Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre č possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembč di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco č possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Ottobre 2014

ADDIO A TIM HAUSER

Post n°3725 pubblicato il 17 Ottobre 2014 da pierrde

Tim Hauser, who co-founded the vocal quartet the Manhattan Transfer in 1969 and was its sole remaining original member, died Oct. 16. Details regarding the cause and place of death are not yet available, but Hauser’s passing was confirmed by the other members of the Manhattan Transfer—Alan Paul, Janis Siegel and Cheryl Bentyne—on the group’s Facebook page. That lineup had been undisturbed since 1978. The Manhattan Transfer won 10 Grammys and enjoyed a top 10 single in 1981 with their remake of the pop hit “Boy From New York City.” Hauser underwent spinal surgery in 2013 and was absent from the group’s performances for some time.

Fonte: Jazztimes.com

 
 
 

BLUE FROM HEAVEN AD ATELIER MUSICALE

Post n°3724 pubblicato il 16 Ottobre 2014 da pierrde

Sabato 11 ottobre, all'Auditorium della Camera del Lavoro di Milano, è stato presentato il CD "Blue from Heaven", recentemente pubblicato da Dodicilune Records. Sul palco il quartetto del barese Pierluigi Balducci (basso elettrico a 5 corde), completato dal pianista inglese John Taylor, dal celebre fiatista degli Oregon Paul Mc Candless e dal piemontese Michele Rabbia alla batteria e percussioni.

(...)La scaletta è composta essenzialmente da brani originali del leader e di Taylor, e si passa da una sevillana in 3/4 a un tango argentino, da una melodia delicata e leggera ad un dialogo intimistico tra pianoforte ed oboe; c'è però spazio anche per "Choro dançado", brano uscito dalla penna di Maria Schneider, e per un assaggio del prossimo CD del quartetto, questa volta a nome collettivo e dedicato a Bill Evans. Si tratta di una versione di "Re: person I Knew" che, dopo l'introduzione rilassata di Taylor in solo e l'esposizione della melodia all'oboe, si risolve in un crescendo ritmico del trio piano-basso-batteria caratterizzato da un intervento pianistico a tratti persino concitato. 

http://www.traccedijazz.it/index.php/recensioni/27-recensione-concerti/710-atelier-musicale-un-quartetto-internazionale-per-il-secondo-concerto-della-stagione

Questa è parte della recensione di Ernesto Scurati su Tracce di Jazz. Sabato scorso anch'io ero all'Auditorium della Camera del lavoro di Milano e alla recensione di Ernesto vorrei aggiungere qualche impressione personale.

Poco più di un'ora molto piacevole e rilassante, forse anche troppo vista la monotematicità delle atmosfere, in cui a brillare sono stati sopratutto Taylor e Mc Candless. Si è trattato di uno di quei casi in cui la somma del valore dei singoli non ha trovato corrispettivo nel risutato finale, decisamente meno incisivo e abbastanza sottotraccia sopratutto per quanto riguarda l'aspetto ritmico. Insomma e semplificando, classe e buon gusto non bastano ad evitare qualche calo di tensione ed una sensazione di deja vu. 

 
 
 

SORRIDI, NON SEI SU SCHERZI A PARTE

Post n°3723 pubblicato il 16 Ottobre 2014 da pierrde

 
 
 

UMBRIA JAZZ (???)

Post n°3722 pubblicato il 15 Ottobre 2014 da pierrde

Intanto si pensa alla prossima estate all’arena Santa Giuliana e dopo l’annuncio dei The Who sui quali Pagnotta e Linzi stanno ancora lavorando chissà che non si prospetti l’ipotesi di vedere a Perugia Lady Gaga e Tony Bennett intenzionati ad una tournée insieme anche in Europa? Lo stretto rapporto tra il crooner e Umbria Jazz potrebbe far ben sperare…

Fonte: 

http://corrieredellumbria.corr.it/news/home/151924/Umbria-jazz--iniziativa-per-i.html

 
 
 

NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE

Post n°3721 pubblicato il 15 Ottobre 2014 da pierrde

Umbria Jazz Winter # 22 si presenta con tutti i crismi di un grande festival jazz che, come sempre, segue due linee conduttrici: l’una che segue quella che Pagnotta ha definito “la famiglia” del jazz italiano, con artisti come Paolo Fresu, Danilo Rea, Enzo Pietropaoli, il decano Renato Sellani, il folignate Giovanni Guidi, Roberto Gatto, Fabrizio Bosso; la seconda è quella che vedrà sbarcare sulla Rupe da New Orleans Jonathan Baptiste con gli Stay Human, Dawell Crawford, nonché il settetto diretto da Dan Vappie e Evan Christopher; sempre da New Orleans arriveranno sia i Blue Express di Patrick Williams sia i componenti della Road Home Band di Cynthia Bland.

http://corrieredellumbria.corr.it/news/spettacoli/151913/Umbria-Jazz-Winter-2014--il.html

Nulla da eccepire sui nomi, singolarmente presi si tratta ovviamente di ottimi se non grandi musicisti. Permane però nei cartelloni di Umbria Jazz un odore di stantio, di muffa e di deja-entendu sconsolanti per chi segue con passione e da anni la musica afro americana. Vediamo di dare qualche modesto suggerimento ai responsabili che, evidentemente, paiono conoscere non più della solita manciata di nomi che da vent'anni propongono con immarcescibile costanza che rasenta una totale mancanza di prospettiva.

Mai sentito parlare ad esempio di Rob Mazurek, Sao Paolo Underground, Chicago Underground, Mary Halvorson, Angles, Orrin Evans, Eric Revis, Taylor Ho Bynum, Mostly Other People Do the Killing, Ches Smith, Peter Evans, Jon Irabagon, Jim Black, Jessica Pavone, JD Allen, James Brandon Lewis, Matthew Shipp, Cuong Vu, Henry Threadgill, Erik Friedlander, Marc Ribot, John Zorn, Sylvie Courvoisier, Steve Coleman, Leo Smith, William Parker, Craig Taborn, Exploding Stars Orchestra, Jason Adasiewicz, ecc. ecc.......???

La mia è una bonaria e rassegnata chiamata in causa. E' ovvio che chi di dovere conosca molto bene anche i nomi che ho suggerito. Rimane da chiedersi quali motivi facciano si che...non si aprano le finestre . Sta di fatto che prima o poi anche il pubblico che affolla Perugia e Orvieto, apparentemente imperturbabile al cartellone, si stancherà e cercherà altri lidi. Non fosse altro che per consunzione.

 
 
 

QUALCHE LINK INTERESSANTE

Post n°3720 pubblicato il 14 Ottobre 2014 da pierrde

Negli ormai prossimi nove anni di vita di questo blog non ho certo lesinato link video, audio, podcast e quant'altro potesse interessare un appassionato di musica.

Per trasparenza e correttezza mi sono sempre limitato a segnalare ascolti o download legali, con l'unica eccezione del blog Inconstant Sol. Ho fatto uno strappo alla regola solo perchè grazie al lavoro degli autori è possibile riascoltare moltissimi album fuori catalogo e mai ristampati ne in vinile ne in compact disc.

http://inconstantsol.blogspot.it/

Oggi vorrei segnalare tre link tra loro diversi ma tutti di succoso interesse: 

Body and Soul, la trasmissione di Radiotre a cura di Stefano Zenni e Claudio Sessa, mette a disposizione in podcast 44 puntate, 31 dedicate ad un protagonista della storia del jazz dai classici ai contemporanei (da Jelly Roll Morton a Henry Threadgill) e 13 puntate con ascolti guidati e vari protagonisti.

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-85ffa8ec-3e3c-49fe-8597-cc3c17294781.html?refresh_ce

Enrico Bettinello su La Fenice Channel ci fa conoscere le ultime novità discografiche del genere insieme alle ristampe più interessanti, raccontandoci le traiettorie più nuove dei linguaggi, le nuove potenziali lettere di un alfabeto Jazz sempre in divenire.

Quasi due ore e mezzo di musica e parole con una scelta musicale rigorosa e intelligente: un piacere per le orecchie e per la mente ascoltabile cliccando qui:

http://www.lafenicechannel.it/index.php?page=it%2Fpodcast&id=68&t=0&p

E infine, per tutti gli interessati ai concerti video in rete, indispensabile la conoscenza di Jazz+, un appassionato che mette a disposizione su You Tube qualcosa come 7.700 video con riprese integrali di concerti da molti festival di tutto il globo terracqueo. Vi ci vogliono parecchi mesi per visionare tutto, intanto vi propongo la sigla in sottofondo, buon divertimento !

https://www.youtube.com/user/JazzLeverkusen/featured

 

 
 
 

LA LEZIONE DI HERBIE NICHOLS

Post n°3719 pubblicato il 14 Ottobre 2014 da pierrde

Stefano Radaelli è un nuovo giovane collaboratore del portale Tracce di Jazz. Il saggio su Nichols è farina del suo sacco e, da come scrive, si preannuncia come un innesto di significativo valore. Lo dico con doppio piacere avendo io il doppio dei suoi anni, ed è oltremodo consolatorio sapere che la musica che tanto amo è condivisa anche dalle nuove generazioni. Questo è l'incipt dell'articolo, il resto, come sempre, seguendo il link:

Quando Herbie Nichols muore nel 1963, stroncato dalla leucemia a soli 44 anni, il mondo del jazz è in pieno fermento. Una nuova generazione di musicisti – Ornette Coleman, John Coltrane, Cecil Taylor, Archie Shepp per non citare che alcuni fra i più rappresentativi – sta spingendo l'idioma musicale afroamericano verso nuove frontiere, dando vita al composito e debordante flusso innovativo che le componenti più ricettive della critica e del pubblico, di lì a poco, celebreranno con l'etichetta di New Thing.

Il contatto tra Nichols e questa nuova ondata di creatività è molto fugace a causa della sua morte prematura, ma non manca di riservargli una piacevole sorpresa. A dispetto dei difficili anni trascorsi nell'oscurità, barcamenandosi tra un ingaggio precario e l'altro nel sottobosco del Dixieland revival, e nonostante le rarissime incisioni a proprio nome, il pianista newyorkese scopre che molti dei fautori del “nuovo jazz” conoscono, rispettano e apprezzano il suo lavoro.

http://www.traccedijazz.it/index.php/primo-piano/34-articoli/704-la-lezione-di-herbie-nichols

 
 
 

AUGURI A LEE KONITZ (13 OTTOBRE 1927)

Post n°3718 pubblicato il 13 Ottobre 2014 da pierrde

 

 

 

Autore: Andy Hamilton

Titolo: Lee Konitz, conversazioni sull’arte dell'improvvisatore

Editore: Siena Jazz - Edt

Pagine: 327

Prezzo: 20,00 euro

 

 

“Appena mi accorgo di suonare una melodia familiare mi levo il sassofono di bocca. Lascio che passi qualche battuta. Improvvisare vuol dire partire completamente da zero, fin dalla prima nota...” (L. K.)

Devo dire che ascoltare qualche minuto di registrazione non rende giustizia ai musicisti. Ascoltare musica è una situazione moto fragile. Molte cose non mi dicono nulla, e allora mi interrogo. “Perche una volta sono insensibile, e quella dopo ricettivo? E’ che sto diventando vecchio e meno sensibile?”. Ma quando ascolto cose che con me hanno già funzionato, per vedere se ancora mi emozionano, sono sempre efficaci: Louis, Lester, Bird, Lennie, Warne, Bach, Bartók, Stravinsk (L.K.)

 

Un libro-intervista con Lee Konitz è un'opera importante per parecchie ragioni: anzitutto Konitz è praticamente il più vecchio tra i mostri sacri del jazz tuttora in attività (ha qualche anno in più di Sonny Rollins, Cecil Taylor e Ornette Coleman, ha esordito con Stan Kenton e Miles Davis), è un sassofonista dalla classe infinita, che si è sempre messo alla prova in situazioni e contesti differenti, mantenendo negli anni un'impronta unica e riconoscibile, è uno che ha sempre signorilmente evitato le strade più battute ed è l'allievo numero uno della scuola di Lennie Tristano, forse il più meraviglioso mistero della storia del jazz.

Un libro, questo di Andy Hamilton - docente di filosofia ed estetica del jazz a Durham, nonché collaboratore di The Wire e Jazz Journal - che va consigliato quindi non solo ai jazzofili d'osservanza, ma a tutti quelli che volessero farsi un'idea del lavoro che sta dietro a una singola performance e alla passione che può smuovere ancora la musica in un ultraottantenne che ha più voglia che mai di raccontarsi. L'intervista è condotta con leggerezza e profondità, secondo capitoli tematici ben disposti (cronologici, ma anche specifici sul sassofono, gli equivoci sul "cool jazz", gli standard e la pratica dell'improvvisazione "intuitiva", cuore della faccenda che qua e là si inoltra nel tecnicismo per introdotti), e con modalità appena appena accademiche, ma tutt'altro che disturbanti. A emergere con forza sono alcuni dati salienti: in primis l'assoluta originalità di Konitz, unico contemporaneo a differenziarsi fin da subito dallo stile di Charlie Parker, e poi la sua concezione melodica e nitida dell'improvvisazione, così diversa dallo standard free-espressionista che siamo ormai abituati a considerare sinonimo tout-court dell'improvvisare.

Fonte: 

http://www.ondarock.it/speciali/hamilton_konitz.htm

 

 
 
 

AUTENTICAMENTE FALSO

Post n°3717 pubblicato il 13 Ottobre 2014 da pierrde

"Quello che abbiamo suonato è jazz? Se non lo è, perché non lo è? Ascoltate e ditemi qual è la differenza. Mi potresti rispondere che non è jazz, perchè non stiamo improvvisando, ma se io te lo faccio ascoltare senza dirtelo, non lo sapresti mai e quindi lo staresti liquidando per ragioni che non hanno nulla a che vedere con la musica che ascolti. È chiaramente jazz, ma a causa del processo che sta sotto, diventa magicamente non-jazz."

Moppa Elliott, intervista leggibile qui: http://goo.gl/akxRdy

Blue, il nuovo album dei Mostly Other People Do the Killing è, nota per nota, la riproposizione del capolavoro davisiano Kind of Blue. Il leader Moppa Elliott e il trombettista Peter Evans lavoravano all'idea già dal 2002. Le note accompagnatorie dell'album sono prese dal libro Finzioni di Jorge Louis Borges, che ha esplorato la stessa tipologia tematica nella letteratura.

Enrico Bettinello su All About Jazz traccia una mappa ragionata ed emozionale del progetto ponendosi e ponendoci una serie di domande, perfettamente esplicitate dal brano dell'intervista a Elliott. Difficile, almeno per me, dare una risposta secca all'interrogativo di Enrico (Falso d'autore o geniale trovata ?).

L'unica minima certezza è che Blue girerà nel mio lettore ma non tanto a lungo quanto l'originale che periodicamente mi è necessario riascoltare.

http://www.allaboutjazz.com/falso-dautore-o-geniale-trovata-il-caso-di-blue-dei-mostly-other-people-do-the-killing-mostly-other-people-do-the-killing-by-enrico-bettinello.php?&pg=1

 
 
 

THE ENDLESS RIVER DEI PINK FLOYD: NASTRI DI SCARTO O ALBUM ROCK DELL'ANNO ?

Post n°3716 pubblicato il 13 Ottobre 2014 da pierrde

Il rock è sopravissuto alla sua funzione.

J. Strausbaugh, Rock, Til They Drop, 2001

(...) le esibizioni delle vecchie divinità sono profondamente tristi. Sono esibizioni di persone vecchie che ricostituiscono il loro sè di adolescenti in modo patetico

Marcel Danesi, L'adolescenza della cultura moderna

 

I Pink Floyd sono la più grande band mai esistita sul pianeta terra: prendiamolo e mettiamolo da parte. E diamo anche per scontato che molti di coloro che ne parlano o si prostrano di fronte alla loro arte lo facciano per “pro forma” anziché consapevolmente: buona parte di questi compreranno il ‘nuovo’ The Endless River giudicandolo sin da ora – e senza alcun elemento a loro supporto – se non il disco del decennio, almeno il migliore del 2014.

Certamente, ‘non’ un disco dei Pink Floyd: che avevano smesso di essere tali almeno dai tempi di The Final Cut (1983), a tutti gli effetti il primo disco solista di Roger Waters. Da lì in poi solo una lunga e sofferta battaglia legale autorizzerà Gilmour, Mason e Wright (scomparso nel 2008) ad utilizzare il moniker della band, realizzando due album (A Momentary Lapse Of Reason e The Division Bell) che fatta eccezione per qualche perla davvero rara hanno messo a dura prova la noia e la pazienza anche dei più ortodossi.

Continua a leggere qui: 

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/03/pink-floyd-the-endless-river-una-truffa-ai-danni-dei-fan/1142510/#.VDBVymH8MJ4.facebook

 
 
 

WAYNE HORVITZ ORCHESTRA: IL CONCERTO AL BIMHUIS

Post n°3715 pubblicato il 12 Ottobre 2014 da pierrde

Bimhuis ad Amsterdam è una sala da concerto per la musica jazz e la musica improvvisata, probabilmente il miglior jazz club europeo sia per come viene gestito sia per gli spazi dedicati.

Con una media di 150 spettacoli all'anno Bimhuis è il palcoscenico principale per il jazz nei Paesi Bassi.  Fondato nel 1973, fino all'estate del 2004 si trovava a Oude Schans 73-77 nel centro della città. Dal gennaio 2005 è ospitato in un nuovo edificio a Piet Heinkade 3, accanto al Muziekgebouw aan 't IJ , sulla riva meridionale del fiume IJ.

I festeggiamenti per il quarantennale, che perdurano per tutto il mese di ottobre, hanno visto tra gli altri l'esibizione il 4 di questo mese della Wayne Horvitz Orchestra. L'intero (bellissimo) concerto, registrato dalla radio olandese VPRO, è ascoltabile sul sito web di quest'ultima:

 

http://www.vpro.nl/vrije-geluiden/media.program.45626303.html

 

Wayne Horvitz bandleader and compositions, Luca Calabrese, Eric Boeren trompet, Massimiliano Milesi, Silke Eberhard, Edoardo Marraffa, John Dikeman sax, Gerhard Gschlößl, Wolter Wierbos trombone, Alex Ward guitar/clarinet, Alexander Hawkins piano, Danilo Gallo bass, Zeno de Rossi drums.

 
 
 

WADADA LEO SMITH - THE GREAT LAKES SUITES (TUMMUSIC) 2014

Post n°3714 pubblicato il 12 Ottobre 2014 da pierrde
 

Questi ultimi sono anni molto prolifici per il visionario trombettista Wadada Leo Smith. Alla sua corposa discografia si aggiunge ora "The Great Lakes Suites", un doppio album con una formazione stellare e, probabilmente, uno dei migliori album in assoluto in questo, per molti versi avaro, 2014.

I quattro sono dei veterani dalle carriere lunghe e luminose e, pur trattandosi di un grande doppio album, questo "The Great Lakes Suite" non riesce ad aggiunge tasselli nuovi nè rivela nuovi aspetti sulle personalità dei componenti. Ciononostante la freschezza strumentale, le idee compositive e le soluzioni accessibili anche ad orecchie attente seppur meno allenate fanno si che è difficile staccarsi dall'ascolto. E' da una settimana che il doppio dischetto gira nel mio lettore, ed è improbabile che venga sostituito a breve termine.

VALUTAZIONE: * * * * 1/2

Leggi la recensione completa qui: 

http://www.traccedijazz.it/index.php/recensioni/26-recensioni-discografiche/697-wadada-leo-smith-the-great-lakes-suite

 
 
 

ART BLAKEY, 11 OTTOBRE 1919

Post n°3713 pubblicato il 11 Ottobre 2014 da pierrde

 
 
 

MOONDOG

Post n°3712 pubblicato il 10 Ottobre 2014 da pierrde

Lo hanno visto tutti i passanti tra la 52esima e la 53esima strada nel cuore di New York, dal ’43 al ’74, con un elmo da vichingo in testa, la lunga barba bianca, una lancia appuntita tra le mani e un mantello lungo fino ai piedi. Chiamato dalla gente il ‘Vichingo’ è stato il più geniale, imprevedibile poeta e musicista di strada mai vissuto nella Grande Mela

Fonte : auditorium.com

 

Louis Thomas Hardin (1916-1999), al secolo Moondog, compositore, poeta, musicista di strada, cieco dall’età di tredici anni è stato l’inventore di nuovi suoni e di strumenti musicali impensabili. La sua vita ruota intorno al suono. Dal boato provocato dal candelotto di dinamite esploso tra le sue mani di bambino – boato che ritroviamo come ultima battuta in ogni sua composizione, forse a segnare la fine e il principio di tutto – fino al suo stesso nome Moondog, il cane che abbaia alla luna, che lui stesso decise di darsi. Nelle sue note si ritrova il suono della sua vita, vissuta principalmente su un marciapiede davanti ad un grande albergo di New York. La melodia si materializza dal ‘frastuono’ di fondo (il traffico) e la malinconia di quel elemento melodico unico ci riporta alla solitudine provata in mezzo a migliaia di persone, allo stesso tempo drammatica e meravigliosa.

Hardin riceve l’imprinting musicale dal ritmo dei nativi d’America, quel battito della terra che infulenzerà tutta la sua opera. Nasce infatti nel Kansas, terra di prateria nel cuore degli Stati Uniti. Studia molto e in maniera approfondita i vari aspetti della Musica, composizione, contrappunto, fuga, arrivando a conoscere gli strumenti molto bene al punto da poterne costruire di nuovi al ricerca continua di un suono diverso e unconventional, che poi riutilizzerà per le sue partiture. Lo studio della musica classica e poi, dal 1943 al 1974, tutto il jazz assorbito senza barriere mentali ne visive dalle gigs newyorkesi che lo circondano, sono il collante della sua opera e il punto di partenza per una composizione frenetica e vasta che, come la foce di un grande fiume, raccoglie tutte le influenze per coinvogliarle in un unico grande flusso minimalista e sicuramente avanguardista capace di trasportare le emozioni fino alla parte profonda dell’animo umano.

Fonte: 

http://romalive.biz/2009/03/12/moondog-il-vichingo-della-grande-mela/

Questo il brano dedicato a Charlie Parker

 
 
 

PARLIAMO DI LIBRI

Post n°3711 pubblicato il 10 Ottobre 2014 da pierrde

Ieri ho segnalato il libro di Sergio Pasquandrea, oggi vi segnalo una curiosità libraria che, penso, a molti sia venuta vedendo nelle piazze italiane queste persone, le sentinelle in piedi, che protestano a modo loro rimanendo fermi, in piedi, con un libro in mano.

Qui non ci interessa nello specifico il motivo della loro silenziosa protesta, sono sempre stato per la massima tolleranza, se necessario anche di coloro che vivono nel secolo sbagliato. Sono invece interessato all'oggetto di tanta silenziosa attenzione: il libro.

Bene, queste sono solo due foto prese dalla rete, ma rendono l'idea dei veri valori....

 
 
 
 

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