Mondo Jazz
Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.
IL JAZZ SU RADIOTRE
martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30
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JAZZ & WINE OF PEACE
Pipe Dream
violoncello, voce, Hank Roberts
pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig
trombone, Filippo Vignato
vibrafono, Pasquale Mirra
batteria, Zeno De Rossi
Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Messaggi del 02/10/2018
A testimoniare un periodo fecondo per le avventure su ampia scala nel jazz italiano, da poco pubblicato su Dodici Lune ecco il secondo cd del chitarrista campano di adozione bolognese Ugo Moroni “Pinturas”, che affida composizioni originali e standards ( "A Foggy day" di George Gershwin e "Demon’s dance" di Jackie Mclean) ad un organico variabile fra l’ottetto ed il diecimino. Intento dichiarato dall’autore : “rappresentare l’incontro tra arte figurativa e musica, con dedica particolare a Francisco Goya cui sono dedicati i brani “Pinturas Negra”, “La V° di Goya” e “Saturno divora i suoi figli”, nei quali, come nelle “Pitture Nere” di Goya, “Eros e Thanatos” sono interpretati come aspetti unilaterali dell'essenza umana ed espressi in musica attraverso gli opposti: melodia e rumore, pieno e vuoto”. Ed un analogo metodo sembra avere guidato la scelta per la composizione del largo ensemble protagonista dell’incisione, che affianca musicisti di estrazione propriamente jazz come i sassofonisti Gaetano Santoro, Giovanni Benvenuti e Marco Vecchio, improvvisatori come il clarinettista Daniele D’Alessandro, sperimentatori dadaisti come la violinista Valeria Sturba, ed una pianista classica appassionata di canto jazz come Irene Giuliani, insieme, o in alternanza, al sax di Federico Eterno, al clarinetto di Olivia Bignardi, alla tromba di Gabriele Polimeni, al trombone di Roberto Solimando, ai bassi di Filippo Cassanelli e Gabriele Quartarone ed alla batteria di Vincenzo Massina. Il clima di “Pinturas” alterna un disinvolto uso ritmico ed armonico dell’orchestra nelle sezioni tematiche con effetti che spaziano dalla sontuosità di una big band (“Saturno divora i suoi figli”) all’essenzialità della banda (vedi il sobbalzante motivo di “La V di Goya”), a momenti di improvvisazione e spazi solisti gestiti sempre in senso funzionale al disegno complessivo. Che è ritmicamente vivace, ricco di contrasti fra la tradizione del jazz (l’eleganza formale di “A foggy day”) e richiami anche a mondi diversi (il theremin e le citazioni hendrixiane su “Demon’s dance”), impresso con una vena di inventiva lucida ed un po' folle su una tela collocata in una nowhere land fra Ellington e Zappa. Unico appunto, la brevità del lavoro, che esaurisce in poco più di mezz’ora il proprio sviluppo, lasciandoci immaginare, sui duetti fra la tromba, il trombone e la batteria del brano conclusivo, quale potrebbe essere la resa del progetto in una dimensione live dai confini meno ristretti. Andrea Baroni |
Post n°4090 pubblicato il 02 Ottobre 2018 da pierrde
I nomi sono frutto di un attento mixage tra coloro che riempiono un teatro, ed in genere si tratta spesso di musicisti abusati fino alla noia, c'è poi una differenziazione di stili che può servire a rappresentare al meglio più gusti e più tendenze, ed infine una minoranza di artisti che, almeno a mio parere, rappresentano quanto di più nuovo in fatto di idee e soluzioni oggi si possa ascoltare. Questo scrivevo giusto un anno fa, e ora, programma del festival alla mano, mi pare che ben poco sia cambiato (vedi i due poster). I soliti noti (ci sarà, nascosto in qualche landa isolata, un italiano che ancora non ha visto Bollani, Rava o Fresu ?), qualche deragliata di linea (Paolo Conte ? Che ci azzecca ? ), qualche ottimo nome da tempo non visto a Milano (Zorn, Kuhn, Art Ensemble of Chicago, Dave Holland, Abdullah Ibrahim), qualche altro visto anche troppo spesso (Frisell, Maceo Parker,Chick Corea, John Scofield) e infine qualche proposta del tutto intrigante, italiana e non. Sia chiaro, dopo la fine di Aperitivo in Concerto avere un festival a Milano è importante, e accontentare tutti i gusti non è semplice, ma, come lo scorso anno, manca quel colpo di reni che fa la differenza tra un festival ed un grande festival. Parlo da appassionato che esprime un parere in base alle proprie preferenze e ai propri gusti, ma è ovvio che il mio plauso va comunque agli organizzatori. Ai quali auguro di proseguire a lungo, magari strada facendo arriverà anche il coraggio di osare oltre il prevedibile. |
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