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« Un voto contro lo s-gove...Due pesi e due misure »

Gely e Viktor uniti nella lotta

Post n°976 pubblicato il 10 Settembre 2019 da fedechiara
 

 

E, se volete costruirvi un percorso di visita tematico, andate a palazzo Rota Ivancich – che anche nel nome del secondo proprietario richiama i tempi grami dell'occupazione dell'Istria e della Dalmazia e della sua 'liberazione' per mano dell'esercito partigiano titino - di cui alle rinomate 'foibe' piene di cadaveri uno sull'altra che hanno agitato i nostri dibattiti recenti. 
E vi espone Nadia Prlja, artista designata dalla Macedonia per il suo padiglione, con scritte che sembrano state prese dai muri dei 'writers' all over the world prima e dopo la caduta del muro. 
Ma non è celebrazione o, di contro, vituperio delle note vicende del socialismo/comunismo che ha agito nei nostri sogni ed incubi per oltre cinquant'anni – prima di cadere esausto su se stesso per l'immane compito che si era dato di liberare l'umanità dalle sue catene – bensì è 'destrutturazione', nelle intenzioni dell'artista.
Che è come scomporre i pezzi di una macchina per capirne gli interni meccanismi di funzionamento o dissezionare un cadavere per scoprire di cosa è morto veramente e quali malattie interne covava.
E si viene avvolti dal rosso, naturalmente, colore-simbolo e tormentone dei nostri Sessanta – come quell'inno stolido di 'Bandiera rossa la trionferà...' (oggi 'Bella ciao') che ci propinava alle 12 in punto Radiocapodistria, insieme alle dediche e agli auguri dei radio-ascoltatori del nord-est.

Ma se, invece, volete 'rifarvi la bocca' e gli occhi e tornare agli echi del socialismo reale dissequestrato e finalmente sdoganato dallo zdanovismo delle origini e curato con bravura e attenzioni massime alla Storia e ai suoi echi nella storia dell'arte russa, da parte dei professori di Ca' Foscari, sezione lingue slave, andate a vedere la mostra dedicata a un mostro sacro della pittura Gely Korzhev, il cui genio è capace di ri-proporci i nudi della classicità, ma con addosso gli stivali di una contadina tornata dal duro lavoro dei campi. Una Venere tizianesca polpacciuta e potente come nessun'altra nella storia della classicità. E vi sono, naturalmente, gli echi della guerra e le bandiere rosse al vento o a terra, secondo che si narri di sconfitte o di vittorie, ma è il trionfo e il fascino del pittore della tradizione che vi si evidenzia, il pittore di tele – che torna a Venezia 57 anni dopo la sua partecipazione alla XXXI Biennale nel mitico padiglione dell'U.r.s.s.
Un altro grande pittore russo, un'altra splendida mostra cafoscarina, dopo quella che ci propose i quadri mirabili di Viktor Popov, - che tanto ci piacque e ci convinse della bontà delle scelte di quella storica sede espositiva. Chapeau. 
(Ca' Foscari Esposizioni 03/05 – 03/11/2019)

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