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Mondo Jazz

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batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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Messaggi del 23/01/2013

JAZZIT NEWS E GRANDEUR ITALICA

Post n°2547 pubblicato il 23 Gennaio 2013 da pierrde

In casa di Luciano Vanni le novità si susseguono a ritmo incalzante: da qualche settimana la notizia di un nuovo mensile, Jazzit News, che dal prossimo mese di giugno raggiungerà tutte le edicole ragguagliando su festival e uscite discografiche ad un costo contenuto e senza condizionare in alcun modo la vita del bimestrale.

Dal 5 all' 8 settembre a Collesciopoli, in provincia di Terni, ci sarà il festival di Jazzit,  una vera e propria festa con musica, conferenze, happening, showcase, workshop, seminari e appuntamenti didattici diretti dai musicisti e operatori del settore.

Si parla poi di una prossima edizione, anche in lingua inglese, per I-Pad, mentre è ufficiale a partire dal mese di aprile fino al mese di dicembre la programmazione didattica firmata JAZZIT, weekend di alta formazione per quanto concerne il giornalismo musicale, la fotografia musicale, la critica musicale, l'organizzazione eventi e i laboratori di ear training e di storia della musica.

Nel mentre mi è finalmente giunto il numero di gennaio-febbraio di Jazzit con il poster del Jazzit Awards, il referendum tra i lettori e i 100 album dell'anno secondo i redattori.

Considero il referendum una giusta compenetrazione con il Top Jazz, con le dovute differenze ed alcuni distinguo. Mi spiego meglio: per ovviare a "fan Club" troppo agguerriti si è pensato di mettere paletti e limitazioni, eppure, nonostante ciò, i risultati che riguardano i protagonisti italiani sono ancora parzialmente ma visibilmente condizionati da massicce "infiltrazioni", cosa non presente nei risultati che riguardano il jazz internazionale.

Non entro poi nel merito delle scelte dei lettori, sicuramente però fa impressione (a me) leggere ad esempio che Mario Biondi è considerato tout court un cantante jazz, cosi' come la violinista Sonia Peana, presumibilmente premiata in quanto moglie di Fresu perchè come jazzista non ne sussisterebbero elementi probanti.

Infine una nota sui 100 album del 2012 scelti dalla redazione: anche qui massimo rispetto e nessuna intenzione di commentare le scelte. Solo un dato di fatto: su 100 album ne ho contati almeno 56 di jazzisti italiani. Va bene promuovere i musicisti nostrani ma non stiamo forse esagerando ? Faccio rispettosamente osservare che nemmeno i redattori di Jazz Magazine, che di grandeur nazionalistica se ne intendono eccome, sono arrivati a queste cifre......

 
 
 

PUNKT: SCAMPOLI DI EMOZIONI

Post n°2546 pubblicato il 23 Gennaio 2013 da pierrde
 

Da parecchio tempo ho imparato la distinzione tra buona e cattiva musica a prescindere dalle etichette. Di conseguenza andando al Teatro Manzoni domenica l'ultimo dei miei interrogativi era se avrei assistito ad un concerto jazz o meno.

Da un punto di vista "ortodosso" la risposta sarebbe stata certamente un no e questo per me costituiva motivo ulteriore di curiosità per scoprire quali sortilegi avrebbe potuto evocare l'incontro di musicisti scandinavi, per pregiudizio affermato considerati freddi e celebrali,  con le percussioni africane, sempre per vizio di forma immaginate come calde e coinvolgenti.

Invece, almeno a mio parere, non è successo nulla di quanto preventivato. Ma andiamo per ordine, iniziando dal nome del progetto che proviene dall'omonimo festival che si tiene a fine estate a Kristiansand, una città norvegese affacciata sul Mare del Nord.

Da subito appaiono chiari i ruoli in scena: la chitarra di Eivind Aarset rinuncia a qualsiasi ruolo solistico e si unisce ai computers di Jan Bang ed Erick Honorè nel creare un sottofondo continuo di loop ed effetti, rimasterizzando e stravolgendo in diretta quello che Arve  Henricksen e Hamid Drake producono con i loro strumenti.

Ed è evidente il ruolo primario affidato alla voce e alla tromba di Henriksen, nelle diverse sfumature ora diafane e brumose ora più mordenti e ritmiche. Arve modula la voce in falsetto e in una lingua (credo) inesistente, a parte alcuni brani in inglese, e l'elettronica restituisce il canto sincopato e smozzicato di un muezzin, il suono stravolto della tromba che si sovrappone allo stesso strumento filtrato e reiterato in brevi frasi strozzate.

Verso la fine del primo brano la voce di Arve assume tono e potenza inaspettate e le percussioni di Drake, finalmente non più solamente coloristiche, scandiscono un rap inusitato ed efficace.

Anche nel secondo brano, della stessa durata del primo, circa mezz'ora, dopo una lunga parte iniziale in cui i momenti statici sono parsi eccessivamente dilatati, subentra con forza Drake che trasforma il set in una esplosione poliritmica crescente.

Il breve bis non modifica lo status che si è creato, con momenti efficaci e felici, dovuti a Henriksen e a Drake, e  lungaggini elettroniche tutto sommato abbastanza fumose e deja vu per chi mastica un minimo di ascolti nel campo della musica elettronica.

Un concerto ambivalente dunque, in cui non si è verificato nessun incontro-scontro tra due concezioni musicali differenti, ma più semplicemente si sono ammirati due solisti contornati da tre creatori di effetti elettronici. Scampoli di emozioni ma anche qualche sbadiglio .

 

 
 
 
 

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