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Mondo Jazz

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JAZZ & WINE OF PEACE

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Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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Messaggi del 18/11/2012

TORNA A GIOCARE: TEATRO DANZA CON UMBERTO PETRIN

Post n°2457 pubblicato il 18 Novembre 2012 da pierrde

Torna a Giocare”, è uno spettacolo di teatro danza coprodotto dall'Ente Valtellina e Valchiavenna per lo spettacolo dal vivo insieme a Sosta Palmizi, compagnia di danza fondata a Cortona (Arezzo) da Giorgio Rossi e Raffaella Giordano.

Le coreografie dei quindici quadri dello spettacolo sono di Giorgio Rossi ed Elisabetta Di Terlizzi. Si tratta di un'importante sperimentazione che vede per la prima volta coinvolti ballerini delle compagnie locali della provincia di Sondrio sotto la guida di Rossi, uno dei più grandi danzatori e coreografi italiani.

Sul palco a Chiavenna, terza tappa in provincia, tanti nomi conosciuti e apprezzati a livello locale accompagnati al piano elettrico da Umberto Petrin autore delle musiche e Valerio Dell Fonte al contrabbasso.

Già all'ingresso in sala allo spettatore attento non sfuggono quelle sagome che si spostano lentamente tra il pubblico vociante, sguardo rivolto in basso, cappotto e cappellino anni 20 con bagaglio in mano, le danzatrici hanno iniziato il loro show approfittando della distrazione dei più.

Un inizio molto in sintonia con le coreografie di Carolyn Carlson, musa ispiratrice di molta della danza contemporanea cosi' come l'imprescindibile figura di Pina Bausch ha forgiato lo stretto rapporto tra musica e coreografia.

E come le ballerine anche i due musicisti hanno iniziato a suonare in sordina, con le luci accese e la gente in movimento, fino a che Petrin ha recitato un breve testo ironico sulle luci che non si spegnevano e sul musicista che suona per un pubblico distratto, seguito da una breve poesia di Charles Bukowski.

Da li si sono snodati e avvicendati quindici quadri, con situazioni sempre diverse, testi ora brevi ora più corposi,in cui la coreografia ha tracciato un percorso lineare, impegnando le danzatrici in una performance di forte impatto collettivo.

Un set che ha evidenziato e privilegiato più il gruppo che il singolo, meno fisico e muscolare, e anche meno contaminato dalle nevrosi contmporanee rispetto alle fonti ispiratrici Carlson e Bausch.

In Rossi e Di Terlizzi c'è spazio anche per l'ironia, il gioco, il fluire semplice e giocoso delle situazioni magistralmente sostenuto dalle composizioni di Umberto Petrin, purtroppo costretto a rinunciare per motivi di spazio al pianoforte acustico.

Non faccio mistero a confessare che Petrin è stato il principale motivo che mi ha spinto in teatro. Musicista fuori dai riflettori principali, Umberto ha maturato nel tempo una personale concezione dell'approccio al pianoforte che trovo molto rara nei jazzisti italiani e che lo rende unico e prezioso.

Dopo averlo molto apprezzato nelle sue divagazioni monkiane in duo con il batterista Pheroann Ak Laff a Clusone nello scorso luglio, ieri ne ho ammirato la fresca e felice vena compositiva, ideale complemento ai quadri danzanti coreografati da Rossi e Di Terlizzi.

Ma se Petrin è stata la molla, un riconoscimento dovuto va a tutti i danzatori, bravi anche nella parte recitativa con alcune punte di vera eccellenza nell'interpretazione dei testi. Menzione anche a Valerio Della Fonte, contrabbassista locale che trovo sempre più maturo e personale ogni volta che lo incrocio.

 
 
 

QUESTA SERA, ORE 21,15, RAI5. NON PERDETELO !

Post n°2456 pubblicato il 18 Novembre 2012 da pierrde
 

L’osteogenesi imperfetta gli avrebbe impedito di crescere oltre il metro, non sarebbe mai diventato vecchio, le sue fragili ossa si sarebbero spezzate lentamente e all’età di 13 anni avrebbe suonato “come un vecchio negro amareggiato dalla vita in un piano bar in qualche parte del Messico”. Ecco il Michel Petrucciani raccontato da Michael Redford; il regista de “Il postino” rende omaggio all’indimenticato jazzista con un documentario, “Michel Petrucciani - Body & Soul”, efficace e a tratti malinconico, il risultato finale di un anno di accurate ricerche. Combinando abilmente immagini di repertorio e interviste alle persone che lo hanno accompagnato per tutta la sua breve vita, Radford realizza una partitura ben orchestrata di suoni, immagini e parole.

I 36 anni di Petrucciani rivivono in poco più di un’ora di racconto, negli aneddoti dei suoi compagni di viaggio, negli occhi delle donne su cui esercitò un fascino irresistibile, o nelle note di sottofondo del suo blues selvaggio e irrefrenabile. Un ritratto lucido e lontano da formule retoriche, diretto, dove il ricordo di questo ‘piccolo grande uomo’ impera dall’inizio alla fine, facendo dell’artista il protagonista assoluto della narrazione ancora prima della sua musica. Un racconto appassionato che si colloca nella migliore tradizione del documentario biografico, piacevole rievocazione di una vita sospesa tra genio e sregolatezza. Fino a quel 6 gennaio del 1999 quando il corpo d Petrucciani, già provato da ritmi esasperanti e 220 concerti solo nel 1998, cedette sotto il peso dell’inverno.

(Mattia Pasquini, Recensioni.35mm.it)

 
 
 
 

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