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L'America immemore.

Post n°3315 pubblicato il 02 Settembre 2024 da fedechiara
 

L'America immemore. - 02 settembre 2021
L'America non legge i suoi scrittori. Né ascolta i suoi cantautori: quelli che cantavano gli inni contro la guerra sporca, mentre i C130 rimpatriavano le bare dei soldati a mucchi e la lista dei nomi iscritti sulla lapide nera della commemorazione dei caduti diventava illeggibile per la troppa, desolante lunghezza.
Il Vietnam: la guerra più vituperata della seconda metà del secolo, quando ancora si facevano brillare a decine le bombe inesplose del macello europeo della seconda mondiale nelle città che si ricostruivano. Una guerra di occupazione durata oltre un ventennio, una decisione insensata e un vizio assurdo di volpe americana incanutita ormai quasi priva del pelo: il vizio di 'esportare la democrazia' con le bombe e il napalm.
Il bel documentario sui 'Dispacci dal fronte' di Steinbeck, scrittore massimo, visto su Raistoria, ci racconta con voce piana, stimolando i ricordi anche personali, che tutto quanto si poteva dire per fermare quella guerra fu detto ai politici sordi e ciechi con le parole acconce e inutilmente misericordiose dello scrittore americano, testimone di esplosioni e di esecuzioni - e di intere porzioni di giungla e i villaggi illuminati dagli incendi del napalm.
L'apocalisse dei molti film che furono girati quando ancora si combatteva e subito dopo la partenza e la fuga con l'ultimo elicottero dell'ambasciatore con la bandiera americana ripiegata.
Una immagine che fa il paio con quella del visore notturno in colore verde che mostra il generale comandante dell'esercito di occupazione afgano che sale per ultimo sull'aereo del ritorno all'ovile. Addio per sempre all'idea dell'esportazione di democrazia, dice oggi Biden, affranto e nella polvere dei sondaggi, ma chissà se i suoi successori se ne ricorderanno.
Steinbeck fu libero di viaggiare e ascoltare e documentare il macello e il massacro vietnamita e di chiedersi e chiedere ai molti suoi lettori che senso aveva quel dispiegamento di violenza gratuita. Un immane sforzo bellico che, nel suo dispiegare un massimo di violenza e crudeltà assassine, è oggi assunto a insensatezza biblica e tomba di senso, ma non lo fu per ben quattro presidenze e i relativi membri del congresso, incapaci di fermare i diavoli della macchina bellica e dell'apparato militar-industriale sempre vorace di nuovi strumenti bellici e di occasioni di provarli in azione.
C'è uno iato incolmabile fra l'intelligenza dolente degli intellettuali e quella cosa strana e aliena e indomabile che muove le sinapsi e il gioco caotico dei neuroni dei politici e gli scritti di Steinbeck ce lo documentano con il rigore e il pudore di un racconto epistolare dolente messo di fronte a un evento ineluttabile.
'Se potessi fermare anche solo di un'ora quella guerra insensata, credimi: prenderei il primo aereo in partenza e tornerei in Vietnam.' scrive alla sua interlocutrice.
Poco più di vent'anni dopo l'America è tornata sui luoghi dei suoi delitti asiatici, l'Iraq prima e poi l'Afghanistan, a mostrare al mondo le sue malvagie, incontrollabili pulsioni di morte e il suo vizio assurdo di esportare la democrazia a suon di bombe, trascinandosi dietro una Europa che più prona non si può.
E il buio del futuro a far da sfondo a tanta tragedia di menti malate.

Il documentario “Steinbeck e il Vietnam in guerra”, in onda in prima visione su Rai Storia mercoledì 6 maggio alle ore 21:10, ruota intorno al reportage dello scrittore sulla guerra in Vietnam “vista da vicino”, alla sua volontà di raccontarla “in maniera oggettiva”, alle sue solide convinzioni del valore dei soldati americani e alla necessità dell’intervento in quel conflitto che caratterizzarono la prima parte dei suoi articoli.
Tra il dicembre del 1966 e l’aprile del 1967 lo scrittore John Steinbeck, premio Nobel per la letteratura nel 1962, seguì da vicino il conflitto al fianco dei militari americani in Vietnam, come inviato di guerra.
Il suo reportage, 58 dispacci dal fronte, fu pubblicato sul quotidiano Newsday, sotto forma di lettere indirizzate ad Alicia, moglie di Harry Frank Guggenheim, proprietario ed editore del giornale. Anni dopo, le lettere di Steinbeck furono raccolte e pubblicate in un libro: “Vietnam in Guerra. Dispacci dal fronte”. John Steinbeck, scrittore di successo, simpatizzante del partito democratico, legato da una profonda amicizia al Presidente Johnson con il quale sosteneva l’integrità e il valore dei soldati in guerra, era convinto come molti americani, che l’intervento militare in Vietnam servisse a “difendere la libertà di una piccola nazione coraggiosa dall’invasione comunista”. Quella guerra avrebbe inoltre fatto emergere il meglio dell’America, e il Paese, affrontando quella sfida, si sarebbe rigenerato.

Nessuna descrizione della foto disponibile.
Cronologia della guerra del Vietnam - Wikipedia
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Cronologia della guerra del Vietnam - Wikipedia

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