Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre č possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembč di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco č possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Novembre 2014

SUONALO BLU

Post n°3769 pubblicato il 08 Novembre 2014 da pierrde

"Aveva sempre una grande energia ed una tale carica emozionale,” dice Hiromi della sua prima insegnante di piano. "Quando voleva che suonassi con una certa dinamicità non me lo diceva in termini tecnici. Se il pezzo era passionale lei diceva 'suonalo rosso' o se era calmo diceva 'suonalo blu'. In questo modo suonavo con il cuore e non solo ad orecchio”.

«Io amo Bach, Oscar Peterson e Franz Liszt; ma amo anche Ahmad Jamal e Sly & the Family Stone, Dream Theater e King Crimson. Sportivi come Carl Lewis e Michael Jordan sono mia grandissima fonte di ispirazione: fondamentalmente, mi sento ispirata da chiunque abbia grande, grande energia.» Ma lei non vuole, per una questione di principio, dare un’etichetta alla sua musica. Lei continua a seguire ciò che la stimola, lasciando agli altri le definizioni.

"Non voglio dare un nome alla mia musica," dice Hiromi. "Le altre persone possono farlo, se vogliono. Per me è semplicemente l’unione di ciò che ascolto e di ciò che imparo. Ci sono elementi della musica classica, qualcosa del rock, altro del jazz, ma non voglio dargli un nome."

Fonte: kinomusic.it

 
 
 

VINTAGE

Post n°3768 pubblicato il 08 Novembre 2014 da pierrde

Ieri è uscito un disco dei Pink Floyd e si è parlato di riforme istituzionali. Pareva di essere nel 1973.

P-S. Anche la copertina dell'album, che pare tratta da pubblicazioni tipo Svegliatevi o La Torre di Guardia, contribuisce non poco al sapore retrò

 
 
 

TARIFFARIO

Post n°3767 pubblicato il 07 Novembre 2014 da pierrde

Quando è diventato prassi accettabile o comune per gli artisti pagare per una recensione positiva di un album? Recentemente, ai redattori di All About Jazz è stato chiesto da diversi musicisti e con crescente regolarità, di scrivere una recensione a pagamento. Abbiamo anche casi di critici che sollecitano attivamente i musicisti a pagare per le recensioni ...

Fonte : AllAbout Jazz: http://www.allaboutjazz.com/is-it-acceptable-for-artists-to-pay-writers-for-a-review-by-john-kelman.php#.VFxtO_mG-z4

Inutile dire che noi di Tracce di Jazz condanniamo apertamente ed esplicitamente la vergognosa prassi della recensione a gettone. Pertanto esponiamo un breve listino alla cortese attenzione di tutti i musicisti:

recensione positiva = euro 100

recensione molto positiva = euro 200

recensione entusiastica = euro 500

miglior album della storia del jazz = euro 10000 + fornitura a vita casse Sassicaia Bolgheri anno 2010 + soggiorno alle Maldive escort incluse.

No contrattazioni, no sconti per pacchetto album, no carte di credito.

 
 
 

ANDREW HILL E LA BLACK AESTHETIC

Post n°3766 pubblicato il 07 Novembre 2014 da pierrde

Il pianista e compositore chicagoano Andrew Hill nel 1965 pubblicò "Compulsion", in un periodo, attraversato dalle rivendicazioni del Black Power, dalle iniziative del movimento per i diritti civili e dalle lotte di liberazione anticoloniali, che spinse molti afroamericani ad interrogarsi sul proprio retaggio culturale e a ricercare nelle sue radici africane una fonte d'ispirazione, d'identità e d'orgoglio. CompulsionIn italiano, "compulsion" significa letteralmente "impulso" o "pulsione".

In questo modo, però, si perde per strada una connotazione che la parola presenta talvolta in inglese, dove può riferirsi ad un impulso che nasce da un bisogno profondo, addirittura irresistibile. Quale sia la natura dell'impulso che sta alla base delle atmosfere sature ed evocative di questo "concept album" datato 1965, lo chiarisce l'autore stesso – il pianista e compositore chicagoano Andrew Hill (1931 – 2007) – nelle note di copertina. La spinta è la stessa che in quel periodo, attraversato dalle rivendicazioni del Black Power, dalle iniziative del movimento per i diritti civili e dalle lotte di liberazione anticoloniali, spinge molti afroamericani ad interrogarsi sul proprio retaggio culturale e a ricercare nelle sue radici africane una fonte d'ispirazione, d'identità e d'orgoglio.

Anche in ambito musicale gli omaggi all'Africa si moltiplicano, e un numero crescente di musicisti pone l'accento sugli aspetti della musica afroamericana che più si distaccano dall'estetica occidentale, manifestando legami più o meno diretti con le tradizioni musicali di altre aree del mondo.

Continua la lettura su : 

http://www.traccedijazz.it/index.php/recensioni/29-recensioni-discografiche/tracce-del-passato/754-tra-impulsi-e-premonizioni-andrew-hill-e-la-black-aesthetic-degli-anni-60

 
 
 

CONTROCORRENTE

Post n°3765 pubblicato il 06 Novembre 2014 da pierrde

 

Black out e corto circuiti assortiti dal rutilante mondo dei media, sapide invettive e bonari scapaccioni da scafati jazz-addicted non allineati.

Sempre in primavera, Stefano Bollani viaggia per le campagne con un pianoforte montato su un carro tirato da bianchi buoi di razza chianina. Nelle piazze dei villaggi, incontra la popolazione locale e alcuni musicisti folk provenienti da tutta Europa. Ci si scambiano melodie che vanno a mescolarsi nell'improvvisazione istantanea di Bollani: il pianista raccoglie cosi' un fardello di canzoni durante il lungo viaggio che termina in Piazza del Campo, nella stessa settimana di maggio dell'evento Tone Town Tuning. Giunto li', il pianista suona la campanella sul carro, e come per magia tutte le campane di Siena suoneranno insieme per salutare il carro delle vecchie e nuove canzoni. Dal carro, Bollani suonerà in un concerto finale con i musicisti che ha incontrato sulla strada.

http://www.2019si.eu/index.php/it/2019si/dieci-progetti/item/515-play-the-city

Non si tratta del copione di un film di fantasy ambientato in un improbabile medioevo bensi’ di una delle proposte culturali inserite nel progetto Siena Capitale Europea della Cultura anno 2019 . Ma forse qui c’è un ’errore di stampa: non sarà invece l’anno 1019 ? Allora tutto prenderebbe significato: il bardo Bollani, i villaggi, i buoi chianini, la campanella sul carro, il fardello di canzoni, i troubadur stranieri. Una versione de Il Trono di Spade con cantuccini e vin santo. Ma, a parte che il riconoscimento per la Capitale Europea della Cultura è poi stato assegnato a Matera, sicuramente i senesi avrebbero dovuto fare i conti con il sindacato dei bovari chianini: non sentivano ragioni, al posto di Bollani per assonanza fonetica volevano esclusivamente Michele Di Toro...... 

Controcorrente è una rubrica del portale Tracce di Jazz

 

 
 
 

IL JAZZISTA: INTRATTENITORE O ARTISTA ?

Post n°3764 pubblicato il 06 Novembre 2014 da pierrde

Interessante disgressione quella letta sul blog Brilliant Corners. Traduco qui la prima parte dello scritto rimandando gli interessati al link per la lettura completa:

Chiedi ai musicisti che improvvisano se preferiscono avere un pubblico seduto ad ascoltare intensamente o persone che ballano in piedi e scommetto che la maggioranza sceglierebbe la seconda ipotesi. Questo rende i musicisti nel primo caso "artisti" e "intrattenitori" nel secondo? No.

In ogni scenario, sono entrambi sia artisti che intrattenitori, ma l’attuale “dogma” che prevale nel jazz potrebbe farci pensare il contrario: per circa mezzo secolo, la maggior parte delle conversazioni sul jazz (tra cui l’abusata e ciclica discussione sulla "morte del jazz") sono state impregnate da un ancora travolgente tacita identificazione con l’ethos personale nel corso della comunicazione; vale a dire, l'artista è un intrattenitore. Il pensiero comune è che il passaggio dal divertimento all'arte nel jazz avvenne con i boppers. Beh, Dizzy Gillespie è riuscito a portare entrambi i ruoli splendidamente. E, sia Diz e Bird dicono di essersi trovati particolarmente a proprio agio suonando a Detroit, perché la gente ballava più lì che in qualsiasi altra città.

Link: 

http://brilliantcornersabostonjazzblog.blogspot.it/2014/10/jazz-musician-entertainer-or-artist.html#links

 
 
 

TRACCE LASER

Post n°3763 pubblicato il 05 Novembre 2014 da pierrde

Recensioni veloci, con tanto di giudizio espresso in stellette, su dischi di recente o recentissima uscita, per allargare l'orizzonte critico e segnalare il maggior numero di opere possibili .

 

SYLVAIN RIFFLET, JON IRABAGON – Perpetual Motion

Perpetual MotionTra i molti, troppi, tributi che spesso nascondono più una reale mancanza di idee nuove che non l’intento di omaggiare un grande della musica, questo Perpetual Motion è certamente una eccezione positiva. Le composizioni sono di Louis Thomas Hardin, in arte Moondog, un visionario ed eccentrico compositore americano che negli anni ’60 e primi ’70 fuse con personalità ispirazioni rock, jazz e minimaliste in una nuova concezione. Irabagon e Rifflet fanno gara di bravura, supportati dal gruppo del musicista francese, e la rilettura è sapida e ricca di idee. Un album splendido.

VALUTAZIONE: * * * * (RDA)

 

RICHARD GALLIANO – Sentimentale

SentimentaleDifficile capire la logica che sta dietro la pubblicazione di un album come questo. Già qualche anno fa Galliano aveva sfornato un (inutile) disco dedicato alle musiche di Nino Rota con nomi di primissimo piano ma con risultati di scarsissimo interesse. Qui si compie il bis della non memorabile impresa, tra temi brasiliani, una versione di Naima easy listening e alcuni originals non particolarmente memorabili. Il gruppo è interessante ma non c’è nessuna urgenza narrativa e l’ascoltatore inevitabilmente precipita nella narcolessia.

VALUTAZIONE : * * ½  (RDA)

 

BILL FRISELL - Guitar in the Space Age! 

Guitar in the Space Age!Ho ascoltato per la prima volta l’album di notte, guidando su una strada sinuosa e deserta e mi sono divertito molto. Non c’è traccia del Frisell sperimentatore e iconoclastico, qui si ascolta del semplice e soprattutto ben suonato rockabilly, pescando e riadattando una manciata di brani pop di successo degli anni 60-70. Un gruppo formidabile ed un leader di alto profilo per un album tanto piacevole quanto assolutamente non indispensabile rispetto alla parte migliore della ormai corposa discografia di Frisell.

VALUTAZIONE : * * *  (RDA)

 

ERNIE WATTS - A Simple Truth

A Simple TruthSarà l'effetto emozionale a prevalere ma per lunghi tratti questo sembra davvero un disco del Quartet West di Charlie Haden, di cui Ernie Watts è stato caposaldo e voce caratterizzante per decadi. Il suo jazz morbido che si staglia in una giornata seguita passo passo dalle prime luci dell'alba fino alla notte inoltrata è onesto e sincero ma senza le composizioni e gli inserimenti solistici del compianto ed incomparabile Haden, a un certo punto del pomeriggio potreste ritrovarvi serenamente appisolati.


VALUTAZIONE: * * 1/2 (FC)
 

 

AVISHAI COHEN - Dark Nights

Dark NightsIl trio del trombettista, rinforzato in alcuni brani dalla presenza di Anat Cohen e di Gerard Clayton, si propone tra originals e standard immarcescibili nel mostrare il lato più intimista e balladeur di Cohen. Il suono della tromba, spesso filtrato dalle elettroniche, evidenzia una timbrica peculiare nella sua originalità e ricercatezza. Un album godibile e interessante, anche se da un musicista emergente come Cohen ci si sarebbe potuti immaginare un pizzico maggiore di temerarietà e di sfida.


VALUTAZIONE : * * *  (RDA)

 

Ogni giorno nuovi album recensiti su http://www.traccedijazz.it/

 
 
 

I CLUB DELLA GRANDE MELA

Post n°3762 pubblicato il 05 Novembre 2014 da pierrde

Jazz a New York: i 5 posti migliori:

New York è la capitale del jazz. Tutti i più grandi artisti di questo genere si sono fatti un nome proprio qui.

La città è stata pioniera con locali storici come il Cotton Club o il Lenox Lounge. Alcuni club storici non ci sono più e altri sono diventati delle trappole per turisti.

In questo articolo vi accompagno alla scoperta dei 5 migliori locali jazz a New York, in cui passare una serata autentica ed indimenticabile. L’ordine in cui si trovano i locali non è da intendersi come una classifica.

Village Vanguard1. VILLAGE VANGUARD
Fra pochi mesi il Village Vanguard compirà 80 anni avendo iniziato la sua attività il 22 febbraio 1935. A New York si sa, i locali aprono e chiudono e quindi non è certo un caso che questo tempio del jazz sia in attività da così tanto tempo.

Come altri locali del Village, le sue dimensioni sono ridotte ma offre un’acustica perfetta. E’ necessario prenotare anticipatamente. Il costo degli spettacoli è di $25 durante la settimana e $30 il venerdì e il sabato, più una consumazione obbligatoria. Offre due spettacoli a serata, alle 20:30 e alle 22:30. Le porte aprono alle 19:30.

178 7th Ave S. | Metro 1, 2, 3 14th Street

 

 

Smoke Jazz Club2. SMOKE JAZZ CLUB
Questo locale dell’Upper West Side ai confini di Harlem offre un’atmosfera perfetta per una serata a base di jazz.

Tavoli a lume di candela, banchetti di velluto e lampadari antichi creano un’atmosfera veramente jazz.

Ottima musica e ottima cucina soul food renderanno la vostra serata indimenticabile.

2751 Broadway | Metro 1 103rd Street

 

 

Jazz Standard Music3. JAZZ STANDARD MUSIC
Jazz Standard è un posto molto raffinato a metà strada tra i locali di Times Square e i più piccoli e seri club del West Village.

Aperto tutti i giorni della settimana, propone due spettacoli a serata, più un terzo il venerdì e il sabato.

Oltre al jazz classico, al funk, al blues e all’R&B offre un ottimo barbecue in collaborazione con il Blue Smoke.

116 E 27th St | Metro 6 28th Street

 

 

Dizzy's Club Coca Cola4. DIZZY’S CLUB COCA COLA
Già solamente la vista che offre questo locale nel grattacielo Time Warner a Columbus Circle, varrebbe la pena di trascorrervi una serata.

Il Dizzy’s Club Coca-Cola porta il jazz lontano dai seminterrati del Village con una vista su Central Park e sullo skyline di Midtown Manhattan.

Oltre ad ottima musica con artisti emergenti a farla da padrone, offre un’ottima cena a base di soul food.

10 Columbus Circle | Metro 1 Columbus Circle

 

 

Birdland Jazz Club5. BIRDLAND JAZZ CLUB
Deve il suo nome al padre del bebop Charlie Parker, conosciuto anche come Bird. E’ un locale storico nel panorama jazz.

Aprì i battenti nel 1949 al 1678 di Broadway, per poi chiudere nel 1965. Riaprì 20 anni dopo ad Harlem per poi spostarsi dove si trova ancora tutt’oggi, nel 1996.

Molta della sua fama la si deve agli artisti della Beat Generation e a Jack Kerouac in particolare, che lo cita nel libro On the Road.

Il costo per la serata musicale va dai $20 ai $50 in base all’artista che si esibisce, più di $10 a persona per una consumazione obbligatoria.

Fonte: http://andareanewyork.com/blog/jazz-new-york-i-5-posti-migliori/

Come sempre in questi casi è facile fare l'elenco dei locali che mancano (Blue Note, Stone, Iridium, Small's, ecc.ecc.) però prendiamo quello che di buono l'articolo offre, una panoramica aggiornata con tanto di indicazioni stradali, tutte informazioni importanti per chi prevede una capatina da quelle parti....

 
 
 

WILD MAN DANCE SUITE: CHARLES LLOYD AD APERITIVO IN CONCERTO

Post n°3761 pubblicato il 04 Novembre 2014 da pierrde

Domenica 9 novembre, alle ore 11.00, presso il Teatro Manzoni (via Manzoni, 42 – Milano), è in programma il secondo appuntamento della XXX Edizione di “Aperitivo in Concerto”: ne sarà eccezionale protagonista uno degli ultimi grandi uomini del jazz ancora in piena attività, il sassofonista Charles Lloyd. Assente da parecchi anni dai palcoscenici milanesi, Charles Lloyd presenterà in esclusiva italiana ad “Aperitivo in Concerto” Wild Man Dance Suite, affascinante affresco sonoro che lo vedrà affiancato dal greco Socratis Sinopoulos, specialista della lyra di Costantinopoli e del laouto che con Lloyd ha registrato l’album Athens Concert, dal pianista Gerald Clayton, uno dei nuovi talenti della tastiera acustica, dal contrabbassista Joe Sanders, richiestissimo sideman, e da Eric Harland, in assoluto uno dei migliori batteristi attualmente in circolazione sulle scene internazionali del jazz. Il leader, oltre all’abituale sax tenore, suonerà il flauto e il tarogato.

Poeta del sassofono, pioniere degli incontri fra culture e musiche diverse, personalità geniale e profondamente spirituale, Charles Lloyd è considerato oggi il più legittimo erede della poetica di John Coltrane: la sua presenza nella nuova edizione di “Aperitivo in Concerto” assume un significato particolarmente rilevante e si inserisce a pieno titolo nell’omaggio che la Stagione musicale ospitata dal Teatro Manzoni rende tradizionalmente al jazz come fondamentale fenomeno culturale del Novecento, in grado di rivoluzionare e coniugare linguaggi, culture e tradizioni diverse, lasciando un’indelebile impronta su tutta la musica contemporanea.

“Aperitivo in Concerto” dedica questo concerto a un caro amico recentemente scomparso, Vittorio Franchini, attento giornalista, grande uomo di cultura e profondo conoscitore del jazz e di tutta la musica.

 
 
 

RADIOTRE ATOMIC

Post n°3760 pubblicato il 04 Novembre 2014 da pierrde

Mercoledì 05 Novembre 2014 ore 22.00

IL CARTELLONE

JAZZ & WINE OF PEACE

Atomic

Fredrik Ljungkvist sax tenore, sax baritono, clarinetto Magnus Broo tromba Håvard Wiik pianoforte Ingebrigt Håker Flaten contrabbasso Paal Nilssen-Love batteria

Registrato il 27 ottobre 2013 a Cormòns, Cantina Renato Keber -

See more at: http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/concerti/ContentItem-1838d86d-efff-4a71-b984-42d1c9552b1d.html#sthash.tBfFio6G.dpuf

 
 
 

DA OGGI LA NEWSLETTER

Post n°3759 pubblicato il 03 Novembre 2014 da pierrde

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IL JAZZ E' NOIOSO, SOPRAVALUTATO E SENZA UMORISMO

Post n°3758 pubblicato il 03 Novembre 2014 da pierrde

Ted Gioia su TheDailyBeast.com fa il punto sulle vicende che hanno tenuto banco sui proncipali quotidiani e magazine statunitensi e che hanno preso il via con l'articolo sulle (false) dichiarazioni di Sonny Rollins a proposito del jazz sul The Newyorker.

Da allora e per tutta l'estate diverse riviste che normalmente non si occupano di musica, tantomeno di jazz, hanno iniziato a pubblicare articoli non propriamente teneri sulla nostra musica. 

E' nato addiritura un blog e un feed su Twitter dal nome inequivocabile, Jazz is the Worst. Ma come mai e perchè tutto questo risentimento verso il jazz ? Gioia prova a riassumere e confutare, dove possibile . Pubblico l'incipt rimandando i lettori al consueto link:

La musica Jazz non ha mai avuto molta copertura nei media mainstream, e questa situazione dura da molti anni. Ma qualcosa di strano è accaduto nel corso degli ultimi quattro mesi. In un periodo di poche settimane, una serie di riviste di alto profilo hanno pubblicato compiaciuti e sprezzanti giudizi sulla musica. E 'solo una coincidenza, o è cambiato qualcosa nel dialogo culturale?

http://www.thedailybeast.com/articles/2014/11/02/what-s-with-this-surge-in-jazz-bashing.html?via=desktop&source=facebook

 
 
 

PENSIERI SPARSI: UN RICORDO DI SELLANI

Post n°3757 pubblicato il 02 Novembre 2014 da pierrde

Una volta mi disse Gerry Mulligan: hai mai sentito per strada un tizio fischiare un brano di Charlie Parker?...Credo che nessuno potrà mai raccontare di averlo ascoltato.

Conta sempre quello che riesci a trasmettere alla platea e questo vale anche per il jazz. Ma il jazz è più difficile da far capire, perché è un linguaggio complesso e oggi la gente è abituata alle cose facili, se non addirittura stupide. Di sicuro oggi di jazz ne capiscono più in Giappone che qui da noi

«Al Blue Note sono andato una sera a sentire una cantante, mi hanno riconosciuto e il direttore si è avvicinato e cortesemente con accento anglofono mi fa: Maestro Sellani saremmo lieti di ospitarla qui da noi una sera. Io gli ho risposto, mettetevi d'accordo con la mia compagna Anna. Devono averla presa male, perché non ho sentito più nessuno. Forse è stato meglio così. Però che chiamassero i nostri giovani almeno, ce ne sono tanti bravi anche in Italia che suonano bene il jazz. Quello che gli manca a volte non è tanto la tecnica o lo studio, quelle poi sono chiacchiere, quanto piuttosto la passione. Ecco questa è una cosa grossa che pochi possiedono. E poi lo stile, per questo non ci sono studi che reggano. Gerry Mulligan mi ripeteva spesso: meglio suonare male che suonare come un altro»

«Il cliché del jazzista alcolizzato o drogato fa parte un po' della leggenda dei grandi personaggi che hanno fatto la storia di questa musica. Io mi sono sempre limitato a due-tre boccate di sigaretta durante l'esecuzione dei brani. Non ho mai abusato con il cibo e lo dimostra la mia magrezza diventata proverbiale. Una volta il grandissimo attore teatrale Tino Buazzelli mi invitò al ristorante perché mi doveva assolutamente presentare un suo amico. Quando arrivai scoprii che si trattava di Orson Welles. Mi sono seduto in mezzo a questi due colossi che mangiavano come dei bisonti mentre io mi limitavo a sorseggiare un tristissimo brodino. Mi guardavano con tenerezza.

«Bach forse è stato il primo jazzista della storia e comunque ha insegnato a fare musica a tutti noi. Gershwin continua a darci il companatico».

«Non ho mai avuto un pianoforte prima perché non potevo permettermelo. Poi perché ho capito che un piano aveva un senso solo se lo suonavo davanti al pubblico, altrimenti non mi serviva a nulla. Poi è successo che un caro amico che ce l'aveva in casa si è ammalato e io ogni tanto andavo a trovarlo e lo suonavo solo per lui, per tirarlo un po' su. Quando è morto, lo scorso anno, ha lasciato scritto che dovevo prenderlo io, come segno della sua amicizia. E adesso per la prima volta nella mia casa c'è anche un pianoforte a tenermi compagnia».

Fonte: 

http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/morto-renato-sellani-maestro-musica-jazz.aspx

 
 
 

ADDIO A RENATO SELLANI

Post n°3756 pubblicato il 01 Novembre 2014 da pierrde

Si è spento oggi Renato Sellani, maestro e “nonno” del jazz italiano, una delle figure più importanti del genere in Italia che in una carriera lunghissima ha avuto l’onore di suonare a fianco dei più grandi artisti internazionali, tra gli altri Billie Holiday, Chet Baker, Dizzy Gillespie. Un esempio di stile, un uomo umile innamorato del proprio pianoforte. Una passione talmente forte da non farlo mai smettere di suonare, nonostante fosse un classe 1926.

Fonte: 

http://urbanpost.it/addio-a-renato-sellani-le-foto-del-suo-ultimo-concerto-a-milano

Questo 2014 sta portandosi via una grande fetta di coloro che hanno animato il jazz italiano: dopo la scomparsa di Giorgio Gaslini, Gian Mario Maletto e Vittorio Franchini è ora la volta di Renato Sellani. Pochi giorni fa su La Repubblica si poteva leggere una intervista che presentava il nuovo doppio album:

ll nuovo disco come nasce?

"Ho un'età per la quale bisogna fare qualche punto sulla propria vita. Per cui ho fatto una rilettura di alcuni brani che ho suonato, soprattutto di jazz. E mi sono divertito a svariare, dalla canzone che dà il titolo a tutto, che mi dedicava Sarah Vaughan nei concerti, a Moon River di Henry Mancini, da Ruby my dear diMonka The man I lovedi Gershwin. Più Ne me quitte pas di Brel, il più bell'addio mai scritto, e Que restetil de nos amours di Trenet ".

Il secondo cd svaria tra composizioni sue e altre cose quasi inattese, come "Doce doce" e "Io che amo solo te".

"Lì mi sono voluto divertire. Le mie composizioni sono giusto per la Siae di cui sono socio a sua insaputa visto che prendo due soldi all'anno di diritti d'autore. Le altre canzoni sono anzitutto di amici che amavano il jazz e che non sono ricordati come meritano, penso a Bruno Martino e Fred Bongusto, un gigante per talento ed espressività. Ho collaborato anche con loro".

Fonte: 

http://milano.repubblica.it/cronaca/2014/10/13/news/sellani_mi_sento_ancora_un_dilettante-98032676/

Una intervista di alcuni anni fa di Ernesto Losavio che rende l'idea della personalità e dell'uomo è possibile leggerla qui:

http://www.jazzitalia.net/articoli/int_renatosellani.asp#.VFUHYDSG9qU

 

Foto di Pier Luigi Balzarini relativa all'ultimo concerto di Sellani alla Salumeria della Musica

 
 
 
 

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