Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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JAZZ DAY BY DAY

 

 

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre č possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembč di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco č possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Ottobre 2012

CIAO JOHN

Post n°2419 pubblicato il 08 Ottobre 2012 da pierrde

Il sassofonista John Tchicai - fra i protagonisti storici del free, a fianco di John Coltrane e Albert Ayler - è morto dopo una lunga degenza in un ospedale di Perpignan, città dove risiedeva; in giugno era stato ricoverato per un'emorragia cerebrale.

John Tchicai, danese di nascita ma di origine congolese, dopo aver esordito in Polonia agli inizi degli anni ’60, incontra i pionieri del freejazz americano, come Archie Shepp, Bill Dixon, Don Cherry; si trasferisce a New York nel 1963 ed entra a far parte del cenacolo delle avanguardie jazz. Suona nel New York Contemporary Five, incide con Shepp, Albert Ayler, Jazz Composers Orchestra, Roswell Rudd e molti altri. In seguito torna in Europa e diventa protagonista della scena continentale più radicale.

 

 
 
 

DANILO REA IN DIRETTA SU RADIOTRE

Post n°2418 pubblicato il 06 Ottobre 2012 da pierrde
 

domenica 7 ottobre 2012 11.50

Locandina

I CONCERTI DEL QUIRINALE DI RADIO3

In collaborazione con Rai Quirinale

 

In diretta dalla Cappella Paolina del Palazzo del Quirinale in Roma

 

 

Danilo Rea, pianoforte    

 

“Lirico”

 

 
 
 

CAFISO OGGI E IERI

Post n°2417 pubblicato il 06 Ottobre 2012 da pierrde

La trasmissione è Superquark, l'anno il 2005. Allora Francesco aveva sedici anni. Sempre in quell'anno Antonio Terzo lo intervistò per Jazzitalia :

http://www.jazzitalia.net/articoli/int_francescocafiso.asp

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, da enfant prodige Cafiso è divenuto musicista adulto a pieno titolo, parte integrante del migliore jazz italiano, producendo album interessanti e diventando ispiratore e direttore artistico del festival della sua città.

Gian Mario Maletto all'interno della rubrica Carta Stampata sul numero di ottobre di Musica Jazz riporta larga parte di un blindful test comparso sul numero di giugno di JazzTimes e che vedono Cafiso alle prese con l'ascolto dei migliori altosassofonisti di ieri e di oggi.

Il nostro si trova perfettamente a suo agio con i musicisti a cui fa riferimento riconoscendoli facilmente, con l'unica eccezione per Art Pepper che non ha individuato, e fa perfino menzione di stima per Ornette Coleman ("in lui si può ascoltare Parker"), stilisticamente alquanto lontano dal suo mondo.

Simpatica la battuta all'ascolto di Koko di Charlie Parker (Pensavo di essere io....) ma appena le proposte virano verso i contralti delle penultime e ultime generazioni (Threadgill, Zenon, Mahanthappa) cala il buio profondo.

Personalmente ho avuto modo di ascoltare e ammirare Francesco in un paio di occasioni. Impressionato dal controllo e dalla padronanza dello strumento non ho potuto però non rimarcare il confine che si è autonomamente (e legittimamente) attribuito, giungendo stilisticamente a raggiungere le due generazioni che l'hanno preceduto senza però procedere oltre.

Cafiso è molto giovane ed ha tutto il tempo di progredire, cosi come ha il diritto di suonare post bop per tutta la vita. Da semplice appassionato mi piacerebbe vederlo alzare l'asticella, cercare nuove sfide e nuovi stimoli non solo negli eroi del passato.

Non è una critica, è una proiezione di una mia idea su un giovane musicista che, al di là degli stili di riferimento, apprezzo sinceramente.

Invito tutti gli interessati a leggere la lunga e succosa rubrica di Maletto sul numero di ottobre di Musica Jazz. 

 

 

 
 
 

CERRI E MORONI APRONO ATELIER MUSICALE

Post n°2416 pubblicato il 05 Ottobre 2012 da pierrde

 

Il concerto d'apertura della nuova stagione dell'Atelier Musicale ha un titolo curioso: è il rovesciamento di quello del primo disco del pianista genovese, Franco Cerri Introducing Dado Moroni, inciso per l'etichetta Dire nel 1979, a soli diciassette anni, nel quale il popolare chitarrista teneva a battesimo un musicista dal grande avvenire, che lo aveva profondamente colpito per l'estro, la tecnica e lo swing.

Dopo trentatre anni, nei quali Cerri e Moroni si sono talvolta incontrati sul palco e in cui il chitarrista ha dimostrato di prediligerne il linguaggio pianistico, L'Atelier li propone in un progetto organico, a cui prendono parte anche i due abituali partner del pianista, cioè una delle più rilevanti ritmiche del jazz italiano. Il repertorio sarà principalmente basato sui brani del grande songbook americano, ideale terreno comune per questo incontro musicale all'insegna dello swing e di un linguaggio legato al miglior mainstream jazzistico.

Se Dado Moroni, dal 1979 sino a oggi, si è conquistato un ruolo primario tra i grandi pianisti del jazz contemporaneo, collaborando con parte del gotha internazionale e delle figure storiche di questa musica, Franco Cerri (che nel prossimo gennaio compirà ottantasette anni) ha alle spalle una carriera lunghissima e piena di soddisfazioni, di cui ricordiamo le collaborazioni con Kramer, Intra, il Quartetto Cetra, Jim Hall, Chet Baker, Gerry Mulligan e tanti altri, oltre all'intensa attività di conduttore televisivo di pionieristici e importanti programmi dedicati al jazz. Superbo stilista, Cerri attraversa imperturbabile i decenni con intatta inventiva e classe esecutiva.

Sabato, ore 17,30 Auditorium Di Vittorio, Milano

 
 
 

ASCOLTATORI "TRANQUILLIZZATI"

Post n°2415 pubblicato il 05 Ottobre 2012 da pierrde

Q

Quando si ascolta o si parla di Keith Jarrett, ossia del monumento all’arte pianistica, bisogna sottolineare che mai nessun pianista nella storia del jazz già all’età di 31 anni aveva ricevuto dalla critica (senza non tante polemiche) l’appellativo di “narcistico”, che si ritiene gli fu attribuito inizialmente dal suo produttore.

Le manie, le paranoie alquanto “snob” ed anche quell’antipatico modo di porsi, contribuiscono a rendere grande ed alimentare la leggenda di questo che definirei uno dei giganti della musica jazz moderna che ormai da più di quindici anni sta disseminando molteplici successi lasciando intravedere, quasi esclusivamente agli occhi delle persone più esperte, il suo talento.

Personalmente considero Keith Jarrett un grande maestro che non vuole e non ha nessuna intenzione di socializzare con la gente comune mantenendosi a distanza (al contrario di molti) e dalla quale non vorrebbe neanche farsi guardare, figuriamoci “dialogare” oppure farsi toccare. Il suo dialogo è con il pianoforte che rimane (a tutti gli effetti) l’unico ed esclusivo modo di esprimesi.

Quello che lo contraddistingue dai tanti è la sua tecnica d’improvvisazione pianistica che abbraccia, oltre al jazz, diversi generi musicali (classica, blues e musica etnica) e, senza dilungarci a parlare della “crescita” artistica di Keith (o delle vicende personali) vorrei che l’attenzione del lettore sia concentrata sulle vere e proprie galoppate pianistiche, che tengono incollati l’ascoltatore alla realizzazione di “fantasie” che nulla hanno a che fare con altre melodie, con altri ritmi.

Un artista che è talmente attento al tipo d’ambiente (acustica) in cui deve esibirsi che, se non in perfetta armonia con i suoi gusti, si rifiuta categoricamente di suonare! Non vuole che nessuno tocchi il suo pianoforte e, personalmente, ne esegue l’accordatura! Manie di perfezione? Non vedremo mai Jarrett suonare il pianoforte in un palasport oppure in un ambiente con scarsa acustica!

Pertanto, solo un “selezionato” pubblico potrà accedere alle sue esibizioni dal vivo il tutto a discapito dei grandi numeri e della gente comune. Passando all’analisi di The Köln Concert si può ascoltare (e vi invito a notare) un Jarrett concentratissimo con le sue tipiche melodizzazioni che hanno risvolti incantatori ed a volte da rapsodia. Il fraseggio dei suoi arpeggi mi ricordano per certi aspetti quelli di una chitarra con un ricorso quali all’ostinazione che propone (comunque) un fascino tutto “jarrettiano” per me incandescente e pronto ad esplodere all’improvviso quando non te lo aspetti.

A volte sembra di essere in una scorribanda quasi martellante ma poi tutto tende ad addolcirsi per riproporre quel ritmo e quella melodia che rendono i brani di una magia da “mille ed una notte”. Si riconosce il tocco del pianista esperto che vuole ammaliare l’ascoltatore, conquistarlo, emozionarlo e stupirlo allo stesso tempo con pianissimi e clamorose fortissime incursioni che altri non rivelano il Keith Jarrett pianista con pochi rivali! Di musica classica non ho una grande esperienza ma questo Jarrett, a mio avviso e per molti versi tende a penetrare apertamente e proiettarsi anche“sconfinando” verso questo genere musicale.

In questa incisione (come d’altronde in tutte le altre) Keith riesce a “tranquillizzare” l’ascoltatore con quella sua autentica “maratona” pianistica che comunque si diversifica in ogni sua registrazione. Se dovessi sintetizzare il concerto in esame direi che si tratta di un armonioso equilibrio con dei diversificati piacevoli contrasti. The Köln Concert viene recensito dagli esperti come il più famoso album di jazz solo, con tre milioni e mezzo di copie vendute e solo questo basterebbe a far capire di quale autentica e raffinata bellezza sia l’incisione.

Fonte: www.musicyes.org

Chissà se gli ascoltatori di Koln Concert si sono "tranquillizzati"....Di sicuro gli appassionati di jazz invece si sono agitati e parecchio nel leggere un simile cumulo concentrato di sciocchezze e banalità. 

Questo articolo non è tratto da un sito che si occupa di cucina o di medicina, bensi', ma guarda un pò, di musica. Chi lo avrebbe mai detto..... 

 
 
 

IL SECOLO BREVE E LA STORIA SOCIALE DEL JAZZ: LA SCOMPARSA DI HOBSBAWM

Post n°2414 pubblicato il 04 Ottobre 2012 da pierrde

« Per il poeta T.S. Eliot "il mondo finisce in questo modo: non con il rumore di un'esplosione, ma con un fastidioso piagnisteo". Il Secolo breve è finito in tutti e due i modi. » (Eric J. Hobsbawm, dalla prefazione a Il secolo breve, pag. 24)

 

 

E’ morto Eric Hobsbawm, nella sua amata Londra, all’età di 95 anni. Hobsbawm è considerato universalmente come uno dei più grandi storici del ’900 e dei migliori interpreti del XX secolo.

La sua storiografia ha fatto discutere in molti, e ha creato un’impronta anche nella cultura britannica. Hobsbawm nacque in Egitto, allora sotto la colonizzazione britannica, nell’antica città di Alessandria, da genitori ebrei. Durante l’adolescenza dovette occuparsi della sorella Nancy, poiché rimase orfano di padre e poi di madre, e si trasferì con i genitori adottivi a Londra.

Dopo aver studiato a Cambridge e aver svolto servizio militare nella Seconda Guerra Mondiale, la sua vera carriera iniziò al Birkbeck College, nella capitale del Regno Unito. Eric Hobsbawm Hobsbawm era uno studioso originale, e si distingueva nel suo pensiero dal credo maggioritario del capitalismo britannico, utilizzando per le proprie idee quelle di un filosofo di discendenze ebree come lui, Karl Marx. Ed è proprio da un punto di vista marxista che Hobsbawm ha sviluppato la sua interpretazione storica.

Egli aveva diviso gli ultimi secoli nel modo seguente: tutto iniziava con il “Lungo Ottocento”, lungo perché cominciato con il punto di svolta dato nel 1789 dalla Rivoluzione Francese, e terminato solo nel 1914, con l’inizio della Grande Guerra. Poi, era arrivato il “Secolo Breve”, ovvero il novecento, terminato nel ’91 con la grande caduta sovietica. Esso era a sua volta diviso in tre fasi: l’Età della Catastrofe, con le Guerre Mondiali e la fine degli Imperi vecchi di millenni; l’Età dell’Oro, con la caduta dei colonialismi e il contemporaneo boom capitalista; la Frana, con il crollo dell’Unione Sovietica e delle contrapposizioni classiche, e del totalitarismo com’era fino a quel momento stato vissuto. (Fonte: giornaleilreferendum.com)

Hobsbawm era anche un appassionato di jazz, autore del volume Storia Sociale del Jazz edito in Italia da Editori Riuniti e di molti scritti e recensioni da vero critico musicale.

 
 
 

OTTOBRE SU RADIOTRE: BRAXTON DAL VIVO

Post n°2413 pubblicato il 04 Ottobre 2012 da pierrde
 

giovedì 4 ottobre 2012 20.30
Locandina
IL CARTELLONE

FESTIVAL JAZZ & WINE OF PEACE

 

Bobby Previte Bump meets Pan-Atlantic

 

Bobby Previte, batteria;

Wolfgang Puschnig, sax contralto;

Gianluca Petrella, trombone;

Wayne Horvitz,  pianoforte, tastiere;

Steve Swallow, basso elettrico

 

Registrato a Cormòns, Teatro Comunale, il 20.10.2011


 

sabato 13 ottobre 2012 20.30
Locandina
IL CARTELLONE

in diretta dal Teatro alle Tese di Venezia

 

BIENNALE MUSICA

 

Anthony Braxton 12+1tet

 

Anthony Braxton, saxofono contralto, soprano, sopranino e clarinetto contrabbasso

Taylor Ho Bynum, cornetta, flicorno, tromba, tromba basso, trombone, sordine e conchiglie

Ingrid Laubrock, saxofono contralto e saxofono tenore

Andrew Raffo Dewar, saxofono soprano, saxofono tenore in Do e clarinetto

James Fei, saxofono contralto, soprano, sopranino

Sarah Schoenbeck, fagotto, shenai

Reut Regev, trombone

Mary Halvorson, chitarra elettrica

Jessica Pavone, violino, viola

Erica Dicker, violino, violino baritono

Jay Rozen, tuba

Carl Testa, contrabbasso, clarinetto basso

Aaron Siegel, percussioni e vibrafono


 

martedì 16 ottobre 2012 20.30
Locandina
PADOVA JAZZ FESTIVAL

PADOVA JAZZ FESTIVAL

 

Claudio Fasoli Four featuring Glen Ferris e Kyle Gregory

 

Claudio Fasoli, sax;

Glenn Ferris, trombone;

Kyle Gregory, tromba;

Michele Calgaro, chitarra;

Lorenzo Calgaro, contrabbasso;

Gianni Bertoncini, batteria

 

Registrato a Padova, Teatro Verdi, il 17.11.2011

 

 

 
 
 

RON MILES - QUIVER (2012) ENJA

Post n°2412 pubblicato il 03 Ottobre 2012 da pierrde
 

"I conceived it so that there was a lot of space in the music." (Ron Miles)

 

Track Listing: Bruise; Queen B; Mr. Kevin; There Ain't No Sweet Man That's Worth the Salt of My Tears; Just Married; Doin' the Voom Voom; Days of Wine and Roses; Rudy Go Round; Guest of Honor.

Personnel: Ron Miles: trumpet; Bill Frisell: guitar; Brian Blade: drums.

Ron Miles non è un musicista sotto i riflettori principali della critica e del pubblico, eppure è trombettista sensibile, leader di tutto rispetto e autore di progetti molto interessanti.

Questo album ne è felice esplicazione; l'empatia che lega il trombettista a Bill Frisell ha avuto modo di esprimersi nell'arco di un decennio sia in progetti a nome dell'uno come dell'altro. Memorabile a mio modo di vedere il quartetto Richter 858 di Frisell, un ensemble raffinatissimo che pure in punta di volume sa esprimere un ampio spettro di emozioni e di situazioni musicali di ispirazione assai variegata.

In Quiver ai due collaudati musicisti si aggiunge uno straordinario Brian Blade, in grado di contribuire con misura e personalità alla costruzione di una musica rarefatta, dall'elegante impatto melodico, tonalmente effervescente, impostata su tenui colori pastello in cui gli spazi di silenzio rivestono grande importanza. 

A fianco delle sei composizioni originali Miles aggiunge un brano di oltre 11 minuti ad opera di Fred Fisher del 1920 inciso anche da Bix Beiderbecke (There Ain't No Sweet Man...), il sempreverde Days of Wine and Roses di Henry Mancini e un brano del 1929 di Duke Ellington (Doin' the Voom Voom).

Miles rivela una profonda conoscenza della tradizione, innervata da spericolati salti di registro di complessità notevole, pur suonando in maniera diretta e apparentemente semplice, sempre con la melodia in primo piano.

La chitarra di Frisell è inconfondibile nel dispensare aromi folk e nel duettare con gusto e inventiva, naturale contraltare al suono ambrato del corno. 

Album magneticamente lirico e avvincente.

V A L U T A Z I O N E :   *  *  *  *

 

 

 
 
 

NEO CONFORMISMI

Post n°2411 pubblicato il 02 Ottobre 2012 da pierrde

Ieri sera su Rai Tre tornava la coppia Fazio-Saviano, facile immaginare che il popolo della "sinistra" nonchè la larga maggioranza dei telespettatori con ancora qualche neurone funzionante non abbia avuto dubbi su quale programma guardare.

Personalmente ho preferito una scelta controcorrente scegliendo di vedere un bel documentario di Rai 5: una narrazione per immagini, che evoca emozioni e pensieri, e svela orizzonti inespressi attraverso la proposta culturale di uno dei festival italiani più antichi, il Ravello Festival, la cui edizione 2012 era intitolata "Memorie".

Un'ora di splendide immagini e di ottima musica, tra gli altri protagonisti non appartenenti alla musica classica c'erano il quartetto di Jan Garbarek ed il gruppo Memorie di Adriano con Girotto, Marcotulli, Bosso, eccetera.

La mia è stata una scelta consapevole; altre volte ho parlato su questo blog dei programmi di Fazio, ne riassumo brevemente quelli che per me ne sono i limiti che hanno fatto si che progressivamente perdessi interesse verso trasmissioni come Che Tempo Che Fa.

La formula è logora, anni di rotazione dei soliti 40-50 personaggi pescati sempre e rigorosamente tra attori, scrittori,musicisti e quant'altro avessero in uscita un film, un libro, un disco. Tutti rigorosamente incensati nemmeno fossero i nuovi Marlon Brando, James Joyce o John Coltrane, talvolta al limite del ridicolo e della pura disinformazione.

Anche i siparietti con la Littizzetto seguono oramai dei canovacci prevedibili: i politici spesso sbeffeggiati vengono poi trattati da divi quando si presentano in trasmissione. Non dico che dovrebbero essere presi a pesci in faccia, ma se si invita un politico, di qualsiasi colore esso sia, dovrebbe essere per farci rendere edotti delle malefatte, delle ruberie, delle incapacità che hanno saputo esprimere cosi' bene dal dopoguerra ad oggi .

Insomma, tirando le conclusioni, si tratta di una trasmissione neoconformista di sinistra, buonista nel senso più irritante della parola, spesso noiosa e ripetitiva. La tragedia è che, incredibile ma vero, si tratta di una delle migliori trasmissioni italiane degli ultimi anni, e questo la dice lunga sullo stato comatoso dei programmi televisivi generalisti.

Ieri sera Roberto Saviano ha fatto un monologo sul tema della disabilità, raccontando la storia di Michel Petrucciani. L'aveva già fatto per iscritto, nel libro La Bellezza e l'Inferno ed io ne avevo trascritto sul blog il breve ma bellissimo ritratto di Michel.

Il video con il monologo di Saviano:

 

 
 
 

100 CONCERTI AL JAZZ CLUB DI FERRARA

Post n°2410 pubblicato il 01 Ottobre 2012 da pierrde

Non sono mai stato a Ferrara. Mi basta però questa stupenda fotografia del Jazz Club della città, oltre naturalmente alle tentazioni eno-gastronomiche e alla cultura che si sottintende in ogni città italiana,per cercare a breve di rimediare alla mia mancanza.

Leggendo la notizia che posto appena sotto gli stimoli non mancano di certo.

 

Cento concerti da ottobre ad aprile, collaborazioni con il Festival di Internazionale, Bologna Jazz Festival, Crossroads Jazz Emilia Romagna e tanti musicisti di caratura nazionale e internazionale. E’ il piatto offerto dal Jazz Club Ferrara, al quindicesimo anno di attività nel Torrione di San Giovanni e negli ultimi due anni miglior club di musica jazz in Italia secondo i lettori di Jazzit.

Riconfermata la rassegna “Off” che prevede l’alternarsi dei solisti della prestigiosa Mahler Chamber Orchestra nell’esplorazione dei repertori legati al ’900- e la collaborazione con il Conservatorio “G. Frescobaldi” di Ferrara con momenti didattici che hanno ricevuto il plauso dell’assessore alla Cultura Maisto – che ha partecipato alla presentazione del programma tenutasi nella Sala degli Arazzi nella Residenza Municipale- perché “bisogna sempre mantenere un rapporto con chi semina e non solo col prodotto finito”.

Per celebrare il centenario dalla nascita, anche il Jazz Club renderà omaggio a Michelangelo Antonioni, con la collaborazione di Ferrara Arte e con l’installazione site-specific “A volte rido lo spazio di una notte”, realizzata da Elisa Leonini e Sara dell’Onze, curata da Eleonora Sole Travagli e che si avvarrà anche del contributo sonoro di Alfonso Santimone. Dal sodalizio fra Jazz Club, Arci Ferrara e Festival di Internazionale tornerà anche il Cafè De L’Europe, tre giorni di presentazioni, libri, wine bar-caffetteria e musica nella cornice del Chiostro di San Paolo “punto diventato ormai centrale del Festival di Internazionale” come affermato da Alice Bolognesi dell’Arci Ferrara.

Ci sarà anche spazio per la solidarietà, con diverse iniziative benefiche fra le quali una raccolta fondi a favore della Onlus Oltre Le Parole. Jazz classico ma non solo, non mancheranno infatti le incursioni nel contemporaneo e le contaminazioni esterne, sia con altre forme d’arte che con la musica sud americana e la canzone d’autore.

Si parte il 12 ottobre, con la prima parte della stagione – che va da ottobre a dicembre – che vedrà un palinsesto animato dalla presenza di musicisti del calibro di Brad Mehldau (giovedì 15 novembre, presso il Teatro Comunale, in collaborazione con Ferrara Musica), Cyrus Chestnut, Omer Avital, Greg Burk, Chihiro Yamanaka (in collaborazione con il Bologna Jazz Festival) e altri protagonisti del jazz statunitense, quali: Curtis Lundy, Paul Jeffrey, Michael Formanek, Eric Alexander, Vincent Herring, Ambrose Akinemusire, Eliot Zigmund, George Cables, Bill Mays, Bill Carrothers, Aaron Goldberg e Dena de Rose. Non mancheranno, inoltre, i migliori jazzisti italiani: da Tiziana Ghiglioni a Dado Moroni, Marco di Marco, Antonio Zambrini, Maria Pia De Vito, Franco Ambrosetti, Ada Montellanico e Rita Marcotulli.

Fonte: 

http://www.estense.com/?p=248005

 
 
 
 

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