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Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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Messaggi del 28/06/2014

NOI NON SIAMO UN PRODOTTO

Post n°3560 pubblicato il 28 Giugno 2014 da pierrde

Ogni tanto su Facebook compaiono pensieri e spunti di musicisti che inducono alla riflessione. Questi, comparsi stamane per la penna di Marco Colonna, li ho trovati particolarmente stimolanti e veritieri. Ne riporto una parte, unitamente ad un bellissimo video di Marco in duo con Silvia Bolognesi, invitando gli interessati a commentare direttamente sul social network:

https://www.hs.facebook.com/odt.oddity?fref=nf

(...) Scelgo di suonare una musica di matrice improvvisativa perchè nello "sconosciuto" nel "momento" ci sono le caratteristiche di un atteggiamento profondamente rivoluzionario. C'è la capacità di essere inclusivi con l'ambiente, con gli altri, con il suono. C'è la ricerca di strategie di bellezza, una ricerca totale e avvincente ed una ritualità antica di creazione. Una responsabilità profonda ed un'attitudine vera onesta.

Comincio a rendermi conto che siamo in una parte della percezione altra, lontani dalla consolazione di chi abusa le parole libertà, diritto, giustizia. Lontani dal concetto egocentrico di artisti. Siamo uno con chi ci ascolta, siamo uno con chi suona con noi, siamo uno con il silenzio. E' una bellezza dolorosa certo, non certo consolatoria. Ma viva. Viva.

Non riesco a capire perchè i movimenti di persone non accolgano queste prassi come proprie. Veicoliamo un senso profondo. Ma a noi si preferisce chi urla banalità spesso. Perchè un mercato ha cucito sugli interessi di ognuno di noi il prodotto giusto. Ma noi non siamo un prodotto. Siamo lavoratori del mistero, siamo operai del silenzio. Siamo chi accende la luce di giorno, siamo il lampo durante il temporale. Siamo necessari.

Siamo tanto abituati a vedere le cose attraverso uno schermo che dimentichiamo il nostro Pianeta, i nostri sentimenti e viviamo abortiti nelle nostre tane. Ci prepariamo al domani vivendo nell'eternità e morendo in un solo momento.

Sotto la maschera

mille universi splendono.

L’anima brucia.

 

Axel Klimt

 
 
 

MILES AT THE FILLMORE: THE BOOTLEG SERIES VOL. 3

Post n°3559 pubblicato il 28 Giugno 2014 da pierrde

I due tastieristi discorrono, litigano, si rincorrono e quando in scena non ci sono i fiati, sembrano volere a tutti i costi finire nei terreni minati del free fino a quando non rientra Miles e li rimette in riga. Interessante quello che una volta aveva confidato Davis in una intervista, su come metteva in conlitto i due, con false dichiarazioni attribuite all'altro, per creare una continua tensione, tensione che si sente anche nella musica.

Mi è capitato di recente di vedere un video del 2013 relativo al gruppo Miles Smiles (Larry Coryell, Joey DeFrancesco, Omar Hakim, Daryll Jones, Rick Margitza, Wallace Roney) che riprende il repertorio del Davis elettrico, nonchè il tributo al Miles elettrico fatto nel 2011 da Herbie Hancock, Wayne Shorter, Marcus Miller (con il giovane Sean Jones alla tromba), e devo dire che gli originali sono ancora più interessanti anche nelle sonorità, oltre che nell'energia e grinta diffuse a piene mani e con una visionarietà un po' folle ed ingenua. E questo mi sembra la cosa più sorprendente.

Continua a leggere qui: 

http://www.traccedijazz.it/index.php/recensioni/26-recensioni-discografiche/489-miles-at-the-fillmore-miles-davis-1970-the-bootleg-series,-vol-3

La recensione di Alberto Arienti Orsenigo mette a nudo il fenomeno del profilicare di gruppi nati con il solo scopo di rendere tributo o continuare l'opera di gloriosi leader.

Basterebbe pensare a ciò che rimane dell'Arkestra di Sun Ra, attualmente ancora in Europa in concerto tra un festival e l'altro, per rendersi conto che si tratta di operazioni nostalgiche e senza un futuro plausibile che non sia nel solco della riproposizione del mito e della sua storia. E le eccezioni in questo campo sono veramente rare.

Sarebbe interessante anche stilare un elenco di album pienamente riusciti a tributo di questo o di quel grande jazzista del passato. E se si riusicsse a elencare una ventina di buoni o grandi dischi, sarebbero comunque una piccolissima parte rispetto alla quantità abnorme della produzione discografica orientata in tal senso.

Il gruppo Miles Smiles l'ho ascoltato a Torino lo scorso anno: ottimi professionisti senza alcun dubbio. Ma l'effetto di quella musica senza Miles era lo stesso del succedaneo del caviale.

 
 
 
 

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