Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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JAZZ DAY BY DAY

 

 

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre č possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembč di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco č possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Gennaio 2014

VIAGGIO NEL TEMPO

Post n°3214 pubblicato il 08 Gennaio 2014 da pierrde

Ho sempre immaginato la scena paradossale di un pianista di oggi che, conoscendo la lezione di Bill Evans, McCoy Tyner ed Herbie Hancock, fosse catapultato indietro con la macchina del tempo a suonare assieme a Charlie Parker. Sarebbe certamente reputato un genio.

Non così un Bud Powell a suonare assieme a Coltrane. Si tratta di una questione di “progresso” e quindi di “aggiornamento della musica”? sembrerebbe di sì. Ma allora dov’è la valenza artistica in sé al di là degli stili? Non esiste nel jazz? Quello che è più “moderno” è per definizione meglio di quel che veniva prima?

Difficili le risposte. (Roberto Magris)

 

Fonte: 

http://www.4arts.it/2012/12/31/roberto-magris-intervista-allalieno-del-jazz/

 
 
 

LINGUAGGI

Post n°3213 pubblicato il 08 Gennaio 2014 da pierrde

Di fronte a tale cantar fluido scorre via ogni virtuosistica pretesa d’eleganza, per frangere il Senso in una metafisica e poliedrica Guida ad un Viaggio fra il Sé e, del Sé, l’Avvenire.

Fonte: 

http://www.4arts.it/2014/01/07/travel-guide-ovvero-linterazione-forte-e-leggera-di-tre-chitarre/

 

Scrivere una recensione è compito ingrato. Spesso a chi scrive nemmeno piace quella musica cosi' noiosa, ridondante, egocentrica, caotica, inafferrabile, lontana.

Chi scrive fa professione di abilità artigianali, cercando di spiegare e descrivere, scegliendo vocaboli, affinando comparazioni, scavando nella storia e nella memoria. 

A volte a dire il vero l'esercizio invece che un duro lavoro diventa un piacere: di solito quando la musica che si tenta di narrare la si ama, qualche volta quando la si detesta.

Poi ci sono i poeti: cantori dalla penna feconda, proprietari di un vocabolario raffinato ed inusuale, pittori adusi ad iperboli cromatiche, giocolieri della fonetica e della grammatica.

Davanti a costoro, a me aspirante artigiano della recensione, non rimane che fare "chapeau", sospeso tra ammirazione e confusione, e con la segreta speranza di riuscire a decrittare il significato di quanto letto....

 
 
 

RADIOTRE : BATTITI

Post n°3212 pubblicato il 07 Gennaio 2014 da pierrde
 

BATTITI DI OGGI
Le novità di questa notte ci portano dalla leggerezza di una ristampa di Gerry Mulligan alla rilettura à bout de souffle del repertorio di Nina Simone a cura di Xiu Xiu fino ai barocchismi di Secret Chiefs 3. A seguire un percorso che a partire dall’imprescindibile Coon Bid’ness di Julius Hemphill, si snoda attraverso una serie di ascolti legati alla figura del grande sassofonista di Fort Worth per vicinanza o per affinità, con le ultime fatiche discografiche di Tim Berne e Marty Ehrlich e le ristampe di Oliver Lake e del Sedition Ensemble.
BATTITI DI OGGI
Le novità di questa notte ci portano dalla leggerezza di una ristampa di Gerry Mulligan alla rilettura à bout de souffle del repertorio di Nina Simone a cura di Xiu Xiu fino ai barocchismi di Secret Chiefs 3. A seguire un percorso che a partire dall’imprescindibile Coon Bid’ness di Julius Hemphill, si snoda attraverso una serie di ascolti legati alla figura del grande sassofonista di Fort Worth per vicinanza o per affinità, con le ultime fatiche discografiche di Tim Berne e Marty Ehrlich e le ristampe di Oliver Lake e del Sedition Ensemble.

 

 
 
 

ARTCHIPEL A MILANO

Post n°3211 pubblicato il 07 Gennaio 2014 da pierrde

SABATO 11 GENNAIO 2014 ORE 17.30

AUDITORIUM DI VITTORIO della CAMERA DEL LAVORO

Corso di Porta Vittoria 43

Milano

ARTCHIPEL ORCHESTRA

diretta da Ferdinando Faraò

Dialoghi con i SOFT MACHINE

Marco Fior, Marco Mariani, Gianni Sansone trombe Francesca Petrolo trombone Massimo Falascone sax sopranino, Felice Clemente sax soprano, Paolo Profeti sax baritono Germano Zenga sax tenore, Rudi Manzoli sax baritono Carlo Nicita flauto, Simone Mauri clarinetto basso Eloisa Manera violino, Giampiero Spina chitarra elettrica, Gianluca Alberti basso elettrico Beppe Barbera pianoforte Stefano Lecchi batteria Naima Faraò, Francesco Forges, Giusy Lupis voci

Conduce Maurizio Franco

PROGRAMMA

Mike e Kate Westbrook Three Songs From Platterback (Riding Down To Platterback/ Strafe Me With Friendly Fire/ Love Letter To Stiltsville) Omaggio a Mike Westbrook – sigla dell’orchestra Dialoghi con i Soft Machine: Hugh Hopper Facelift (arr. Ferdinando Faraò) Noisette (arr. Beppe Barbera) Kings And Queens (arr. Ferdinando Faraò) Mousetrap (arr. Ferdinando Faraò) Robert WyattMoon In June (arr. Ferdinando Faraò – trascr. Giovanni Venosta)

Orchestra dell’anno per la critica jazz italiana, l’Artchipel è un ensemble che guarda con occhi jazzistici alla grande tradizione del progressive rock dell’area di Canterbury, caratterizzandosi per la presenza di molti dei nuovi talenti della scena jazzistica milanese. Riunita e diretta con grande passione e competenza da un artista eclettico quale Ferdinando Faraò (batterista aperto e coloristico, capace di calarsi in molteplici situazioni espressive), la Artchipel presenta all’Atelier il suo nuovo progetto sulla musica dei Soft Machine, probabilmente la più sofistica delle band del rock progressivo che hanno guardato con interesse al jazz.

Questa formazione, anomala nell’organico, ricca di colori, di energia e di trascinanti pieni sonori aprirà il suo concerto con l’abituale sigla, basata su frammenti tratti da un lavoro di teatro musicale jazzistico firmato da Mike e Kate Westbrook nel 1998, per poi affrontare l’esperienza dei Soft Machine soprattutto attraverso le composizioni del bassista Hugh Hopper. Verranno infatti riproposti, in una chiave nuova e congeniale all’orchestra, in cui i colori pop-rock sfumano nell’impianto jazzistico della musica, quattro brani di Hopper che risalgono al periodo 1969-1971 e provengono dagli album Third e Fourth oltre che da un broadcast radiofonico. Sempre da Third è tratto anche il lirico Moon in June di Robert Wyatt, che sviluppa maggiormente la dimensione lirica della musica.

 
 
 

QUESTA SERA UMBRIA JAZZ WINTER SU RADIODUE

Post n°3210 pubblicato il 06 Gennaio 2014 da pierrde
 

Lunedì 6 Gennaio 22:45 | Radio 2 / My Musical Box

il 23 agosto del 1973 è nato Umbria Jazz. Da allora sono passati oltre quarant’anni, che hanno fatto di questa rassegna una delle manifestazioni culturali più autorevoli di tutta la penisola.

Dai Weather Report a Keith Jarret, da Sting a Dizzy Gillespie, e poi ancora Chet Baker, James Brown, Eric Clapton, Stan Getz… Un mondo intero di musicisti stellari, che Musical Box racconterà in questa puntata speciale, interamente dedicata alla costellazione dell’Umbria Jazz Festival.

Lo speciale si concluderà con la messa in onda, in esclusiva per Radio 2, di due concerti andati in scena al Teatro Mancinelli di Orvieto, durante l’ultima edizione di Umbria Jazz Winter [28 dicembre - 01 gennaio].

Christian McBride & Inside Straight sabato 28 dicembre

Melissa Aldana lunedì 30 gennaio

 
 
 

DIZZY E MICHEL

Post n°3209 pubblicato il 06 Gennaio 2014 da pierrde

« Bird è stato lo spirito del movimento bebop, ma Dizzy ne era la testa e le mani, era lui che teneva insieme tutto » (Miles Davis, Autobiografia)

Nel giorno amato dai più piccoli 21 anni fa scompariva Dizzy Gillespie e 15 anni fa Michel Petrucciani. Michel l'ho ricordato pochi giorni fa con parole mie e di altri, mi è stato più facile appartenendo lui alla mia generazione.

Dizzy ho imparato ad amarlo "dopo", risalendo il percorso della storia della musica afro-americana e dei suoi protagonisti, senza mai riuscire ad ammirarlo dal vivo, ma non per questo è diminuita la stima per l'uomo e la considerazione per il grande musicista.

Gillespie pubblicò la sua autobiografia, To Be or Not To Bop nel 1979, che fu tradotta in italiano da Lilian Terry. La stesura dell'autobiografia fu l'occasione per chiarire molti aspetti controversi della sua lunga carriera – non ultimi la spiegazione dell'origine di due degli aspetti più caratteristici della sua presenza scenica.

Il primo, la sua famosa tromba con la campana rivolta in alto, deve la sua origine a un incidente di scena. Una sera, durante uno spettacolo, lo strumento fu fatto cadere dal duo comico Stump and Stumpy che si esibiva prima di Dizzy. Il suono risultante e la forma non gli dispiacquero: la campana rivolta in alto gli permetteva di leggere gli spartiti senza dover abbassare la testa, e inoltre riusciva a sentirsi meglio perché il suono veniva riflesso dal basso soffitto dei locali dove si esibiva.

Decise quindi di farsi fare una tromba di quella forma, con la campana piegata a quarantacinque gradi verso l'alto (quella originale si era danneggiata nell'incidente).Un'altra inconfondibile caratteristica dell'aspetto fisico di Gillespie era l'enorme gonfiore assunto dalle guance quando suonava (l'impostazione trombettistica classica richiede che le guance vengano gonfiate pochissimo o per nulla).

Gillespie attribuiva questo fatto, che si manifestò solo in età matura, a fattori fisiologici al di fuori del suo controllo, e diceva che un medico ipotizzò che si trattasse di una sindrome sconosciuta

Fonte: Wikipedia

 
 
 

CHARLES MINGUS (April 22, 1922 – January 5, 1979) 35 ANNI FA

Post n°3208 pubblicato il 05 Gennaio 2014 da pierrde

The Black Saint and the Sinner Lady è concepito come una sorta di "catarsi" del popolo nero vissuta attraverso un artista che ne rappresenta le sofferenze, le contraddizioni, e le pulsioni più sofferte.

Charles Mingus, nonostante appartenesse alla borghesia nera e non fosse cresciuto nelle classi sociali più disagiate, era rabbiosamente consapevole della condizione di inferiorità nella quale era tenuto il suo popolo, ed era calato in questa perenne lotta.

L'intento dell'autore era quello di tratteggiare attraverso la musica dei neri per antonomasia, il jazz, un profilo della sua esistenza, quella di un musicista afroamericano dalla psiche in precario equilibrio, sconvolto dalla condizione della propria gente. Grazie alla musica, Mingus vuole veicolare un messaggio libertario di speranza e di emancipazione sociale.

 

L'album venne inciso in un'unica sessione di registrazione, il 20 gennaio del 1963, da una band di undici elementi tra cui Mingus stesso al contrabbasso.[5] Nel disco suona un gruppo di vari musicisti, che Mingus aveva rodato nel corso di alcune serate al Club Village Vanguard.

Tranne il fiatista Jerome Richardson, il batterista Dannie Richmond, e il pianista Jaki Byard, si trattava di musicisti all'epoca poco conosciuti, ma che acquistarono un discreto prestigio dopo la partecipazione a quest'album. Si tratta di un lavoro chiaramente influenzato dallo stile di Duke Ellington[4] (con il quale Mingus aveva collaborato un anno prima per l'album Money Jungle), soprattutto nell'orchestrazione di strumenti quali le trombe, il pianoforte, e gli interventi del sax.

Mingus definì il particolare stile orchestrale presente nell'album, "ethnic folk-dance music". Lo stesso optò per un massiccio utilizzo di sovraincisioni in studio in fase di post-produzione. L'innovazione messa in atto da Mingus è il concedere la massima libertà espressiva ai musicisti in partiture ariose e poliritmiche suonando loro solo la struttura dei pezzi al piano in modo da dare una vaga idea di cosa avesse in mente e di come il brano dovesse suonare.

La suite è composta da quattro parti di cui l'ultima è suddivisa in tre movimenti contigui. La prima parte omaggia le grandi orchestre jazz degli anni venti, mentre la ritmica tira fino al caos totale. Duet Solo Dancers inizia con un assolo al pianoforte che ricorda ancora Ellington, poi la calma viene alterata da trombe in stile jungle[6] che si spingono fino a simulare uno spiritual.

La terza parte è caratterizzata da alcuni passaggi chitarristici in stile flamenco, suonati da Jay Berliner, per poi fare ritorno al blues. La sezione conclusiva, Mode D - Trio and Group Dancers, è un'orgia caotica di ritmi differenti, chitarre spagnoleggianti, fiati, interventi corali, accelerazioni spiritual e gospel, a riassumere in soli 17 minuti circa l'epopea in musica di un intero popolo.

Fonte: Wikipedia

 
 
 

TUTTI I VINCITORI DEL TOP JAZZ 2013

Post n°3207 pubblicato il 04 Gennaio 2014 da pierrde

La nuova edizione del Top Jazz coincide con il settantesimo compleanno di Musica Jazz, il più autorevole mensile di jazz del nostro Paese e una delle riviste più longeve d'Italia, potendo vantare un'ininterrotta presenza in edicola dal 1945.

Dalla scorsa edizione lo storico referendum della critica indetto da Musica Jazz è tornato alle classiche nove categorie che premiano dischi, musicisti, gruppi e nuovi talenti del jazz italiano e internazionale, affidando le valutazioni a una giuria forte di ottanta critici, che così si sono espressi:

• Disco italiano dell'anno (premio Arrigo Polillo): «The Stuff Dreams Are Made On», Dino Betti van der Noot (Incipit).

• Musicista italiano dell'anno (premio Pino Candini): Franco D'Andrea.

• Formazione italiana dell'anno: Enzo Pietropaoli Yatra Quartet.

• Miglior nuovo talento italiano: Alessandro Lanzoni.

• Disco internazionale dell'anno: «Without A Net», Wayne Shorter (Blue Note).

• Musicista internazionale dell'anno: Wayne Shorter.

• Formazione internazionale dell'anno: Wayne Shorter Quartet.

• Miglior nuovo talento internazionale: Peter Evans.

• Ristampa dell'anno: «Procession - Live At Toulouse», Chris McGregor's Brotherhood Of Breath (Ogun).

I risultati della parte internazionale parlano chiaramente da soli, con la triplice vittoria di un unico maestro: Wayne Shorter. Significativa è anche l'affermazione del poco più che trentenne trombettista statunitense Peter Evans tra i nuovi talenti – un autentico fuoriclasse – mentre la ristampa dell'anno è quella di uno storico gruppo che ai tempi dell'apartheid univa jazzisti sudafricani in esilio, britannici ed europei.

Tra gli italiani sono premiati due veri e propri maestri, da anni ai vertici del referendum, come Franco D'Andrea – con un magnifico disco per piano solo e Dino Betti van der Noot, il cui recente cd ha sbaragliato l'agguerrita concorrenza; e poi il quartetto Yatra di Enzo Pietropaoli, anche lui quest'anno sul mercato con uno splendido cd; e, come nuovo, talento ancora (dopo Enrico Zanisi nel Top Jazz 2012) un giovanissimo pianista, destinato a grandi cose: il fiorentino Alessandro Lanzoni.

Ma molte altre sorprese sono annunciate nelle classifiche generali – che possono essere consultate sul numero di gennaio – con un significativo ricambio generazionale, tanto da segnare una nuova consapevolezza nella presa di coscienza del jazz italiano.

Gran parte dei vincitori del referendum, italiani e internazionali (ma anche una folta rappresentanza dei secondi e terzi classificati), puo essere ascoltata nel cd fuori commercio dedicato al Top Jazz 2013, prodotto con la collaborazione di musicisti e case discografiche e allegato a Musica Jazz di gennaio.

Ovviamente ho sempre considerato il Top Jazz, perlomeno quello allargato a tutto il panorama mondiale, una normale seppur autorevole fonte di suggerimenti e non la Bibbia della stagione discografica e concertistica.

Da questo punto di vista comunque su 9 categorie  le mie preferenze hanno ottenuto la piena conferma in ben 5 vincitori. Quali ? Lo potete scoprire cliccando qui:

 

http://musicajazz.it/wp-content/uploads/topjazz2013voto_x_voto.pdf

 
 
 

CREATORE DI SUONI

Post n°3206 pubblicato il 04 Gennaio 2014 da pierrde

Repubblica e l’Espresso presentano un’imperdibile collezione di 4 CD e un DVD dedicata a uno dei più grandi musicisti italiani contemporanei, Ludovico Einaudi.

"Non ho mai voluto essere solo un interprete, ma un creatore di suoni capace di spaziare dal jazz all'elettronica, da Mozart ai Rolling Stones" (L.Einaudi)

Fonte: Il Venerdi' de La Repubblica

 

Non sono mai riuscito a comprendere i motivi del successo commerciale di Einaudi: probabilmente dipende dai miei limiti cognitivi, eppure mi sembra ogni volta incredibile che i teatri siano sold out ed i compact vengano venduti in quantità industriali in cambio di una musica banale, povera di contenuti e di qualità, tuttalpiù adattabile come colonna sonora.

Mi sforzo di capire, cerco ogni sfaccettatura possibile mai considerata prima, eppure l'ascolto dei suoi album mi produce sempre ed inevitabilmente lo stesso effetto: narcolessi emotiva, sensazione di vuoto espressivo e di mancanza di ritmo e profondità, sbadigli, noia.

Insomma, una variante evoluta del nulla totale rappresentato da Allevi, una muzak ibridata ma innocua e senza pretese che certamente non ha nulla di jazz, poco di elettronica, niente di Mozart ed è molto lontana anche dai Rolling Stones. Che infine siano questi i requisiti del successo ?

In attesa di percepire quello che mi sfugge mi piacerebbe anche comprendere i motivi della collaborazione con Fresu. La sensazione della marchetta commerciale per entrambi è   fortissima....

 
 
 

TED GIOIA - STORIA DEL JAZZ

Post n°3205 pubblicato il 03 Gennaio 2014 da pierrde

Sono tre i valori musicali che gli schiavi neri possiedono e comunicano: l’arte dell’improvvisazione, il piacere della spontaneità che tutti coinvolge, la potenza nuova del ritmo. «Berlioz nei suoi massimi sforzi con la sua armata di percussionisti non riuscì a produrre niente di paragonabile alla percussione armoniosa di questi selvaggi», scrive Edward Krehbiel dopo aver ascoltato un gruppo di musicisti africani a Chicago nel 1893. Pochi decenni dopo, Maurice Ravel, al ritorno dal suo viaggio negli Stati Uniti, racconterà agli europei l’enorme impressione ricevuta da quella musica nuova, che ben presto avrà musicisti e pubblico bianchi: la capacità delle «arti performative africane di trasformare la tradizione compositiva europea rappresenta la più potente e impressionante forza evolutiva nella storia della musica moderna». Affermazione radicale, ma non immotivata.

Nel racconto di Gioia appaiono tanti prìncipi e un solo re: Louis Amstrong, nato a New Orleans nel 1901, abbandonato dalla madre bambina, trascurato dal padre, accolto nella «Casa dei ragazzi orfani di colore» e lì avviato alla musica. Ha poco più di vent’anni quando già si rivela «vero maestro delle frasi e degli abbellimenti e di tutte quelle complicate combinazioni di note che affascinano la mente musicale occidentale». Nell’arco di una generazione, i «selvaggi» sono diventati musicisti che incidono dischi, vanno in tournée, conquistano il pubblico di tutti gli Stati Uniti e, dagli anni Trenta, anche d’Europa. «Fare avanzare l’idioma del jazz fino a produrre un Ellington o un Armstrong è stato un miracolo. Si cercherebbe invano in tutte le altre nazioni un altro esempio di una trasformazione altrettanto rapida e drammatica di una musica popolare in musica d’arte».

Fonte: 

http://www.lastampa.it/2014/01/03/cultura/se-obama-presidente-il-merito-anche-del-jazz-BzRHVEpqu4uYXh0IPNqGNM/pagina.html

 
 
 

PHANTOM ORCHESTRA

Post n°3204 pubblicato il 03 Gennaio 2014 da pierrde

Grazie a due emendamenti, il parlamento ha devoluto un contributo straordinario di un milione di euro a un'orchestra esistente solo sulla carta senza nessuna valutazione tecnica preliminare.

"Dire che siamo indignati, è dire poco: è un'indecenza”. Marco Parri, direttore generale della fondazione Orchestra della Toscana, una delle più prestigiose in Italia, testimonia la rabbia che sembra pervadere, in questi giorni, tutto il comparto della musica classica.

E d'altro canto, la vicenda è di quelle che dimostrano come alcuni dei princìpi sanciti dai padri costituenti – l'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge (articolo 3), o il dovere di imparzialità della pubblica amministrazione (articolo 97) - nel Belpaese contino ancora poco o nulla rispetto alla regola aurea canonizzata dal vecchio George Orwell: “Tutti gli animali sono uguali. Ma alcuni sono più uguali degli altri”.

Questi i fatti. Con due distinti emendamenti alla legge di stabilità approvata lo scorso 27 dicembre, il parlamento ha devoluto un contributo straordinario a favore di altrettante orchestre: 300 mila euro, per I virtuosi italiani di Verona; e 1 milione di euro per l'Orchestra del Mediterraneo presso il San Carlo, che per inciso non esiste ancora (dovrebbe essere costituita nei prossimi mesi con un bando rivolto ai “giovani musicisti del bacino del Mediterraneo”).

Continua a leggere cliccando qui:

http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/01/02/news/tra-le-pieghe-della-legge-di-stabilita-anche-i-finanziamenti-all-orchestra-fantasma-1.147526?fb_action_ids=10151837226142045&fb_action_types=og.recommends&fb_ref=s%3

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JAZZ CLUB 68

Post n°3203 pubblicato il 03 Gennaio 2014 da pierrde

 

La vita potrebbe essere divisa in tre fasi: Rivoluzione, Riflessione e Televisione. Si comincia con il voler cambiare il mondo e si finisce col cambiare i canali.

L. De Crescenzo


....c'è qualcosa della politica che ci impedisce di amarla come amiamo la musica. La politica è dedita alla ricerca del disprezzo e del potere – disprezzo per i propri nemici e potere per se stessi e i propri amici. Sono cose che lasciano l'amaro in bocca. La musica, invece, è dolce.

Charles Fourier, il grande teorico del socialismo utopico, descriveva una Fine della Storia in cui le strutture della società sarebbero state sostituite dalle armonie delle sfere celesti. Un modo di dipingere un mondo in cui la politica avrebbe ceduto il passo alla musica.

La profezia di Fourier non si realizzerà. Per questo mi sono impegnato in politica per un'intera vita. Una scelta che però  non mi ha mai reso felice. Ora preferisco passare le serate con i musicisti. E, per quel che riguarda Fourier, devo confessare che tengo per lui. In segreto, senza speranza e ritmicamente

di Paul Berman - Il Sole 24 Ore - leggi su http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2013-12-22/jazz-club-68-160946.shtml

 
 
 

IL ROCK: BREVE CHEK UP

Post n°3202 pubblicato il 03 Gennaio 2014 da pierrde

Quello che oggigiorno secondo me manca nel rock è la capacità, di quasi tutti i cosiddetti grandi, di farsi carico di una narrazione importante.

Valerio Cesari, Il Fatto Quotidiano

 

Oramai raramente ascolto album di rock. L'ultimo gruppo che mi ha smosso qualche emozione, e parlo oramai di anni fa, è la formazione di Tom Yorke, i Radiohead. Band che evidentemente ha ispirato anche diversi jazzisti, in primis Brad Mehldau. Condivido la sostanza dell'articolo di Cesari, e sottolineo anche come la maggior parte dei rockers abbia una età più consona alla pensione che al palco, e che, come spesso accade, anche in quel campo musicale le cose migliori provengano da artisti spesso ignorati dal pubblico e dal successo. 

 

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/24/eminem-e-beyonce-sono-piu-rock-degli-ultimi-u2-perche/824124/

 
 
 

TOP JAZZ 2013

Post n°3201 pubblicato il 02 Gennaio 2014 da pierrde

A breve il magazine in edicola con tutti i risultati completi del referendum. Questi sopra riguardano il panorama nazionale. Sul sito di Musica Jazz i voti di ciascun giurato per ognuna delle categoria in cui era suddiviso il Top Jazz.

 

http://musicajazz.it/wp-content/uploads/topjazz2013voto_x_voto.pdf

 
 
 

RAFAL OBLINSKI

Post n°3200 pubblicato il 02 Gennaio 2014 da pierrde
 

Rafal Olbinski è un pittore, grafico e designer di origini polacche che dal 1981 vive e lavora negli Stati Uniti. Si è occupato spesso della realizzazione grafica di manifesti e di copertine di cd, soprattutto nell'ambito della musica classica e lirica, ma anche delle copertine di noti periodici americani come Time, Newsweek e il New York Times. Il suo stile pittorico è affine a quello dei grandi surrealisti, ma con un tocco molto personale... Un grande artista contemporaneo.

Fonte: 

http://bochesmalas.blogspot.it/2011/12/rafal-olbinski.html

 
 
 
 

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