Creato da fedechiara il 14/11/2014
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Messaggi del 08/09/2024

Artisti cinesi.

Post n°3319 pubblicato il 08 Settembre 2024 da fedechiara
 

Jiang Heng, artista cinese, ('Highway to Hell' - palazzo Michiel - Strada Nuova - Venezia) ci racconta da par suo che, malgrado quegli occhi strani che si ritrovano, lui e i connazionali, uguali pensieri filosofici relativi al dolore di vivere e alla vita breve e all'oscurità della morte, illuminano le sinapsi orientali e occidentali.
Ed ecco la sua riflessione amletica col teschio (molti teschi) adornato di una effimera florealità pittorica che lo traduce in 'pop art' un filo macabra, ma capace di ricordarci che 'siamo polvere' - magistralmente aggregata e in qualche modo funzionante - ma che 'polvere ritorneremo', ahinoi, dopo aver scroccato un bel po' di filo alle Parche.
E, malgrado le bambole e i bamboleggiamenti delle giovanissime fanciulle in fiore che vediamo ospiti delle nostre calli e fanno 'ciao-ciao' con le manine a bordo dei motoscafi strapieni, anche quella loro bellezza orientale e l'incarnato niveo e liscio che gli invidiamo subiranno l'onta del Tempo - che tutto ossida e trasforma in decrepitezza e abbandono e diverso futuro.
Ed ecco spiegarsi davanti ai nostri occhi, a tutta sala, l'orrido campo di morte di migliaia di 'Barbie', - un ossario 'pop' funereo e spaventosissimo su cui campeggia 'l'albero degli impiccati', che già conoscevamo per via di Pinocchio, favola di morte e resurrezione del nostro Collodi -, a dirci che tutto, perfino quelle stupidissime bambole che hanno riempito l'infanzia lieta e leggera delle nostre figlie e nipoti, tutto decade e si corrompe e la vita umana è e sarà piena di pillole da ingurgitare per restare in salute un paio di anni ancora, viva la Medicina che nutre la Speranza.
E sarebbe interessante conoscere come e dove l'artista sia riuscito a collezionare tutte quelle povere bambole morte per smembrarle sadicamente e 'artisticamente'.
La Biennale di 'tutti i futuri del mondo' è anche questo, prova a dirci Jiang Heng: il racconto di un futuro breve e corrotto già al suo nascere. Praticamente un ripasso dell'Eccesiaste.
Tutte le reazioni:

 
 
 

Gli assassini tra noi leggeri.

Post n°3318 pubblicato il 08 Settembre 2024 da fedechiara
 


L'impressione che si ha surfando bravamente dentro al tunnel liquido degli ultimi fatti di cronaca nera è che viviamo in una società italiana/europea indifesa dove ogni orrore e belluinità e le uccisioni gratuite e 'per futili motivi' sono state sdoganate da un clima di colpevole buonismo diffuso e tolleranza oltre ogni limite di orrore. Gli assassini tra noi leggeri.
E da seguire con amore e umana sollecitudine dentro le istituzioni carcerarie perché tanto fragilini, poveri cari, e d'un subito ravveduti e sconvolti per quanto hanno commesso di orribile e spaventoso. Nessuno tocchi Caino. (sic)
Sommiamo insieme, in una rapida carrellata, l'intollerabile omicidio di Saman, strozzata dai genitori/zio pachistani per la colpa massima di essersi integrata nel paese ospite e vivere da aspirante donna libera con tanto di amoroso indigeno + il nero Kabobo che andava per strada in ore antelucane con un piccone in mano, scaricando la sua rabbia e/o follia da mancata integrazione sui crani dei malcapitati + i due casi più recenti della povera Sharon che implorava 'Perché, perché!! all'idiota assassino che si era preventivamente scusato per '...quello che ti sto per fare'.
E giù gli affondi del coltello omicida sulla carne della vittima indifesa.
Rivedetevi più e più volte il film dell'orrore, con le sequenze pulp e splatter alla Tarantino, per non dimenticare.
E rivedetevi le sequenze di orrore al quadrato di quell'altro film dell'orco assassino di Paderno che ha sterminato l'intera famiglia a partire dal fratellino di anni cinque che lo adorava, ci informano le cronache. Guardatelo e riguardatelo quel film di sangue e morte - e il novello Caino scatenato col coltello su entrambi i genitori - prima che la collosa pietà e misericordia universale ce lo ricopra e incorriamo d'un subito nelle formulazioni pietose del Beccaria e dei suoi seguaci che ci invitano pubblicamente a 'rieducare' lo sventurato e a dimenticare l'orrore della colpa prima ancora che sia stata scontata.
'Il giudice ha ritenuto di lasciare l'imputato in carcere.' dicono i tiggi, con la lagna buonista e ipocritamente misericordiosa a cui siamo ormai abituati da decenni.
E ci mancherebbe pure che un reo confesso dell'odiosissimo crimine di uccidere i genitori e il fratellino lasci il carcere dopo pochi giorni dal misfatto, maledizione!
La società in cui ci è capitato di vivere è malata di buonismo da un tanto al chilo ed è ormai immemore di quell'immaginario di terribilità e della giustizia inflessibile e crudele che lavava le colpe degli assassini con i più terribili supplizi. Nel Medioevo, squartamenti sulle pubbliche piazze e pubblici affogamenti e decapitazioni terrorizzavano il popolo.
La società del tempo si difendeva dall'orrore del crimine e dei criminali banditi e dei Caino con l'orrore contrapposto e maggiore (perché inferto in pubblico) del supplizio – e sui giustiziati si stendeva la coltre della 'damnatio memoriae' (e i corpi bruciati) che riaccendeva la luce della religione, del 'timor di Dio' e della fede nella giustizia in una società altrimenti fragile e spaventata dal ricorrere atteso degli altri crimini.
I secoli seguenti hanno attenuato i truculenti supplizi e la ghigliottina della Rivoluzione fu inventata per dare un asettico taglio netto e finale tabula rasa con la schiera degli odiati aristocratici delle gabelle e della miseria del popolo - e la pena di morte restò a lungo quale efficace monito di una società che difendeva se stessa dal ricorrere del crimine nelle cronache e pareggiava i conti con i suoi nemici.
Ma oggi ci barcameniamo tra un buonismo spicciolo che tende a cancellare il crimine dagli occhi della società attonita un attimo dopo che l'assassino ha straziato le carni della sua vittima e lo psicologismo spicciolo degli 'esperti' televisivi, psichiatri ed educatori, che si dilungano in analisi stiracchiate sui nascosti perché di quelle male azioni - col finale strappa lacrime dei nonni che 'non lo abbandoneremo'.
E un lungo silenzio sociale in partitura, invece, ci consegnerebbe la giusta meditazione sul male che ci affligge ed impazza quotidianamente in cronaca, accompagnato dalla fida demenza alleata con il metodo, il metodo della follia.
Che tu sia per me il coltello – lettura consigliata per il suo grande ritorno in cronaca. Con la benedizione annessa al preteso 'dio lo vuole' (allah u akbar) dei radicalizzati sul web di ultima generazione di immigrati e lo svolazzo pigro e soave di quell'altro, cittadino italiano a bordo del suo velocipede, che: 'Non so perché l'ho fatto.' e 'Scusami se ti uccido.'
Ma non dimentichiamoci del Beccaria.
Correva l'anno...

 
 
 
 
 

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