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Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Messaggi del 18/06/2010
Post n°1532 pubblicato il 18 Giugno 2010 da pierrde
Uscirà il 22 giugno "The Imagine Project" il nuovo disco di Herbie Hancock, 70 enne mito del piano e della tastiera mondiale, fresco vincitore di un Grammy con "River: The Joni Letters", uscito nel 2007. Anche questo progetto mostra l'ecletticità del maestro e si propone di unire le tante culture del mondo attraverso il canto e la musica. A Image Project collaborano una dozzina di star di tutto il mondo come il cantante pop Pink, il chitarrista Jeff Beck, la sitarista Anoushka Shankar, il gruppo di folk irlandese Chieftains e il rocker colombiano Juanes e poi ancora Marcus Miller, Wayne Shorter, Dave Matthews, Peter Gabriel, Chaka Khan e molti altri. (Fonte: BintMusic) Hancock ha un rapporto smaliziato e duraturo con la musica di consumo iniziato negli anni 70 con gli album di funky Future Shock e Head Hunters, per non parlare di Watermelon Man, un brano del 1962 più volte ripreso in chiave r&b, gospel e cha-cha-cha e infine riproposto e trasformato anche dai dj. L'album precedente, dedicato a riletture di brani di Joni Mitchell, era certamente più ispirato, per quanto sicuramente sopravalutato tanto da essere premiato fino alla saturazione. The Imagine Project è invece un prodotto esclusivamente commerciale, molto patinato e ben costruito: grandi voci, ottimi musicisti, tanti ospiti, temi famosi e naturalmente nessuna traccia di musica jazz. Un magnifico album per le radio americane, che mieterà consensi e nuovi premi. Musicalmente senza nessuna pretesa non aggiungerà nulla all'immagine di Herbie ma ne consoliderà fama e fatturato. In un recente polemico intervento su Il Giornale della Musica (che consiglio di leggere a prescindere dalle polemiche), Carlo Boccadoro istituisce la figura dei "bamboccioni acustici", persone che usano farsi "cullare" e "coccolare" dalla musica, escludendo dalla fruizione qualsiasi utilizzo della materia celebrale: ebbene, questo album sembra rivolgersi a questa categoria di ascoltatori oltre che a tutti coloro che fanno della musica un mero accessorio di sottofondo. Nove anni dall'ultimo album in studio (“Life on a string”), otto anni dall'ultimo disco dal vivo (“Live in New York”) e tre dalla riedizione per il 25esimo anniversario di un suo storico lavoro come “Big science”. Ora Laurie Anderson ha deciso di pubblicare il suo nuovo capitolo discografico “Homeland”, uscita che giunge dopo un tour di presentazione iniziato già alla fine del 2007: proprio nella dimensione live le canzoni hanno cambiato numerose volte forma, convincendo l'artista statunitense a posticipare in diverse occasioni l'uscita. L'album, co-prodotto con Lou Reed (ufficialmente suo marito dal 2008) e Roma Baran, dura 66 minuti e si segnala come il più lungo mai composto dalla Anderson: alla realizzazione hanno partecipato ospiti come John Zorn (sassofono in “Bodies in motion” e “The beginning of memory”), Kieran Hebden aka Four Tet (tastiera in “Only an expert”) e Anthony Hegarty di Anthony and The Johnsons (voce in “Strange perfumes”). Fonte : Rockol.it La musica di Laurie Anderson è costante nella sua apparente immobilità: tappeti elettronici, leggere micro-variazioni, utilizzo della voce filtrata da computer, melodie semplici e per lo più fulminanti, strumenti ridotti all'osso. Non a caso l'album esce accompagnato da un dvd: la musica è solo una parte della performance dell'artista. Nella fattispecie il progetto è stato a lungo testato dal vivo, e giunge in studio ben rodato e smussato e rispetto agli album precedenti, molto più ricco musicalmente. Testi ispirati da una disperata e disincantata ironia: Bush e l'Irak, la condizione dell'America, il privato, la disillusione. Importanti e imprescindibili quanto la musica, sono il vero marchio di fabbrica di Laurie Anderson, più ancora dell'utilizzo dell'elettronica. Per chi come me ha sempre apprezzato il micro-cosmo musicale della Anderson si tratta di un album intrigante e assolutamente apprezzabile. Arrangiamenti insolitamente ricchi, varietà di soluzioni, temi a presa rapida uniti ai testi, urticanti o sconsolati, contribuiscono al fascino speciale racchiuso nella voce di Laurie. Ho solo un appunto al progetto: la copertina, a mio parere decisamente brutta anche se con un preciso riferimento all'alter ego maschile della voce della protagonista. Chi ne ha sempre criticato la staticità troverà conferme alle proprie opinioni, ma ciò non toglie che Homeland rappresenti una novità discografica da ascoltare assolutamente. |
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