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Mondo Jazz

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batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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Messaggi del 08/03/2011

AUGURI FRANCO

Post n°1796 pubblicato il 08 Marzo 2011 da pierrde

Franco D'Andrea è nato a Merano l'8 marzo 1941 ed oggi compie 70 anni.

Incomincia a suonare il piano a 17 anni, avendo suonato in precedenza tromba e sax soprano. Nel '63 ha inizio la sua attività professionale con Nunzio Rotondo alla Rai di Roma. Nel '64 incide il suo primo disco con Gato Barbieri, col quale collabora due anni.

Nel '68 forma con Franco Tonani e Bruno Tommaso il Modem Art Trio. Dal '72 al '77 suona con il gruppo jazz rock Perigeo. Nel '78 forma un quartetto chiamando come collaboratori Tino Tracanna, Attilio Zanchi e Gianni Cazzola. Al gruppo si aggiungono nell86 il percussionista Luis Agudo, nell89 il percussionista Naco e il trombonista Glenn Ferris e nel '91 il vibrafonista Saverio Tasca.

All'inizio del '93 dà vita ad un nuovo trio, Current Changes, col trombettista David Boato e Naco. Il suo attuale quartetto comprende il sassofonista Andrea Ayassot, il bassista Aldo Mella ed il batterista Zeno de Rossi. È anche alla guida di una formazione allargata a 11 elementi, Eleven.

L'Académie du Jazz de France gli ha conferito il premio "Prix du Musicien Européen" per il 2010.

E’ con un tour di concerti nei festival e nei jazz club più importanti d’Italia e con la premiazione come Musicien Européen de l’année 2010 da parte della Académie du Jazz de France che Franco D’Andrea festeggerà, nel 2011, il suo settantesimo compleanno, in uscita anche un nuovo cd, Sorapis, per la label El Gallo Rojo, il 14 febbraio.

Concerti in veste solistica, in trio e in quartetto, con ospiti preziosi quali il trombettista Dave Douglas nel quartetto e il percussionista Han Bennink nel trio, Three, si susseguiranno lungo tutto l’anno, dando modo agli estimatori del grande pianista e compositore di fare il punto sulla sua attività, ad inizio decennio, oltre che a tutti gli appassionati di jazz e di buona musica di assaporare o scoprire l’essenza della sua musica.

François Lacharme, attuale presidente del’Académie du jazz de France ha motivato l’attribuzione del prestigioso riconoscimento, consegnato a D’Andrea dalle mani di Jean-Luc Ponty, il 12 gennaio al Théâtre du Châtelet, con le seguenti parole: « Ho scoperto Franco D’Andrea a Siena, alla fine degli anni Ottanta, e, celata sotto la discrezione del D’Andrea uomo, l’ancora maggiore discrezione con la quale l’artista andava nobilitando la musica per pianoforte moderna.

Franco D’Andrea è per me il perfetto esempio del ricercatore che trova: che si tratti del suo modo unico di sublimare una melodia, aggiungendovi elaborazioni scintillanti, senza mai abbandonarne la linea originaria, o la sua capacità di “orchestrare” con naturalezza la parte pianistica riuscendo, senza riccorrere a effetti speciali, ad aprire lo spettro dei timbri insito nella partitura pianistica. Infine, una particolarità – che potremmo finalmente definire “dandreismo” – che consiste nella capacità di saper entrare nel regno dell’astrazione senza rinunciare al lirismo, difficilmente ascrivibile soltanto alle sue origini italiane.

L’Académie du Jazz ha deciso che era tempo d’onorare un’artista che non si è mai seduto sugli allori, che pure gli sono stati attribuiti, nella leggenda del jazz; ha quindi voluto celebrare, in quest’inizio d’anno, un grande creatore di jazz europeo. »

Franco D’Andrea è infatti noto per la sua capacità cogliere il cuore di un’idea musicale, che svela lentamente, attraverso strategie di destrutturazione tematica imprevedibili e al contempo rigorose. Capisaldi della poetica musicale, l’estrema coerenza nello sviluppo della composizione o nell’improvvisazione, assieme alla profonda conoscenza del repertorio del novecento, non solo jazz.

Non a caso, egli ha scelto come partner, quest’anno, due musicisti che a questa stessa consapevolezza musicale devono la sua stima: Dave Douglas, che sarà ospite del Quartetto (composto, oltre che da D’Andrea, da Andrea Ayassot al sax alto, Aldo Mella, al contrabbasso e Zeno de Rossi alla batteria), e Han Bennink, per il suo Trio, Three (composto da Mauro Ottolini al trombone e Daniele D’Agaro al clarinetto).

« Dall’epoca del nostro primo incontro, a Merano, ad oggi, ho avuto modo di scoprire in Dave Douglas, oltre che una bella persona, un musicista estremamente versatile e preparato, che trae dalla sua vasta conoscenza musicale la capacità di fare vita nell’”adesso” del jazz a idee musicali di provenienze storico-culturale molto eterogenee. E in questo senso, ammiro molto anche Bennink, conosciuto meglio a Siena, nell’ambito dei seminari jazz che dirigo. Han conosce perfettamente l’intera storia della batteria, da Baby Dodds e Zutty Singleton

 
 
 

CASA DEL JAZZ: SI CAMBIA. O FORSE NO

Post n°1795 pubblicato il 08 Marzo 2011 da pierrde
 

Intervista a Giampiero Rubei, neo direttore artistico della Casa del Jazz, sul Corriere della Sera di sabato 5 marzo. Ecco i passaggi più significativi:

La continuità con la vecchia gestione, dice Rubei, è a garantita. Il neodirettore conferma che «alla Casa del Jazz le guide all’ascolto, le presentazioni dei libri e dei dischi rimarranno nel programma perché l’aspetto didattico e divulgativo deve rimanere. E’ fondamentale offrire ad un pubblico che, sinceramente ancora non conosco, la possibilità di continuare a frequentare appuntamenti che sono molto seguiti».

Confermata anche l’apertura della libreria. Ma non mancano le nuove iniziative che hanno l’obiettivo di dare una botta di adrenalina alla scena musicale nostrana. «Voglio dare più spazio e visibilità ai giovani musicisti»- aggiunge Rubei – «e sperando che dal Comune arrivino fondi adeguati, tra le tante cose che ho in mente, c’è quella di offrire la possibilità di registrare un disco , dopo un lavoro in studio di tre giorni». Produrre e dare una mano alle nuove leve del jazz è quindi un punto fondamentale del nuovo iter. «La struttura ha una foresteria, sala prove e studio di registrazione e posso dire con certezza che solo noi possiamo offrire tanto».

A questo si aggiunge il progetto più ambizioso, ovvero la nascita di un appuntamento di respiro internazionale e Rubei parla del meeting internazionale degli addetti ai lavori. «Aprire la struttura ai più importanti direttori di case discografiche, ma anche alle etichette indipendenti, senza dimenticare i promoter e i manager ai quali offrire la possibilità di ritrovarsi alla Casa del Jazz per ascoltare le nuove produzioni. Vorrei portare sul palco la bellezza di cento tra musicisti e gruppi così da creare una grande vetrina di livello internazionale». Il preventivo per un appuntamento del genere, a suo dire, si aggira attorno ai 120.000 euro, soldi che «devono arrivare dal Comune».

Per chiudere viene spontaneo chiedere se il Villa Celimontana Jazz Festival, il festival ideato da Rubei nel 1994, ha trovato una nuova location e il neodirettore artistico della Casa del jazz non tarda a confermare che «per una questione di budget ovviamente porterò il festival nel parco che circonda la Casa del Jazz Viale di porta Ardeatina. Senza dubbio si tratta di una cornice adatta ed ideale».

Fonte : Corriere.it/Roma articolo di Federico Borzelli

 
 
 
 

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