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Lavoro di morte

Post n°761 pubblicato il 25 Luglio 2015 da ilpasquino.controinf
 

Forse nessuno se ne sta accorgendo o molti fanno finta di non accorgersene o nascondono, dietro i proclami del “grande premier”, una verità che viene sempre più a galla: “ per lavorare devi anche rischiare di morire”.

Anni ed anni di svendita dei diritti, del primato produttivo che riduce le vite a mere merci, a macchine da utilizzare sino allo stremo.

Il calo occupazionale italiano non ha significativamente inciso sul numero di morti sul lavoro, soprattutto evidenzia, in modo inequivocabile, a che livello di sfruttamento si sia arrivati, tanto da far morire, sotto la calura di questa estate, i propri braccianti (nel Salento), costringere, a turni forzati, operai che lavorano con i fuochi d’artificio e che necessitano della massima attenzione per la pericolosità del lavoro che svolgono (7 morti e 4 feriti gravi a Modugno, provincia di Bari), soprassedere sull’adeguamento degli impianti di controllo climatico, con l’aggiunta di un accordo integrativo che peggiorava turni e cancellava pause, sino a trovarsi a raccogliere l’ennesima vittima, nel reparto presse, dove la temperatura raggiunge i 48 gradi, deceduta per shock termico (Marangoni Pneumatici di Rovereto).

Il jobs act è solo la legalizzazione di quanto Cisl e Uil in testa, ora seguiti a ruota anche dalla Cgil, hanno permesso nelle fabbriche Fiat. Aumento dei ritmi di lavoro, negazione dei diritti fondamentali, come la scelta democratica dei propri rappresentanti sindacali, compresi quelli sulla sicurezza, ormai diretta emanazione della dirigenza aziendale, totale asservimento alle esigenze produttive a scapito della propria vita, del meritato riposo, delle necessarie ferie, sono il segno di quel ritorno al passato che vedeva i nostri connazionali morire nelle miniere di Marcinelle, travolti dai muletti o schiacciati nelle catene di montaggio, precipitati dai cantieri edili o saltati in aria nelle fabbriche pirotecniche.

“Errore umano” è la tipica sentenza che accompagna la strage voluta da questa classe dirigente, da questa politica, da questi sindacati, da chi non si ribella, da chi crede che sia giusto rischiare la propria vita per quel tozzo di pane che a stento ti permette di mangiare.

Un errore figlio di quello sfruttamento che annebbia le capacità, cancella la dignità, opprime ogni libertà ed ogni speranza, rendendo il lavoro strumento di morte, morte sociale, delle coscienze, delle conquiste, di quella Costituzione calpestata, di quel futuro che così non sembra avere più alcun senso inseguire, se questo è quanto lasciamo in eredità ai nostri figli.

 
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