Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

------------------------------------------------------------------

JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

MONDO JAZZ SU FACEBOOK E SU TWITTER

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Novembre 2011 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30        
 
 

JAZZ DAY BY DAY

 

 

L'agenda quotidiana di

concerti rassegne e

festival cliccando qui

 

I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre č possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembč di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco č possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

Messaggi di Novembre 2011

RITRATTO DI CAROLYN CARLSON

Post n°2041 pubblicato il 30 Novembre 2011 da pierrde
 

Carolyn Carlson è una ballerina e coreografa che spesso ha incrociato la sua strada con i jazzisti europei e ne ha condiviso progetti.

Purtroppo mancano riscontri discografici a documentare i lavori con John Surman,Trilok Gurtu, Joachim Khun e Michel Portal, se non questo magnifico brano inciso in solitudine dal sassofonista britannico nell'imaginifico primo album in solo per E.C.M dal titolo Upon Reflection.

Carolyn è anche, sopratutto, una persona splendida. Le sue risposte nell'intervista sull'inserto D di Repubblica lo esplicano in maniera evidente.

 

Nata in California da genitori finlandesi, studia danza alla San Francisco School of Ballet. Nel 1965, mentre frequenta l'Università dell'Utah incontra Alwin Nikolais che sarà il suo maestro e di cui elaborerà l'insegnamento. 'Nik' la inserisce nella sua compagnia a New York, di cui Carolyn diventa presto la figura emblematica e dove rimarrà per sette anni. Nel 1968 riceve il Premio come migliore danzatrice del Festival Internazionale di Danza di Parigi. Nel 1971 lascia la compagnia di Nikolais ed entra come solista e coreografa nella compagnia di Anne Béranger, rivelandosi l'anno successivo al Festival di Avignone con Rituel pour un rêve mort che le varrà l'invito della London School of Contemporary Dance come docente, interprete e autrice.

Viene altresì invitata da Maurice Béjart a lavorare per il suo Ballet du XXéme siécle come danzatrice e coreografa. Nel 1974 Rolf Liebermann la invita all'Opéra di Parigi a collaborare ai programmi coreografici. Qui si esibisce, lo stesso anno, con Rudolf Nureyev in Tristan et Yseult, coreografia di Glen Tetley e musica di Hans Werner Henze. L'anno seguente, Liebermann le affida la direzione del Gruppo delle Ricerche Teatrali (GRTOP), direzione che manterrà per sei anni. Dal 1974 al 1980 porta sulla scena più di 25 coreografie, tra le quali: Density 21,5; The architets; This, that and the other; Slow, havy and blue.

In questi anni elabora il suo metodo di insegnamento, basato su tecniche d’improvvisazione e di composizione coreografica. I suoi corsi all'Opéra sono frequentati da Larrio Ekson, Caroline Marcadé, Dominique Mercy, Dominique Petit, Quentin Rouillier, Anne-Marie Reynaud. Nel 1979 è invitata dal Teatro alla Scala di Milano e presenta Trio con Larrio Ekson e Jorma Uotinen. Dal 1980 al 1984 è invitata dall'allora direttore del Teatro La Fenice di Venezia Italo Gomez a creare e guidare, sul modello del GRTOP parigino, un gruppo di giovani danzatori, parte dei quali in seguito si costituiranno in una compagnia autonoma (compagnia Sosta Palmizi) e offriranno il primo esempio di Teatrodanza italiano con lo spettacolo Il Cortile (1985).

Durante questi anni in collaborazione con il teatro veneziano e con il gruppo di danzatori da lei cresciuto mette in scena Undici Onde (1981), Underwood (1982), Chalk Work (1983) poi rinominato L'orso e la luna, e l'assolo creato per se stessa Blue Lady (1984), poi presentato in 40 paesi. Tornata a Parigi nel 1985, crea per il Théâtre de la Ville Dark e Still Waters. Nel 1990 crea Steppe, spettacolo che indica un ritorno alla natura ed è intriso delle suggestioni del filosofo e letterato francese Gaston Bachelard e degli studi sul mito dell'americano Joseph Campbell. Il fondale scenico è occupato da un proiezione a mega schermo del cortometraggio della regista francese Marlène Ionesco, girato nella foresta di Fontainebleau.

Tra il 1991 e il 1992 Carolyn si stabilisce in Finlandia, dove prosegue la sua attività di solista con Elokuu; Syskuu; Maa. Nel 1993 crea Commedia, spettacolo ispirato al capolavoro di Dante Alighieri, che debutta al Deutsche Schauspielhaus di Amburgo. Nel 1994-1995 dirige il Ballet Cullberg a Stoccolma, per il quale crea Sub Rosa (1995). Ha creato numerosi assoli per se stessa (oltre al già citato Blue lady, Vue d'ici del 1995 e il più recente Writings on Water) ma anche per i danzatori Marie Claude Pietragalla, Tero Saarinen, Talia Paz e Nina Hyvärinen. Intercalate a queste creazioni sono le esperienze di "improvvisazione-spettacolo" condotte da lei stessa insieme ai danzatori prediletti Larrio Ekson, Jorma Uotinen, Malou Airaudo, Michele Abbondanza e Antonella Bertoni e da musicisti-complici come Michel Portal, John Surman, René Aubry, Joachim Kuhn, Trilok Gurtu.

Un esempio tra tutti: Cornerstone su musica di John Surman, prodotta da Europe Jazz Network, ed eseguita nel 1991 dalla Carlson con Larrio Ekson, Michele Abbondanza e Antonella Bertoni al Teatro Romolo Valli di Reggio Emilia e in altre città italiane. Crea ancora coreografie di repertorio per l’Opéra de Paris (Signes) e per l’Opéra de Bordeaux (Hydrogen Jukebox). Nel 1999, con il sostegno del comune di Prigi, ha fondato alla Cartoucherie de Vincennes "L'Atelier de Paris-Carolyn Carlson", divenuto in breve tempo un centro di riferimento per la formazione professionale dei danzatori.

La Carlson vi tiene delle masterclasses e vi invita a insegnare gli artisti tra i più prestigiosi della scena internazionale, come ad esempio Trisha Brown, Suzanne Linke, Bill T. Jones, Wim Vandekeybus, Susan Buirge. Inoltre l'Atelier accoglie nei suoi studi coreografi e artisti interpreti sostenendoli nel loro lavoro di ricerca e di creazione. Dal 1999 al 2002 è nominata direttrice del settore danza della Biennale di Venezia.

Vi apre un'accademia di danza contemporanea (Accademia Isola Danza), organizza un festival e vi crea Parabola (1999), Light Bringers (2000), J. Beuys Song (2001), Writings on water (2002). Nel 2004, la Carlson crea Tiggers in the tea house. Nel 2005 è nominata direttrice artistica del Centre Chorégraphique National di Roubaix-Nord Pas de Calais. Per la compagnia del Centro compone Inanna, creazione per sette donne. Nel 2006 crea la sua prima coreografia per ragazzi, Les Rêves de Karabine Klaxon e un nuovo assolo, Double Vision, concepito con Electronic Shadow.

Nel corso dello stesso anno inizia a lavorare su Full Moon, brano coreografico a quattro mani con la coreana Kim Mae-Ja. Nel 2007 crea il duo Li, con Chinatsu Kosakatani e Yutaka Nakata e Eau, in collaborazione con il compositore britannico Joby Talbot. Carolyn Carlson ha segnato con la sua presenza il percorso della danza contemporanea europea degli ultimi trent’anni.

È stata spesso paragonata a Isadora Duncan per la libertà dell'espressione e per la forza improvvisativa oltre che per la componente poetica e spirituale che anima le sue danze. Ha ricevuto nel 1998 il titolo di Cavaliere delle Arti e delle Lettere, nel 2000 è stata nominata Cavaliere della Legion d'Onore di Francia e nel 2002 ha ricevuto la Medaglia della città di Parigi. Nel 2006 ha ricevuto il primo Leone d'oro, prima mai attribuito ad una coreografa da parte della Biennale di Venezia. (Fonte: Wikipedia)

 

C

Che cosa voleva fare a 13 anni ?

Scoprire chi non ero

Se avesse il potere assoluto per un giorno che cosa farebbe ?

Fermerei la guerra e manderei i ragazzi a casa

Se la sua vita fosse un film chi sarebbe il regista ?

Buddha

Cosa c'è di più importante dell'amore ?

La risposta è nella domanda

E che cosa ha imparato dall'amore ?

La compassione

Il vero lusso è....

Sapere che un giorno incontreremo tutti la morte, che farà della vita un dono prezioso

Se le rimanessero 12 ore di vita cosa farebbe ?

Chiamerei glia mici, la famiglia, e li prenderei per mano a formare una catena di gratitudine

La più grande differenza tra un adulto ed un bambino ?

L'innocenza perduta

Un posto in cui le piacerebbe andare e perchè ?

Viaggiare con la mente ti porta dappertutto e senza spese

Il suo più grande errore ?

Non ci sono errori, solo lezioni

Una cosa che voleva e non ha avuto

Noi spesso otteniamo quello che non vogliamo ma che poi diventa ciò che ci serve. E siamo comunque  responsabili delle nostre azioni. Questo è il karma.

Qual è la sua idea di perfetta felicità ?

Vivere la sofferenza per capire cos'è veramente la felicità

Se dico Italia qual è la prima cosa che le viene in mente ?

Venezia

Che cosa la spaventa ?

La paura è solo frutto della nostra mente

Intervista sull'inserto D di Repubblica del 19.11.2011

 

 

 >

 

 
 
 

JAZZ FOR BUSINESS ? MAH......

Post n°2040 pubblicato il 29 Novembre 2011 da pierrde

 Esempio di business card ispirata al jazz

L'ampiezza e la varietà del mondo musicale jazz sono in grado di offrire una ricca serie di metafore applicabili a contesti organizzativi. L'idea di Jazz For Business è quella di mettere questo patrimonio di risorse metaforiche al servizio delle esigenze di apprendimento delle organizzazioni di impresa.

Al centro della lezione è stato posto il parallelismo fra due forme complesse quali la musica jazz e l'organizzazione di impresa, analizzabili attraverso alcuni elementi comuni. I principali temi affrontati dalla lezione sono rappresentati da struttura, ruoli, cambiamento, improvvisazione e, ovviamente, ascolto. Fonte : www.artforbusiness.it/jazz/

Il jazz come organizzazione e gestione di un'azienda! Operazione assai alternativa e non certo priva di fascino quella messa su libro da Erika Leonardi. Sottolineando quanto questa originale "lettura" sia fondamentalmente una metafora per affrontare in maniera più fantasiosa l'intricato mondo della gestione di un'impresa l'autrice evidenzia l'amalgama delle molteplici dimensioni lavorative parafrasando una lunghissima casistica di esempi da affiancare nell'interpretare due mondi così lontanissimi e ipoteticamente davvero inconciliabili.

La prima interessante chiave di volta viene evidenziata nel secondo capitolo intitolato "Il Mondo Del Jazz". Nel descrivere i modi e le tante casistiche legate all'improvvisazione, la Leonardi sviluppa diverse teorie da applicare all'organizzazione reale di un'impresa. Il discorso si sviluppa concretamente negli evidenti esempi di dinamiche dei servizi in base, alla tecnica organizzativa, alla situazione ambientale, alla reale portata economica di un'azienda, al ruolo che riveste l'immagine.

Servendosi di brevi paragrafi introduttivi posti come incipit ad ogni capitolo e firmati da autorevoli esponenti del mondo del jazz (da Charles Mingus a Keith Jarrett, da Jelly Roll Morton a Cozy Cole), l'autrice prosegue nella finalizzazione delle sue teorie allargando lo spettro d'azione all'interno del concetto della "gestione della attività" sino a giungere all'altrettanto interessantissimo capitolo riguardante "l'unicità dei risultati".

Altro significativo argomento che emerge tra le scorrevoli pagine di "Azienda In Jazz" è la relazione tra dovere, piacere e potere; tutti elementi che rientrano nella delicata fase del benessere lavorativo che, dal singolo soggetto, si espande al difficile concetto di gruppo nelle sue molteplici caratteristiche: il leader, l'isolamento del soggetto, i ruoli assegnati.

Fonte: Gianmichele Taormina, recensione del libro Azienda in Jazz di Erika Leonardi su Jazzitalia

Non è una "moda" recente, ormai da molto esempi di questo tipo si leggono sia negli Stati Uniti che nei paesi europei. Innegabile che ci possano essere teoricamente delle analogie tra gli stilemi, i concetti, le forme organizzative della musica afro-americana e le modalità di impresa.

La mia esperienza personale, quasi 40 anni nel mondo finanziario, mi fa propendere per una visione alquanto diversa della realtà.

Nel mio ambiente non c'è traccia di "ascolto", scambio di ruoli, interplay. Nessuna notizia del jazz inteso come metafora da Erika Leonardi. Nemmeno facendo accostamenti un pò forzati con la musica classica ritrovo l'organizzazione mirata, la struttura armonica, una corale divisione delle partiture.

L'unico paragone musicale accostabile al mio lavoro è quello di una band di heavy-metal: un leader maximo, nessun fronzolo, ritmi infernali, volumi spropositati che cassano qualsiasi forma di dissenso.

Se esiste una azienda come quelle teorizzate più sopra di sicuro è una eccezione nel mare magnum della rincorsa al profitto con qualsiasi mezzo.

E poi, ultimo in ordine di argomentazione ma primo per importanza, non toglietemi il sogno che la musica che amo sia espressione di libertà, bellezza, armonia, condivisione e non di profitto, ottimizzazione, crescita, risultati.  

Fanculo lo spread.

 
 
 

AUGURI GATO !

Post n°2039 pubblicato il 28 Novembre 2011 da pierrde

Leandro “Gato” Barbieri (Rosario, 28 novembre 1934) è un sassofonista jazz argentino. Figlio di un carpentiere con la passione per il violino, studia clarinetto, sassofono e composizione a Buenos Aires.

Nel 1953 entra a far parte dell'orchestra di Lalo Schifrin e si dedica completamente al sax tenore. Nel 1962 si trasferisce a Roma dove registra per il giovane arrangiatore Ennio Morricone l'assolo in "sapore di sale" di Gino Paoli e nel 1967 è a Milano, dopo una parentesi a New York con Don Cherry, dove partecipa a Nuovi sentimenti di Giorgio Gaslini.

Inizialmente influenzato da sassofonisti come John Coltrane e da altri artisti del free jazz, nel 1967 incide i primi due dischi pubblicati con il suo nome. Nel duo con Dollar Brand 1968 imprime alla sua musica una svolta nel recupero delle musicalità sud-americane, creando un suo personalissimo stile con il quale fonde soluzioni tecniche più tipicamente jazzistiche con le sonorità e i ritmi sudamericani.

Nel 1972 collabora con Bernardo Bertolucci componendo la colonna sonora del film Ultimo tango a Parigi, che gli è valsa un Grammy Award. La sua produzione musicale ha quindi conosciuto anche incursioni nel jazz-pop, con collaborazioni con i più diversi artisti, fra cui Carlos Santana, Antonello Venditti, Pino Daniele. Dopo un lungo periodo di inattività, iniziato negli anni ottanta a seguito della morte di sua moglie Michelle, è tornato ad esibirsi dal vivo solo alla fine degli anni novanta . Fonte . Wikipedia

 
 
 

C'E DEL MARCIO (NELLA TV) IN DANIMARCA ?

Post n°2038 pubblicato il 28 Novembre 2011 da pierrde

Il quotidiano di Bologna e dell'Emilia Romagna, Il Resto del Carlino, ha intervistato i due patners di Bollani nella trasmissione televisiva da poco conclusa, Sostiene Bollani.

Interessante una risposta di Jesper Bodilsen sull'esperienza appena vissuta:

L'esperienza in tv è stata importante per avere potuto incontrare ed esibirmi con molti grandi artisti e avere la possibilità di fare buona musica in tv e ai giorni nostri è difficile che una cosa del genere accada. Quando parlo in Danimarca del programma e di come si sviluppava e faccio vedere delle clip, non ci credono!!! E la gente mi chiede: perché non c'è un programma così anche da noi? Molte persone vorrebbero programmi così con musicisti che suonano dal vivo. Non vogliono sempre ascoltare dilettanti nei talent show o sempre gli stessi venti idoli del pop o giocatori di calcio in tutti i talk show. La Rai ha fatto la cosa giusta con il programma di Stefano, altre stazioni dovrebbero tentare cose simili: secondo me gli spettatori sono molto più bravi, intelligenti e sofisticati di come le emittenti televisive li pensino.

E' possibile leggere l'intera intervista cliccando : 

http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/spettacoli/musica/2011/11/18/622281-lund_bodilsen_bollani_abbiamo_trovato_anima_gemella.shtml

 

 

 
 
 

AUGURI A MICHEL PORTAL, CHE OGGI COMPIE 76 ANNI

Post n°2037 pubblicato il 27 Novembre 2011 da pierrde

In Francia con l'arte di Django Reinhardt il jazz europeo aveva segnato un salto di qualità nell'affermazione della sua capacità di emanciparsi dalla subalternità al jazz statunitense.

Ma il jazz dell'esagono ha poi prodotto altri tra i maggiori protagonisti dell'ormai lunga vicenda del jazz del vecchio continente. Uno di questi è certamente Michel Portal, che nella storia del jazz europeo spicca come una delle personalità in assoluto più significative e anche come una delle figure meno riducibili a semplici schemi e appartenenze.

Se il jazz europeo negli ultimi quarant'anni ha forse espresso la sua massima autonomia rispetto al jazz d'oltre Atlantico nella forma della cosiddetta "improvvisazione radicale" emersa negli anni '60, Portal è un musicista che mentre si distingue nettamente dai modelli americani, d'altra parte però sfugge anche all'identificazione con questo ambito dell'imiprovvisazione radicale a cui è comunque contiguo e con cui ha parecchi tratti in comune.

Il suo profilo nel campo del jazz e dell'improvvisazione è più complesso e articolato. E questo a prescindere dal fatto che Portal ha anche, schematizzando, una doppia identità: da un lato appunto il jazzista, l'improvvisatore, dall'altro l'interprete in un contesto accademico, identità del resto anche questa a sua volta complessa e articolata. Fonte: www.rsi.ch

 
 
 

IL PIANISTA INNAMORATO

Post n°2036 pubblicato il 26 Novembre 2011 da pierrde

Giacomo Pellicciotti su La Repubblica di oggi intervista telefonicamente il grande pianista americano.

Un testo dai toni rosa, leggerete poi, e infarcito di titoli acchiappa-lettori (I miei consigli a Hendrix e Joplin) ma ben poco significativi nella sostanza. 

Informazioni utili: l'arrivo di un nuovo album live per lo Standard Trio e di una registrazione classica, ancora però da sistemare prima della pubblicazione.

Ecco l'intervista:

 

Proprio quando sembrava essersi smarrito in un labirinto di ossessioni, mali e amori perduti, Keith Jarrett ha ritrovato il sorriso. Il pianista geniale si è innamorato di nuovo a 66 anni. Dopo la dura batosta della sua rara malattia, la sindrome da fatica cronica che gli aveva fatto temere di non poter più suonare, dopo l´abbandono traumatico della moglie Rose Anne dopo trent´anni di matrimonio, ha scoperto in Giappone la sua anima gemella.

E che Jarrett abbia recuperato in pieno la sua vena creativa lo si sente già nei due dischi del nuovo album Rio, testimonianza dal vivo di un esaltante concerto di solo-piano tenuto lo scorso aprile a Rio de Janeiro. E´ questa la ragione per riannodare i fili con il problematico Keith, chiamandolo nella sua fattoria di campagna a Oxford, New Jersey, dove vive come un eremita dagli anni 70. Jarrett nella sua lunga carriera non ha mai degnato di attenzione la canzone brasiliana, come invece hanno fatto parecchi jazzisti famosi.

Forse non gli interessa? «No, mi piace molto. Se non la suono, è per rispetto, non ho le credenziali. Preferisco fare le mie cose, ma uso certe progressioni e ritmi della musica brasiliana. Se non la suono, non vuol dire che non la sento». E mentre si perde nei dettagli del concerto di Rio, il severo Keith di punto in bianco sbotta: «Ehi, la novità è che mi sono innamorato di Akiko, ci siamo incontrati come due persone qualsiasi, fa la segretaria in un´agenzia che lavora anche con i musicisti».

Ed ecco svelata la ragione della copertina gialla e rossa di Rio, sfumature insolitamente vivaci per un´etichetta austera come la Ecm. Oltre la musica, allora, ci sono altre cose per le quali vale la pena vivere? «Posso dire che ho avuto due mogli, due figli e fatto altre esperienze, ma con Akiko sento un feeling diverso, non vive con me tutto il giorno e mi sopporta dal Giappone. Siamo nati lo stesso giorno, anche se in anni diversi. A dicembre, per la prima volta in vita mia, ho fatto la dichiarazione d´amore a una ragazza con tanto di anello. Mi sono fidanzato ufficialmente e forse ci sposeremo presto. Non abbiamo ancora deciso quando. Con Akiko ci sentiamo al telefono almeno due volte al giorno».

Ha voglia di raccontarsi come una persona comune e non recitare per una volta il copione dell´irritante bastian contrario che interrompe i concerti se solo vola una mosca. Come sono stati i suoi inizi: è cresciuto in una famiglia digiuna di musica o di aspiranti musicisti? «In casa avevamo un malandato pianoforte verticale e da bambino rifacevo sulla tastiera i motivi delle canzoni che sentivo alla radio. A cinque anni mi ricordo vagamente di avere partecipato a un talent-show con la band di Paul Whiteman sul palco.

A otto ho avuto il primo vero piano e mia madre mi ha affidato a un insegnante che conosceva solo la classica». Come è arrivato al jazz? «A 13-14 anni già facevo recital in cui improvvisavo, ma è stato dopo, ascoltando i dischi di Oscar Peterson e Dave Brubeck». Con Jarrett non si può non parlare di Miles Davis, l´unico al quale concede di avergli insegnato qualcosa. «A diventare un band-leader migliore, e cioè a dire il meno possibile ai miei musicisti per stimolarli a inventare cose più personali che possano sorprendere anche me.

Ma anche io ho aiutato Miles. Voleva un approccio più funk nella sua musica da qualcuno che conoscesse bene il jazz. Chick (Corea) non glielo dava e io gliel´ho dato. La nostra collaborazione è stata breve, ma dopo Miles è stato sempre gentile con me». E´ talmente di buonumore Jarrett che si riconcilia per una volta anche con il rock. Lo frequentava da giovane, quando con il suo trio reinventava "My back pages" di Bob Dylan o "All I want" di Joni Mitchell.

E´ lui stesso a ricordare due episodi lontani: «Una sera Jimi Hendrix venne ad ascoltarmi in un club e mi confessò di essersi stancato del suo batterista (Mitch Mitchell, ndr). Ne voleva un altro più soul, forse io potevo aiutarlo, ma non si fece più sentire». Con Janis Joplin fu un incontro più importante. «Le dissi che mi piaceva la sua voce, ma sceglieva canzoni troppo old fashion. Secondo me ci volevano cose più rock. E lei mi chiese di lavorare insieme. Le promisi che l´avrei fatto, ma Janis morì troppo presto».

E´ nota la disciplina quotidiana che Keith dedica alla musica, esercitandosi al piano per ore, ma ci sarà anche un Jarrett ascoltatore? «Vado a periodi, ultimamente ascolto musica classica, ma dopo Rio non potevo smettere di risentire il mio concerto. Da solo al piano davanti al pubblico che aspetta è orribile cominciare, ma a Rio quella sera ho fatto tante soste e non c´è stato mai un calo di tensione». Infine Jarrett annuncia per il prossimo anno l´uscita di un nuovo live-album dello Standards Trio con Peacock e DeJohnette. Quanto al suo ritorno alla classica con un disco dedicato alle sonate per violino e pianoforte di Bach, tutto è nelle mani di Manfred Eicher, il lunatico producer della Ecm. «Io l´ho registrato, ma Manfred dice che ci vogliono alcune correzioni».

Fonte: 

http://www.micciacorta.it/home/naviga-tra-le-categorie/25-libri/5399-keith-jarrett-qi-miei-consigli-a-hendrix-e-janis-joplinq-.html

 
 
 

SAXOPHOBIA

Post n°2035 pubblicato il 26 Novembre 2011 da pierrde

Uno spettacolo musicale originalissimo ed unico al mondo che riporta in auge il periodo più straordinario del saxofono e del jazz: Saxophobia. “Nel 1844 Adolphe Sax inventa il saxofono. Col timore di essere derubato del brevetto, decide di presentarlo suonandolo nascosto dietro una tenda e…”. Inizia così, in una nuova edizione e con una nuova orchestra, lo spettacolo, che attraverso musiche, storie ed incredibili strumenti, racconta la storia dello strumento divenuto l’icona multiforme del novecento. Nel corso di 150 anni il saxofono ha subito una miriade di trasformazioni ed un numero impressionante di variazioni. Da anonima pipa di nichel, da parente lontano e bastardo del clarinetto relegato ad avvilenti manovalanze bandistiche, ha saputo trasformarsi nello strumento re del jazz capace di esprimere rabbia, desideri, sonorità ed umori più disparati.

Nella splendida cornice del Teatro Il Rivellino di Tuscania, il pubblico potrà ascoltare ed ammirare alcuni tra gli strumenti musicali più rari, inusuali e bizzarri mai costruiti: dal più piccolo saxofono del mondo, il soprillo di soli 30cm, al gigantesco sax contrabasso di oltre 2 metri, dal sax tenore diritto al Grafton Plastic di Charlie Parker, dal Conn O Sax ai saxorusofoni, dal Goofus Sax di Adrian Rollini al Mellosax di Snub Mosely, dal tenore Selmer MarkVI-Varitone di Sonny Rollins al tarogato, dai saxofoni a coulisse al sax tenore appartenuto all’inventore dello strumento Adolphe Sax.

Saxophobia è un viaggio straordinario nelle metamorfosi e nel variegato mondo dei suoni del saxofono. Un concerto-evento nel quale Attilio Berni, accompagnato dalla sua strepitosa orchestra, si esibirà con oltre 35 strumenti musicali diversi rendendo omaggio ai grandi esecutori del jazz che hanno abbracciato questo strumento, ridando vita alle passioni ed alle emozioni da sempre soffiate dentro questo “tubo misterioso”. Durante lo spettacolo sarà presentato in anteprima “Saxophobia-Live”: un fantastico cofanetto DVD per rivedere e riascoltare tutti gli stupefacenti strumenti e gli straordinari racconti di Attilio Berni.

Fonte: www.concertionline.com

 

 
 
 

HANS REICHEL R.I.P.

Post n°2034 pubblicato il 26 Novembre 2011 da pierrde

Avant-Garde Guitarist Hans Reichel Passes Away at 62

Wed, 23 Nov 2011 11:00:36

 

 

Hans Reichel—the criminally under-appreciated German experimental guitarist—passed away in his hometown of Wuppertal yesterday at the age of 62, according to a West German newspaper. Virtually unknown on this side of the Atlantic, Reichel was a self-taught guitarist who may be best remembered for his radical homemade guitars and his invented instrument, the Daxophone.

 

The Daxophone

 

Picking up music at an early age by teaching himself violin, Reichel (like just about everybody else) became enamored with rock music in the ‘60s, picked up a guitar and played in various blues-based groups before all but abandoning music to study graphic design (Reichel would go on to be a fairly well known typesetter). Reichel returned to music in the early ‘70s with his folky and unpretentious improvisational approach to the guitar differentiating him from the field of European improvisers at the time. His idiosyncratic take on the guitar drew the attention of legendary German avant-garde label, FMP, who would go on to release the majority of his work—much of which has never seen proper North American distribution. Reichel collaborated with a wide range of like-minded players, including cellist Tom Cora and guitarist Fred Frith.

Though he will never be a household name, Reichel’s contributions to the avant-garde are considerable and will be sorely missed by fans of forward-thinking music. Fare thee well, Hans.

Jeff Conklin  

Fonte: www.eastvillageradio.com

 
 
 

CONSEGUENZE DELLA MIGNOTTOCRAZIA

Post n°2033 pubblicato il 25 Novembre 2011 da pierrde

Il ventennio che abbiamo lasciato alle spalle verrà ricordato dagli storici come l'era della mignottocrazia.

La definizione di Paolo Guzzanti rende perfettamente l'idea dello squallore che ha contrassegnato una classe politica ed i suoi referenti, sostenitori più o meno diretti, dal pieno appoggio della Lega ai lunghi silenzi della Chiesa e ai non so di Confindustria, Uil e Cisl.

Uno dei residui di questo fenomeno è rintracciabile perfino su Libero. Credo che tutti i bloggers di sesso maschile siano nella mia condizione: non passa settimana senza ricevere mail sgrammaticate, rozze e improbabili come questa (l'ultima che ho ricevuto):

 

Ciao pierrde,

missjohnson4u ti ha aggiunto nel suo Spazio Amici su Libero.it e ti scrive:

ciao Il mio nome è Miss Furo johnson ho visto il tuo profilo oggi (libero.it) e si è interessata in voi, mi piace anche sapere che il più, e voglio di inviare una e-mail al mio indirizzo email in modo che io posso darvi la mia immagine per voi sapere chi i am.Here è il mio indirizzo di posta elettronica (furo_johnson@yahoo.com) Credo che possiamo passare da qui! Sono in attesa di tua mail al mio indirizzo e-mail di cui sopra.

Furo. (Ricordate la distanza o il colore non importa ma l'amore questioni molto nella vita) contattatemi qui (furo_johnson@yahoo.com)


Ora, a mio parere un portale serio dovrebbe attivarsi il più presto possibile per mettere fine a strani messaggi che lasciano presagire altrettanto strani commerci.

In attesa che anche Libero, dopo la Marcegaglia ed il cardinal Bertone, si risvegli dal torpore, mi permetto alcuni brevi ma sensati suggerimenti alle "amiche" che insistono per conoscermi meglio:

a) lasciate perdere le foto, mi piacerete di sicuro sopratutto se mi mandate copia del vostro estratto conto titoli

b) poco importa che sia sposato, se il punto a) è rilevante ne possiamo parlare.....

c) spero non disturbi la mia collezione di migliaia di album e cd di free jazz che insisto per       ascoltare tutti i giorni a volume adeguato ....

d) distanza e colore non mi importano affatto.......

 kisses !!!!!!!!!!

 

 
 
 

SIMONA SEVERINI, LA BELLE VIE

Post n°2032 pubblicato il 25 Novembre 2011 da pierrde


 

 Sabato 26 novembre 2011

Milano – Auditorium di Vittorio

 

Corso di Porta Vittoria 43

Ore 17.30

 

Info: www.secondomaggio.it

 

 

 

Dopo aver presentato il suo disco d’esordio in alcuni dei più importanti festival estivi come Jazz Expo a Cagliari, Umbria Jazz a Perugia e Locomotive a Sogliano Cavour (Le) Simona Severini porta a Milano le raffinate atmosfere di “La Belle Vie” assieme al trio di Antonio Zambrini (piano), Alex Orciari (contrabbasso) e Antonio Fusco(batteria).

Il concerto è all’interno della rassegna  Atelier Musicale.

Il programma della prestigiosa rassegna rispecchia, come sempre, l’idea stessa diAtelier, inteso come laboratorio di musiche possibili, che si incontrano e, idealmente, dialogano a distanza. In particolare, l’attenzione del programma è rivolta alle esperienze jazzistiche, soprattutto quelle declinate all’europea, e al mondo del ‘900 musicale euro colto, rappresentati da grandi interpreti, ma anche da giovani musicisti. 

 

 

Simona Severini è una giovanissima cantante milanese al suo esordio discografico (nonostante sia già comparsa in lavori di musicisti del calibro di Giorgio Gaslini).

Dotata di una voce ‘primaverile’ capace di ammaliare anche i cuori più duri, una voce eccellente e non impostata, come fosse un leggero soffio di brezza marina, Simona si presenta con un lavoro particolarissimo e incentrato sulla musica francese. 7 degli 11 brani sono infatti meravigliosi arrangiamenti (di Antonio Zambrini) di composizioni giovanili di Gabriel Fauré, compositore classico della fine dell’800 che per questi brani si avvalse di liriche di poeti come Victor Hugo.

Oltre a questi compaiono nell’album alcune piccole perle come “La Belle Vie”, famosissimo brano di Sacha Distel che dà il titolo all’album, “Ce Mortel Ennui”, uno dei tanti capolavori di Serge Gainsbourg e “The Summer Knows” di Michel Legrand dalla colonna sonora di “Quell’estate del ‘42”e due composizioni inedite di Antonio Zambrini per le quali Simona ha scelto poesie di Arthur Rimbaud.

 

 

 

 

 
 
 

PUBBLICITA' (INTELLIGENTE ?)

Post n°2031 pubblicato il 24 Novembre 2011 da pierrde

Mentre la piattaforma di Splinder dopo voci ricorrenti annuncia la chiusura (andate a leggere il post di Jazzfromitaly per farvi un'idea), Libero sembra continuare indisturbato la sua marcia di primo portale italiano.

In passato ho espresso più volte i miei dubbi sui criteri con i quali viene gestito lo spazio notizie e blog: in primo piano sopratutto non-notizie purchè attinenti a sesso o a gossip.

Come al solito l'imbecillità premia, e spesso sono stato tentato di migrare, vista anche la scarsa scelta grafica, le limitazioni sull'inserimento di video e widget e ancor più di files musicali.

Non l'ho (ancora) fatto sopratutto per mancanza di tempo: passare dalla padella alla brace non sarebbe intelligente e per fare una scelta oculata ci vuole la materia prima che mi manca di più: il tempo.

In compenso da qualche mese la redazione di Libero mi scrive invitandomi a diventare un utente Gold User, una "promozione" contrabbandata come maggiore visibilità e più importanza. Tradotto in soldoni invece significa sopratutto inserire avvisi pubblicitari nel blog che "potrebbero consentire al blogger di guadagnare (.....) con la sua attività ed il suo impegno".

Non faccio il blog per guadagnare, ma solo per esprimere la mia passione più forte. E, purtroppo, mi basta andare su siti molto più importanti e visti del mio e gestiti da professionisti per trovare accanto ad articoli che parlano di jazz le pubblicità più idiote (Biglietti per il concerto di Laura Pausini e amenità similari). 

Io questo ve lo vorrei risparmiare. 

 

 
 
 

ELLERY ESKELIN RICORDA PAUL MOTIAN

Post n°2030 pubblicato il 24 Novembre 2011 da pierrde

Ovviamente tutta la rete che si occupa di jazz in questi giorni pullula di ricordi del grande batterista. Un lungo e articolato servizio lo ha fatto Peter Hum, l'autore del blog collegato al quotidiano canadese Ottawa Citizen, che ha intervistato molti musicisti. Un sunto, in inglese, lo si trova anche sul nuovo e sempre più autorevole Mi Piace il Jazz di Elfio Nicolosi.

Io ho trovato invece un annedoto scritto dal sassofonista Ellery Eskelin sul suo blog, in cui parla del suo incontro con Paul e della stima che da allora ha sempre accompagnato l'immagine del musicista e che riporto a fine post in lingua originale.

Anch'io naturalmente ho un ricordo personale di Motian e non è legato ai pur eccezionali concerti in cui l'ho potuto ammirare più volte; troppo giovane per averlo potuto vedere all'opera nel trio di Bill Evans o, successivamente, nei gruppi di Jarrett, il mio primo ricordo è legato a quel meraviglioso trio che Paul mise in piedi con Joe Lovano e Bill Frisell.

Eppure l'episodio che più rammento è una intervista, non ricordo nemmeno dove l'abbia letta, in cui Motian parlava della sua vita privata. Del suo matrimonio e del fallimento seguito, della rinuncia ad altre storie e successivamente alla scomparsa prematura della ex-moglie, alla quale comunque è rimasto sempre fedele. Una storia amara, una storia vera, che mi ha fatto apprezzare ancor più un musicista che ho sempre ammirato.

Paul Motian passed away this morning. One of the great drummers in jazz, he was to me one of the world's deepest improvisors and one of the most individual musicians I have ever heard on any instrument. I think back to an evening in the mid '80s when I had the good fortune to play a bit with him. I had just come from an afternoon jam session with some friends.

We were playing standards. And it was feeling a bit routine. At a certain point during the session I felt the need to break out of the musical web we were spinning and almost as a joke, I decided to take an entire solo that was completely free rhythmically while still making the changes in time. As it happened my little joke actually seemed to invigorate the music. I might have simply treated the experience as a curiosity had I not decided to head over to the 55 bar on Christopher street in the Village.

Guitarist Leni Stern was playing her regular Sunday gig and she would always let me sit in. That evening she had hired Paul Motian to play drums with her. I was surprised and excited at the prospect of playing with him for the first time. With the effect of the afternoon session fresh in my mind I approached the music in just the same way. The effect of this looser playing had been interesting and unexpected during the afternoon session but now with Paul it was much deeper and richer. When I think back on it over the years I realize that at that moment in time Paul was probably the most perfect musician on the planet that I could have played with to validate and solidify this approach.

His phrasing was so fluid and yet his internal pulse and feel so strong that I was able to play anything I heard and have it fit the music just the way I wanted it to. I can say with no exaggeration that this was a true musical epiphany. It was as if a door had opened. I walked through and never looked back. Everything I've done since then has come out of that one seemingly casual but quite intense (and amazingly fortuitous) experience. Paul and I spoke about playing again but that never quite came about.

I would go to hear him play and come away completely inspired each time. Some of the early music I wrote for my band came directly after hearing a set he did at the Village Vanguard in the mid '90s. We would cross paths on the road from time to time. In more recent years I began writing him letters, sending him music. Last time I saw him was at the Vanguard almost a year ago. He sounded amazing as usual. And he looked as if he had another twenty or thirty years in him. During the break I had a few moments to speak with him privately and I reminded him of that night some twenty odd years ago and told him how much he and his music meant to me. I'm so glad I had the chance to do that in person.

The world feels different without Paul Motian in it…

 

 
 
 

CHRISTIAN MCBRIDE TRIO AL BLUE NOTE

Post n°2029 pubblicato il 24 Novembre 2011 da pierrde
 

Ieri sera, con quel freddo, la nebbiolina e l’umido tutto mi andava ma non di uscir da casa. Rivestirsi, montare nella macchina fredda, e “smacchinare” un tot dopo che lo avevi fatto per andar al lavoro. Ma l’occasione era troppo ghiotta.

C’era Christian McBride al Bluenote, a Milano, in trio. Ora non era solo la mia smodata passione per il contrabbasso (faccio sempre e ancora a botte con lo strumento per essere il più grande somaro planetario vivente!) che mi portava là, ma anche e soprattutto la voglia di sentire del jazz DOCG al 100%, e nonostante la scortesia tipica di chi lavora al Bluenote, e il costo altissimo, era DIFFICILE PERDERE L’OCCASIONE!

Perché sì, il mondo è bello perché è vario e quindi oggi, come in passato, il jazz sfugge ad ogni confine ed inscatolamento, e ingloba in sé tutte le tendenze musicali che lo portano a lambire correnti musicali anche distanti da sé (folk, musica da camera, frullati-di-tutto-un-po’……un nome? Bollani!, eccetera) ma quando ti propongono il bel vecchio suono del jazz “centrale”….lo volete chiamar mainstream? Vabbè….ma ci siam capiti…..chi sa resistere davvero? Ed infatti non mi sbagliavo.

Il trio è una macchina da swing autentica! Mi direte…che noia! Deja vu….e via di seguito, ma al sottoscritto bidello questo genere di jazz piace da morire! Giusto o sbagliato che sia quando questa girandola del Trio attacca un blues classico, beh….inizi ad avere la corrente elettrica sotto le sedie (scomode) del Bluenote….e poi se ci ragioni ti accorgi che ‘sto blues non è così sentito e scontato come ti pare di primo acchito.

Per non parlare poi di una mirabile versione della mille volte sentita My Favorite Things che vira anche ad accenni free ma la bravura, la giocosità (McBride si vede lontano un miglio che si diverte da pazzi a suonare sta roba con un “tiro” bestiale….), la preparazione inaudita, del Trio non te la fa dimenticare presto. Poi sulla playing list c’è Sophisticated Lady da urlo.

Credetemi, non mi impressiona tanto la titanica marziana bravura stratosferica di Christian al contrabbasso….beh, se lo mangia lo strumento, quanto la potenza del suono che non è data credetemi dall’ampli grossissimo Marc Bass, a 4 coni, ma dalle sue dita che tirano ‘ste corde sino a far credere che si rompano! E’ un suono “nero”, grosso, celestialmente nasale, potentissimo nei forti ma anche leggerissimo nei pianissimi….ha talvolta appena accennato a suonare.

E bello sia nei velocissimi uptempo da capogiro, che nelle ballads più morbide e suadenti. Non da meno il pianista, meno di vent’anni! Mi par che si chiamasse Peter Martin, e il batterista, Ulysse Owens, che par un Elvin Jones reincarnato, con l’eleganza di un Max Roach. McBride lo sentii la prima volta per puro caso in un brano in trio con il vecchio capostipite del contra, Milt Hinton, e di spalla Ray Brown, il Signore dello strumento ed appunto Christian a far da terzo. Non un caso per niente.

E’ l’erede migliore del grandissimo Ray Brown. Tra l’altro di un’educazione e di un’umiltà notevoli: sul palco si è sperticato di ringraziamenti per un Bluenote neanche tanto pieno. Ahi noi! Se questo Trio non piena neanche un Bluenote, come faranno i giovani jazzisti a far cassa? Mi chiedo che spazi veritieri possa avere tanto jazz frullatore-di-mille-stili-diversi quando questo jazz dimostra d’essere vivo e vegeto come mai? Per un nostalgico come me, pochi. Ma capisco i gusti altrui e li rispetto pienamente. Nel frattempo, chi ha voglia, tempo e curiosità, il Trio andrà a suonare credo a Bologna al jazz festival.

Swing for ever! (Recensione di Danilo Fabbroni)

 
 
 

RITORNA LABEL BLEU

Post n°2028 pubblicato il 23 Novembre 2011 da pierrde

La prestigiosa etichetta francese dopo qualche anno in sordina si rilancia con nuovi progetti sempre sotto l'egida della Maison du Jazz di Amiens e la direzione di Gilbert Fillinger.

In primavera le prime due uscite che inaugureranno anche una diversa linea grafica: a febbraio è la volta del chitarrista Richard Manetti e del suo quartetto completato da Jean Marc Jafet al contrabbasso, Joan Serra alla batteria, Fred d'Oelsnitz alle tastiere e Stephane Guillame al sax.

In marzo uscirà il quarto album del trio Sclavis, Texier e Romano. Il titolo sarà 3+3, perchè a fianco del collaudato trio ci saranno tre ospiti, anche coautori dei brani: Nguyen Le alla chitarra, Enrico Rava alla tromba e Bojan Z al pianoforte. Un supergruppo che girerà a lungo nei festival della prossima estate.....

 
 
 

UN RICORDO DI PAUL MOTIAN - PARTE SECONDA

Post n°2027 pubblicato il 22 Novembre 2011 da pierrde

I1980vede un Motian ansioso di rinnovamento e intenzionato ad includere una chitarra elettrica nel proprio set: Pat Metheny gli raccomanda un giovane dal brillante avvenire, Bill Frisell che viene immediatamente reclutato insieme a Ed Schuller, Joe Lovano e Billy Drewes. Il nuovo quintetto sviluppa una forma musicale più varia e complessa, ma ben presto Paul si concentra sulla formazione ristretta ai soli Frisell e Lovano che va ad incidere un primo disco su ECM e un secondo per l’etichetta JMT di Stefan Winter ("Monk In Motian").Dei nove dischi incisi per la label tedesca, particolarmente rilevanti sono quelli dal vivo il cui ciclo continua su Winter & Winter: "Sound Of Love" registrato al Village Vanguard offre un esempio dell’eccezionale interplay di questo trio, ormai divenuto classico.

Tuttavia chi dovesse immaginare Paul Motian ormai adagiato sul prestigio della propria carriera, come tipico di altri leaders in età non più verde, sbaglierebbe di grosso: il suo secondo disco per Winter & Winter ("Flight Of The Blue Jay") annuncia la nascita dell’Electric Bebop Band, formazione elettrica ma lontana dal jazz rock e dedita invece ad una rilettura degli standards bop fresca e innovativa.

Contemporaneamente il batterista si impegna anche con il suo trio focalizzando l’attenzione, questa volta su materiale completamente originale, firmando tutti i pezzi tranne tre, opera di altri membri del gruppo, il sassofonista Chris Potter e il bassista Steve Swallow (" Trio 2000 + One"). Rilevante è anche l’esperienza parallela in un altro trio, Tethered Moon con Gary Peacock e il pianista Masabumi Kikuchi che offrono uno dei dischi più raffinati del decennio ("First Meeting"). Peraltro l’attività di questo progetto continua in modo del tutto indipendente e viene ora pubblicato il nuovo disco su Winter & Winter, questa volta dedicato al songbook di Edith Piaf. Fonte: www.cnimusic.it

 
 
 
 

AUTORI DEL BLOG

                 Andrea Baroni


                 Fabio Chiarini


                 Roberto Dell'Ava


                 Franco Riccardi

 

                 Ernesto Scurati

 

ULTIME VISITE AL BLOG

dav.martinibarbudosarasirchifisiodecamedroberto.gobbi2011corradobulgarifederico_calcagnogirasoli69andronico.massimoClooney1967ossimoramirkosaxdiz69gattogerlandomariailaria1979
 

ULTIMI COMMENTI

Non ti preocupare, capisco benissimo. Vi sto seguendo...
Inviato da: Less.is.more
il 24/08/2019 alle 11:46
 
Molto bello e interessante il nuovo blog.
Inviato da: Less.is.more
il 23/08/2019 alle 21:27
 
La musica di di Monk ne definisce la prepotente...
Inviato da: Piero Terranova
il 13/07/2019 alle 20:06
 
Grazie!
Inviato da: Luciano Linzi
il 19/10/2018 alle 15:44
 
Una notizia che scalda il cuore. Anche perchč č decisamente...
Inviato da: juliensorel2018
il 12/10/2018 alle 15:21
 
 

CONTATTI:

pierrde@hotmail.com
 

FACEBOOK

 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

AREA PERSONALE

 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963