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Creato da: ilpasquino.controinf il 02/01/2012
giornale di controinformazione

Messaggi di Settembre 2014

 

Una scuola “diversamente” pubblica

Post n°593 pubblicato il 23 Settembre 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

In giro per le scuole d’Italia,  soprattutto elementari, nel segno di quella “rivoluzione” dal sapore fascista, fatta di propaganda e parole vuote di senso e di progetto, che stanno caratterizzando il cammino renziano verso lo strapiombo di un default nazionale “addobbato” dalla cancellazione di diritti quali lavoro, sanità, istruzione.

L’asse portante del “cambiamento” del paese, secondo le prime (24 febbraio 2014) ed ultime esternazioni di un premier che di proclami vive, doveva essere la scuola, con investimenti atti a migliorarne le strutture e a renderla fruibile a tutti, tanto da farne il volano per quell’Italia migliore che lui dice, anche quando è sobrio, di rappresentare.

I fatti, tutti i fatti, come sempre, ci presentano una realtà ben diversa da quella delle passeggiate, riprese da giornalisti che hanno scambiato il loro mestiere con quello di fotografi per matrimoni (senza offendere chi fa, con meritato rispetto, questo lavoro), nelle aule dove alunni poco più che undicenni lo accolgono plaudenti. Gli edifici scolastici ancora a rischio, anche dopo le promesse non mantenute, ammontano al 60% del totale, gli investimenti ci vedono al penultimo posto nell’Ocse, secondo le rilevazioni di quest’ultimo, con una spesa di solo il 4,9% sul Pil, in confronto alla media del 6,2%.

Ai freddi dati, che danno il quadro di una situazione indegna per un paese civile e specchio di una classe politica inadeguata e ben lontana dal volere, realmente, la rinascita di questo paese (l’istruzione è l’unica arma che i diseredati hanno per riprendersi ciò che gli è stato rubato), devono aggiungersi le centinaia di segnalazioni che provengono da ogni parte dello stivale sulla totale incapacità, della scuola pubblica, di assolvere al compito Costituzionale e che la legge 104/92 gli assegna, di permettere a tutti, a partire dai più deboli, dai disabili,  l’accesso all’istruzione.

Da Napoli a Bergamo,  passando per Pesaro, ai genitori dei ragazzi disabili viene suggerito di far restare i propri figli a casa o di fargli frequentare, per poche ore, l’Istituto, vista la mancanza cronica di insegnanti di sostegno, negandogli, quindi, la necessaria integrazione ed istruzione…proprio nel segno di quell’Italia che cambierebbe in meglio secondo il Renzi pensiero.

Una scuola “diversamente” pubblica, non più stimolo ad una crescita personale e collettiva, ma escludente, settaria, sottomessa a quei vincoli di bilancio, schiavi dei furti e della corruzione della classe politica,  e serva degli interessi della finanza e dell’industria capitalista, che ne storpia missione e senso, sottraendo, ai nostri figli, la capacità critica di farli diventare uomini liberi.   

Nell’ Italia che ormai si accontenta di programmi pieni di titoli senza senso, vuoti di ogni contenuto, l’attuale premier, ancora non eletto da nessuno, sembra, da alunno, superare di gran lunga il suo maestro Silvio Berlusconi.

 
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200mila esodati senza stipendio e senza pensione

Post n°592 pubblicato il 20 Settembre 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

E’ una grande vittoria del PD, lo annuncia Giovanna Martelli, deputata PD e componente della commissione Lavoro della camera, dopo l’approvazione di un provvedimento che “salva”, per modo di dire, altre 32mila persone dalla fame, arrivando ad un totale di 170mila a fronte degli oltre 390mila lasciati in “brache di tela” dalla riforma Fornero, che sposta l’età pensionabile di 5-6 anni, rendendo carta straccia gli accordi sottoscritti con chi ha accettato di abbandonare il lavoro dietro la certezza di poter arrivare alla pensione.

A meno della metà viene quindi concessa la salvaguardia, a nome di quel famoso detto: “dividi et impera”, che sembra divenuta l’unica regola di chi, disattendendo impegni presi e cancellando diritti acquisiti, spera così di rompere il fronte della protesta e “risparmiare”, sulla pelle di circa 200mila famiglie, il necessario per continuare a rubare risorse e a mantenere stipendi parlamentari che non hanno paragoni nel mondo conosciuto.

Solito schema adottato: prima promesse a tutta la platea, poi divisione, in piccoli frammenti, della soluzione del problema,  accompagnata dalle solite scuse di mancanza di fondi (che non mancano mai né per i vitalizi, né per gli stipendi dei parlamentari, né per i finanziamenti ai partiti), ed infine la fregatura che colpisce, solitamente, la maggioranza delle persone, già stremate da mesi di lotta e probabilmente abbandonate, come è umano, da chi ha visto il suo problema risolto.

L’idea “fantastica” è venuta al senatore Ichino, vecchia conoscenza dei lavoratori precari, di quelli disoccupati, di quelli sottoccupati e sottopagati. Il professorone, ora nella Lista civica di Monti (il suo giro nei partiti al parlamento sembra non avere mai fine), che dichiara, nel 2010 (ultima dichiarazione dei redditi da me rintracciata) 120mila euro per il suo “lavoro” parlamentare, presenta assieme al senatore Pagano (Ncd), al senatore Berger (gruppo autonomo), senatrice Parente (ancora PD), un ordine del giorno, in Commissione Lavoro, che prevede, per i 200mila restanti senza pensione e senza stipendio, considerati “numericamente assai limitati”,  un reinserimento nel mondo del lavoro e…sentite, sentite: “per rilanciare l’occupazione nel nostro paese” , con “forme di flessibilizzazione dell’età pensionabile” (ancora???...a che età secondo Ichino dovremmo andare in pensione???) e di combinazioni di lavoro a tempo parziale e pensione parziale.

Inutile ricordare al senatore che l’Italia, mese dopo mese, batte i suoi record di disoccupazione, che il mondo del lavoro è bloccato non dalle regole che sarebbero imposte, ma da un crollo produttivo dovuto in primis dal peso fiscale che lo stato impone alle aziende per mantenere gente come lui e, non in secondo ordine, dal furto continuo delle risorse pubbliche che la corruzione, di cui i partiti relatori del disegno sono maestri, e dagli sprechi, che servono agli stessi per essere votati dai loro bacini di raccomandati, amici, parenti ed affini.

La lettera risentita di uno dei comitati degli esodati, in cui si fa civilmente presente che la violazione di diritti acquisiti non può ritenersi un’ “equa” soluzione, è stata subito segnalata alla Polizia postale come minacciosa nei confronti dei firmatari dell' ordine del giorno ed ha ricevuto la risposta “piccata” del solito Ichino che fa presente, a chi è senza stipendio e senza pensione, che: “escludere tutti coloro che si trovano in questa situazione dall’ applicazione delle nuove norme pensionistiche (che violano un diritto acquisito ndr.) equivarrebbe evidentemente ad abrogare la norma stessa”…cioè, in poche parole, anche se la norma è sbagliata, qualcuno deve pur pagare !

Che la norma non trovi completa conferma nella legislazione attuale ci viene confermato, proprio in questi giorni, dal ricorso di un esodato contro lo Stato. Il giudice, a seguito della causa intentata contro una riforma che cancella accordi pregressi, ha restituito, all’ex-lavoratore, il diritto alla pensione.

Forse sarebbe il caso che il professor Ichino, ed i cofirmatari di un ordine del giorno che insiste sulla violazione di leggi e diritti, si diano una riguardata ai libri di testo costituzionale, si riguardino le leggi e cerchino di fare il loro mestiere con meno arroganza e supponenza e con più rispetto delle regole…anche perché vengono pagati, da noi, proprio per questo.

 
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I papponi

Post n°591 pubblicato il 18 Settembre 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

L’indecenza di questo paese sembra non avere alcun limite. Mentre il paese muore, mentre gli anziani pensionati, a pochi euro al mese, rovistano nella spazzatura per trovare il loro sostentamento, mentre giovani e gente di mezza età fuggono all’estero o si suicidano per disperazione, il furto sistematico delle risorse economiche, il mantenimento di privilegi inaccettabili, perché fondati sull’esproprio delle necessità pubbliche, non solo rimangono inalterati, ma si alimentano, in quella corsa al “si salvi chi può” che fotografa la reale credibilità di questo governo e di quel personaggio da fumetti, estremamente pericoloso perché oramai in preda ad un delirio di onnipotenza che il folle voto delle europee gli ha concesso.

Eravamo fermi a quegli stipendi dei politici e dei dirigenti di aziende pubbliche che non hanno paragoni non solo in Europa, ma neanche nell’intero globo, a quei vitalizi che sono un vero e proprio insulto non solo a chi non riesce a mettere il piatto in tavola, ma a quei principi di eguaglianza di cui la nostra Costituzione è piena, agli emolumenti di chi girovaga nelle aule parlamentari, dal barbiere al portiere, che rimangono, intonsi, emblema di una casta che se ne strafrega delle reali condizioni del paese e che vuol far pagare il conto solo ai più deboli, a quella parte della popolazione che, stupidamente, non ruba, non evade, è onesta.

Ma all’appello mancavano i sindacati, quegli apparati stracolmi di nullafacenti, sempre pronti a firmare accordi a perdere per chi lavora ed ad impedire la nascita di rappresentanze di base, escludendole da ogni trattativa, assisi nei consigli di amministrazione di banche ed aziende pubbliche e private, gestori di fondi pensionistici fallimentari per chi ci ha aderito, proprietari della maggioranza dei Caf presenti sul territorio italiano, che, grazie ad una legge del 1996, la 564, usufruiscono di un “privilegiato” computo della propria pensione.

Nella serata del 17 settembre 2014, nella trasmissione “Le iene”, è andato in onda un servizio che svela quello che a molti, me compreso, era totalmente sconosciuto.

Questi signori, se così vogliamo ancora chiamarli, prendono una pensione basata sull’ultimo mese di stipendio, inserendo inoltre, nei loro organici, parenti, amici, conoscenti che, come d’incanto, si trovano ad essere “dipendenti” di un sindacato dove non hanno mai lavorato. Per tutti questi personaggi non vale il computo contributivo, non conta quanto hanno versato nelle casse dello Stato per il computo della pensione (come per noi comuni mortali è regola), basta che comunichino all’Inps l’importo dell’ultimo stipendio, vero o virtuale, ricevuto, per ottenere una pensione calcolata sullo stesso…

Un macigno che si abbatte sulle casse di un istituto, l’Inps, che ha già dovuto assorbire i sistemi fallimentari pensionistici dei dirigenti d’azienda e di altre “realtà” perennemente in perdita…cioè ha dovuto coprire le perdite di chi non aveva i soldi per ripianare le spese folli, senza alcuna copertura, che i privilegi dei loro iscritti prevedevano, gravando, così, su tutti noi !

Ma lo Stato italiano, ogni giorno di più nemico del suo popolo, non ha mai pensato, neanche lontanamente, di alleggerire l’istituto di gravami indegni, che rubano risorse e aggravano bilanci mantenuti esclusivamente da chi paga le tasse ed i propri contributi per intero, ma ha preferito rimanere le pensioni minime a livelli al di sotto della povertà, procrastinare l’accesso, a chi lavora da oltre 40 anni, alla pensione, cancellare gli accordi sottoscritti con gli esodati, lasciandoli senza stipendio e senza pensione, cancellare quegli aiuti necessari ai disabili veri che vivono nel nostro paese.

I papponi sembrano non aver mai smesso di mangiare neanche sul cadavere di un paese ridotto così dai loro furti e dai loro indecenti privilegi. La crisi economica, che sicuramente ha il suo peso, non è l’unica spiegazione di quanto accade in Italia, un paese nel quale il furto è quella regola che ha cancellato democrazie e solidarietà, che ha reso possibile, a pagliacci giovani e vecchi, di occupare lo spazio democratico e di cancellarne il senso morale, civile e materiale.

Una raccolta di firme, per cancellare questo ennesimo schiaffo, della legge 564/96, che permette alla casta sindacale di vivere di rendita grazie ai nostri sacrifici, è un impegno che questa piccola pagina si propone di portare avanti contando sull’aiuto di chi è stanco di essere preso per i fondelli da papponi senza arte né parte.

 
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La Renzite

Post n°590 pubblicato il 15 Settembre 2014 da ilpasquino.controinf
 
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Altro che “riformite” e “supplentite”, l’ Italia è malata di “renzite”, di quella incapacità fatta governo, di quell’arroganza, figlia dell’ignoranza e del degrado morale di quel ventennio appena trascorso, che ha accompagnato quei personaggi  che hanno calcato la scena politica italiana, riempendo il parlamento e tutte le aziende pubbliche, di indagati, corrotti, collusi, mafiosi, giovani donne di “facili costumi”, giovani uomini che avrebbero tanto voluto essere le giovani donne appena citate.

Neanche il pil, ricalcolato tenendo conto dell’economia criminale che si arricchisce su spaccio di droga e sfruttamento della prostituzione, riesce a fare uscire il paese dal baratro in cui il governo del selfista la sta infilando. Ocse e S&P riportano con i piedi per terra l’annunciatore, -0,4 % per l’Organizzazione, 0% per l’agenzia di rating americana, questo quanto previsto in termini di Pil per il 2014 (previsioni nere anche per il 2015…solo un misero + 0,1%), unico paese dei G7 in recessione.

In effetti basterebbe riuscire a guardare quanto accade, al di fuori delle scuole superprotette dalle forze dell’ordine, o dagli studi televisivi dei camerieri di quart’ordine, dove sono ammessi solo gli schiavi felici e danzanti , per accorgersi che “gufi” e “professoroni” non hanno alcuna responsabilità sui risultati di un  fallimento a tutto tondo, a 360 gradi…su quel “botto” annunciato a Luglio, che assomiglia sempre di più ad un assordante tonfo.

La cura del governo dei “noi siamo i giovani più giovani” ripercorre, pari pari, le strade disastrose di ulteriori tagli del welfare (sanità e scuola), di un aumento negato, ma nei fatti reale, della tassazione sulle famiglie e su quel ceto medio ormai alla frutta, di un attacco ai diritti, ancora una volta, dei più deboli…non basta ai cialtroni del PD aver ridotto la gente a non curarsi neanche più…

La “renzite” ricorda, per certi versi, i peggiori anni della nostra repubblica, dove un uomo in camicia nera attaccava gli altri organi dello Stato, metteva a tacere i dissenzienti e, nel delirio di masse rincretinite, trascinava l’intero paese nel baratro da lui stesso scavato.

Ora le camicie sono bianche, ma i toni da dittatorello paiono simili a chi, tragicamente, l’ha preceduto. Nel suo partito sono più gli inquisiti che quelli con la fedina penale pulita, e lui attacca la magistratura. Nel paese la gente muore di fame, e lui parla di ripresa e di “grande botto”, i pensionati scavano tra i rifiuti, e lui taglia la sanità…e va alla guerra, felice e contento, spendendo quei soldi che servirebbero a rilanciare l’economia, a risanare una sanità ormai al collasso, a ristrutturare quelle scuole fatiscenti che come erano, prima delle sue solite promesse da mercante, così sono rimaste oggi.

Il consenso che segue questo delirio non è estraneo alla vita della nostra nazione. Mussolini prima, Berlusconi dopo ed ora Renzi…al popolo italiano piace “ammalarsi”, assecondare la malattia per paura del  “cambiamento”, perché per cambiare ci vuole coraggio…e questo paese coraggio non ne ha quasi mai avuto.

 
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Attacco a Marchionne

Post n°589 pubblicato il 12 Settembre 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

Il sindacato Slai cobas di Pomigliano d’Arco annuncia, in un assemblea partecipata, la sua mobilitazione contro quello che appare, dati alla mano, il reale intento della Fiat di Marchionne: il lento e progressivo smantellamento e/o ridimensionamento dello stabilimento campano.

Dei circa 4500 lavoratori attualmente ne sono occupati meno della metà e di questa metà sono stati “privilegiati” i meno sindacalizzati. Con lo smembramento di alcuni capannoni addetti al montaggio, dimezzando così la capacità produttiva dello stabilimento, già da adesso la Fiat avrebbe un esubero strutturale di circa la metà dei suoi dipendenti,  fatti che smentiscono quei piani, ancora poco precisati, che Marchionne prevede per Pomigliano. I contratti di solidarietà previsti non riguardano le attività che hanno un diretto impatto sulla produzione, ma solo quelle collaterali. Il polo logistico di Nola rimane senza un reale futuro e l’accordo sottoscritto ne lascia fuori la maggioranza, permettendo all’ azienda di scegliersi i più “fedeli”, senza cancellare lo spettro di una prossima terziarizzazione preludio, come accade sempre in Italia, del definitivo smantellamento e chiusura dell’impianto. L’ improvvisa  marcia indietro su “Fabbrica Italia”, con il ritorno della stessa in Fiat, è la conseguenza della causa persa per attività antisindacale con la Fiom, motivo per il quale le leggi europee prevedono la restituzione di quel 50% di aiuti e finanziamenti statali ottenuti e dei quali, ad oggi, Regione Campania e Ministero del Lavoro ancora non hanno dato alcun resoconto.

Questo il quadro nel quale il sindacato Slai cobas ha intenzione di rimanere viva l’attenzione sulla fabbrica di Pomigliano, un quadro reso difficile dal ricatto costante a cui sono costretti quelli che ci lavorano, accettando condizioni ed orari di lavoro che mortificano quelle del buon senso e del rispetto dei diritti, e la rabbia e la disperazione da chi da anni resta in cassa integrazione o ha la possibilità di lavorare per soli due tre giorni al mese, grazie ai contratti di solidarietà.

Mobilitazione perenne e cause civili e penali contro chi della legge e dei diritti fa carta straccia quotidianamente, contro chi spende 27 milioni di buonuscita per un dirigente di una delle sue aziende collegate (la Ferrari), e non trova i soldi per investimenti in grado di rilanciare gli stabilimenti italiani, contro chi ha ricevuto dallo Stato aiuti non quantificati, perché tenuti segreti da chi, come la Regione Campania, ne ammette l’esistenza, ma non ne trova le carte che ne spiegherebbero le motivazioni, contro chi ha deciso di smantellare, pezzo dopo pezzo, una delle ultime industrie del Sud ed ha calpestato non solo quegli accordi sindacali, mai accettati dalla maggioranza degli operai, ma quelle regole che permettono finanziamenti statali tesi, esclusivamente, ad avere un ritorno nel sociale, nella vita delle famiglie e della collettività, cosa mai avvenuta e che, nella realtà, ha solo creato ulteriori penalizzazioni per il territorio e per i lavoratori.

Condotta antisindacale ed illegittimo trasferimento è l’accusa, nell’ambito della causa civile, in appello il prossimo 9 Ottobre, che il sindacato muove alla Fiat, basata su trasferimenti illegittimi, guidati più che altro da vere e proprie ritorsioni contro chi rimaneva “sindacalizzato” e sulla mancata comunicazione, all’organizzazione sindacale Slai cobas, dei suddetti trasferimenti; sul versante penale l’ufficio legale del sindacato sostiene che la Fiat, abbia violato l’art. 612 bis del codice penale, avendo messo in atto vere e proprie azioni persecutorie nei confronti dei suoi dipendenti, l’art. 640 bis, avendo ordito una presunta  truffa ai danni dello Stato per ottenere erogazione di fondi pubblici, e l’art. 41 della Costituzione italiana che recita, testualmente: “ L’iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”

Le iniziative legali, dichiara lo Slai cobas, sono solo parte di quel percorso di mobilitazione operaia necessario non solo a rendere palesi le bugie di Marchionne, che la stampa italiana si tiene bel lungi dallo svelare, ma il ripartire in un percorso di lotte e di rivendicazioni che riguardi tutti gli operai della Fiat, e non solo gli iscritti di qualche sindacato, salvaguardandone quella dignità di cui tutti parlano, messa sotto i piedi da una concezione pietistica di un lavoro non più considerato diritto, ma concessione, superando quelle sceneggiate e quelle processioni  di “dotti”, “sindacalisti”, “prelati” ed “istituzioni”, sinora sempre assenti,  che nulla hanno a che vedere con quanto va conquistato e non elemosinato.

 
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