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Messaggi del 22/03/2022

Delle sensate chiose.

Post n°2012 pubblicato il 22 Marzo 2022 da fedechiara
 

Delle sensate chiose.
(...) Come se non ci fosse chi ci ha pensato per tempo alle armi, e ancora ci pensa. Il buon senso e non l’ideologia direbbe che l’Italia può risparmiare le sue cerbottane. Non aggiungono un benamato all’efficacia della resistenza ucraina e spostano un pezzo del Pil terremotato dalla pandemia a favore di quelle fabbriche della morte che, si ripete ogni tanto, dovremmo svuotare per riempire i granai. (...)
il nostro contributo è irrilevante sotto il profilo militare e ha, tuttavia, il rilevantissimo effetto di schiacciare italiani e europei sulle posizioni di chi lo scontro lo prevedeva e, a pensar male, lo cercava. (l'America n.d.r.) Diveniamo cobelligeranti, sia pure di seconda fila, e rinunciamo all’autorevolezza e alla credibilità di un ruolo di mediazione che la situazione richiederebbe e che risponderebbe ai nostri veri interessi. (...) - Estrapolazione dall'articolo citato
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BASTA ARMI
di Michele Santoro
Dopo aver letto i giornali stamane mi sono chiesto dove sia finita l’opinione pubblica del mio Paese, considerato una volta in occidente l’avamposto del pacifismo. Il panorama delle notizie e dei commenti è uniforme in maniera impressionante. In nessuna altra guerra si era manifestato un accordo tra le forze politiche del cento per cento; e in nessuna altra guerra l’informazione si era proposta senza punti interrogativi.
L’orrore, il sangue, il dolore provocati da Putin non possono giustificare la sua associazione a Hitler, né possono portare a considerare l’autocrate russo una replica del “grande dittatore”. Pensare che come il Fuhrer coltivi il disegno di invadere la Polonia e sottomettere l’Europa e il mondo intero, proponendosi come l’architetto di un nuovo ordine internazionale, è un oltraggio ai fatti e ai rapporti di forza, non solo alla storia. Il massacro degli ucraini è inaccettabile ma non è un genocidio intenzionale paragonabile a quello degli ebrei; e chi riduce l’Olocausto a una pagina di guerra sanguinosa e basta si comporta come gli storici revisionisti nazisti.
Il parallelismo si copre di ridicolo quando gli acuti commentatori convergono nel ritenere che, diversamente da Hitler, la guerra Putin l’avrebbe ormai quasi persa in meno di un mese. Secondo loro basterà aspettare le decine di migliaia di morti necessari per un lieto fine.
In questa narrazione hollywoodiana, che vede l’intera umanità impegnata contro una belva mostruosa, emerge nascosta tra le righe una banale verità: non la Nato, non l’Europa, non gli ex militanti ancora combattenti di Lotta Continua, ma gli USA da sette anni, ovvero dal 2015, hanno inviato armi per due miliardi di dollari e hanno istruito l’esercito di un paese lontano dai loro confini a combattere. Già sapevano che la Russia si preparava a realizzare un piano di aggressione? La questione umanitaria, che oggi viene sbandierata, era dunque preventiva e poggiava sulla canna del fucile e sui missili? Che Putin potesse ritenerla una minaccia non conta, visto che è uguale a Hitler e Hitler si sa cosa ha fatto.
I pacifisti disarmati credono nella strada diplomatica e nell’immediato cessate il fuoco ma subiscono l’assalto di critici feroci che, in nome del dovere morale di fermare Hitler, chiedono spasmodicamente di inviare le armi al popolo resistente. Come se non ci fosse chi ci ha pensato per tempo alle armi, e ancora ci pensa. Il buon senso e non l’ideologia direbbe che l’Italia può risparmiare le sue cerbottane. Non aggiungono un benamato all’efficacia della resistenza ucraina e spostano un pezzo del Pil terremotato dalla pandemia a favore di quelle fabbriche della morte che, si ripete ogni tanto, dovremmo svuotare per riempire i granai.
È contro il buonsenso che torna utile il paragone di Putin con Hitler, serve a cancellare ogni riserva a entrare in un conflitto che non rappresenta per noi una minaccia diretta. La Costituzione italiana non verrebbe ancora una volta violentata ma rispettata se ci stessimo veramente difendendo dalla minaccia di una aggressione all’Europa.
Infatti il nostro contributo è irrilevante sotto il profilo militare e ha, tuttavia, il rilevantissimo effetto di schiacciare italiani e europei sulle posizioni di chi lo scontro lo prevedeva e, a pensar male, lo cercava. Diveniamo cobelligeranti, sia pure di seconda fila, e rinunciamo all’autorevolezza e alla credibilità di un ruolo di mediazione che la situazione richiederebbe e che risponderebbe ai nostri veri interessi.
Non sono contro l’uso delle armi in qualsiasi circostanza, lo sono in questa, con la stessa sicurezza che uno più uno fa due. Ma per la stragrande maggioranza dei politici e dei giornalisti italiani, stretti nuovamente in un unico pensiero, uno più uno fa Terzo Reich.

 
 
 

Come eravamo. Ubi maior minor cessat.

Post n°2011 pubblicato il 22 Marzo 2022 da fedechiara
 


Imperativi categorici e nostalgie del ritorno. 22 marzo 2020
'Restate a casa' è l'imperativo categorico di questo scorcio di millennio infame che ci ospita – un tempo di catastrofi inimmaginabili, di medioevi redivivi con califfati e califfi rispolverati in Medio Oriente e ospedali-lazzaretti e le quarantene qui da noi, nell'Occidente delle pandemie trionfanti e assassine.
E lo capiamo un po' tutti il senso e la necessità di restare a casa e interrompere così la maledetta catena dei contagi (salvo chi è nato mona, che, ahinoi, resta mona) e impedire al virus maledetto di replicarsi corpo su corpo.
Ma c'è anche un altro imperativo che ci ha allibito - con i treni notturni presi d'assalto e Higuain che è salito quatto quatto su un aereo privato che lo riportava in Argentina, ed è quello di 'tornare a casa'.
Che, in tempi di globalizzazione imperante, ci sembrava obsoleto e il detto 'casa dolce casa' ridotto ormai a noioso slogan pubblicitario di 'poltrone e sofà' perché è(ra) il mondo la nostra casa globale e dove si trova lavoro e 'si mette su casa', ma, al tempo dei flagelli, ecco chiudersi i confini di ogni stato (perfino i 'barconi' e i gommoni restano fermi nei porti e le o.n.g. taxi del mare disoccupate) e nel cuore degli individui rinasce, miracolo! quel sentimento nostalgico dei 'sapori di casa', con la mamma (la mamma!) e la nonna e gli zii che ci aspettano e che andiamo a contagiare, e la promessa dei loro piatti regionali mai dimenticati, le finestre aperte sul mare e la 'heimat', la patria fino a ieri denegata, insieme ai 'nazionalismi', che torna nei pensieri di tutti prepotente e diventa, infine, canto fiero sui balconi dei reclusi ai domiciliari: l'Italia s'è desta, stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte'.
Che, di fronte alle notizie che ci vengono dagli ospedali e ci deprimono, ci appare inno un filo iettatorio e menagramo e gli preferiamo il cielo azzurro di 'Azzurro' perché la primavera è esplosa e i suoi fiori e colori ci dicono ostinati 'ce la potete fare' - speriamo, accendiamo le candeline virtuali, leviamo al cielo le preghiere dai balconi perché ci hanno chiuso anche le chiese e i templi costruiti alla bisogna al tempo delle pestilenze.
E non sappiamo se questo 'ritorno alle origini' e 'nostos algo', la nostalgia del ritorno, una volta finita la presente pestilenza e ripartite a razzo le economie di ogni paese saranno cancellati dall'onda di risacca della globalizzazione - che tornerà a occupare le prime pagine dei giornali, insieme ai profughi sui barconi, e presto ci dimenticheremo il contagio (noi scampati ai cimiteri) e resteranno solo gli sfilacci degli incubi notturni a dircelo realmente accaduto e parte incredibile delle nostre vite che vogliamo dimenticare.
E tornerà la libertà di muoversi e il libero afflusso delle persone nelle strade e nei supermercati e Venezia sarà nuovamente stipata di turisti (aiuto!) per la gioia di osti e gondolieri e proprietari di case da affittare, ma un lampo di incertezza e malcelata tristezza coglieremo negli sguardi degli amici ritrovati e gli abbracci saranno più cauti (per il tango si vedrà) e l'età dei flagelli avrà nuovamente lasciato il suo segno indelebile negli annali degli uomini - che si credevano invincibili con i loro ospedali super attrezzati e i laboratori di ricerca capaci di scovare anche il più piccolo dei virus e di sterminarli e, invece, è, oggi, il tempo delle Caporetto sanitarie e la vittoria sul Piave non è certa, non ancora; esprimiamo gli auguri, telefoniamo agli amici e a chi amiamo e diciamo loro, accorati, le parole che non si dicono tutti i giorni ma solo quando incombe l'ombra della Contadina che 'pareggia tutte l'erbe del prato'. Amen e così sia.
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