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Messaggi del 31/03/2022

Civiltà che muore.

Post n°2023 pubblicato il 31 Marzo 2022 da fedechiara
 


Civiltà che muore - L'altro ieri accadeva
Via dalla città (le colline, i guajiros, le vacche)
Martedì 14/04/2008

Via dalla città. Quattro giorni all’Avana bastano e avanzano per metabolizzarne i suoni, le atmosfere evidenti e segrete, gli eccessi. La città vecchia è preda del turismo di massa e ha i suoi riti avvilenti : ballerini di samba e salsa sui trampoli, vecchie signore in costume e grosso sigaro in bocca sedute in punti strategici, pronte alla foto e relativo obolo.
Il kitsch turistico ha aspetti uguali all over the world, sipario.
La città vera, degli habaneros in perenne ricerca di opportunità e senso da attribuire alle vite di ogni giorno, è città di odori forti e macerie, rumori e musiche ad altissimo volume ad ogni ora del giorno.
Vitale come una Napoli milionaria, depressa come ogni città del ‘subdesarollo’ tropicale.
L’eccesso di ‘colore locale’, il vitalismo esasperato, gli esotismi da tollerare con un sorriso ebete sulle labbra non sono più nelle mie corde; li cedo ai viaggiatori delle generazioni nuove che meglio di me sapranno coniugarli e goderseli.
La valle di Vinales (un intreccio di valli) è a ovest di Avana. Ai piedi della Sierra de los Organos, questi luoghi di idillio campestre godono anch’essi della speciale protezione di ‘patrimonio dell’umanità’. E’ un posto gradevole dove soggiornare, cosparso di basse colline carsiche: un gruviera di grotte scavate da fiumi antichi e segreti e la vegetazione tropicale a vestirle di fuori di un verde più chiaro di quello dei campi coltivati a caffè e tabacco – il migliore dell’isola, si dice.
Nelle pianure ai piedi dei ‘mogotes’ infittiscono le costruzioni nuove dei contadini che qui convergono per partecipare ai ludi nuovi della ricchezza che verrà, che già si odora. Le grotte maggiori, fitte di stalattiti e stalagmiti dai curiosi decori attirano un discreto numero di viaggiatori e il turismo dei torpedoni delle escursioni di giornata.
Il passa-parola tra gli indigeni è che questa nuova ‘industria’ turistica paga facile, è il futuro dell’isola. Nascono come funghi nuove ‘casas particulares’ (pensioni e locande a conduzione familiare) e l’effetto saturazione pare prossimo, in verità. I figli dei contadini più anziani si improvvisano guide per i sentieri nascosti dentro le valli più impervie e meno conosciute a indicare cascatelle e sorgenti e mostrare i panorami al tramonto.
La sera riscalda i colori e lungo il sentiero che mena all’ultima casa del paese ai piedi di un basso ‘mogote’ parliamo con un vecchio guajiro (contadino) fiero del suo ‘secador’ fitto di foglie di tabacco appese.
E’ stato un buon raccolto, dice, e il governo gli comprerà l’intero raccolto lasciandogli una modica quantità per il suo consumo personale. Uguale destino per il caffè che cresce di un bel colore verde intenso e lucido e circonda la casa -semplice e arredata con l’essenziale per vivere e lavorare.
Il governo decide anche le colture, riducendo i rischi economici, ma non mette al riparo dai cattivi raccolti e la pensione sociale è un sogno negato ai vecchi che lavorano fino a che regge il corpo e la salute.
L’intero paese di Vinales è fitto di scritte che inneggiano a Raul e a Fidel, alla verdad rivoluzionaria, perfino al comitato municipale che si riunisce il tal giorno nel tal luogo -come se da noi si inneggiasse con manifesti e scritte murali alla prossima convocazione del consiglio comunale e/o provinciale. I cartelli di questa pedagogia sociale forzatamente entusiasta sono dappertutto, inchiodati sugli alberi del viali, dentro i rari negozi e le cadecas (case di cambio-moneta), dipinti sulle case e i ristoranti.
Difficile dire quanto di questo entusiasmo rivoluzionario sia condiviso dalla gente non attiva nei comitati e filiazioni locali del partito unico.
Voci di aperto dissenso non se ne ascoltano, in verità, e se è vero che ‘taci, il nemico ti ascolta’, è vero anche che capita di ascoltare lodi esplicite e sincere al sistema sociale che garantisce istruzione e salute e l’annona -agenzia governativa incaricata di distribuire al popolo le merci e i prodotti necessari. Una sicura simbiosi tra governanti e governati si dà, agisce, opera fattivamente e capillarmente.
‘Revolucion en cada barrio y pueblo’ è lo slogan più letto, ma anche ‘la mentira (menzogna) es abiecta’ e ‘abbi cura del bosco’ e ‘raccogli la tua immondizia’. Una pedagogia scolastica e civile sposata ai vecchi incitamenti rivoluzionari e ancora la memoria dei martiri e l’onore ai caduti per la patria e l’ideale socialista.
Un nazionalismo vestito di rivoluzione sociale che sempre, ossessivamente, addita la colpa dell’odiato nemico storico, responsabile del ‘bloqueo economico’ e maledetto fomentatore dei moti contro-rivoluzionari dei fuoriusciti – sempre vittoriosamente respinti con perdite in vite umane e prigionieri.
I Bush padre e figlio, Clinton, ma anche il Kennedy della Baia dei Porci che ritirò all’ultimo momento l’appoggio aereo necessario allo sbarco dei rivoltosi, così creando la leggenda di un Fidel Castro combattente invincibile.
Leggenda che egli alimentò mettendo il carro armato da lui guidato nel corso della battaglia a monumento centrale nella ‘piazza della rivoluzione’ della capitale.
Ha un sapore vagamente retrò e di trapassato remoto questo insistente inneggiare ad eventi ormai lontani nel tempo – insieme un sintomo di timore che l’oblio si stenda su quelle gesta leggendarie e sui valori che ne sono scaturiti, ma anche un ostinato ripetere: ‘attenti, il Grande Fratello vi osserva e sorveglia, comportatevi come si deve’.
Uno slogan – invero rubato a Martì, il martire della prima indipendenza cubana- è perfino commovente e quasi metafisico. Dice che ‘l’anima rivoluzionaria è come l’anima visibile’.
In tempi di ‘silenzio di Dio’ e di anime morte e/o silenti e invisibili ai più, una tale affermazione dovrebbe preoccupare non poco gli ostinati pedagogisti al governo di questa nazione.
Cuba. Gli anni passano, la Rivoluzione resta | progetto cubainformAzione
La pellicola che meglio ha descritto i problemi di Cuba nel periodo post  rivoluzionario - Musicalwords

 
 
 

Le democrazie 'luminose' e le guerre degli imperi.

Post n°2022 pubblicato il 31 Marzo 2022 da fedechiara
 

Le democrazie 'luminose' e le guerre degli imperi (par two).

(…) Un normale dramma di guerra, dicevo, quello dell'Ucraina. Tra le tante (guerre) che si sono combattute nel corso della vita della mia generazione di settantenne (più due). Ma erano guerre limitate nel loro àmbito regionale e la 'confrontation' militare tra l'impero americano+paesi Nato co belligeranti (la coalizione dei 'volenterosi' - sic) e la Russia si è sempre mantenuta all'interno dell'equilibrio del terrore atomico - e i pacifisti si sono indignati da par loro (più o meno), ma il mondo ha continuato ad esistere nel suo assetto post imperiale e post muro di Berlino fino a che non intervenne la nefasta politica, di produzione hollywudiana, dell'esportazione delle democrazie. Mirabile film con molte comparse e tanti morti e feriti sul terreno e tra le macerie (vedi Siria).
Esportazione fallita miseramente nei 'paesi arabi' refrattari con i guasti che conosciamo. Confrontate la Libia prima e dopo la cura militare della Francia+ i 'volenterosi' e i mille 'barconi' che tuttora ci asfissiano di un commercio osceno di vite umane in partenza libera dalle sue coste.
Ma l'esportazione della democrazia in Ucraina funzionò benissimo, invece, e il paese ebbe la sua bella rivoluzione di piazza Maidan (con interventi esterni dei soliti noti nell'ombra?) e il suo esercito venne addestrato da istruttori americani e rimpinzato di armi di ultima generazione come da copione sud americano sperimentatissimo ed eventuale colpo di stato (golpe) ove necessario.
Vedi il caso da manuale del Cile di Salvador Allende.
Ma l'America è l'America e non si discute. Neanche quando minaccia la guerra nucleare se i russi non tolgono i missili da Cuba (vedi la pagina di storia relativa). O, se si discute, si dà per scontata la nostra entusiasta adesione al suo impero militare (Nato) e lì ogni discussione si arena e nei talk shows il dissidente viene subornato e/o deriso. Zitti e mosca.
Qui si fa la democrazia (ci si dice tutti democratici) o si muore (e si scompare dai teleschermi).
Ma la grancassa retorica sull'Ucraina in guerra ha avuto toni elegiaci di straordinaria novità e commozioni pubbliche e pianti greci in cronaca che mi hanno stupito per la loro pervasività giornalistica e la sostanziale assenza di contraddittorio.
E capisco la pietas dovuta agli esodi di guerra e alle donne e ai bambini accolti in ogni dove del generoso Occidente democratico, capisco meno l'essersi schierati come un sol uomo (come un sol foglio di stampa e redazione televisiva) a sostegno delle ragioni degli ucraini contro i russi 'invasori' (e morta lì e guai a chi opina e approfondisce).
Uno schierarsi giornalistico pro e contro senza nessuna analisi storica degna di questo nome sulle ragioni pregresse (chiaramente esposte da Putin in tivù nel primo giorno di invasione) e sulla guerra maledetta nel Donbass condotta dagli ucraini contro le popolazioni russofone che ha causato un numero di morti forse pari o maggiore di quello che si stima della presente guerra di occupazione.
E un parallelo, incessante peana di osanna bellico alla luminosa democrazia ucraina che resiste invitta e si oppone (con le armi che gli inviamo) al 'criminale' Putin – la cui defenestrazione e uccisione orchestrata per mano di traditori prezzolati è stata chiaramente invocata e trascritta sui fogli di stampa embedded del luminoso Occidente democratico. E il Biden dagli occhietti a fessura che minaccia, novello dottor Stranamore, il ricorso all'arma nucleare...
(Part two. Segue...)

 
 
 
 
 

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