Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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JAZZ DAY BY DAY

 

 

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre č possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembč di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco č possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Dicembre 2011

....AND HAPPY NEW YEAR

Post n°2081 pubblicato il 31 Dicembre 2011 da pierrde

Da uno degli album migliori del 2011, Rio di Keith Jarrett, ecco un video bellissimo appena comparso in rete.

Il brano è, a mio parere, il più bello dell'intero concerto, i dipinti di Rafal Oblinski più che intriganti, e spesso apparentati con la musica.

Un post musicale per chiudere un anno difficile ed augurare ad amici e lettori un futuro migliore.  

 
 
 

PAGINE SONORE

Post n°2080 pubblicato il 30 Dicembre 2011 da pierrde
 

E' abbastanza raro trovare degli scrittori che amino veramente la musica,la capiscano e riescano a coglierne i movimenti interni più profondi. E' strano perchè in fondo il meccanismo creativo è lo stesso in tutte le arti e dovrebbe quindi essere naturale per uno scrittore, un poeta o un pittore riuscire a godere pienamente di unaa sinfonia o di un brano di jazz, eppure non è cosi'.

A me è capitato in passato di collaborare con una certa frequenza con degli artisti visivi di prima grandezza rimanendo regolarmente colpito dalla loro assoluta incapacità di cogliere la genialità di Charlie Parker, o dal fatto che non arrivassero a comprendere la magia dello swing al punto da trovare "noioso" il ritmo scandito da grandi batteristi come Max Roach o Philly Jo Jones. Negli anni 50' uno dei rappresentanti di punta della beat generation, Jack Kerouac, folgorato dal jazz, tentò di dar vita a una "scrittura Jazz" mancando clamorosamente il bersaglio. Tre decenni prima, nella cosiddetta età del jazz, è proprio il jazz a essere pressochè assente nei grandi, splendidi romanzi di quell'epoca.

 

Bisogna aspettare Julio Cortazar con il suo El Persecudor per trovare uno scrittore che, come diceva Boris Vian, " y pige" che, tradotto piuttosto liberamente, vuol dire "ci becchi". Per non parlare dei suoi interventi sulla musica ne Il giro del giorno in 80 mondi, dove il suo resoconto del concerto londinese di Thelonious Monk ci fa immaginare dei suoni assolutamente indimenticabili. A mio avviso i viaggi "dentro" la musica più straordinari sono stati compiuti da Thomas Mann e Marcel Proust.

Mann, nel suo Doctor Faustus, in cui narra la storia di Adrian Leverkhun, compositore immaginario che nel romanzo inventa la musica dodecafonica ( e in questo Mann si avvalse della collaborazione di Schonberg) ci descrive, per bocca di Wendell Kretzschmar, geniale insegnante di Leverkhun, nel corso di una conferenza concerto, la Sonata per pianoforte op. 111 in un modo talmente realistico da riuscire a farci letteralmente ascoltare questo capolavoro assoluto di Beethoven come se qualcuno ce lo stesse suonando. E più tardi, nel corso del romanzo, descrivendoci le opere di Adrian Leverkhun riesce a darcene un'immagine talmente vivida da far prendere corpo e suono a queste composizioni, che nella realtà non sono mai esistite. 

La stessa cosa succede con Proust nella sua Recherche, con la sonata di Vinteuil. Anche qui, come con le opere di Leverkhun, una composizione immaginaria viene descritta in modo talmente musicale e talmente reale da diventare "suono". La "piccola frase" della sonata di Vinteuil, che è esistita solo nella mente di Proust, si trasforma in qualcosa che potremmo riprodurre su uno strumento , tale è la forza descrittiva di questo grandissimo genio.

Ma con Proust il discorso si fa ancora più interessante se si esamina il mecanismo narrativo. Infatti, anche se ciò può apparire paradossale, il suo incedere è vicinissimo a quello dell'improvisazione jazz, che altro non è che una concatenazione di idee, di frammenti di memoria, che portano, a partire da una piccola frase e attraverso un gioco di riferimenti, a toccare le aree più disparate, per giungere a un punto a volte molto lontano da quello di partenza.

Cosi' come Proust da una fragranza o da un colore ci trasporta nei meandri della sua memoria per poi magari arrivare in modo sublime a riflessioni sull'arte, sulla malattia o sull'amore. Ed è per questo che mi sento di poter definire Marcel proust il primo e unico "scrittore jazz".

Enrico Rava, Incontri con Musicisti Straordinari

Faccio miei i suggerimenti letterari di Rava, ai quali vorrei aggiungere almeno due opere, unarecente ed una di ieri. Parlo di Natura Morta con Custodia di Sax di Geoff Dyer e di E nemmeno un rimpianto di Roberto Cotroneo.

 

Natura morta con custodia di sax. Storie di jazz è un libro di Geoff Dyer edito nel 1993 dalla Instar Libri. È composto di sette storie, ognuna incentrata sulla biografia di un famoso personaggio della storia del jazz, intervallate dalla narrazione di un viaggio di trasferimento di Duke Ellington e del suo sassofonista Harry Carney. Il libro cerca di comunicare un quadro di riferimento estetico ed esistenziale ove situare l'esperienza e la storia della musica jazz, l'autodistruzione e l'ispirazione che fanno da corona alla creatività.

Il senso del libro è anche discusso nella postfazione, in sette parti, che è essenzialmente un saggio sul jazz scritto dall'autore. Il titolo originale ("But Beautiful": "Però bello") fa riferimento allo standard omonimo, composto da Johnny Burke e Jimmy Van Heusen che vanta moltissime registrazione da parti di famosissimi jazzisti. Il titolo italiano si riferisce alla famosissima fotografia di Herman Leonard ("Cappello e custodia del sax di Lester Young") che è riportata sulla copertina. Il libro è corredato da una discografia.

Si tratta di una delle opere più famose di Dyer, che ha vinto il Somerset Maugham Award nel 1992 e del quale il pianista Keith Jarrett disse: "L'unico libro attorno al jazz che ho consigliato ai miei amici. Una piccola gemma contraddistinta anche dal fatto di essere "attorno"' al jazz piuttosto che "sul" jazz. Se un grande assolo è definito dall'intensità con cui il suo materiale è percepito dall'autore, il libro di Dyer è un assolo."[Wikipedia)

Il romanzo di Cotroneo, che ho appena terminato, è un viaggio immaginario (o no ?) nella vita di Chet Baker. L'autore dimostra innanzitutto un profondo amore ed una notevole conoscenza di Chet e della sua musica, ed è veramente significativa l'opera di cesellatura di termini e uso di parole intorno alla tromba e ai brani del musicista americano.

Cotroneo scrive in maniera intrigante, sa avvincere e appassionare, e la storia, del tutto improbabile, riesce a convincere fin quasi all'epilogo. Una vicenda di come Chet avrebbe potuto essere e di come invece non è mai stato, ma la storia non è la componente più importante del libro, è solo un tramite per una straordinaria dichiarazione d'amore per l'uomo e la sua musica. 

 
 
 

ARTE

Post n°2079 pubblicato il 29 Dicembre 2011 da pierrde

"Tecnica e mercato sono divenuti i generatori simbolici di tutti i valori, per cui oggi capiamo unicamente che cosa è utile, efficace, produttivo, ma nulla sappiamo di cosa è buono, giusto, vero, bello, sacro.

Ne è una prova l'arte che diventa arte solo se entra nel mercato."

Umberto Galimberti, D di Repubblica, 17 dicembre 2012

La citazione da Gallinari è funzionale ad una mail ricevuta qualche giorno fa da Marco Colonna, multistrumentista e compositore, che mi invitava all'ascolto di un doppio album del suo gruppo, Noise of Trouble, dal titolo The Bloody Route.

La musica è presente sul sito del gruppo ed è, per scelta, liberamente scaricabile in più formati e quindi "fuori mercato". Letta la presentazione ed il "manifesto" programmatico mi attendevo un flusso di grande energia, sullle impronte di quel Peter Brotzmann che i componenti del gruppo richiamano esplicitamente nelle note del loro manifesto.

Invece c'è molto di più, e c'è sopratutto molta autenticità e molta anima. Sicuramente la musica è aspra, impegnativa, sferzante; ma è anche estremamente fresca e varia, certamente frutto di lavoro collettivo, impregnata di più riferimenti e radici, lirica e libera. In una parola, nuova.

Per meglio comprendere utilizzo allora le parole degli stessi musicisti:

 

"Abbiamo utilizzato un sistema organico di improvvisazione strutturata, maturando in tal senso una profonda consapevolezza della necessità di mantenere libero il coinvolgimento emotivo e privandolo degli stereotipi delle esecuzioni senza rete. Dodici partiture, dodici quadri che segnano il foglio su cui sono scritte come se segnassero le nostre coscienze. Una musica collettiva.

A firma di una consapevolezza oramai raggiunta. In nome dello sforzo che si è fatto per liberarci dalle consuete alchimie musicali, abbiamo deciso di non produrre fisicamente un disco, un cd, ma di consentire gratuitamente il download di tutto il materiale. Pevedendo solo la donazione libera come possibilità retributiva.

Tuteliamo il nostro materiale con Creative Commons, in modo da chiarire che nessuna forma di tutela lucrativa viene messa in gioco. Lo abbiamo fatto perchè convinti che un nuovo Mondo è possibile, che altre vie sono praticabili e che di fatto, nessuna forma di controllo è attuabile se si decide di affidarsi alle persone in quanto individui pensanti e sensibili. Fuori dagli schemi di mercato, e fuori soprattutto dal sistema di informazione malato che ci circonda."


Faccio mio il commento particolarmente azzeccato di Dan Di Maggio, presente sul sito del gruppo, che dice cosi':

 

In un mondo in cui ogni produzione umana, compresa quella artistica, sembra dover necessariamente assoggettarsi alle logiche del Santo Mercato, ecco apparire un album doppio che è un piccolo miracolo. Solido e nobile il progetto, ineccepibile la tecnica, all’avanguardia la forma di fruizione. E poi, ovviamente, il sound: potente, espressivo, senza ammiccamenti ad alcun tipo di “mainstream”. Insomma, un lavoro che si rifiuta di essere semplice merce e si propone (era ora, verrebbe da dire) come opera e operazione artistica. Tra tutte le meraviglie sonore presenti in questo lavoro, le mie preferite sono “Urban Warriors”, “Slave of weakness”, tutto il secondo CD (!) e il capolavoro “Future in the past”. Un album da ascoltare, riascoltare e far ascoltare.

 Non c'è molto altro da aggiungere, solo l'invito ad ascoltare con attenzione questi quattro splendidi musicisti al seguente link:

 

http://www.noiseoftrouble.joomlafree.it/index.php?option=com_content&view=featured&Itemid=101

 

 

 

 
 
 

MY FUNNY VALENTINE

Post n°2078 pubblicato il 28 Dicembre 2011 da pierrde

 

Io avevo collezionato tutte le versioni di My Funny Valentine che c'erano al mondo, solo per convincermi che nessuna era come quella di Chet, a parte forse quella di Keith Jarrett, suonata a Tokyo dal vivo e in trio nel 1996.

Ma poi neanche quella, perchè Jarrett è un pianista, e non è uno che ti spalanca la notte della tua anima, semmai è un giardiniere mistico, un perfetto botanico del suono, che lui sa amministrare come fosse un dio in terra.

Roberto Cotroneo, E nemmeno un rimpianto (Mondadori) pag. 24

 

 

 
 
 

SAM RIVERS R.I.P.

Post n°2077 pubblicato il 27 Dicembre 2011 da pierrde

Si è spento Sam Rivers, importante figura degli anni '70, polistrumentista e leader di gruppi che in quel periodo ebbero grande fortuna di critica e di pubblico in Europa.

Grazie ai suoi lunghi set dal vivo dedicati ai quattro strumenti che alternava, tenore, soprano, flauto e pianoforte, Rivers segnò con la propria impronta diversi grandi festival facendo allora  supporre di occupare uno spazio importante nell'evoluzione della musica afro-americana di quei tempi.

Cosi' probabilmente non è stato, ma l'integrità ed il valore del musicista non sono mai stati in dubbio, e se, con il senno di poi, Rivers rappresenta comunque figura minore nella storia, i suoi concerti sono stati forieri di emozioni sincere e di grande energia. 

Ricordo con particolare partecipazione il trio che lo vedeva leader a fianco di Dave Holland al contrabbasso e Barry Altschul alla batteria, formazione con la quale lo ascoltai per la prima volta nell'ormai dimenticato Festival Jazz di Lovere (1976), prima di una lunga serie di concerti straordinari per intensità e bellezza.

 

 

Il padre di Rivers era un cantante gospel che aveva fatto parte dei Fisk Jubilee Singers e del Silverstone Quartet, e questo fece sì che Rivers iniziasse ad interessarsi di musica in giovane età. Trasferitosi a Boston nel 1947, per studiare al conservatorio con Alan Hovhaness, Samuel iniziò a suonare con Quincy Jones, Herb Pomeroy, Tadd Dameron ed altri.

Nel 1959 incontrò il batterista Tony Williams - allora tredicenne - che, nel 1964, lo avrebbe fatto scritturare per un breve periodo nel quintetto di Miles Davis. Con questo gruppo Rivers registrò l'album Miles in Tokyo. Dopo aver firmato un contratto con la Blue Note Records, Rivers iniziò a suonare ed incidere come leader, usando come sideman, tra gli altri, Jaki Byard (in Fuchsia Swing Song), Herbie Hancock e Freddie Hubbard (in Contours). Collaborò inoltre alle incisioni Blue Note di Tony Williams, Andrew Hill e Larry Young. In questo periodo Rivers compose anche il suo brano più famoso: la ballad "Beatrice", tratta da Fuchsia Swing Song, divenne uno standard frequentato soprattutto dai tenorsassofonisti.

Trasferitosi dall'inizio degli anni 60 a New York, negli anni 70 Rivers vi fondò e diresse un locale jazz, lo Studio RivBea, situato nel quartiere di NoHo. Il nome del locale derivava da quello di sua moglie, Bea, che ne era la co-fondatrice. Proseguì inoltre il suo lavoro in sala di registrazione per diverse etichette discografiche registrando diversi album per la Impulse! Records (tra cui Trio Live, e Crystals per big band); in questo periodo apparve anche come sideman sull'album di Dave Holland Conference of the Birds, dove suona nella title track assieme a Anthony Braxton e Barry Altschul costituendo il "coro degli uccelli al mattino".

Con Holland formò poi un gruppo che portò in tourneè in Europa (continente che in quel periodo frequentava con una certa regolarità). Questi furono anche gli anni in cui godette di una grande fortuna presso parte della critica specializzata, che arrivò ad indicarlo come uno dei più importanti solisti sulla scena e il probabile futuro caposcuola del jazz post-free. In Italia ha lavorato e inciso con il sassofonista Mario Schiano.

Negli anni Novanta, Rivers si è trasferito a Orlando, in Florida fondando un trio composto, oltre che da lui, da Anthony Cole e Doug Matthews. Nel 1998 ha registrato, per la RCA Victor e alla RivBea All-Star Orchestra, due album per grande orchestra: Culmination e Inspiration Altri album recenti di Rivers sono Portrait, (FMP) da solista, e Vista (Meta) in trio con Adam Rudolph alla batteria e Harris Eisenstadt al basso. Nel 2006, Rivers ha pubblicato Aurora, un disco contentenente le proprie composizioni per la RivBea Orchestra.

Fonte: Wikipedia

 
 
 

FREE JAZZ AWARDS: ULTIMI GIORNI PER VOTARE

Post n°2076 pubblicato il 27 Dicembre 2011 da pierrde

Un paio di giorni solamente per votare i migliori album recensiti sul sito Free Jazz: come facilmente fa supporre il nome dello splendido blog il genere preso in considerazione è uno solo, pertanto i nomi scelti potrebbero essere ben poco conosciuti in Italia.

Ecco comunque l'elenco dei 20 migliori album scelti da Steff:


  1. Foton Quartet - Zomo Hall
  2. Afterfall
  3. Agustí Fernández, Barry Guy & Ramón López - Morning Glory
  4. Darren Johnston, Aram Shelton, Lisa Mezzacappa, Kjell Nordeson - Cylinder
  5. Nate Wooley & Taylor Ho Bynum - The Throes
  6. Sei Miguel & Pedro Gomes - Turbina Anthem
  7. Rob Mazurek - Calma Gente
  8. Peter Evans Quintet - Ghosts
  9. Scoolptures - White Sickness
  10. Bruno Duplant, Paulo Chagas & David Sait - Late Winter, Early Spring
  11. Kiyoharu Kuwayama & Masayoshi Urabe - From The Abolition Port
  12. BB&C - the Veil
  13. Farmers By Nature - Out Of This World's Distortions
  14. Tarfala - Syzygy
  15. Satoko Fujii & Min-Yoh - Watershed
  16. RED Trio + John Butcher - Empire
  17. William Parker - Winter Sun Crying
  18. IRCHA- Lark Uprising
  19. Joëlle Léandre - Can You Hear Me?
  20. Joe Hertenstein, Thomas Heberer, Joachim Badenhorst, Pascal Niggenkemper - Polylemma

 

 Ad un paio di giorni dalla chiusura delle votazioni largamente in testa è il gruppo Scoolptures seguito a distanza da Joe Hertenstein. Staccatissimi tutti gli altri. Per partecipare al voto (le recensioni sono leggibili cliccando sui titoli degli album) cliccare qui:

 http://freejazz-stef.blogspot.com/

 
 
 

DOLCEZZA POST NATALIZIA

Post n°2075 pubblicato il 26 Dicembre 2011 da pierrde

In

In questi anni mi sono esibita in molteplici formazioni e contesti. Sono ora giunta ad una fase della mia crescita artistica in cui ho sentito il bisogno di spogliarmi di tutte le sovrastrutture cercando di lavorare in maniera più minimale.

Penso che uno possa esprimersi in modo migliore quando si trova ad operare in contesti musicali più piccoli. Mi piace lo spazio d'azione per esplorare che mi viene messo a disposizione in queste performance in duo. Suonare in altre formazioni è altrettanto bello, ma in questo momento è questo quello che mi piace fare.

Ulf Wakenius è un musicista straordinario e credo che anche lui sia in una fase in cui trovi stimolante le possibilità di interazione e ricerca che possono crearsi in una formazione così ridotta. 

Intervista a Youn Sun Nah di Nico Conversano, Jazzitalia

 

Coreana d'origine, ma residente da tempo in Francia, la cantante Youn Sun Nah si è fatta conoscere per la sua camaleontica capacità di esprimersi attraverso jazz, pop, chanson francese, rock e bossa.

Una eterogeneità che l'artista coreana dimostra di padroneggiare interpretando i diversi brani in numerosi idiomi, incurante di confini stilistici e geografici. Un'artista cosmopolita e curiosa che si conferma nella sua recente uscita discografica, intitolata "Same Girl", pubblicata dalla tedesca ACT.

Questo video è un documento eccezionale del talento scintillante di Youn Sun Nah, e nemmeno un leggero sfasamento tra immagine e suono riesce a togliere il senso di meraviglia e di ammirazione che nasce dalle corde di Wakenius e, ancor più, da quelle della cantante.

Un concerto di un'ora che trascorre cosi' velocemente nemmeno fossero pochi minuti, un piccolo regalo post natalizio per chiudere in dolcezza un anno duro.

Link: 

http://www.jazzitalia.net/articoli/Int_younsunnah.asp

 
 
 

JAZZ CHRISTMAS

Post n°2074 pubblicato il 23 Dicembre 2011 da pierrde

 

L'atmosfera natalizia ha smesso da molto di esercitare la sua magia su di me, ciò non di meno auguro a tutti buone feste con la voce indimenticabile di Ella Fitzgerald in due video natalizi. Arrivederci a tra qualche giorno.

 

 

 
 
 

GIMMI ENDRICS E PAUL MCCARTNEY

Post n°2073 pubblicato il 22 Dicembre 2011 da pierrde

Giro istruttivo quello di stasera in rete: ho scoperto due nuovi spazi in lingua italiana dedicati al jazz, uno è un blog ad opera di uno dei collaboratori de Il Giornale della Musica, Giuseppe Mavilla, e si chiama Scrivere di Jazz.  E' attivo da aprile, e per quanto la frequenza dei post non sia regolare (circa 5-6 al mese), il contenuto è vario ed interessante, tanto da meritare una visita e da essere inserito nel mio box Parliamo di Jazz.

L'altro più che un blog è un portale a cinque autori, si chiama FreeFallJazz, è operativo da ottobre e alterna news e commenti a recensioni di album.

L'ultimo post si occupa del jazz italico, o meglio dei suoi vizi e delle sue debolezze. Ne trascrivo alcuni passaggi rimandando la lettura completa al link a fine articolo:

La vicenda del jazz italiano ha avuto una storia lunga che qua non c’interessa tratteggiare, se non nell’ultima fase. Fase coincidente con l’attuale e che vede un’ormai consolidata sinergia fra la frangia di pubblico colto-wannabe, quello che frequenta cinema, mostre, vernissage e degustazioni e giammai va a vedere un cinepanettone, e l’ambiente di chi il jazz lo produce e lo suona, che ha deciso di intercettare e spremere questo vasto bacino. E se il jazz è cultura, dobbiamo tenere presente che in Italia l’estetica della cultura prende il sopravvento sulla cultura medesima.

L’italiano in cerca di cultura vuole prima di tutto qualcosa che sia riconoscibile come cultura da tutti, per apparire colto agli occhi degli altri. Ergo, perché qualcosa sia cultura, deve assomigliare a ciò che sappiamo già sia cultura. E dal dopoguerra, la cultura si fa a scuola, quindi la cultura deve insegnare e annoiare. Lo wannabe nostrano, insomma, è un po’ come un tipo che andasse in libreria dicendo “devo farmi la cultura, mi dia il libro più noioso che ha”. Come fa allora il jazz a soddisfare questa richiesta, dal momento che viene visto come musica o inavvicinabile o fin troppo istintiva, viscerale, fisica e quindi insomma mica tanto colta se ci si diverte? Semplice, fa così: C

Certo jazz di marca europea, ovvero quello opportunamente sterilizzato, improntato all’omogenità sonora, al “bel suono”, al ritmo snervato, rispettoso dell’accademia e codificato dall’orrida ECM, si riflette in cose come questa: ‘Il Cielo In Una Stanza’ di Gino Paoli, canzone odiosissima e insopportabile, come suonata da Enrico Rava e vari ospiti (Bollani no, a dispetto del titolo del clip) nel micidiale ‘Italian Ballads’ del 1997. Se devo trovare un colpevole, forse questo disco è un buon indiziato.

Perché contene tutto: il lirico suono pulitissimo e delicato della delicata tromba del leader, che va poco lontano dall’esposizione ad libitum, e gli altri che fanno da tappezzeria discreta. Niente da capire, niente da sentire, musica d’ambiente che traveste da jazz (“la tromba! l’improvvisazione! il contrabbasso pizzicato! i negr… ah no, quelli no.”) melodie che conosce anche il maiale e ci ricordano l’Arcadia dell’Italia perduta, più umile e morigerata, dove in tv c’erano le Kessler e non le maledette Veline.

Ah, bei tempi (segue lagrima di gommozzione)! L’operazione ha un gran successo. Da allora, progetti del genere sono proliferati. Anzi, il “progetto” (dedicato a Battisti! Rino Gaetano! Mino Reitano! Gimmi Endrics!) è la cifra stesso di tanto jazz italico tutto melodia, superficialità e rimestamento dell’acqua stagnante – quello che va per la maggiore e soffoca il resto. Innocue pappe che fanno da sfondo raffinato alle degustazioni di vini e formaggi in un bell’agritusimo, anche dal vivo, ché poi lo chiamiamo Jazz Festival di Pontasserchio e si piglia il contributo statale per la cultura!

E poi la mia casa di produzioni allega i dischi all’Espresso! E poi vuoi mettere il jazz italiano, che non ha più bisogno della prepotenza imperialista di quegli stronzi americani! E poi i dischi di jazz italiani sono i più belli di tutti, visto che le riviste li esaltano e basta, siamo i meglio, tiè! E poi i grandi del jazz italiano fanno sempre il pienone perché sono i più bravi di tutti, c’è meritocrazia perché il pubblico è competente! E poi queste cose hanno il merito di avvicinare tanta gente al jazz! Oh, ma quel disco che mi hai prestato di Dexter Gordon, insomma, non è che mi sia garbato granché, troppo casino, troppo “americano”, è superato…

 

Se molti degli appunti dell'autore dell'articolo sono indiscutibilmente veri e stimolanti (spesso anch'io ho commentato l'esagerato celebrazionismo nostrano verso figure che con il jazz hanno ben poche possibilità di comunione), vorrei far notare come d'altro canto spesso anche portali storici dedicati al jazz, in questo caso parlo di JazzTimes, si perdano in roboanti e inutili articoli del tipo "Paul McCartney to release standard album with Diana Krall":

Paul McCartney has announced that his next solo album, as yet untitled, will be a collection of romantic ballads and standards, with jazz pianist Diana Krall and her band accompanying the ex-Beatle. The album, produced by Tommy LiPuma, will be released by Concord/Hear Music on February 7. In addition to the cover material, the album will include two new McCartney originals. Guests include Eric Clapton and Stevie Wonder. Bassist John Clayton also reportedly plays on the album.

Ma chissenefrega di un album concepito solo per vendere da musicisti a corto di idee ma assetati di dollari. Non si tratta di negare qui il valore e l'importanza di McCartney & co. ma quando è palese l'intenzione commerciale, si tratti di standards americani o di canzoni di Lucio Battisti (P.S. : basta, non se ne può più !), sarebbe preferibile un defilato silenzio da parte degli addetti ai lavori , a meno che non siano foraggiati dalle label, nel qual caso il fatto si commenta da sè. 

Non mi pare di essere un talebano del jazz, ma quel trafiletto su Gimmi Endrics lo sottoscrivo pienamente.... 

http://scriveredijazz.blogspot.com/

http://www.freefalljazz.tk/

 
 
 

MUSIC AND MORE: BEST OF 2011

Post n°2072 pubblicato il 21 Dicembre 2011 da pierrde

Dall'autorevole blog di Tim Niland ecco la sua personale classifica dell'anno. E a questo punto, avendone lette e confrontate giŕ moltissime, mi appare evidente che non c'č un album dell'anno.
I giudizi sono frammentari, difficilmente concordano per piů di un paio di titoli nei primi dieci, insomma non ci sono uno o piů nomi che si impongono come invece spesso č accaduto in passato.
Sarŕ un buon segno, indice di una crescita impetuosa di diversi nuovi talenti, o un pessimo presagio, e cioč la mancanza di personaggi trainanti, dalle idee nuove e dai tratti innovatori ?
Difficile dare una risposta netta, non mancano elementi che suffragano sia l'una che l'altra ipotesi.
Non rimane che prendere nota delle preferenze di Niland e confrontarle con le proprie...
Best of 2011: Top ten new releases for 2011
10. Greg Ward's Phonic Juggernaut(Thirsty Ear) Hard hitting trio for sax, bass and drums. This is tough, gritty and strong music that deserves an audience; it's potent stuff.
9. Rudresh Mahanthappa - Samdhi (ACT) Samdhi looks forward to new vistas in Mathanhappa's all-encompassing musical vision. Combining multi-cultural music and looking at jazz in a fresh direction, he has created a unique synergy of music that is fresh and exciting.
8. Darius Jones & Matthew Shipp - Cosmic Lieder (AUM Fidelity) This was a masterful performance from the two musicians - one an established master himself, and another on his way to becoming one. Jones and Shipp's Cosmic Lieder is the aural equivalent to a dark and stormy night. Short, stark ideas collide like in a particle accelerator, and the brief nature of the performances just adds to their pointedness.
7. David S. Ware - Planetary Unknown (AUM Fidelity) You can chart Ware's lineage in the depth and strength of the music, from a young devotee of Sonny Rollins and Albert Ayler, to a loft scene veteran developing his own unique sound to an esteemed elder statesman and master improviser and instrumentalist, Davis S. Ware is one of a kind and every note is a treasure.
6. BB & C - The Veil (Cryptogramophone) BB and C is a cooperative group consisting of alto saxophonist Tim Berne, drummer Jim Black and guitarist Nels Cline. This was a very exciting and continuously engaging album to listen to, moving between avant-garde squalls of noise and abstract passages of sound sculpture.
5. Matt Lavelle - Goodbye New York, Hello World (Musicnow) This album was very well planned out and executed, with both the duo and full band tracks succeeding well. Fans of progressive jazz are urged to check this out soon.
4. Steve Reid, Kieran Hebden and Mats Gustafsson - Live at the South Bank (Smalltown Superjazz, 2011) Shifting from dark and brooding textures to exciting, heavy and powerful features, the double album unfolds in a continuous suite waxing and waning like the unstoppable tide. This unique and fascinating performance is highly recommended for progressive jazz and rock fans.
3. Matthew Shipp - Art of the Improviser (Thirsty Ear) The power of the piece comes from the juxtaposition of heavy with light, much like the recent work of Ahmad Jamal. This was an excellent set that is highly recommended to anyone looking for the state of the art in jazz piano.
2. World Saxophone Quartet – Yes We Can (Jazzwerkstatt) The musicians play with great authority throughout this very exciting album, showing that regardless of the passing of time and the changing of lineups, the WSQ remains a powerful force in jazz.
1. Mostly Other People Do the Killing - The Coimbra Concert (Clean Feed) What makes the band so much fun to follow is the impish delight they take in making music, from the delightful spoof covers to wryly quoting famous jazz songs amidst their original compositions. But make no mistake, their music is taken seriously and played with a very high degree of competence.

http://jazzandblues.blogspot.com/

 
 
 

NORMAN MCLAREN : UN MAESTRO MISCONOSCIUTO

Post n°2071 pubblicato il 21 Dicembre 2011 da pierrde
 

Norman McLaren (Stirling, 11 aprile 1914 – Montréal, 27 gennaio 1987) è stato un regista canadese di film d'animazione. Nato in Scozia, studia dal 1932 al 1936 alla Glasgow School of Fine Arts e inizia la sua carriera a 19 anni realizzando Seven Till Five (Dalle sette alle cinque) (1933), in cui descrive una giornata della vita in una scuola d'arte. Fortemente influenzato dallo stile di Eisenstein, il cortometraggio rivela uno spirito spiccatamente formalista. Il successivo Camera Makes Whopee! (La cinepresa fa evviva!) comprende lavori a cartoni animati, modelli e animazioni di oggetti.

A un festival amatoriale scozzese, McLaren presenta i due lavori che vengono notati da uno dei membri della giuria, John Grierson, padre del documentarismo britannico. Sarà proprio lui ad accreditarlo presso il General Post Office Film Unit (GPO Unit), presso il quale comincia a lavorare nel 1937. Nel 1936 partecipa alla Guerra civile spagnola come cineoperatore, poi nel GPO Unit realizza quattro film, tra cui Love on the wing con immagini disegnate direttamente sulla pellicola. Nel 1939 si trasferisce a New York, dove continua a sperimentare su un'altra dozzina di film la pittura diretta su celluloide.

Nel 1941 approda al National Film Board of Canada (NFB), diventando l'autore-simbolo della cinematografia d'animazione di quel paese. Qui realizza infatti filmati di propaganda (V for Victory, 1941, Hen Pop Hop, 1942), ma anche filmati astratti e opere sperimentali come Dollar dance (1943), dipinto sulla celluloide con fondali semovibili; Alouette (1944), illustrazione in tre minuti del popolare canto francese fatta con ritagli di carta; C'est l'avion (1945) realizzata con pastelli.

Sempre grazie al sostegno economico e produttivo dell' NFB, prosegue la propria sperimentazione approfondendo tecniche diverse come il disegno animato, la pixillation (l'inserimento di attori veri in sequenze animate), l' animazione ottenuta con la carta ritagliata, la stop-motion, l'elaborazione dei suoni mediante intervento diretto sulla banda sonora.

Si tratta di lavori dal grande impatto tecnico, che hanno segnato l'eccellenza della sperimentazione ma senza mai rinunciare all'intrattenimento. Il suo lavoro più famoso è il cortometraggio Neighbours (1952), in cui sperimenta una nuova tecnica: l'animazione di vere persone. Il film mostra due uomini seduti tranquillamente nei giardini delle loro case quando un fiore sboccia sul confine tra le loro proprietà. Nella lotta che ne consegue, il fiore è distrutto e gli uomini sono uccisi.

Interpretato da due suoi collaboratori, Paul Ladouceur e Grant Munro, che vengono messi in posa 24 volte al secondo seguendo una tecnica per certi versi più difficile dello stop-motion di oggetti inanimati, il film è girato con uno stile allegro che stride con la sinistra allegoria del racconto. Gli attori, costretti a strane pose, sembrano muoversi meccanicamente come marionette e la combinazione fra realismo e formalismo è perfettamente funzionale alla favola, che contiene un forte messaggio sociale di pace e di antimilitarismo. Neighbours valse a McLaren numerosi riconoscimenti, tra cui l'Oscar al miglior cortometraggio documentario.

Nel 1957 realizza Chairy Tale (Racconto della sedia), che combina animazione di persone e di oggetti, illustrando la ribellione del mondo inanimato contro la manipolazione umana. Questo film, musicato da Ravi Shankar, mostra un uomo che cerca inutilmente di sedersi su una sedia riluttante. Stesso argomento tratta il successivo Opening Speech (Discorso di apertura) (1960), interpretato dallo stesso McLaren che cerca di impadronirsi di un microfono recalcitrante.

Una delle realizzazioni più ricche e complesse è Canon (Canone) (1964), che include cartoni animati, animazione di sagome ritagliate, oggetti, persone e anche un gatto. Con l'abilità artigianale tipica di tutto il suo lavoro, McLaren illustra un tema che gli è particolarmente congeniale: la traduzione di forme musicali in forme visive. Nel film, McLaren descrive il canone dapprima per mezzo di cubetti alfabetici, poi mediante pupazzi animati, infine facendo marciare attraverso lo schermo un uomo, una donna e un gatto, che ripetono gli stessi movimenti (melodia) in stadi differenti.

L'NFB ha raccolto la sua intera opera in un cofanetto di sette DVD, disponibili anche in Italia e contenenti i suoi 58 cortometraggi e 14 documentari rimasterizzati, oltre che interviste, immagini, testimonianze e disegni.

Fonte: Wikipedia

 
 
 

NUOVE E VECCHIE STORIE

Post n°2070 pubblicato il 20 Dicembre 2011 da pierrde

Le storie del jazz, si sa, rappresentano un terreno infido: difficile maneggiare una materia enormemente vasta, scandirne con esattezza i percorsi e le svolte, metterne in luce i movimenti principali e secondari, quando non sotterranei e carsici; dare il giusto peso a ciascun musicista, rischiando la sovraesposizione per alcuni e la semplice citazione per altri, quando non addirittura il silenzio; tenere il passo con l'evoluzionedella metodologia di ricerca; raccontare le lingue e le scuole nazionali nate in tutto il mondo, soprattutto in Europa; trovare una lingua accessibile, tempi e modi della narrazione che non si nascondono dietro il gergo tecnico, riuscendo a comunicare al lettore fatti e concetti complessi con la massima linearità.


Fin dal suo primo apparire, all'inizio del nuovo secolo, Nuova storia del jazz di Alyn Shipton ha segnato uno spartiacque: d'improvviso, tutte le storie precedenti, rispettabili e spesso prestigiose, sono di colpo invecchiate. Ciò che fa du questo libro il più importante studio in circolazione e rende la traduzione italiana un evento editoriale, è la potente attrezzatura metodologica: agendo pazientemente e minuziosamente sulle fondamenta dei fatti e delle storie, scavando e rintracciando elementi tali da poter, con cognizione di causa e saldezza scientifica , imporre una nuova visione d'insieme a una materia lavica e debordante.

Shipton offre una ricostruzione storica impareggiabile, nel senso di una innovativa sistemazione di dati e di fatti, interpolati all'interpretazione di vicende umane e stilistiche, capace di scavalcare steccati ideologiche, certe vecchie letture ormai infeltrite, schemi di riferimento calcificati. Completano il volume un glossario che, per dimensioni, è un vero e proprio manualetto di jazz, e una riflessione in forma di saggio su un secolo di jazz italiano curati da Vincenzo Martorella. [Quarta di copertina]

 

E' appena uscita per Einaudi la traduzione italiana della «Nuova storia del lazz» del critico musicale inglese Alyn Shipton (pagg. 1150, € 50). La pubblicazione originale risale al 2007 e fu eletta in Inghilterra libro dell'anno dalla Jazz Journalist Association. Il libro come si può facilmente dedurre è ponderoso, e oltretutto ha un costo non indifferente, ragion per cui al momento non ho in programma l'acquisto. Spulciando nella rete ho trovato una recensione ad opera di Giuseppe Fiorentino, giornalista de L'Osservatore Romano, e debbo dire che non ne ho tratto impressioni positive.

Non parlo però del libro ma del recensore, la cui disamina mi fa sospettare una mancata lettura del tomo (a pensare male si fa peccato ma di solito si coglie nel segno diceva quella persona pia che è l'onorevole Andreotti) ed una frequentazione della musica afro-americana piuttosto superficiale, collocandolo tra i reprobi della seconda parte del titolo da lui stesso dato all'articolo: "La parabola del jazz e gli adoratori segreti della canzonetta".

La recensione, che potete leggere nella sua integralità nel link a fine post, termina cosi':

 

Il libro, dopo oltre mille pagine si ferma qua. Ma non affronta, né in fondo vuole affrontare, un problema legato al jazz più recente e più d’avanguardia, che come altre espressioni musicali, si arrocca nella sua presunta esclusività e diventa di difficile comunicazione se non proprio inascoltabile. Se la suonano e se la cantano, si potrebbe affermare prendendo in prestito un noto detto romano. Ma le nostre povere orecchie chi le consola?

Fiorentino è l'autore di quell'articolo sull'Osservatore Romano che molto fece parlare tempo fa: la "riabilitazione" di John Lennon e dei Beatles.

Dopo qualche secolo oltre Tevere hanno riabilitato Gailei, dopo qualche decennio i Beatles, non rimane che aspettare buone nuove anche per Coleman e l'Art Ensemble of Chicago. 

 

 

Link:

http://sottoosservazione.wordpress.com/2011/12/17/la-parabola-del-jazz-e-gli-adoratori-segreti-della-canzonetta/

 

 
 
 

ASTOR

Post n°2069 pubblicato il 20 Dicembre 2011 da pierrde

Astor si piazza con un piede su uno sgabello, il bandoneon sul ginocchio, dà un'occhiata ai suoi uomini che lo guardano con una concentrazione assoluta, solleva leggermente lo strumento e quando lo abbassa parte la musica, ed è qualcosa di fantastico, un torrente straripante di energia, idee, emozioni. Di musica.

Sapevo già che era un genio. Me ne aveva parlato Gato, e da quando ero a Buenos Aires ascoltavo i suoi dischi, ma non mi aspettavo che dal vivo potesse generare tutta questa emergia. Che musica ! Da quella sera il mio altarino si arricchi' di un nuovo eroe.

Enrico Rava, Incontri con musicisti straordinari (Feltrinelli)

 
 
 

PENSIONI

Post n°2068 pubblicato il 19 Dicembre 2011 da pierrde

Il sindacato musicisti di New York ha distribuito volantini fuori da uno dei più importanti jazz club della città, prima avvisaglia di una campagna per ottenere i contributi per la pensione e una retribuzione minima.

La protesta è partita in sordina giovedì scorso, quando quattro membri del Federazione americana dei musicisti Local 802 sono rimasti fuori dal Blue Note nel Greenwich Village a distribuire volantini con la scritta: "Giustizia per gli artisti jazz!". Keisha St. Joan, vocalist di 72 anni, consegna volantini ai passanti e spiega: «È una disgrazia non avere la pensione. Morirò senza averla!». Da cinque anni i proprietari dei jazz club resistono alle richieste. Alcuni accusano il sindacato, forte di ottomila soci, di fare chiasso per sostenere il fondo pensione, i cui beneficiari sono musicisti di Broadway in pensione o colleghi degli studi di registrazione. Le divergenze tra sindacato e proprietari dei club risalgono al 2005, quando i sindacalisti si unirono ai night club per ottenere una riduzione delle tasse sulle vendite dei biglietti e utilizzare gli introiti extra per pensioni e benefit sanitari.

Nel 2006 lo sgravio fiscale fu approvato, ma il sindacato non raggiunse mai un´intesa con i club. Lorraine Gordon, proprietaria del Village Vanguard è favorevole all´idea delle pensioni per i musicisti, ma i profitti dei club sono esigui e le spese continuano a lievitare. «Pago tutto quello che un piccolo club può pagare. Ma per farlo funzionare non posso andare sotto una certa soglia». L´obiettivo della campagna dei musicisti è raggiungere intese essenziali sul lavoro con i club jazz di New York - Blue Note, Village Vanguard, Birdland, Jazz Standard e Iridium - e poi con quelli delle principali città creando una rete di locali che pagano contributi per la pensione.

«Vogliamo che l´802 diventi il modello per tutti» ha detto John O´Connor, vicepresidente del sindacato. In base alle proposte del sindacato, i proprietari dei club verserebbero un contributo per ogni musicista. Molti si trovano durante la vecchiaia senza pensione e assistenza, dato che buona parte della loro retribuzione è in contanti e in nero. Lontano dai microfoni, alcuni musicisti dicono che preferirebbero gestire da soli la pensione. Altri però sono favorevoli all´intervento sindacale e raccontano che i proprietari dei locali si sono rimangiati la promessa fatta in cambio della riduzione delle tasse.

«Raccolgono i soldi e li usano a loro piacere» ha detto Bernard Purdie, percussionista, prima di recarsi al Carnegie Hall con Galt MacDermot e la New Pulse Jazz Band. «E la fanno franca da cinque anni». (© New York Times La Repubblica Traduzione di Anna Bissanti)

Fonte: www.micciacorta.it

 

Se i musicisti americani non se la passano troppo bene anche noi qui abbiamo qualche problema:

 

 
 
 

BILANCI

Post n°2067 pubblicato il 19 Dicembre 2011 da pierrde

Il 2011 è ormai archiviato, un anno buio per le economie, in particolare per la nostra.

I continui tagli al bilancio hanno messo alle strette molte associazioni, con ripercussioni sulla qualità di molti festival, costringendone altri alla chiusura o ad un drastico ridimensionamento.

Parlare di musica in un contesto cosi' difficile non è agevole, purtroppo ben altre sono le priorità, ed i bilanci più difficili sono certamente quelli famigliari e non quelli culturali. 

Ogni tanto ho commentato i fatti più rilevanti della vita politica, ma il blog rimane saldamente ed unicamente a dimensione musicale.

Bene, il bilancio del 2011 da un punto di vista dei blog italiani dedicati al jazz è stato particolarmente positivo.

Sono nati nuovi interessanti protagonisti, si sono consolidati altri, alcuni sono stati costretti a traslocare, infine sono comparse nuove aggregazioni. 

Intriganti, ricchi di notizie, di splendide foto e di video, e, intersecandosi maniera perfetta pur con approcci completamente opposti, ecco le migliori new entry del 2011:

http://jazzdanielsblog.blogspot.com/

un blog a quattro mani ed entrambe femminili: Daniela Floris scrive e Daniela Crevena fotografa. Pezzi forti le interviste (una birra con....), le recensioni degli album ed i reportage dai festival. Letture sempre piacevoli, spesso commentate da splendide immagini, le due Daniele hanno editato un blog personalissimo, fresco e da inserire nelle letture quotidiane della rete.

http://mipiaceiljazz.blogspot.com/

in blog di Elfio Nicolosi è aggiornatissimo, ricco di news, perfetto completamento del precedente, ed è entrato di diritto tra le mie letture giornaliere

http://ettoregarzia.blogspot.com/

Percorsi Musicali è un blog nato nel 2010 e non è dedicato esclusivamente al jazz. Al contrario è possibile trovare post competenti e ben informati sulla musica tout court a 360 gradi.

Sono sempre più ammirato dalla cultura musicale di Ettore Garzia e il suo blog è diventato per me un punto di riferimento importante.

http://cinziaguidetti.wordpress.com/

Il blog di Cinzia quest'anno è stato ridisegnato con la collaborazione del fotografo Francesco Truono. Notevoli i reportages fotografici e critici da Umbria Jazz

http://hibou-anemone-bear.blogspot.com/

Hibou non è certo una new entry, lui è attivo dal 2005 (come me) e non si occupa propriamente di jazz, anche se la musica afro-americana nelle sue variabili sopratutto europee ha grande spazio nel blog. Ricco di link e di notizie su personaggi "minori" della musica post rock o improvvisata, ha uno sguardo attento e partecipe sopratutto alle vicende dei musicisti dell'area londinese e di Canterbury.

Chiudo le mie segnalazioni con tre blog affatto nuovi su questo spazio, ma sempre importanti e meritevoli di attenta lettura:

http://pomeriggio-jazz.blogspot.com/

una formula inusuale, un brano al giorno commentato ed analizzato, fanno del blog di Marco Bertoli una lettura (ed un ascolto) piacevole ed istruttivo

 

http://gerovijazz-jazzfan37.blogspot.com/

traslocato su Blogger dopo l'annunciata chiusura di Splinder, Gigi è un veterano del web e mantiene tutti i pregi del precedente blog: una spruzzata di amarcord, tanta buona musica ed una grafica accattivante.

 

http://jazzfromitaly.blogspot.com/

anche Jazzfromitaly ha subito il tracollo di Splinder, ma era comunque preparato, avendo già pronti altri sbocchi e altre piattaforme. Non inganni il fatto che compare per ultimo in questo mio stringato elenco. Questo blog ha delle doti uniche, un impasto di grafica e musica ed una capacità affabulatoria che lo rendono lettura personalissima ed oltremodo appagante.

 

A tutti i "colleghi" bloggers un sincero in bocca al lupo e i migliori auguri per il prossimo anno. Buona musica a tutti ! 

 
 
 
 

AUTORI DEL BLOG

                 Andrea Baroni


                 Fabio Chiarini


                 Roberto Dell'Ava


                 Franco Riccardi

 

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