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Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Messaggi del 25/05/2014
Post n°3496 pubblicato il 25 Maggio 2014 da pierrde
Quando il trombettista Dizzy Gillespie salì sul palco del Monterey Jazz Festival per comunicare al mondo la sua intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali statunitensi, Mitt Romney era un adolescente sedicenne: e certamente seguiva gli sviluppi della situazione dal momento che il padre George, all’epoca governatore del Michigan, era uno dei candidati alle primarie del partito Repubblicano. Barack Houssein Obama, invece, aveva da poco compiuto due anni. Era il 21 settembre 1963, e mentre pensava a chi piazzare nei punti nevralgici del potere e nel futuro gabinetto della Casa Bianca (ribattezzata per l’occasione Casa del Blues) Gillespie non era mai stato così serio in vita sua: Miles Davis capo della CIA, Duke Ellington ministro dello Stato, Max Roach ministro della Difesa, Charles Mingus ministro della Pace, Louis Armstrong all’Agricoltura, Malcolm X alla Giustizia ed Ella Fitzgerald alle Politiche Sociali.
L’annuncio fu fatto nel suo tipico stile, a metà tra umorismo graffiante e musica spericolata. «Voglio diventare Presidente degli Stati Uniti – urlò al microfono davanti a trentamila spettatori entusiasti – perché ce ne serve uno!». Questa frase diventò immediatamente lo slogan della campagna elettorale. Ma per inseguire un improbabile successo, Gillespie sapeva di aver bisogno di un inno. Il cantante Jon Hendricks, eminenza poetica dell’entourage gillespiano, quella sera si unì alla band: molto solennemente spiegò che il brano che stavano per eseguire avrebbe fatto da colonna sonora alla corsa presidenziale di Gillespie. Si intitolava Vote for Dizzy: la musica era quella di Salt Peanuts, un vecchio classico del bebop; il testo, invece, l’aveva scritto lo stesso Hendricks sulle note della melodia, e diceva cose così: “Vote Dizzy! Vote Dizzy! You want a good president who’s willing to run / You wanna make government a barrel of fun”, “Votate per Dizzy! Volete un bravo presidente che si dia da fare / Volete un bel governo che vi faccia sganasciare”; o ancora: “Your political leaders spout a lot of hot air / But Dizzy blows trumpet so you really don’t care”, “Gli altri politici quanto fiato san sprecare / Ma Dizzy se non altro lo usa per suonare” (la traduzione è di Dario Matrone).
Continua a leggere qui: http://www.ilpost.it/2012/10/14/la-strana-storia-di-dizzy-gillespie/ articolo di Vincenzo Martorella |
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