Creato da fedechiara il 14/11/2014
l'indistinto e il distinto nel suo farsi
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Settembre 2016 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
      1 2 3 4
5 6 7 8 9 10 11
12 13 14 15 16 17 18
19 20 21 22 23 24 25
26 27 28 29 30    
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 4
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultime visite al Blog

fedechiarasurfinia60cassetta2feder10davidhellyermisteropaganoJohn13dglChevalier54_ZQuartoProvvisorioGiulia0dgl12pragency177karel_ASoglioletta0Arianna1921Najka
 

Ultimi commenti

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

Messaggi di Settembre 2016

Chissà dove

Post n°299 pubblicato il 25 Settembre 2016 da fedechiara
 

Il tempo ossida ogni cosa delle nostre vite e corpi e così è per le cose della politica – e Renzi e il suo s-governo vanno in cronaca, da gran tempo ormai, più per gli schiaffoni che gli arrivano da questa o quella parte politica e sociale (inclusa l’opposizione interna) che per le cose che ha fatto: le banche, il maledetto job act del lavoro pagato coi vouchers e quel pasticciaccio brutto di palazzo Madama e Chigi che riformerà il Senato mandandoci dentro dei nominati al posto dei presenti eletti (ma non era meglio eliminarlo tout-court?).

E speriamo che a novembre ce lo togliamo di torno, quest’imbonitore fiorentino da tre palle un soldo arrivato al potere con una congiura di palazzo e restatoci così a lungo a causa dei bizantinismi del presente sistema dei partiti e dei voltagabbana che formano la sua maggioranza dei tre forni (alfaniani, verdiniani e, all’occorrenza, la stessa Forza Italia).

Intanto ci teniamo l’Europa che ci esclude dai vertici e alla quale ci rivolgiamo col cappello in mano per avere ‘più flessibilità’ nei conti e nel debito stellare che non riusciamo a intaccare per non incorrere in leggi di bilancio ‘lacrime e sangue’ e che imploriamo, l’Europa, che si prenda almeno un pugno di migranti che importiamo dalla ‘frontiera sud’ per forza inerziale e follia di cattiva politica immigratoria a centinaia di migliaia ogni anno e vanno, per le segrete vie e con l’aiuto delle folli associazioni dei ‘no borders’, a ingrossare le giungle di Calais che costeranno la presidenza a Hollande e quelle di Ventimiglia e di Como che costeranno al pd la perdita della risicata, esigua maggioranza di s-governo alle prossime elezioni.

E anche la presidenza Trump, nelle cronache e nei telegiornali, fa capolino come non più una ipotesi maledetta, bensì una maledizione colla quale occorre misurarsi e riflettere su come e perché stanno cambiando le maggioranze di governo future delle principali nazioni e quali spaventosi errori abbiano commesso le sinistre dell’Occidente malate di buonismo e che ancora affermano – come quei dementi fissati su una sola frase e faticoso concetto che allaga le loro scatole craniche e fa naufragare le sinapsi – che ‘multietnico è bello’, mentre Charlotte è in stato d’assedio a causa dei disordini e si contano i morti nei supermercati, come si sono contati e si conteranno da noi a Parigi, Bruxelles, Nizza e chissà dove domani, chissà dove. A Roma, forse?

 
 
 

A novembre

Post n°298 pubblicato il 20 Settembre 2016 da fedechiara
 

Tornano i ‘venti di guerra’ – una guerra per bande, per sette tribali, per gruppi di ‘ribelli’ non meglio identificati da un giornalismo pressapochista e schierato in grandissima maggioranza colle scelte folli e sbagliate dell’amministrazione Obama.
Un’amministrazione Obama-Clinton (pessima segretaria di stato) che porta sulle spalle il fardello pesantissimo delle catastrofi umanitarie della Siria e della Libia causate dalle sue scelte sbagliate e dall’illusione pia che ‘portare la democrazia’ in quei paesi di medioevo islamico fosse una scelta epocale, un’apertura luminosa del terzo millennio alle magnifiche sorti del mondialismo de ‘tutti fratelli’ e tutti accolti a braccia aperte nelle nostre città multietniche – e si è rivelato, invece, la bocca dell’inferno presente delle cronache di attentati e bombe nei cassonetti in cui viviamo immersi – e i morti e i feriti per le strade dell’Occidente (Parigi, Bruxelles, Nizza e gli stupri e le ferite nell’anima del Capodanno di Colonia e di altre città europee da parte di bande organizzate di immigrati).

E una campagna elettorale giocata su queste tragiche evidenze non potrà che risolversi male, premiando un ‘nazista dell’Illinois’ o (ne dubito) un ex segretario di stato maneggione e impastato di vecchia politica e di vecchi politici incollati alle cadreghe che hanno già dato abbondanti prove di saper fare sempre e solo scelte sbagliate e folli, di certo in politica estera, – e che non pronunciano le parole giuste di fermezza di fronte alla tragedia delle bombe dell’altro ieri fabbricate e poste a dimora da un afgano ‘naturalizzato’ (ma che c…. vuol dire?) – ennesimo figlio malato del mondialismo e dell’accoglienza indifferenziata e non governata da Obama e dalla sua pessima amministrazione.
Gli dei accecano chi vuol perdere, si dice. Appuntamento a novembre.

Reposta per primo quest’articolo

 
 
 

Del 'ciurlare nel manico'

Post n°297 pubblicato il 19 Settembre 2016 da fedechiara
 

Un certo giornalismo, posto di fronte ad avvenimenti eclatanti e dolorissimi, sembra 'ciurlare nel manico' e ripete all'infinito frasi senza senso prestategli dai politici, - grandissimi 'ciurlatori'/imbonitori per definizione e vocazione.

L'attentato di Manhattan del cassonetto esploso stanotte (ora italiana) e che ha causato 29 feriti sarebbe, a sentire il sindaco della città, 'intenzionale' - e non par dubbio a nessuno, nemmeno al più cretino tra noi, che il mettere una bomba in un cassonetto riveli una 'intenzionalità' dell'attentatore/terrorista.
Ma che c.... vuol dire (o nascondere) quel sindaco e l'intendenza dei giornalisti embedded dietro parole così ovvie e ridicole pronunciate con visi compresi della gravità del momento?

E la parola che non si vuol pronunciare - neanche se l'attentatore apparisse d'improvviso davanti a una telecamera, con barbetta e tratti del viso marcatamente arabi e con un cartello levato con su scritto: 'Sono stato io; sono un 'radicalizzato sul web': Allahu akbar!' - è l'orrenda parola 'terrorismo'.
Una bestemmia giornalistica che, dopo gli attentati di Parigi e Bruxelles e Nizza (e la chiesa di Notre Dame di Parigi che stava per essere lesionata da una macchina-bomba parcheggiata nei pressi) si pronuncia solo dopo molte ore o giorni e solo quando l'evidenza dello stato di 'allarme rosso' ha lasciato sul terreno la colatura tragica di morti e feriti e dispersi.

Perché l'ammettere pubblicamente che 'il terrorismo è tra noi', - è il nostro cruccio quotidiano delle nostre vite blindate - comporterebbe il dare ragione a Trump e favorire la sua campagna elettorale - altra grandissima bestemmia di un giornalismo 'embedded' che fa 'carte false' pur di non ammettere che i sondaggi volgono decisamente a favore del 'nazista dell'Illinois', come lo ha definito Crozza.

Ma giova ricordare che i pretesi nazisti non sorgono come funghi nei boschi per caso, bensì sono la nemesi e il portato di fatti ed eventi a cui abbiamo tutti in qualche modo contribuito con scelte sbagliate quali le società multietniche che abbiamo fatto crescere in modo esponenziale nelle nostre città - e si trascinano dietro gli inevitabili conflitti e le guerre intestine dei 'radicalizzati sul web' - e con le tolleranze colpevoli e le vili acquiescenze di chi non vuole 'prendere posizione' radicale , neanche quando sul terreno ha lasciato amici o parenti. Mala tempora currunt.

 
 
 

La resistibile ascesa dell'Imbonitore fiorentino

Post n°296 pubblicato il 17 Settembre 2016 da fedechiara
 

Che ci sappia fare, da imbonitore, ognun lo dice e la sua loquela svelta e gli argomenti che sciorina a favore delle sue pentole miracolose in cui ci puoi cucinare di tutto – dalla riforma del Senato al job act, passando per i bonus a pioggia che non hanno risollevato l’economia di un dito – sembrano buoni argomenti, ma al referendum prossimo venturo si vedrà se avrà convinto ‘gli italiani’: parola di cui si riempie la bocca ad ogni piè sospinto come se ne fosse il megafono e l’oracolo.

E l’economia che ristagna è il suo cruccio e la sua condanna (it’s the economy, stupid) e non gli è bastato farsi accompagnare nella sua resistibile ascesa dalla avvenente, e pur brava, pulzella estrusca dai morbidi boccoli – e il padre invischiato in quella brutta storia di banche etrusche -, e oggi è in grave affanno e debito di fiato, il condottiero-imbonitore, e si è costretto a più di una marcia indietro e ‘ritirata strategica’ e manda a dire che l’eventuale vittoria del ‘no’ al referendum non lo vedrà dimissionario – e le sue pentole rigurgitanti di promesse e residui bagliori per le allodole si ammucchiano invendute mentre a Bratislava gli mandano a dire che ‘non c’è trippa’ per i furbi gatti fiorentini che si riempiono la bocca dello slogan atroce de ‘salviamo vite’, ma poi vogliono rifilarle sotto veste di ‘giungla di Calais’ e campi-profughi di Como e Ventimiglia alla Francia e alla Svizzera, intasando l’Europa di clandestini e nuovi schiavi – e le periferie urbane delle metropoli europee piene di disoccupati cronici che si ‘radicalizzano sul web’ e studiano di far saltare in aria la cattedrale di Notre Dame con tutti i turisti dentro e i morti e il sangue sul sagrato.

E il povero imbonitore fiorentino ieri si è presentato da solo alla conferenza stampa, lamentando i nulli risultati dell’ennesimo ‘vertice europeo’ (ma non bastano le video-conferenze per quelle vostre inutili cose – con quel che ci costate, a noi contribuenti?). E ha tuonato il suo ‘faremo da soli’ che dà i brividi – considerate le frontiere chiuse dell’Europa e i mille e mille clandestini che andiamo a prendere fin sotto le coste libiche per soddisfare gli slogans elettorali dell’imbonitore che ‘salviamo vite’.
Un’altra politica immigratoria meno folle di questa era ed è possibile, chiedetelo alla Spagna, a Malta e all’Australia.
Il disordine del mondo rotto ha bisogno di argini e contenimenti e di efficace governo delle ‘catastrofi umanitarie’ non di imbonitori da fiera allo sbando.

 
 
 

La città futura

Post n°295 pubblicato il 06 Settembre 2016 da fedechiara
 

La città futura

Mi sono aggirato nei labirinti luridi del mio primo slum metropolitano a 20 anni, a Manila e, quando ne parlai a un amico che lavorava nella capitale, mi disse che ero fortunato di esserne uscito indenne. Mi muoveva la curiosità di tutte quelle persone chiuse in quella dimensione urbana di miseria eclatante e fatica di vivere e nessuna speranza, a breve, di uscire da quel ghetto osceno, crudelmente contrapposto alla città di pietra e monumenti e strade pulite ed edifici governativi e ristoranti e cinema, insomma il 'centro': motore della fragile economia metropolitana che tutto sostiene, anche le briciole che si portano via gli ultimi e i marginali: gli abitanti degli slums.

E anche Bruxelles, l'oscena capitale del 'plat pays' cantato da J. Brel (in realtà un paesaggio ondulato e fitto di boschi e foreste) ha il suo 'centro': motore di una economia turistica asfittica e massimamente caotica – e a stento si passa tra i tavoli e le sedie delle strette viuzze e delle piazzette dove fastidiosi 'mettidentro' insistono a rifilarti il piatto del giorno e le altre schifezze precotte di quasi tutti i ristoranti turistici all over the world.
E Bruxelles ha anch'essa il suo 'slum' – l'immenso distendersi di una crosta di periferia urbana oscena a vedersi e a udirsi (diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d'ira) che ieri era dormitorio delle truppe di lavoratori di una immigrazione interna all'Europa, sopratutto italiana (le miniere del Belgio e le attività metallurgiche oggi morte e sepolte) e oggi è il teatro all'aperto di apparenza miserabile e fitto di cartacce e lattine di una immigrazione 'mondialista' come si ama dire. 
E, se percorrete la rue Charles Quint in direzione del centro storico, avrete la plastica rappresentazione di come si presenteranno ai figli e ai nipoti tutte le metropoli europee affannate dall'immigrazione selvaggia di questi anni da qui a un decennio. E ancora non mi è chiaro quali mani 'coloured' e barbe arabe e menti future di chissà che provenienza e tradizione e cultura di origine saranno incaricate di gestire gli archivi della cultura europea occidentale custodita nei musei e nelle pinacoteche che visitiamo e chi dirigerà i concerti della meravigliosa musica classica di Bach e Haendel e Mozart nei teatri storici e negli auditorium.

Però abbiamo già i molti sacerdoti neri che cogestiscono la grande chiesa del Sacre Coeur e officiano i riti funebri e vi celebrano i matrimoni – e così ci è chiaro il perché, in tanta 'crisi delle vocazioni' bianche e occidentali, il papa di Roma insista così tanto nel voler accogliere tutti i sedicenti profughi – qualche prete ne uscirà dalle centinaia di migliaia che accogliamo obtorto collo nella tanto generosa Europa vogliosa di mutazioni epocali.
E, se si eccettua la meravigliosa cattedrale bianca che svetta nel suo biancore gotico sopra il suo alto zoccolo di gradoni con-colori, neanche il centro storico e la sua 'piazza grande' danno emozioni estetiche degne di nota. E vien voglia di scappare al più presto per chi, come noi, 'ha visto Gand' e Bruges – scappare con l'amaro in bocca da questa metropoli futura che ci spinge a rifugiarci mentalmente in un impossibile 'ritorno al passato'.

E sarà per l'affanno dalla calura estiva e la quantità inverosimile di turisti - che pare di essere a Venezia nella sua devastata 'area marciana' con le cavallette del 'mordi e fuggi' quotidiano - che lascio mia figlia seduta su un muretto a far riposare i suoi borders e mi spingo in un bar poco distante e ordino una 'Leffe' bionda e chiacchiero con il facondo gestore, un belga bianco per antico pelo sopravvissuto alla mutazione epocale della sua città e gli chiedo come va, dopo la mattanza dei 'radicalizzati sul web' ultima scorsa.
Risponde: 'Bene.' con un suo certo disagio mal celato, ma poi aggiunge: 'On sait bien que ce n'est pas fini.' Sappiamo bene che non è finita, già.

E, cercando la via del ritorno al parcheggio dove abbiamo lasciato la macchina, passiamo per un lungo-fiume dove l'amministrazione comunale, disperata dopo gli ultimi eventi tragici, ha effigiato una quantità di gente multi colore e di etnia diversa tutti sorridenti e, nell'intenzione e nella speranza degli autori istituzionali, ben integrati e contenti di vivere colà - tutti insieme appassionatamente, nel Belgistan dei nostri tormenti e dubbi atroci. Compresi i poliziotti bianchi delle molte auto-pattuglie che sfrecciano ininterrottamente per via Charles Quint e istituiscono i posti di blocco e sorridono tra loro e si danno pacche sulle spalle – forse felici per la quantità di lavoro che viene assicurata loro dalla città futura delle banlieueus multietniche.

Facciamoci gli auguri. Molti radicalizzati sono già tra noi – lo hanno detto in molti articoli i valenti giornalisti bene addentro alle 'intelligences' dei vari paesi sotto attacco - e molti altri ne andiamo a prendere quotidianamente con le 'navi dei folli' di Frontex, giusto a dieci miglia nautiche dalla Libia. Buonismo o masochismo? Chi vivrà dirà. Per intanto i cocci di questa ondata di miseria di ritorno (e i morti e i feriti per le strade) sono nostri.

foto di Enaz Ocnarf.
foto di Enaz Ocnarf.
foto di Enaz Ocnarf.
foto di Enaz Ocnarf.

 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963