani del ceppo afro-americano.

Setacciando il meglio come sempre dobbiamo fare in un festival, e compilando una sorta di graduatoria come non facciamo quasi mai (ma ci costringe la necessità di rendere più chiaro il nostro incipit), ecco i concerti di Roccella 2011 che rimarranno a lungo nella memoria. Innanzitutto il sommo pianista Ahmad Jamal, 81 anni, uno dei superstiti di cui sopra, insieme con i suoi magnfici comprimari: Jack Cammack contrabbasso, Herlin Riley batteria, Manolo Badrena percussioni. A chi scrive è accaduto, in questa estate, di ascoltarlo tre volte: a Perugia, a Berchidda e a Roccella. Ora, non soltanto il concerto calabrese è stato di gran lunga il migliore dei tre, ma è stato addirittura uno dei recital più belli che mai si siano ascoltati da Jamal andando molto indietro nel tempo. Si sarà trattato di una disposizione particolare, dell'incanto della visione del Castello di Roccella sapientemente illuminato, del pubblico attento e partecipe o di tutte queste cose insieme. Sta di fatto che Jamal non voleva finir di suonare, rimandando il più possibile l'esecuzione della sua immancabile Poinciana eseguita poi per ultima. Lunghissimi, naturalmente, gli applausi da stadio e la standing ovation finale. (Franco Fayenz, Il Sole 24 Ore)

Penso che sia scelta intelligente, addiritura indispensabile, per ogni direttore artistico andare a cercare contaminazioni e affinità con musiche altre. Roccella ne è sempre stato un esempio positivo.

Poi si può discutere su come innestare e dove approdino queste scelte: Santana o Piovani, Peppe Servillo o Sergio Cammariere. O magari, con un pò di fantasia e sforzo maggiore anche nomi e progetti più intriganti. Gli esempi felici non sono mai mancati, naturalmente quelli meno riusciti sono però la maggioranza. 

Su una affermazione però non sono d'accordo con Fayenz: probabilmente per lui i grandi del jazz sono coloro che, ancora in forma, appartengono alla sua generazione. Ebbene, per fare un buon festival senza ricorrere a cantautori o star del pop ci sono tutte le generazioni cresciute dopo Jamal e Rollins.Dai Marsalis a Dave Douglas, da Akinmusire a Jason Moran.

Potranno bastare ? Secondo me si, e abbondantemente....

 

 
 
 

ROBERTO COTRONEO - E NEMMENO UN RIMPIANTO

Post n°1923 pubblicato il 25 Agosto 2011 da pierrde
 

“…c’erano cartacce ovunque alla stazione, colpa di un vento tiepido, bello. Un sole improvviso aveva acceso l’acciaio dei binari. E tutto brillava. C’erano bicchieri di plastica a terra, rotolavano prima in una direzione e poi in quella opposta, come se avessero un loro modo di misurare lo spazio e di segnare il tempo. Li guardavo. Mi chiedevo secondo quale legge della fisica il bicchiere a me più vicino poteva fare solo tre giri verso la fine del marciapiede del binario e non quattro o cinque. Pensavo che il jazz di Chet è così. Non è vorticoso: ondeggia lento; rotola senza una ragione; eppure non smetti di ascoltarlo; ti rapisce come ti rapiscono tutte le cose che ti lasciano sospeso.”

Roberto Cotroneo , E nemmeno un rimpianto, Mondadori, 2011.

 

Ci sono uomini che attraversano un’epoca come un miracolo. Chet Baker, per tutti “Chet”, è schiavo della droga, sfuggente, ambiguo. Ma appena avvicina le labbra alla sua tromba è come mettesse le ali, è come se l’anima del mondo potesse rivelarsi in un modo perfetto. Il protagonista del romanzo una mattina del 2006 riceve una telefonata. Una donna che conosce appena gli racconta una storia incredibile. Chet non è morto il 13 maggio 1988 cadendo dalla fi nestra del Prins Hendrik Hotel di Amsterdam sotto l’effetto di droghe. Era solo una messa in scena. In realtà vive in un luogo del Salento e nasconde un segreto. Il protagonista decide di partire per incontrarlo. E da quel momento inizia un viaggio affascinante dentro il talento di un genio inconsapevole e fragile. Ma anche un viaggio dentro le suggestioni della musica di Chet. Perché, come in un verso di Edgar Lee Masters in Spoon River: “se la gente scopre che sai suonare, ebbene, suonare ti tocca per tutta la vita”.

TITOLO: E NEMMENO UN RIMPIANTO

AUTORE: Roberto Cotroneo

EDITORE: Mondadori

PREZZO DI COPERTINA: 18,00 €

ANNO DI PUBBLICAZIONE: maggio 2011

FORMATO: rilegato

DIMENSIONE: - PAGINE: 161

 
 
 

THE BIG LOVE: LIFE AND DEATH WITH BILL EVANS

Post n°1922 pubblicato il 23 Agosto 2011 da pierrde

Il 16 di agosto ricorreva l'ottantaduesimo compleano di Bill Evans, mentre il prossimo 15 settembre saranno 31 anni dalla scomparsa. A ricordarlo in queste settimane è la sua ultima compagna, Laurie Verchomin, della quale è uscito negli Stati Uniti un libro, The Big Love: Life and Death with Bill Evans.

In rete è già comparso un estratto particolarmente interessante, che riassume in poche righe l'ultimo giorno di vita di Bill. Lo riporto in lingua inglese per non togliere niente al pathos del racconto con traduzioni approssimative:

New York City September 15 / 1980

Bill has been lying low (understatement) for most of the past two weeks ~ keeping quiet in his green on green on green room, on top of the pale green brocade king-sized bed, spread out on top of the galaxy of cigarette burns from his two-year stint in this his bedroom on the 9th floor of the Whiteman House on Center Avenue in Fort Lee, New Jersey. This is Bill’s room.

I share the king. He is on my left; I am on his right. He is nodding, not sleeping. I haven’t seen him sleep yet. I’ve been here almost six months, keeping a close eye on things. Just being here. I am conscious of death at all moments. Death is in the room like a shadow waiting for the light to come on, to intensify with the contrast. I have prepared grapefruit, Bill’s favorite, to cheer him up. I am so far out on a limb here. I try putting on music, one of Bill’s albums with Jim Hall. Bill has decided to get out of bed so he can make an appointment in midtown to get set up at a new methadone clinic. He is gravely concerned about the fact that Dr. Nyswander is cutting back his methadone dosage without his permission.

I am relying on Joe LaBarbera, Bill’s drummer, who has been staying with us this past week while Bill sat out on his gig at Fat Tuesday’s. Another piano player took over the week because Bill came so close to a crash on the Eastside Highway with me in the passenger side as it swooped inches away from the side of the underpass. I think someone drove us home. Maybe it was Joe. It was great to have Joe around that week because, as I said, I was really out on a limb with this one. We support Bill through the lobby, into Bill’s maroon Monte Carlo.

Bill leans into the back seat, Joe and I are in the front. Joe drives us into midtown, Bill directing us to the address. While we are sitting in traffic, Bill notices a beautiful woman and makes the comment, “This really must be the end, because I don’t feel a thing for that woman.” We laugh ~ the rope trick once again. I am always amazed at how far out he can go (literally leaving his body) and still snap back at just the right moment. Boom. I took this moment to offer an inspiration I had about Bill’s financial woes. I said, “Hey Bill, what do you think about having a memorial concert to raise money for you?” He said, “You mean a tribute, my dear, as I am still alive.”

Well, Joe and Bill and I laughed a little harder about that one, and then Bill started to cough up blood and soon there was a steady stream of blood coming from his mouth as he directed us to the Mount Sinai Hospital. “Lay on the horn, Joe. Tell them it’s an emergency,” he instructed. I felt compelled to keep watch over him as he directed Joe. He gave me the fear in his eyes. I wanted to tell him I needed more, that we weren’t done yet. He told me, “I think I’m going to drown.” I wasn’t sure a person could lose that much blood. We pulled into the emergency driveway moments later. Joe and I lifted Bill from the car and walked him into the hospital.

His blood was everywhere, leaving a trail through the waiting room. We laid him on a bed in the emergency room and a flurry of doctors and nurses took over. I was shuffled out into the waiting room, where I sat and watched with great alarm as the janitor came along and mopped up Bill’s life force. A nurse appeared and in a soothing voice described Bill’s condition as something similar to a nose bleed that just needed cauterizing. The woman sitting next to me added that her husband had a very similar experience and went on to describe it in great detail. But I couldn’t take in what they were saying. I was thinking about the blood and Bill’s jacket, which was sitting in my lap.

Joe returned and a moment later a young male doctor came out and escorted us into a small office. He said, “We couldn’t save him.” I looked at Joe and said, “Man, this is déjà vu. I’ve been here before.” From this point on, I am in a heightened state of adrenaline shock. Joe starts making calls. He calls Helen Keane, Bill’s agent. He calls Marc Johnson, Bill’s bass player. Nobody showed me the body. For years afterward, I would dream that Bill wasn’t actually dead, but had planned some kind of escape. That’s why it’s so easy for us to continue our relationship because he isn’t really dead to me. Not really. Not at all. I never left and he is eternal

excerpt from THE BIG LOVE ~ Life and Death with Bill Evans

In attesa della traduzione in italiano del libro ecco Laurie, il brano composto e dedicato da Bill   alla sua compagna.

 
 
 

CHIUDE TREMEZZO JAZZ: UN OTTIMO BILANCIO

Post n°1921 pubblicato il 21 Agosto 2011 da pierrde
 

Tremezzo Jazz Festival chiude con due trii impegnati in ambiti molto diversi: dalla rilettura di arie della Boheme ad opera del trio Bombardieri-Piazzalunga-Bertoli a Futbol, canzoni e testi ispirati al calcio come metafora di vita per la voce di Peppe Servillo, il pianoforte e la voce di Natalio Mangalavite ed i fiati di javier Girotto.

Orsù all'Opera è un set breve e concentrato, carico di rispetto e di sensibilità verso le musiche pucciniane. Trasferire musica lirica in chiave jazz non e' operazione nuova: negli ultimi anni Enrico Rava con la sua riproposizione di Carmen, L'opera va e Mike Westbrook con le arie di Rossini avevano già provato, e con successo, a contaminare i due generi. 

Il trio capeggiato da Stefano Bertoli dimostra amore per le arie immortali, e la trasposizione di Mi chiamano Mimi' è un quadretto raro di lirismo e magia trasposto dalla voce di celebri interpreti al sassofono soprano di Guido Bombardieri. Il bis tratto dalla Carmen di Bizet chiude un concerto raffinato ed in crescendo.

Il progetto Futbol che accomuna la verve e la presenza scenica di Servillo con i due musicisti argentini è opera accattivante e gradevole ma piuttosto lontana dalle aspettative di un appassionato jazzofilo. Per rimanere nella metafora calcistica su cui è imperniato il progetto, avere nel gruppo Javier Girotto, uno dei migliori sassofonisti del momento, e utilizzarlo come accompagnamento ad un cantante è come avere in squadra Maradona e farlo giocare in porta.

In conclusione qualche nota sull'esperienza di questa decima edizione del festival: un successo annunciato e poi pienamente conseguito. Una più che buona presenza di pubblico che ha confortato le scelte degli organizzatori. Sicuramente data la natura turistica di Tremezzo buona parte del pubblico era costituito da vacanzieri più che da appassionati, ma questo dimostra solamente che le giuste scelte infine pagano.

Se potessi esprimere dei piccoli suggerimenti per le prossime edizioni consiglierei agli organizzatori di prendere in considerazione l'ipotesi di concerti anche nel tardo pomeriggio. Il parco è talmente incantevole che meriterebbe appuntamenti alla luce del giorno.

E poi, compatibilmente con il flusso dei finanziamenti, almeno uno o due significativi nomi americani in grado di attirare gli appassionati delle due aree urbane più vicine oltre a Como: Lugano e Milano.

 
 
 

DANILO REA, L'ARTE DELLA SCOMPOSIZIONE

Post n°1920 pubblicato il 20 Agosto 2011 da pierrde
 

Terza serata a Tremezzo all'insegna della forma canzone in entrambi i progetti presentati. Si inizia con il trio Ars 3 formato da Mauro Grossi al pianoforte, Attilio Zanchi al contrabbasso e Marco Castiglioni alla batteria. Un programma basato sulla canzone pacifista degli anni 60' e 70' racchiusa nell'album Promemoria uscito lo scorso anno per Abeat.

Compito non semplice quello di evitare le secche della retorica, ma la palpabile emozione con la quale Mauro Grossi tracciava le coordinate del lavoro del trio erano ampiamente sufficienti ad allontanare ogni dubbio. E il pathos dalla parola si è propagato rapidamente alla musica, dall'iniziale Masters of War di Bob Dylan fino ai due brani finali, uno di tradizione ebraica (Dona Dona di Shalom Secunda) e l'atro palestinese, uniti in una ideale staffetta di dolore e compassione. Nel mezzo molti pezzi famosi ispirati alla pace e alla non violenza, da Il Disertore di Boris Vian a Peace di Horace Silver per chiudere con il bis dedicato alla canzone italiana (Un mondo d'amore di Gianni Morandi). Un gruppo che è cresciuto di intensità nel corso del concerto, ben bilanciato, solido nella sezione ritmica e convincente nei momenti di improvvisazione.

Il compito più difficile per chiunque provi a riproporre la musica di De Andrè è cercare di colmare il vuoto abissale che ogni possibile versione incontra dovendo fare a meno del timbro unico rappresentato dalla voce di Fabrizio. Per un jazzista inoltre c'è anche l'handicap della mancanza dei testi, componente di importanza vitale nelle canzoni del cantautore genovese. Infine c'è il problema di rendere al meglio quelle musiche cosi' sottilmente intrise di dolce malinconia oppure di effervescente ironia. In ambito italiano inoltre c'è una tendenza a volte esagerata da parte dei nostri musicisti alla riproposizione di musiche di autori che mal si prestano a versioni jazzistiche, esempio tra i più abusati è la figura di Lucio Battisti, che spesso si risolve in rimpianto verso gli originali.

Non è il caso di Danilo Rea, che attingendo ad una profonda sensibilità musicale e sorretto da una padronanza stupefacente dello strumento regala un concerto intenso per colori, variazioni ritmiche e citazioni melodiche. La scomposizione e destrutturazione delle melodie si manifesta in maniera apparentemente semplice e naturale, come se tutto fosse un originale gioco di scatole cinesi. E cosi' La Canzone di Marinella si muta in Besame Mucho con facilità disarmante prima di rientrare nell'alveo naturale; una versione emozionante e rarefatta di Over The Rainbow trasmigra in citazioni monkiane e rinasce come La Ballata di Carlo Martello. Il bis intriso di lampi beatlesiani e melodie napoletane diventa una martellante Bocca di Rosa. Ma tutto il concerto è all'insegna di questa versatilità, leggerezza apparente ma intrisa di ricca sostanza, che dona al pubblico presente uno strepitoso Danilo Rea, certamente uno tra i migliori pianisti attualmente in scena.

 
 
 

IL RUGGITO CHE SCACCIA LA PIOGGIA

Post n°1919 pubblicato il 19 Agosto 2011 da pierrde
 

 

La seconda serata del Festival proietta Tremezzo nell'olimpo delle migliori rassegne italiane grazie ad uno strepitoso concerto di Roar at The Door, il quartetto con Mauro Ottolini al trombone e corno, Francesco Bearzatti sax tenore e clarino, Lello Pareti contrabbasso e autore di tutte le composizioni e Walter Paoli alla batteria.

L'inizio è affidato al quartetto di Franco D'Auria alle percussioni, Maurizio Aliffi alla chitarra, Marco Bianchi al vibrafono e Marco Ricci al contrabbasso. Un gruppo ben amalgamato che si muove in ambito prevalentemente neo hard-bop riuscendo grazie all' inconsueto impasto timbrico a ricavare una cifra stilistica personale. L'intero set è costituito da composizioni originali che si fanno immediatamente apprezzare per la vivace vena ritmica e l'immediatezza melodica. Una notevole padronanza tecnica completa il quadro di un gustoso quartetto che nelle battute finali ospita un oboista olandese in vacanza sul lago (le ...affinità elettive dei jazzisti) in un brano dalle forti connotazioni etniche grazie all'uso dell'hang drum, uno strumento a percussione dal timbro metallico in parte simile allo steel drum.

Ma è festa appena il quartetto di Ottolini e Bearzatti irrompe sulla scena. Perfino la piogga, che aveva iniziato a fare capolino verso la fine del primo set, si ritrae intimidita dal ruggito ( The Roar) del gruppo. Poco più di un'ora tiratissima, con splendide composizioni ora angolari e spigolose ora venate da gustosissimi break all'unisono che mettono in mostra un gruppo eccellente e di sicuro valore internazionale. I due fiati appaiono ispiratissimi, Bearzatti con le sue contorsioni fisiche e sonore è musicista tra i più creativi che si posso no incontrare, Ottolini dal canto suo ormai insidia il primato di miglior trombonista italiano a Gianluca Petrella grazie au una vena creativa fluida e potente. Una assoluta goduria che purtroppo ha potuto gustare un pubblico drasticamente ridotto dalla comparsa della pioggia.

 Termino con due annotazioni di colore organizzativo: risolto il problema della fontana messa a tacere prima dell'inizio serata. Recepito anche l'allarme sui pericoli dell'eccesso di Zucchero per diabetici e jazzofili.

In sua vece una sequenza di successi di Fiorella M'annoia (si scrive cosi?) che rischiava di protrarsi perfino durante il concerto di Roar at the Door (Ottolini ha chiesto ironicamente di mettere almeno la Vanoni....).

 
 
 

LA PRIMA SERATA DEL TREMEZZO JAZZ FESTIVAL

Post n°1918 pubblicato il 18 Agosto 2011 da pierrde
 

Collocato in uno scenario naturale magnifico e arrivato alla sua decima edizione il Festival di Tremezzo acquista un respiro ed una dimensione nazionale. Quattro serate consecutive con due concerti in sequenza. Si inizia con il raffinato duo di Andrea Dubecco al vibrafono e Bebo Ferra alla chitarra, e l'atmosfera si tinge di colori pastello e nuances cameristiche. Una musica sottile, ricca di sensibilità e raffinatezza, che giunge al massimo delle potenzialità nella rilettura di Waltz For Debby di Bill Evans a cui è dedicata una corposa parte centrale del concerto. Poco più di un'ora di esibizione per un duo che ancora non è documentato su album ma che è ricco di idee e di soluzioni di notevole impatto armonico e melodico.

 Di pasta completamente diversa il concerto successivo che ha visto all'opera Gegè Telesforo ed il suo quartetto composto da ottime individualità ( i fratelli Alfonso e Dario Deidda al piano e basso elettrico, Max Ionata al tenore e Amedeo Ariano alla batteria) . Un groove marcato e di buona fattura ma anche inevitabilmente deja-vù ha divertito il numeroso pubblico accorso. Difficile dare un giudizio oggettivo su un gruppo che a fianco di solisti interessanti propone un leader poliedrico e grintoso ma che si propone in uno scat datato nella forma e senza il timbro, la grana e l'estensione dei modelli ai quali si ispira. Simpaticamente noioso.

 Qualche appunto infine sull'organizzazione: non accorgersi del rumore prodotto da una grande fontana posta a cinque metri dal palco è peccato di gioventù, spero si possa rimediare già da stasera. In fondo doveva essere piuttosto evidente che non si andava ad ascoltare gli Iron Maiden ma una musica molto più complessa e ricca di sfumature... Un biglietto da visita non indispensabile ma che quando è presente ha la sua importanza è la musica che viene proposta dagli altoparlanti prima dell'inizio della serata. Ora, a qualsiasi appassionato non sarà sfuggita l'overdose di Zucchero propinata senza pietà per orecchie predisposte a ben altra qualità. Anche a questo spero si rimedi.

 
 
 

UN BILANCIO A PIU' VOCI DI 50 FRESU

Post n°1917 pubblicato il 17 Agosto 2011 da pierrde

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Chiusa l'esperienza credo irripetibile della serie 50 Fresu, 50 concerti consecutivi in 50 locations diverse della Sardegna, tutte (o quasi ) trasmesse in diretta streaming, è tempo di bilanci.

Personalmente ne ho parlato più di una volta, esprimendo la mia incredula sodisfazione nel poter assistere in diretta e dal salotto di casa a concerti di splendida fattura in località da sogno. Ma ho trovato due "riassunti" emozionali che ho trovato particolarmente pertinenti ed interessanti.

Uno proviene da Facebook, è opera di Salvio Formisano, e lo riporto immediatamente:

 

Lunga vita Paolo Fresu. Sì, lunga vita. C'è da augurarsi che il Mahatma Fresu faccia anche il tour dei 100 anni suonati. Possibilmente, sperabilmente, non limitandosi, la prossima volta, alla Sardegna, ma estendendo il viaggio della bellezza anche al resto dell'Italia. Lunga vita perché quello che Paolo sta regalando da anni alla sua terra è un qualcosa di impareggiabile. Che va oltre la grande musica che Time in Jazz offre ai fortunati che si ritrovano a Berchidda a metà agosto da ventiquattro anni. Va oltre la promozione, con il relativo consistente ritorno economico, di una parte della Sardegna, bella almeno quanto quella più conosciuta delle acque turchesi e le coste mozzafiato. Quello che fa è politica. Politica nell'accezione alta della parola. Quella da cui bisogna ripartire per ricostruire il nostro paese, ora parlo dell'Italia intera, devastato nel gusto e nel senso etico da un ventennio sciagurato. E quello a cui si assiste nelle strade e nelle piazze attraversate dal fiume Time in Jazz lascia ben sperare. Giovani e meno giovani, famiglie con bambini, anziani, amanti del jazz, altri che ci si avvicinano per la prima volta e semplici curiosi, inondati per 7 giorni dalla bellezza della musica di musicisti grandiosi, spesso di fama mondiale e da quella dei luoghi incontaminati, nutrono lo spirito nell'unico modo in grado di far crescere le persone sane e in pace: l'educazione all'arte e al bello. Grazie quindi e, ancora una volta, lunga vita al Mahatma Fresu.

L'altro è uno scritto di Ascanio Celestini per la sua rubrica La Pecora Nera sul Venerdi' di Repubblica. Per chi l'avesse perso eccone la trascrizione:

La tromba di Fresu: una pausa (felice) dalle brutte storie

C'è Pino, Elisabetta e Annaluisa. C'è Alessandra, Simona e Paola. Non so quanti ne abbiano visti, ma almeno quanti Francesco e Gianluigi, che tornano per la decima volta, o di Ivana, che è arrivata alla tredicesima. "E Antonella ? Dov'è Antonella?" chiede Paolo al microfono. Antonella si fa vedere. E' una mano in mezzo a migliaia. Di quarantotto concerti consecutivi se ne è visti 21.

Paolo Fresu ha festeggiato i suoi cinquant'anni cosi'. Per cinquanta giorni di seguito se ne è andato suonando in giro per la Sardegna. Con lui ogni sera ci sono stati artisti diversi, da Antonello Salis a Stefano Bollani, da Uri Caine alla Kocani Orkestar. Sapevo che avrebbe fatto cinquanta concerti, ma non avevo capito che in mezzo a tutti quei giorni non ce n'era manco uno libero.

Io sul palco con lui ci sono stato il 29 luglio a Mogoro, nella Piazza del Carmine con la gente che s'è arrampicata anche sugli alberi. Ci sono stato quando gliene mancavano solo due: a Siddi, con Gavino Murgia e Bebo Ferra, e a Cagliari, dove ha suonato da solo.

Paolo è un grande musicista, ma per moltissimi sardi è qualcosa di più. E' una specie di santo, come possono essere santi certi calciatori o certi rivoluzionari. Solo che lui non è capocannoniere del campionato, lui suona la tromba. E non ci suona le canzonette, ma una musica che un sacco di gente pensa sia difficile. E non è nemmeno un ideologo guerriero che scrive libretti rossi. E' pacifico e disarmato. Eppure lo seguono in giro per la Sardegna in questa lunga marcia che dura cinquanta giornate. In questa bella processione laica. Seguono il santo. In cambio lui fa una cosa semplice: suona.

Dopo le prove del pomeriggio mi avvicino a Tommaso Onofri, che ha montato una piccola struttura sulla quale ha appoggiato dei pannelli foto-voltaici. Accumula energia per alimentare l'impianto. Non serve attaccare la spina e non viene sfruttato nemmeno un ditale di petrolio. Luce e suono vengono fuori da li'.

Sarà che mi sono fermato qualche giorno, che a differenza di paolo mi sono preso una pausa, ma dopo tante storie di manicomi e galere oggi mi piace poter raccontare una storia senza magagne. Una storia di pecore nere che sono riuscite a fare una bella cosa. Una storia di migliaia di cittadini che vanno a sentirsi una musica che non senti alla radio trasmessa in filodiffusione in tuti i supermercati. Una storia con un bell'impatto sonoro e nessun impatto ambientale. Una storia che inizia bene e finisce bene.



 
 
 

JAZZ VS ROCK AND VICE VERSA

Post n°1916 pubblicato il 16 Agosto 2011 da pierrde
 

 

 

Brad Mehldau could make a Rod Stewart tune sound great, but not vice versa.

(Peter Hum, Jazzblog)

Non è un dogma e non può valere in ogni caso ma credo che l'affermazione di Hum sia largamente condivisibile.

Non a caso si contano a migliaia le versioni jazzate di brani pop e rock mentre è molto più raro il contrario, sopratutto se poi si adopera il metro della qualità come spartiacque. Dalla grande canzone americana, dai musical, dai Beatles, da Frank Zappa fino ai Radiohead i jazzisti hanno tratto brani e spunti per versioni tra le più immaginifiche, spesso arrichendo le composizioni di nuova luce e di diversi colori.

Ricordo la mia iniziale sorpresa nell'ascoltare in concerto Live To Tell di Madonna suonata da Bill Frisell o la meravigliosa versione della Brass Fantasy di Lester Bowie di Smooth Operator, celeberrimo brano di Sade che suonato dalle trombe e dai tromboni acquistava una nuova dimensione ed una diversa prospettiva.  

Mi risulta difficile immaginare che il prossimo album di Lady Gaga annunciato per Natale e composto da standards del jazz possa darmi la stessa meraviglia e lo stesso piacere... 

Naturalmente esistono le eccezioni, ci sono brani tipici dell'ambito jazz reinterpretati in maniera memorabile da rocker, e il primo in ordine cronologico che mi viene alla mente è la versione strafatta e stralunata di Summertime di Janis Joplin, ma la proporzione è comunque nettamente a favore dei jazzisti.

Ognuno poi ha le proprie opinioni, qui io mi limito a semplici considerazioni senza pretesa di verità assoluta e a postare il brano Paranoid Android nella versione originale dei Radiohead ed in una delle innumerevoli versioni date da Brad Mehldau sia in concerto che su album. Quale la migliore ?  

 

 

 
 
 
 
 

IL BLOG DI DANIELA & DANIELA: JAZZDANIELS

Post n°1914 pubblicato il 11 Agosto 2011 da pierrde
 

Opinione diffusa (o leggenda metropolitana ?) vuole che le donne siano ben poco interessate al jazz (citazioni a iosa, da Paolo Conte a David Trueba, ma le risparmio, tanto le conoscete già....) men che meno alla critica e alla recensione degli avvenimenti jazzistici.

Bene, ecco qua un blog che allora va controcorrente, perchè interamente gestito da due donne, una fotografa (Daniela Crevena, e qui ne potete ammirare un paio dei tanti meravigliosi scatti) e una giornalista (Daniela Floris, collaboratrice come la sua omonima del sito web A Proposito di Jazz di Gerlando Gatto).

Il blog è visivamente aricchito da splendide immagini, ben impaginato e frequentemente aggiornato. Le recensioni riguardano sia i principali festival italiani sia le novità discografiche, con particolare attenzione per il jazz italiano.

Mi piace veder crescere la "concorrenza" italiana, sintomo di vitalità della musica che amiamo; situazione ancora più stimolante se si tratta di "colleghe" agguerrite e competenti.

Amici che passate da qui non perdete l'occasione di farvi un giro sul blog delle due Daniela, ecco il link:  

http://jazzdanielsblog.blogspot.com/

 
 
 
 

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