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Messaggi di Ottobre 2019

Peracottari redivivi

Post n°1016 pubblicato il 28 Ottobre 2019 da fedechiara
 

 

L'immagine può contenere: pianta, albero, spazio all'aperto e natura

Osservazioni dal bordo dei fiumi italici

Su una cosa Renzi ha ragione. Che certuni 'intellettuali' (che lui addita al disprezzo perché pretende di essere 'l'uomo del fare') somigliano a quei pensionati che si piazzano davanti a un cantiere e si danno man forte nel dire e sostenere che quell'opera non verrà mai portata a termine.

E, ne converrete, questo genere di convinzione di noi maledetti pensionati ha robusti punti di evidenza e sconforto nella realtà delle cose italiche degli ultimi cinquant'anni. Tanto che esistono o sono esistite (le ho vedute in tivù, giuro) trasmissioni in cui un inviato – chiamato dai cittadini – documentava l'esistenza di autostrade che spurgavano desolantemente in aperta campagna e ponti colossali di cui si mostravano solo i piloni fondativi su entrambe le sponde ed erano un inno al 'vorrei ma non posso' delle buone intenzioni dei 'politici' di ogni risma e partito; e stazioni della metropolitana quasi finite, ma abbandonate all'azione dei vandali perché non più (o mai) in uso – e chissà quanti miliardi di denari pubblici sono stati versati in quei cantieri che avrebbero conosciuto uso migliore e migliore destinazione di 'spesa pubblica'. 
E taccio l'esito, qui da noi, della mega-opera ingegneristica del terzo millennio che doveva salvarci dalle acque: il famigerato Mo.se. Che gli archeologi del futuro lo scoveranno interrato per l'afflusso incessante dei sedimenti del Sile e si chiederanno che caxxo di roba era e a che cosa serviva tutto quel ferraccio e quelle 'paratie' e cassoni inutili che ci sono costati una fortuna in corruzioni e ruberie e 'stipendi' aggiuntivi per governatori, sindaci e varia genia di politici e funzionari infedeli.

Tutto ciò per dire che abbiamo allo s-governo della nazione un altro 'uomo della provvidenza' che sbraita in maniche di camicia nella sua personale 'convenscion' con l'arroganza e la pretensiosità di ognuno di quei dessi che hanno detto e promesso nel passato recente e recentissimo mari e monti all'Italia-paese-che-amo (berlusconi, il principe degli imbonitori, per dirne uno, lo ricordate?).

E ieri il ragazzotto rosso fiorentino ha dato il meglio di sé quanto a polemiche sul passato e gli uomini del passato e ci ha frustato, - a noi vecchietti che dell'i pad-tamagochi non sappiamo che farne e i tablets li usiamo come taglieri per le verdure - e ha giurato e spergiurato che ci stupirà 'con effetti speciali', e ci farà vedere i fuochi d'artificio della sua generazione-zero: precarietà ad alzo zero e nessun posto di lavoro fisso e salto della quaglia da un lavoro ad un altro - ammesso e non concesso che si capisca, nel futuro prossimo, cosa sia 'lavoro' e 'fare' operoso e in che modo verranno retribuiti, forse in bonus validi per comprare il prossimo i-pad, chissà.

Okkei, okkei. Tutti i vecchietti e i pensionati e gli intellettuali dei vecchi partiti rottamati si tolgano dal bordo delle transenne dei cantieri testé aperti dal Renzi e si trasferiscano sul bordo del fiume e aspettino con pazienza, sbocconcellando i loro panini stantii con dentro la mortadella rancida di due mesi nel frigo. E' dal bordo dei maestosi fiumi italici che si osserva meglio il passaggio dei cadaveri gonfi e lividi delle loro reboanti promesse.

 
 
 

Dell'essere alla frutta o al grappino

Post n°1015 pubblicato il 23 Ottobre 2019 da fedechiara
 

Quel che accadeva durante lo s-governo di Renzi e Alfano. E, oggi, il fiorentino furioso ci rifila l'Italia viva. Ma che tristezza la politica di questo paese!


A dicembre

Sono alla frutta. E lanciano proclami che neanche il peggior imbonitore su piazza azzarderebbe - e si spingono fino a minacciare l'Europa di trovare morte certa sul vallo Adriano della legge di bilancio italica che fa acqua da tutte le parti: dagli stanziamenti per i migranti in crescita esponenziale, grazie agli incessanti arrivi e alla disastrosa e ipocrita politica de 'l'accoglienza', alle mancate politiche economiche per far si che i nostri 'bamboccioni' si svezzino, finalmente, e si decidano a levare le ancore dalle famiglie di origine e piantino radici in qualche luogo diverso del vasto mondo, come fanno i loro pari età a nord delle Alpi.

E il mite Padoan, fiutando la fredda aria che tira tra i membri della Commissione europea incaricata di approvare o bocciare la manovra d'autunno, si trasforma in un attore dei film pulp di Quentin Tarantino e trombona minaccioso: 'O con noi o con l'Ungheria!' - come se quella stupida contrapposizione fosse un coltello brandito per far si che l'Europa apra i cordoni della borsa e alzi la barra del deficit di bilancio e consenta così di finanziare tutti i capitoli di spesa della folle politica economica dello s-governo renziano.

E la chiusura delle frontiere in Europa ci ha messo con le spalle al muro e siamo soli a fronteggiare una emergenza-migranti che il duo Renzi e Alfano non ha saputo/voluto contrastare - riempiendosi la bocca con lo slogan atroce e bugiardo de 'salviamo vite' e nessuna politica di dissuasione e contrasto della tratta degli schiavi in partenza dalle coste libiche. E oggi paghiamo cara, paghiamo tutta l'insipienza e la non volontà di avviare e accelerare i rimpatri dei clandestini come ci chiedeva l'Europa di fare prima che si chiudessero le frontiere a causa delle 'giungle' di Calais (e di Como e di Ventimiglia) che abbiamo colpevolmente alimentato per anni.

Sarà per questo che la frase 'O con noi o con l'Ungheria.' , detta da una persona che, fin qui, ci era sembrata controllata e ragionevole, ci pare la sguaiata conclusione e il miserabile 'coup de theatre' di una sceneggiata che si è aperta due anni fa con una congiura di palazzo ('Enrico stai sereno'), è proseguita con una irritante e fallimentare vendita di pentole 'riformistiche' costituzionali e morirà, presumibilmente, con Renzi che rassegna le dimissioni al Quirinale il 6 dicembre?

  •  Gli 'slums' delle città europee alimentati dalla folle politica immigratoria del duo Renzi-Alfano. S.p.q.r. Sono pazzi questi renziani. 
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Sapevatelo

Post n°1014 pubblicato il 22 Ottobre 2019 da fedechiara
 

 

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Sapevatelo

Bisogna andarci piano, al rientro, evitare gli affollamenti, fare orecchie da mercante relativamente a certi dialoghi da assoluti imbecilli che viaggiano per l'etere di treni, vaporetti, autobus, mercati.
Da evitare come la peste i tiggi e i radiogiornali che danno conto esclusivamente dei treni di Renzi (che ne è stato del suo Air Force One?), degli incessanti barconi della pietà indebita e malintesa e dei drammi sociali relativi all'accoglienza imposta obtorto collo e delle mitiche elezioni che verranno e che riscaldano gli animi al diapason.
Perché, quando si rientra da un viaggio così, da quella Svizzera di cui si diceva: 'Me ne vado in Svizzera' proprio per dire di uno stacco necessario, di un oblio, di un cadere di braccia: di un non farcela più a reggere l'andazzo italico del casino e della sempiterna lite sociale e politica tra comari, - quando si rientra, dicevo, bisogna dosare omeopaticamente tutto quanto sa di italiano e nostrano per non rovinare l'effetto di 'apaisement' che ti è sedimentato dentro nel visitare le città diverse e nell'osservare i moti e i sorrisi di altri volti e di altri comportamenti sociali; e i dialoghi distesi e mai gridati e i silenzi: quei silenzi che non trovi mai nella partitura italica del concerto quotidiano dissonante e sgangherato con grande finale in frastuono elettorale sempiterno.

E la S-fizzera, cari voi, è davvero un gran bel paese di cittadi ottimamente organizzate e valli incantate e cime celestiali e pascoli che fanno aggio e si impongono sull'idea che abbiamo di paradiso, ma già lo sapete – e la metafora degli orologi svizzeri, che sono l'idea platonica dell'Orologio e perfetta misura del Tempo che passa e ci affanna, già vi dice della capacità di quei popoli di governare gli eventi e dominare sapientemente l'Impero del Caos – fiume carsico che sfoga e riemerge impetuoso a sud del Ticino, nelle terre delle 'diverse lingue e orribili favelle, / parole di dolore e accenti d'ira' dell'inferno italico di cui già ci narrava il Poeta secoli orsono.

E gli Svizzeri l'hanno capito da tempo, dai tempi delle guerre di religione della Riforma luterana e calvinista, osteggiata a fil di spada romana e sanguinose notti di san Bartolomeo, che l'isolamento e il chiamarsi fuori dal maledetto caos europeo giovava e giova - e perfino nel presente disordine delle migrazioni selvagge dei 'popoli del mare', s-governate dagli imbelli parlamenti nazionali e dalla superfetazione di quello di Strasburgo, i popoli svizzeri trovano una misura di equilibrio che non esclude bensì include, con lodevole senso della misura e parecchio 'grano salis', le genti varie e diverse. Incluse e 'integrate' solo se troveranno lavoro e casa e si mostreranno rispettose di leggi e divieti e non vagheranno, misere e avvilite, ad elemosinare in permanenza davanti ai supermercati come usa da noi, nel paese dell'accoglienza imposta e dello s-governo permanente delle cose.
Perché, dove il troppo stroppia, ivi è 'pianto stridor di denti' e rivolta sociale e dramma mal recitato e possibile e predicibile finale in tragedia. Sapevatelo.

 
 
 

Assedi e difese

Post n°1013 pubblicato il 22 Ottobre 2019 da fedechiara
 

Del sentirsi assediati e indifesi 21 ottobre 2015

C'è l'esempio delle città sotto assedio. Che, se gli assedianti lanciavano i rampini e le corde e salivano su per le mura spesse due metri cogli elmi e gli spadoni intesi al massacro, da sopra, legittimamente, rovesciavano i pentoloni della pece bollente e gli arcieri finivano l'opera ricacciando gli aggressori. E nessun giudice si è mai sognato (o mi sbaglio? Qualcuno può ragguagliarmi in merito alla giurisprudenza che gira attorno alla legittima difesa degli assediati?), si è mai sognato, dicevo, di imputare i difensori delle città vigili sugli spalti di 'eccesso di legittima difesa' per quella guerra dichiarata con arroganza e pretesa di dominio da signorotti e conti e re e imperatori in fregola di maggior potere e sudditanze.

E la civile casa di abitazione non può essere paragonata a una città – ne è la sua cellula-base – che, se violata e scardinata la porta d'ingresso col piede di porco o rotti i vetri delle finestre, va difesa con ogni mezzo e strumento che ti capita a tiro - e ricacciato fuori il ladro pronto a colpirti e lasciarti mezzo morto se ti opponi al suo volere di ladro e/o rapinatore (vedi le abbondanti notizie di cronache al riguardo)? Che senso ha concedere il porto d'armi e una pistola a un pensionato - che già aveva subito tre o più violazioni di domicilio da parte dell'internazionale dei ladri che imperversa impunita in questo paese - e poi imputarlo di 'omicidio volontario' se, spaventato, fa fuoco e ci scappa il morto? Quali impulsi schizofrenici (punire la vittima e lasciare impunito l'aggressore) si agitano nelle menti di certi giudici e pubblici ministeri o quali follie legislative di legislatori balenghi hanno permesso che si potesse formulare l'accusa spaventosa di 'omicidio volontario' nei confronti di un poveretto che temeva per la sua vita ed era impaurito e/o esasperato dalla reiterazione del reato e dalla sostanziale impunità che la incentiva - e si sentiva 'sotto assedio' e indifeso da parte di forze dell'ordine che intervengono solo a reato commesso e la vittima finita all'ospedale o, peggio, morta?
E la sedicente 'sinistra' di s-governo non ha proprio nulla da rimproverarsi per aver trascurato il peso sociale dell'insicurezza dei cittadini e averli abbandonati e perfino bastonati giudiziariamente se colpiti dal trauma terribile di una violazione del domicilio - col suo corollario di spavento e l'impulso spontaneo a reagire per difendere la propria vita e le proprie cose?

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Reportages dimenticati (2)

Post n°1012 pubblicato il 21 Ottobre 2019 da fedechiara
 

 


07/10/2009 Vandea

Il 'Marais' è una vasto territorio piatto e, naturalmente, agricolo strappato all'Atlantico e si dà il caso, come a Niort, di cittadine che danno nome 'del porto' a una piazza pur se situate a 70 km in linea d'aria dalla costa atlantica e non se ne sente più l'odore di salsedine. Rimembranze storiche di paesaggi che mutano nei secoli. 
Vi sono diversi 'marais' secondo la maggiore o minore vicinanza dell'oceano che li ha partoriti.
Il Marais Poitevin è, da secoli, una pianura attraversata da molti canali paludosi ricchi di rane e anguille - che vi servono arroste o fritte nei ristorantini piazzati a ridosso di storiche abbazie delle quali non restano che le mure perimetrali e i portali romanici in gran parte ricostruiti.
Non è un paesaggio di grande 'charme' - come si pubblicizzano gi indigeni - almeno per me che vivo da sempre in un paesaggio lagunare e di piatte barene e canali e la linea dell'orizzonte che unisce cielo e mare e li confonde in certe ore del giorno coi mutevoli colori a specchio.
Un tempo il piatto paesaggio agricolo era fitto di foreste - oggi sono ridotte a macchie sparse di querce e castagni - e tra quelle foreste si combattè una guerra 'di classe' sanguinosissima tra i 'bleues' fedeli agli aristocratici e al basso clero e i 'poignards' arruolati dai 'citoyens' parigini portatori del verbo rivoluzionario.
Una vera guerra, con agguati e battaglie campali, inizialmente vinta dai 'bleues' aristocratici, ma persa, infine, e a cui seguirono mattanze e bagni di sangue e chiese bruciate e castelli abbattuti e deportazioni e carcere e ghigliottina. E i preti pugnaci e sovversivi trattati alla stregua dei prigionieri comuni o peggio perché erano accusati di infiammare gli animi e ispirare la rivolta dei fedeli contadini.
E tutto ciò faceva seguito alle guerre di religione e alle persecuzioni dei protestanti che si presero le loro vendette e ne conseguì una diaspora di questi e di quelli verso le Americhe e la fondazione delle colonie nel Quebec. 
Tempi di 'pietà l'è morta' in cui la religione era motivo di odio reciproco invece che di amore e 'fratellanza' - che viaggiava, invece, sulle insegne dei rivoluzionari vittoriosi insieme a libertà ed eguaglianza.
Resta l'incognita del perché in questa regione di rane e anguille e paludi salmastre le parole d'ordine della rivoluzione non abbiano trovato seguito e consenso di popolo bensì radicale opposizione e perfino esaltata militanza e fede fino al martirio nei confronti degli aristocratici. Stoltezza di fedeli succubi al verbo religioso? Speciali condizioni di vita e di privilegio concesse da aristocratici illuminati ai loro contadini? Difficile crederlo, in tempi di feudalità e tasse inique. 
Resta il fatto che è dalle città delle evidenti miserie urbane che è scaturita la scintilla e il fuoco alto della rivolta e del verbo rivoluzionario. Parigi e Pietroburgo: 'morte al re' e 'abbasso lo zar'. 
Oh, ca ira! ca ira! ca ira! e la sala della Pallacorda e quella della Convenzione e, due secoli più tardi, la convocazione dei Soviet operai e contadini.

I 'marais' oggi si mostrano vuoti a perdita d'occhio e solo grumi di mucche e qualche cavallo al pascolo li abitano e le casette colorate degli 'ostricari' lungo i canali e uccelli marini e gli aironi bianchi e cinerini. Solitudini e silenzi riempiti dal vento che soffia costante e un'idea di abbandono che stringe il cuore. No davvero, non sono questi i miei paesaggi del cuore.

L'immagine può contenere: albero, spazio all'aperto e natura

 
 
 
 
 

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