Mondo Jazz
Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.
IL JAZZ SU RADIOTRE
martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30
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JAZZ & WINE OF PEACE
Pipe Dream
violoncello, voce, Hank Roberts
pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig
trombone, Filippo Vignato
vibrafono, Pasquale Mirra
batteria, Zeno De Rossi
Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Messaggi di Marzo 2014
Post n°3394 pubblicato il 31 Marzo 2014 da pierrde
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Post n°3393 pubblicato il 31 Marzo 2014 da pierrde
Se non sai cos'è allora è jazz. E' una citazione, peraltro davvero brutta e imprecisa, da Novecento di Alessandro Baricco . L'ho fatta mia trasformandola ad hoc per parlare dei programmi di due importanti festival che sono alle porte. Sarà una rassegna jazz dedicata al pianoforte, quella che si profila a giugno al teatro Romano, con tre esecutori e interpreti di diversa estrazione e di differente ambito. Fonte: http://www.larena.it/stories/589_musica/682507_caine_anzovino_gualazzi _tre_piani_al_teatro_romano/?ref.resh_ce&scroll=900
TORINO, 24 MAR - Torino è di nuovo la capitale del jazz. Torna per la terza edizione, dal 25 aprile al primo maggio, il Torino Jazz Festival. Sette giorni, uno in più rispetto al 2013, durante i quali i migliori jazzisti al mondo si esibiranno in piazze, strade e locali della città. Presentato oggi, nella Giornata Internazionale del Jazz - 30 aprile - il festival ha ottenuto il patrimonio della Commissione Nazionale Italiana per l'Unesco. Gran finale il primo maggio con Elio e le Storie Tese. Fonte: Ansa.it
Due festival, Verona e Torino, molto diversi per dimensioni, struttura, propositi e collocazione, ma entrambi e per motivi differenti, piuttosto insoddisfacenti. Iniziamo da Verona: qui parlare di festival jazz è decisamente fuori luogo. Continua a leggere sul portale Tracce di Jazz: http://traccedijazz.it/index.php/primo-piano/32-editoriali/277-se-non-sai-come-chiamarlo,-allora-e-un-festival-jazz Foto: Gorm Valentin |
Post n°3392 pubblicato il 30 Marzo 2014 da pierrde
“…but can she play? is the first feature-length documentary centered on the lives and music of women sax and brass players who are challenging gender biases and influencing the transformation of contemporary American jazz. The film spotlights such acclaimed talents as saxophonists Hailey Niswanger, Tia Fuller, Claire Daly, Lauren Sevian; trumpeters Linsey McDonald, Crystal J Torres, Christine Fawson; trombonists Robynn Amy, Aubrey Logan, Jennifer Wharton and Stephanie Baird — women who juggle their lives as wives, mothers and teachers while pushing themselves, and their art, on the road, on the stage and in the classroom. One of the goals of this documentary is to encourage girls towards careers in jazz and to support organizations and programs that provide jazz and music programs for students in underprivileged schools where funding for music education is lacking or non-existent.
E a proposito di donne e jazz, Musica Jazz dedica il numero di marzo 2014 alla sempre maggiore presenza femminile nel jazz contemporaneo alle donne «che stanno cambiando il jazz», come indica con chiarezza lo strillo di copertina. È un’iniziativa che intende offrire una panoramica il più possibile ampia, seppure incompleta, dell’argomento (la presenza delle donne nel jazz è per fortuna ormai tale da richiedere, per trattarla a fondo, ben altro che le 100 pagine del mensile).
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Post n°3391 pubblicato il 30 Marzo 2014 da pierrde
...for Bret's favorite MIchael Brecker videos. Michael Leonard Brecker (March 29, 1949 -- January 13, 2007) was an American jazz saxophonist and composer. Acknowledged as "a quiet, gentle musician" widely regarded as the most influential tenor saxophonist since John Coltrane, he has been awarded 15 Grammy Awards as both performer and composer and was inducted into Down Beat Jazz Hall of Fame in 2007. Jazz Video Guy Bret Primack interviewed Michael Brecker several times, and helped produced the 1999 Saxophone Summit LIve from Birdland webcast. Here Bret reflects on Michael, and features his solo from "All Blues." A remarkable technician and a highly influential tenor saxophonist (the biggest influence on other tenors since Wayne Shorter), Michael Brecker took a long time before getting around to recording his first solo album. He spent much of his career as a top-notch studio player who often appeared backing pop singers, leading some jazz listeners to overlook his very strong improvising skills. Brecker originally started on clarinet and alto before switching to tenor in high school. Early on, he played with rock- and R&B-oriented bands. In 1969, he moved to New York and soon joined Dreams, an early fusion group. Brecker was with Horace Silver during 1973-1974, gigged with Billy Cobham, and then co-led the Brecker Brothers (a commercially successful funk group) with his brother, trumpeter Randy Brecker, for most of the 1970s. He was with Steps (later Steps Ahead) in the early '80s, doubled on an EWI (electronic wind instrument), and made a countless number of studio sessions during the 1970s and '80s, popping up practically everywhere (including with James Taylor, Yoko Ono, and Paul Simon). With the release of his first album as a leader in 1987 (when he was already 38), Brecker started appearing more often in challenging jazz settings. He recorded additional sets as a leader (in 1988 and 1990), teamed up with McCoy Tyner on one of 1995's most rewarding jazz recordings, and toured with a reunited Brecker Brothers band. Two Blocks from the Edge followed in 1998, and a year later Brecker returned with Time Is of the Essence. The early 2000s saw the release of Nearness of You: The Ballad Book and Wide Angles in 2001 and 2003, respectively. However, after experiencing some mysterious back pain during a concert in 2005, Brecker was diagnosed with myelodysplastic syndrome (MDS), a cancer of the blood marrow. A failed search for a matching bone marrow donor eventually led to an experimental partially matching blood stem cell transplant via his daughter in late 2005. He passed away on January 13, 2007. Fonte: Jazz Video Guy |
Post n°3390 pubblicato il 30 Marzo 2014 da pierrde
Settimana di concerti importanti. Sul portale le recensioni dei primi due giorni al Teatro Donizetti e all'Auditorium più il quartetto di George Cables a Bollate: Una interessante articolo sull'uso (e abuso) degli standards nel jazz per la penna di Riccardo Facchi : http://www.traccedijazz.it/index.php/primo-piano/33-te-la-do-io/253-te-lo-do-io-il-solito-standard Il trio del pianista svizzero Colin Vallon ha pubblicato il secondo album per la E.C.M: la recensione http://www.traccedijazz.it/index.php/recensioni/26-recensioni-discografiche/258-colin-vallon-le-vent |
Post n°3389 pubblicato il 28 Marzo 2014 da pierrde
"Non cerco di essere buffo. Scrivo quello che sento. Perciò, se il pubblico ride, è solo un caso, un incidente piacevole! Spesso la mia musica prende la gente contropiede, la fa pensare, la sorprende; alla fine scoppiano a ridere. E io faccio altrettanto" - W. Breuker Fondato nel 1974 da Willem Breuker (classe 1944), il Kollektief è uno dei più raffinati e divertenti ensemble europei attivi nel campo della musica contemporanea e improvvisata. Forti di un solidissimo affiatamento e di una tecnica smagliante, gli undici musicisti del gruppo sono in grado di proporre un vastissimo repertorio, che attinge a una gamma altrettanto ampia di suggestioni sonore: esilaranti rivisitazioni di classici come Haydin, Rossini, Mussorgsky, Mahler, Weill, Prokofiev, free jazz, echi di marcette circensi e cabaret mitteleuropei, canzoncine popolari, musiche da film (Breuker include Morricone nell'ampia schiera dei suoi compositori preferiti), in un vertiginoso susseguirsi di citazioni musicali - farsesche, caustiche, ma anche teneramente affettuose -, sempre improntate a una rigorosa disciplina del suono e a un grande equilibrio formale tra scrittura e improvvisazione. Fonte: http://eventi.parma.it/page.asp?IDCategoria=27&IDSezione=107&ID=3598 |
Post n°3388 pubblicato il 27 Marzo 2014 da pierrde
Una delle ragioni per le quali il jazz stenta a raggiungere il grosso pubblico è la difficoltà che incontrano i compositori a spiegarne la genesi. Fonte: http://quotidianodibari.it/articoli/cultura-e-spettacoli/dal-big-bang-alla-fuga/#.UzQelah5NqV
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Post n°3387 pubblicato il 27 Marzo 2014 da pierrde
Dopo una breve e discreta campagna pubblicitaria da oggi è in edicola la "nuova" Repubblica. Per mettere subito in chiaro cosa ne pensa un lettore che segue il quotidiano fin dal primo numero dirò che di novo c'è solo la veste grafica, e comunque anche questa ritoccata in minima parte. Per il resto disattese tutte le aspettative di chi si aspettava una decisa virata nei contenuti. Mi spiego meglio: leggo La Repubblica da sempre, non sempre ne condivido le linee politiche, ma nell'angusto panorama editoriale italiano non ho ancora trovato validi sostituti. Il quotidiano presenta, a mio modo di vedere, gli stessi errori di impostazione della concorrenza, e naturalmente parlo solo dei giornali non smaccatamente padronali. In sintesi: eccessivo spazio alla politica italiana e ai suoi disdicevoli teatrini, inutili paginate, spesso morbose, di cronaca nera, mancanza di reali approfondimenti sugli argomenti trattati, notizie dal mondo solo in caso di massacri, scandali, guerre ed eventi catastrofici. Insomma, ne più ne meno, gli stessi difetti dei telegiornali nazionali, che al più condiscono tragedie e tetrini con gossip e notizie meteorologiche. Perchè leggo ancora La Repubblica ? Solo ed esclusivamente per le pagine culturali e per le notizie sugli spettacoli a Milano. Credo che la pagina nazionale degli Spettacoli sia una delle più brutte e delle peggio confezionate in assoluto: è sufficiente sfogliare quelle di oggi, del quotidiano "nuovo", per rendersene conto. Il solito servizio "pruriginoso" con tanto di foto ammiccante sul nuovo film di Lars Von Trier, l'immancabile notizia gossip sulla separazione di Gwyneth Paltrow, e, ciliegina, il ritorno in concerto di Al Bano e Romina. Nulla che diversifichi il quotidiano che vorrebbe essere dell'intellighenzia nostrana da un qualsiasi servizo del Mollicone nazionale. Disperante, umiliante. Da lettore mi sento trattato come fossi un semi-deficiente. Roba, appunto, da Padania. Alternative ? Si, naturalmente. L'inserto Alias del sabato con il Manifesto, quotidiano di rara illeggibilità a prescindere dalle idee, ma almeno vivo culturalmente. Lo speciale domenicale de Il Sole 24 Ore dedicato alle arti e alla cultura, l'inserto domenicale dedicato alla Lettura del Corriere della Sera . Una parola, visto l'argomento del blog, anche sul periodico della Repubblica dedicato alla musica: fin dagli inizi era chiara l'impostazione, musica di consumo e via andare, ma almeno, di sfuggita, capitavano articoli interessanti. Ora, con i vari restyling, è rimasta una rivista plasticosa esattamente come la musica che propone. Business commerciale che dopo poche settimane è già consumato e quindi inutile. Possibile che il quotidiano più venduto e letto in Italia non abbia menti migliori ? O, più semplicemente, è il riflesso del paese ?
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Post n°3386 pubblicato il 26 Marzo 2014 da pierrde
Nate Wooley, trombettista fresco reduce dal Festival di Bergamo, ha inviato ad un centinaio di musicisti un semplice questionario composto da due domande. Ha ricevuto in varie forme 37 risposte ed ha deciso di aprire un sito dove pubblicare gli interventi di ciascun musicista. Lettura tutt'altro che scontata, spesso molto interessante e incisiva. Pubblico le risposte telegrafiche ma significative di Nicole Mitchell e invito gli interessati a leggere il restante materiale su http://soundamerican.org/ Sound American: What one thing HAS to be present (musically, socially, historically, whatever), in your mind, to constitute “jazz”? Nicole Mitchell: That’s difficult to put as “one thing”! I actually cannot answer that question with one thing. Innovation, individuality (soul), community and improvisation combined with a touch of African aesthetics makes a good recipe for jazz. We have such diversity in the 21st century in the ways that jazz can be expressed, but I believe these elements are present in any form of jazz. SA: Thinking in the same broad terms, what one thing CANNOT be present in “jazz”? NM: What cannot be present in jazz is totalitarianism. We have historically had a balance and tension between tradition and innovation, but if there is a totally controlled force in the music, there is no way for it to survive. Foto by Kristi Sutton Ellis |
OGGI A BATTITI Questa notte iniziamo con una doppia uscita targata Editions of Contemporary Music (ECM) che non può che far piacere ai jazzofili: African Piano - un vecchio live di Abdullah Ibrahim che già nel titolo rivendica la peculiarità propria del jazz sudafricano – e One Is The Other, il nuovo disco a nome del batterista Billy Hart realizzato con tre complici di lusso come Mark Turner, Ethan Iverson e Ben Street. Segue un agguato musicologico a cura di Marcello Piras che per presentare la nuova edizione di Jazznostop 2014 ci illustra con acume e originalità un percorso inconsueto nel vasto campo della musica nera. La notte di Battiti si chiude con i ritmi rilassati e reiterati, tra post dub e elettronica, di un gruppetto di musicisti che amano presentarsi sotto mentite spoglie come Boozoo Bajou, Kid606, L.B.Dub Corp.
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Il vibrafonista Jason Adasiewicz fa parte di quella nuova generazione di ottimi jazzisti sulla trentina che sembrano aver superato in maniera brillante il problema di identità linguistica, così come il concetto di post-moderno, per il semplice fatto di esser cresciuti in un mondo sonoro già poliglotta. All’interno di questo gruppo nasce Living By Lanterns – un progetto che prende spunto dalla musica di Sun Ra senza rimanere intrappolato in una mitologia sin troppo facile e abusata, e nostro punto di partenza per la lunga intervista che vi proponiamo questa notte. Sarà Adasiewicz stesso a raccontarci dei suoi progetti passati, presenti e futuri e delle sue tante collaborazioni con Mike Reed, Peter Brötzmann, Joshua Abrams, Nicole Mitchell e Rob Mazurek, tra gli altri. Ascolta la puntata di Battiti di domenica 23 marzo qui: http://www.rai.it/dl/audio/139565809506423_03_2014__leggi_tutto_2014_03 Foto by Jim Newberry |
Post n°3383 pubblicato il 25 Marzo 2014 da pierrde
Sabato 29 Marzo ore 17,30 Auditorium G. Di Vittorio Camera del Lavoro di Milano Corso di Porta Vittoria 43
TINO TRACANNA QUINTETTO ACROBATS
Tino Tracanna sassofoni Mauro Ottolini trombone Roberto Cecchetto chitarra Paolino Dalla Porta contrabbasso Antonio Fusco batteria
In programma composizioni di Tino Tracanna
conduce Maurizio Franco
L’ultimo appuntamento dell’edizione del ventennale dell’Atelier, caratterizzata da un notevole successo di pubblico e da proposte artistiche originali e di assoluto livello, porta sul palcoscenico dell’Auditorium Di Vittorio il progetto Acrobats di Tino Tracanna, documentato in un Cd dallo stesso titolo uscito per l’etichetta Abeat e realizzato con un autentico super gruppo, che riunisce personalità di spicco della scena jazzistica italiana ed europea. Formatosi musicalmente negli anni settanta, il sassofonista livornese è stato una delle colonne del primo, storico quartetto di Franco D’Andrea e da oltre trent’anni è al fianco di Paolo Fresu nel suo celebre quintetto. Autore di album basati su progetti originali, valga per tutti Gesualdo con Corrado Guarino, coordinatore dei corsi di jazz del Conservatorio di Milano, Tino Tracanna ha sviluppato un linguaggio contemporaneo nel quale le composizioni sono pensate per il loro sviluppo nella performance. Nel suo fraseggio si avverte la compresenza della tradizione moderna del jazz e la spinta versa la libera improvvisazione, qualità che condivide con i suoi partner di Acrobats, a cominciare dal versatile trombonista Mauro Ottolini, musicista che spazia dal jazz di New Orleans alla contemporaneità. Roberto Cecchetto, oggi la voce più autorevole della chitarra jazz europea, coniuga una grande cultura storica con l’uso delle nuove sonorità e l’attenzione a un vasto universo sonoro, mentre Paolino Dalla Porta, con cui Tracanna ha più volte suonato e registrato in duo, sa far dialogare il suo contrabbasso con gli altri componenti di un quintetto completato da un batterista come AntonioFusco, attento anche alla dimensione timbrica del ritmo. Un gruppo di musicisti che trova compattezza e organicità non solo grazie alla comune predisposizione per l’interplay, per la cura e la rilevanza che assume il suono nella loro musica, per la capacità di praticare l’improvvisazione più aperta e creativa, ma anche per la lucidità e chiarezza delle composizioni di Tino Tracanna.
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Post n°3382 pubblicato il 24 Marzo 2014 da pierrde
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Post n°3381 pubblicato il 24 Marzo 2014 da pierrde
Bergamo Jazz si è concluso ed i commenti sulla rete si intrecciano. Personalmente ho potuto assistere solo alla prima serata, probabilmente la più omogenea delle tre, ma anche in questo caso i commenti divergono. Il soggetto delle controversie è l'esibizione di Myra Melford, una proposta sicuramente troppo poco mainstream per poter piacere a tutti, al contrario di Joshua Redman che invece presenta una confezione extra lusso e super levigata del proprio prodotto perfettamente mainstream e assolutamente sapido per tutti i palati, neofiti compresi. Ho già scritto nel mio commento che, pur avendo apprezzato entrambi i set, ho preferito la ricerca di nuovi ambiti e soluzioni della pianista. Non tutto nel set mi è apparso oliato, qualche lungaggine e qualche pausa fisiologica della tensione si sono ascoltate, ma impossibile non apprezzare la scrittura angolosa e aperta, gli ampi spazi cantabili, le energiche sventagliate dei solisti, il sostegno ritmico puntuto e gommoso, la voce cristallina di Miles, il gioco preciso degli accumuli e dei rilasci di tensione. Certo, anche la persona a mio fianco si muoveva a disagio sulla poltrona guardando nervosamente l'orologio, ma al di la dei gusti è del tutto normale in teatro avere un pubblico più abituato ad essere carezzato che stimolato. Merito di Rava direttore artistico è sicuramente aver allestito un cartellone che, pur con un occhio agli incassi, non si è perso dietro le mode del momento e , memore del successo di Peter Evans lo scorso anno, ha rischiato puntando su nomi non propriamente popolari da noi ( Melford, Wooley, Vandermark). Una felice controtendenza visti i tempi. |
Post n°3380 pubblicato il 24 Marzo 2014 da pierrde
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