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Messaggi di Agosto 2020

Che vi sia ciascun lo dice. L'Essere e il Covid.

Post n°1335 pubblicato il 26 Agosto 2020 da fedechiara
 

 

 

 

'Perciò è necessario che sia per intero, o che non sia per nulla.' - Parmenide

Diciamo che se l'è cercata, il Parmenide, la contestazione radicale dei sofisti – che di quel suo rovello sul Nulla che non è e l'Essere che è, perché non può non essere, si burlarono e gli tolsero la sedia di sotto al sedere affermando che la Verità non esiste e buonanotte al secchio.

E ha un bell'affermare, il Parmenide, che le cose non sono e tutto del mondo degli uomini è apparenza, velo di illusione, però se gli cascava una tegola sul capo, beh quella è esperienza ben tangibile e il bernoccolo ne è la prova provata e sarà pure illusione ma duole, mannaggia, oh se duole e fa 'veder le stelle'. 
Stelle che sono perché rilucono di notte – e oggi sappiamo che bruciano idrogeno ed elio e sono bianche e nane o giganti rosse e collassano e diventano buchi neri e sfumano in una qualche cosmica idea del Nulla, - che è o sarà e ce lo diranno gli ardimentosi con le loro magnifiche navicelle spaziali che vi si faranno inghiottire, scomponendo la materia nelle sue componenti ultime di particelle e onde.

E di Parmenide diciamo che si è incartato, in quelle sue bizzarre idee del Nulla che non è perché l'Essere non può provenire dal Nulla – e mi piacerebbe, in una teoria del Tempo circolare e viaggi nel Tempo possibili in una diversa fluttuazione cosmica, andare a fargli visita in Grecia (ben altra da oggi e magnifica di templi e mare pulito) e raccontargli un po' delle nostre scoperte della meccanica quantistica e che E=mc2 e della teoria del Caos e dell'entropia che scaturisce dalle leggi della termodinamica e della dissipazione dell'energia, che sembra che tutto finirà in Nulla, se non progrediamo ulteriormente nelle conoscenze delle cose prime ed ultime e la fermiamo, se mai ne saremo capaci.

Ma l'impressione è che non ne capirebbe un granché delle future cose dell'Essere e del Tempo e del Big bang del plasma ipercompresso che prefigura l'odiato Nulla e mi prenderebbe per matto e mi denuncerebbe per paganesimo ai probiviri della città - e dovrei premere il pulsante di rewind di un ritorno al futuro che ho nella cintura e mi ritroverei nel confortevole presente dove tutto è e non é, ma non ce ne importa un fico.

Neanche del Covid – che vi sia ciascun lo dice, ma quanto sia attivo e/o depotenziato nessun lo sa, vedremo in autunno. Ecco un'altra cosa di cui avrei dovuto parlare con Parmenide, mannaggia.

L'immagine può contenere: il seguente testo

 
 
 

Mezze vigogne e vecchi merletti

Post n°1334 pubblicato il 25 Agosto 2020 da fedechiara
 

 

Data la vistosa asfissia di temi e argomenti e l'affanno redazionale dei nostri giornalisti televisivi che continuano a propinarci 'focus' e approfondimenti sul virus dormiente, ma che si risveglierà in autunno (tanto che perfino un tale a Hong Kong, udite, udite! si dice sia stato colpito una seconda volta dal virus, aita, aita!) mi permetto modestamente di suggerire alcuni altri temi di grande interesse su cui esercitare il nobile mestiere di informatori infodemici.

a) C'è vita nel cosmo? Con il corollario di interviste a cosmologi valenti e scienziati (i virologi no, per favore!!) che rispondano da par loro all'annoso quesito e spieghino, con dovizia di particolari, il perché i nostri coinquilini vicini e lontani si tengono ben discosti dal pianeta Terra. Che sia a causa del Corona virus e giornalisti associati?

b) Quale sviluppo economico è possibile per i paesi della fascia subsahariana che consenta a quegli indigeni di abitare felici la loro meravigliosa patria e contribuire in loco alla sua futura crescita economica – evitando, conseguentemente, di intasare i mitici 'lager libici' col fine di partecipare alla lotteria del naufragio organizzato e infelicissimo approdo in Europa, grazie ai molti taxi del mare sempre disponibili al largo.

c) Il ritorno degli alpeggi di alta quota nelle Dolomiti orientali e la strana commistione di specie autoctone commiste a vigogne, lama sputacchianti e alpaca. Quale futuro per la lana che se ne ricava e quanto confortevoli sono le giacche da mezzo pomeriggio filate in mezza-vigogna.

E, in chiusura, un servizio dedicato al merletto – arte negletta e dimenticata, ma che ha alcune, importanti nicchie di sopravvivenza – con primissimi piani dedicati ai disegni e alle meravigliose trame e alle dita delle lavoranti che creano quelle umane tele di ragno che, presto, torneranno a decorare i nostri mobili tirati a lustro e i quadri alle pareti.

Nella viva speranza di poter ancora aprire la tivù la mattina e ascoltare gli echi del vasto mondo piuttosto che la trista geremiade coronavirica che ci ha frullato gli zebedei da molti mesi ormai – che perfino una canzone di Renato Zero o di Gigi d'Alessio ci sembra più interessante e miglior colonna sonora dei nostri mattini d'estate.

L'immagine può contenere: cielo e spazio all'aperto

 
 
 

In cosa somiglio a Derrida

Post n°1333 pubblicato il 24 Agosto 2020 da fedechiara
 

 

 

Meditatio mortis e filosofia.

Qualcosa in comune con il filosofo Derrida, a ben vedere, ce l'ho: entrambi tendiamo a perdere i capelli nella zona centrale e del 'lobo frontale', come ci dicono i neurologi. Sarà per il molto pensare e teorizzare e 'filosofare' di entrambi, si parva licet e mutatis mutandi? No, dai. 
In realtà altre cose mi accomunano a Derrida, a parte lo scrivere (lui) libri ponderosi a decine, ed è la 'meditatio mortis' che, però, viene da lontano, ed altri filosofi, perfino gli Antichi, ci hanno mandato a dire che filosofare è un prepararsi alla morte o, forse, un esorcizzarla e farci sopra le corna, malgrado tutte le stra maledette evidenze che toccherà anche a noi.

Perché è vero che 'siamo per la morte' e tuttavia – l'ho personalmente constatato – è molto diffusa la credenza che una eccezione alla regola prima o poi si debba dare, ma è dubbio chi sia il fortunato precursore, perché è tutto un coro di 'Io, io, io, io, io.' e di mani alzate come nelle discoteche all'input del carismatico dj con la mascherina a mezz'asta.

E un'altra cosa mi accomuna a Derrida – ed è quel suo battere e ribattere, in moltissime filosofiche pagine, sulla scrittura opposta alla oralità. 
Scrittura come segno di umana presenza che sfida il Tempo (e, ancora, la Morte) con le incisioni sulle argille dei depositi palaziali, scrittura come rimbalzo di attualità anche dopo l'avvento dei telefonini della fastidiosa chiacchiera universale, scrittura dei maledetti 'leoni da tastiera' e i 'sotuttoio' - che contrastano perfino gli autorevoli giornalisti della stampa mainstream sui temi ardui della politica che muore nelle sedi dei partiti, ma che rinasce nelle agorà virtuali di internet e nei 'social forum', dove si affermano le post moderne parresie relative al virus che ci affanna, tra le altre cose.

E sempre di più sono i riottosi che più non sopportano l'uso politico che si fa, dallo s-governo centrale e dalle sedi delle Regioni, delle chiusure e delle riaperture e la mascherine anche di notte e al bagno nelle lunghe sedute di stipsi croniche e recidive.

E questa storia che ci dovremmo tutti cospargere la testa di cenere e recitare il de profundis virale insieme al numero montante dei contagi di agosto davvero non la digeriamo più e torneremo a sfidare la morte con gli occhi chiari e a testa alta – e, se anche ci dovesse succedere quest'altro autunno che incede, con lento passo virale e virus mutato, di lasciarci le penne, chissenefrega.

Morir si deve e mostreremo ad Atropo, la maledetta parca, la lingua tutta di fuori – come faceva Einstein in sua foto molto pop - e proveremo a scrivere anche noi la basilare equazione quantistica di come si vive senza la paura appresso perché, davvero!, si vive una volta sola e, se si vive con la paura addosso, si muore mille volte.

Meditatio mortis atque filosofamus.

 
 
 

I sommersi e le spalle al futuro

Post n°1332 pubblicato il 23 Agosto 2020 da fedechiara
 

 

E spunti interessanti di riflessione ci vengono da W. Benjamin (raiscuola di ieri – 'Caffè filosofico' ripetuto fino a sera) sul potere che si chiude in se stesso e si trincera e si isola dal contagio che sale dai dominati e i succubi – e vien da sorridere per il fatto che il presente contagio del Covid e della pandemia si applica, nei primi anni del nuovo millennio, al potere straccione degli incollati alle cadreghe giallorossi, che di sinistro conservano solo il significato traslato 'qualcosa di sinistro' che vediamo stagliarsi dietro ai vetri delle finestre del futuro prossimo – ammesso e non concesso che riescano a superare indenni le elezioni di settembre e il referendum sul taglio dei parlamentari.

E, molto prima di conoscere la figura di Benjamin e le sue opere e la sua filosofia e le sue predilezioni estetiche, mi è capitato di sottotitolare un mio blog 'spalle al futuro': esattamente come le spalle dell'Angelus Novus di Paul Klee che Benjamin ricevette in dono da un pensatore ebraico suo amico e che per lui era l'emblema dell'orrore che dovremmo tutti provare nei confronti di un passato che allinea a migliaia le cataste di morti delle ferine cose di ogni e tutte le guerre e i massacri e gli olocausti di cui è fitto. 
Morti a cui, noi sopravvissuti al Novecento degli Orrori Massimi, dobbiamo risposte e salvezza mnemonica - e quegli orrori non dovrebbero più comparire dinanzi agli occhi dei figli e dei nipoti, se fosse vero l'assunto che 'la Storia è maestra di vita'.

Ma è anche madre sempre incinta di tragedie inenarrabili e impensabili, tuttavia – come ci raccontano le cronache recenti di stupidi califfati redivivi e di serpi in seno 'radicalizzate sul web' che si fanno assassini seriali e salgono sui tir che fanno strage di donne e bambini lungo les avenues di Nizza e nei mercatini di Natale di Berlino e nel Bataclan di Parigi.

E l'orrore dell'Angelus Novus, tanto amato da Benjamin e suo emblema personale, e gli occhi spalancati sulla sua morte atroce si nutrono, infine, della beffa finale del suo suicidio per tema di essere consegnato alle autorità naziste, ma i suoi compagni di prigionia vennero, invece, fatti passare in Spagna e si salvarono.

I sommersi e i salvati dagli orrori nazisti, appunto.


  • Nessuna descrizione della foto disponibile.

 
 
 

Il sapere della verità e la post modernità degli ignavi

Post n°1331 pubblicato il 22 Agosto 2020 da fedechiara
 

 

 

Ho un annuncio da farvi. Non sono un post moderno. Nel senso filosofico, intendo. Non sono per la suggestione contrapposta al sapere, né desidero emanciparmi dalla verità a favore delle interpretazioni della medesima in chiave post moderna, appunto.

Ecco, se a qualcosa sono servite le lezioni di filosofia che si tengono su raiscuola – e ci prefigurano il post moderno 'lockdown' delle classi vuote di ottobre e le lezioni a casa e via computer – è proprio a questo: personalmente ritengo ancora il sapere un fatto 'emancipativo' della condizione umana (il buon vecchio e un po' filo marxiano 'il padrone è padrone perché conosce mille parole in più del suo operaio') e la verità, filosofica e pratica, una delle condizioni necessarie del vivere civile e della nostra stessa moralità e sanità mentale.

E il professor Ferraris - che ci illustra bravamente il postmoderno filosofico di uno smilzo libretto di Lyotard - per meglio spiegare l'abdicazione post moderna della ricerca della verità nella società in cui viviamo, ricorre a un paradosso che dovrebbe farci rizzare i capelli sulla testa.
'Immaginate che nelle aule di giustizia troviate scritto a caratteri cubitali sopra le teste dei giudici 'Non sono importanti i fatti da accertare, bensì le interpretazioni degli stessi.'

Che, in realtà, è esattamente ciò che avviene nelle tristi aule di giustizia dei magistrati di Palamara e indegna compagnia para politica – e i bravi legulei nostrani e i valenti avvocati dalle parcelle milionarie ci campano alla grandissima e ci hanno trasformato tutti quanti siamo in perfetti interpreti del post moderno politico. Cinici e disincantati e gaudenti di un 'sapere simulato' e diffuso tramite i miracolosi e potentissimi computers usati al 2 per cento delle loro potenzialità come i nostri cervelli umani - quando è tanto.

E la tardiva marcia indietro di Foucalt che torna a insegnare al College de France la mitica vita-via-verità di Socrate e la 'parresia' necessaria come l'aria che respiriamo sembra non aver cambiato di molto il nostro stile di vita e di fare politica noncuranti della verità.

Basti pensare al dramma presente della 'pandemia' tramutata subito in 'infodemia' e usata per i fini mediocri del restare incollati alle cadreghe del potere politico – e i giornalisti embedded e filo s-governo giallorosso a gonfiare ogni giorno le cifre dei contagi senza sottolineare che sono in diretta relazione ai tamponi effettuati a centinaia di migliaia. 
E senza dirci, nel contempo, che il terribile virus (sic) è depotenziato e le terapie intensive e le rianimazioni al minimo dei ricoveri, con ciò ridimensionando gli allarmi e restituendo ai cittadini le loro vite e il lavoro e il reddito necessario ad una effettiva e libera 'ripartenza'.

Verità vo' cercando ch'è sì cara al mio core.

IT.WIKIPEDIA.ORG
La parresìa (dal greco παρρησία, composto di pan (tutto) e rhema, ciò che viene detto) nel significato letterale è non solo la "libertà di dire tutto" ma anche la franchezza nell'esprimersi, dire ciò che si ritiene vero e, in certi…
La parresìa (dal greco παρρησία, composto di pan (tutto) e rhema, ciò che viene detto) nel significato letterale è non solo la "libertà di dire tutto" ma anche la franchezza nell'esprimersi, dire ciò che si ritiene vero e, in certi casi, un'incontrollata e smodata propensione a parlare....
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