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FLASH 11 - John Elkann e il Triangolo d'Oro, oltre al dano la beffa.

Post n°32 pubblicato il 17 Febbraio 2014 da Herebus

 

 

Dimentichiamoci per un attimo della faccia da “frescone” con sorriso incorporato, dimentichiamoci dei capelli alla Ronald McDonald e del suo improbabile italiano dove tutti i nomi comuni di cosa vengono sempre declinati al femminile singolare e dove i congiuntivi sono morti da tempo senza essere un granchè rimpianti. Dimentichiamoci perfino che questo allampanato ed epidermicamente antipatico giovanottone 38enne in un Paese dove la disoccupazione giovanile tocca ormai il 42% senza che nessuno sembri sapere come fare a fermarla ha avuto il coraggio e la cafonaggine di dichiarare che i giovani italiani sono disoccupati perchè, nonostante il lavoro gli venga offerto da ogni parte, preferiscono restare a casa da mammà a grattarsi la pancia ed a darsi alla deboscia come i Vitelloni di felliniana memoria. A prescindere dal giudizio globale sulla persona la classe infinita posseduta da suo nonno Gianni sembra dimenticata e sepolta in qualche lontano asteroide a milioni di anni luce da qui. Chiediamoci allora come sia potuto capitare un simile insulto agli italiani tutti, sparato a bruciapelo e senza il minimo, credibile tentativo di smentita o rettifica.

La FIAT (Fabbrica Italiana Automobili Torino) nasce dal sodalizio di alcuni nobili e gentiluomini sabaudi nel 1899 a Torino. Dopo alterne vicende, tra le quali l'oscura morte di Emanuele Cacherano di Bricherasio, Giovanni Agnelli Sr e la sua famiglia diventano i padroni assoluti di quello che, allo scoppiare del 2° Conflitto Mondiale, era il più grande gruppo industriale d'Europa. Succeduto a Valetta il nipote del Senatore Agnelli, l'Avvocato Gianni Agnelli, assume la guida dell'impero di famiglia assieme al fedele fratello Umberto. Il più grande gruppo industriale italiano arriva, al punto del suo massimo splendore, ad occupare, solo in Italia, più di centomila persone ed a spaziare dalle automobili all'aerospaziale, dalle costruzioni alle telecomunicazioni, alla carta stampata, alle assicurazioni. Poi un po' per lo schock petrolifero dei '70, un po' molto per politiche industriali e commerciali sgangherate e un po' perchè intanto colossi come Volkswagen, Renault, BMW, Audi si erano svegliati e cominciavano a mordere il mercato europeo come non mai il Gruppo FIAT entra in crisi. E allora ecco che gli Agnelli non si fanno scrupolo, in pieni anni di piombo, di barattare il licenziamento di migliaia di operai con un fiume di soldi pubblici, sotto forma di aiuti di Stato, che permettono sì all'Azienda di sopravvivere ma dei quali, ad oggi, non si è visto indietro neanche un centesimo, (chissà cosa avrebbe fatto Obama se Marchionne non gli avesse restituito fino all'ultimo dollaro dei 700M$ che il Governo Federale aveva “prestato” alla FIAT per evitare che Chrysler fallisse). Intanto il Gruppo si concentra sul Core Business, acquisisce Ferrari, Alfa-Romeo e Abarth, dismette gioielli come Fiat-Avio, Impregilo, le azioni di Telecom Italia ed altro per puntare su modelli discutibili come la Regata, la Tempra, la nuova 500 e 600 e nel 1988 viene inspiegabimente defenestrato Vittorio Ghidella, artefice di una spettacolare ripresa del gruppo grazie a modelli come Uno, Thema, Croma, Tipo, Delta e 164 da lui personalmente voluti. Nel frattempo si succedono le tragedie : nel 1997 muore Giovanni Alberto Agnelli, figlio di Umberto e scelto dallo zio Gianni quale successore alla guida dell'impero di famiglia. Giovannino, così era chiamato, era un ragazzo umile, intelligentissimo e benvoluto da tutti sia in famiglia che in fabbrica che ai “piani che contano” ma poco dopo aver risollevato le sorti della Piaggio in veste di Presidente viene colpito da una rarissima forma di cancro all'intestino e muore nel giro di brevissimo tempo. L'Avvocato è costretto a questo punto a guardare al ramo di famiglia che discende dalla sorella, visto che nel ramo Agnelli non vedeva nessuno in grado di sostituire Giovannino e men che meno il suo adorato ed infelice primogenito Edoardo, suicidato da ignoti il 15 Novembre 2000 su di un viadotto alto 80 metri sul fiume Stura. In uno dei suoi ultimi scritti diceva testualmente : “Se il potere della nostra famiglia cadesse nelle mani sbagliate sarebbe una cosa estremamente pericolosa per questa nazione... Mio padre si è comportato benissimo fino ad oggi. Ma se non imposta la propria successione in maniera corretta anche lui dovrà rispondere delle proprie azioni e dare le sue spiegazioni davanti a Dio. Questo se lo deve mettere in testa .” Eppoi le voci che vogliono che poco prima della sua morte qualcuno avesse proposto ad Edoardo di cedere tutti i suoi diritti di successione sulla FIAT in cambio di una montagna di soldi e immobili. Alcuni si sono spinti anche a dire che, poiché pare certo che Edoardo si fosse convertito all'Islam, forse fin dal 1974, egli rimase vittima di ignoti che non volevano in nessun modo che l'Eredità Agnelli finisse in mani sciite. Alla zia Margherita scriveva ancora : “ Margi sono felice ma un poco in tensione. Papà mi ha parlato di alcuni lavori e di certi progetti dei quali, lo confesso, nel particolare ho capito ben poco. Oppure ho capito troppo bene e ora ho paura di avere inteso una canzone stonata. “. Sia come sia ora il vecchio patriarca deve guardare al ramo Elkann della famiglia, legato strettamente ai valori ed agli interessi ebraici e, soprattutto, i cui rampolli Lapo Edvard e John Philip Jacob, detto “Jaki” non sono nati in Italia e in Italia non portano a termine tutta la loro formazione. Cresciuto alla corte General Electric Jaki ha voglia di dare una connotazione multinazionale alla vecchia FIAT e per questo è uno dei più ferventi sostenitori delle doti di Sergio Marchionne al momento del suo ingresso al Lingotto. Ma mentre il nonno Gianni voleva rendere internazionale la FIAT facendola rimanere pur sempre italiana, il duo Jaki/Sergio dell'Italia non ne vogliono sapere : sindacati, opinione pubblica, governi imbelli, chi più ne ha più ne metta. Già diversi anni fa avevano spostato alla chetichella la Sede Legale della IVECO, colosso europeo dei mezzi pesanti, dall'Italia all'Olanda, in fondo lì si paga solo il 22% di tasse ! E così, alla fine, cogliendo al volo l'opportunità offerta dalla crisi di Chrysler, il dinamico duo John/Sergio ha, in un sol colpo, centrato tre obiettivi : ha fatto diventare la nuova FCA-Fiat Chrysler Automobiles un player globale, ha portato via il neonato colosso dall'Italia e dal suo iniquo e delirante sistema fiscale ed ha chiuso il Triangolo d'oro. Cos'è il Triangolo d'Oro ? E', per esempio, il circuito che permette, tramite accordi segreti tra USA e UK stipulati alla fine della Seconda Guerra Mondiale, alle Aziende quotate alla Borsa di Londra ed aventi una Filiale nella cità di New York di poter tasferire i guadagni finanziari da una parte all'altra dell'Oceano completamente esentasse. Io non so se accordi simili esistano anche con il Regno d'Olanda ma non ne rimarrei affatto stupito visto che la famiglia reale olandese, insieme a quella inglese ed alla lobby ebraica newyorkese sono tra i principali pilastri della Massoneria internazionale nonché padri fondatori di simpatiche associazioni quali il Club Bilderberg, il CFR-Comitee on Foreign Relationship e Trilateral Commission. In sostanza quindi il nostro rampollo ha chiuso un triangolo d'oro per lui e la sua azienda che consiste nell'aver trasferito la sede legale della FCA in Olanda come per la IVECO, dove la tassazione Irpeg arriva al massimo al 22%, ed avendola quotata a Londra potrà trasferire tutti i suoi profitti in USA, in quella New York dove già anni prima suo fratello Lapo disse che avrebbe dovuto risiedere l'Headquarter di FIAT, altro che Lingotto.


Ora è pur vero che le Aziende non sono enti caritatevoli ed hanno come unico fine la massimizzazione dei profitti e dei dividendi per gli azionisti ed è altresì vero che le condizioni di funzionamento di un'azienda in Italia sono tra le più sfavorevoli al mondo, (secondo la Banca Mondiale), l'energia costa più cara che se venisse da Marte, il Fisco è nel migliore dei casi castrante ed illogico, i Governi pare che abbiano tutt'altro a cui pensare che al bene del Paese ma è pur sempre vero che FIAT, nel bene o nel male è stato il Gruppo Industriale più grande del Paese, ultimamente anche l'unico di una certa grandezza, quello che ha caratterizzato per anni, secoli addirittura, il meglio dell'ingegneria e della creatività italiane nel mondo, che ha determinato con le sue scelte un parte della vita politica, industriale e culturale italiane ed europee. Certo errori ne sono stati fatti, colpe ce ne sono sicuramente ma se fosse stato ancora al suo posto, probabilmente Gianni Agnelli non avrebbe permesso che internazionalizzare la FIAT, da sempre il suo sogno, dovesse significare privare l'Italia stessa della FIAT, globalizzare e ridurre l'Italia, che ricordiamo ha tanto dato agli Agnelli ed al Gruppo, ad una remota provincia del Nuovo Impero Americano di Jaki & Co. , ad un territorio in abbandono. In definitiva lui, Gianni, si è sempre sentito italiano ed ambasciatore dell'italian way of life nel mondo e, sopratutto, negli Stati Uniti dove forti erano i legami con la Ford e la famiglia Kennedy. Ma, appunto, lui era un italiano, in Italia ci era nato, ci è sepolto e, soprattutto italiana era l'Azienda che gli aveva lasciato suo nonno. Lapo e soprattutto Jaki no, loro non sono nati in Italia ma a New York, la loro way of life è globale, globalizzata, essi inseguono il massimo profitto, se poi è possibile raggiungerlo in Italia bene, sennò al diavolo questo Paese di morti di sonno che nulla hanno detto e nulla hanno fatto quando il dinamico duo Sergio /Jaki ci ha tolto l'ultimo grande gruppo industriale di casa. Per inciso l'ex Ministro Saccomanni, interpellato al proposito e dando l'impressione di cadere dalle nuvole, ha risposto : “Vigilerò che tutto sia stato fatto legalmente.” . E certo che l'hanno fatto legalmente, tonto di mamma ! Quelli, loro, mica sono dei completi sprovveduti : l'hanno fatto legalmente e con tutti i crismi, il problema era che non bisognava lasciarglielo fare ! Questo era il problema, o ingenuo Ministro ! Quando la Renault, solo qualche anno fa, dichiarò l'intenzione di delocalizzare in Turchia la produzione della nuova Clio, un specie di auto/bandiera per la Francia, il Governo francese non la prese per niente bene, fece la dovuta voce grossa, minacciò anzi promise alla Renault ritorsioni economiche e fiscali pesantissime con il risultato che i vertici della Règie hanno chiesto umilmente scusa e fatto rapidamene dietro front. In cambio però il Governo francese ha concesso un mega finanziamento alla casa automobilistica per la ricerca e lo sviluppo dei veicoli full electric, in un nuovo stabilimento che occuperà direttamente e indirettamente migliaia di persone sul territorio francese. Saccomanni o chi accidenti prenderà il tuo posto : “Era proprio così difficile ?”.

Tornando al nostro Jaki, quindi, purtroppo egli non è quell'imbecille che dice Della Valle, egli è un vero e proprio squalo, un freddo calcolatore che ha fatto bene i suoi conti sulle teste degli italiani, e poi ha avuto anche l'incredibile faccia tosta di dileggiarli, offenderli, prenderli per i fondelli, dimostrando una maleducazione ed un disprezzo per i nostri concittadini che, spero, stiano facendo rivoltare nella tomba l'Avvocato suo nonno.


Per inciso alla fine del 2013 la Volkswagen, dati i risultati positivi oltre le migliori previsioni, ha distribuito ingenti premi di produzione non previsti a tutti i dipendenti mentre la BMW ha recentemente deciso unilateralmente di riconoscere ai propri dipendenti anche le ore lavorate fuori dalle sedi aziendali come quelle trascorse al pc o al telefono da casa o in viaggio. Essi potranno anche indicare all'azienda dei week-end o degli interi periodi durante i quali non dovrano in nessun caso essere “molestati” a casa o in vacanza dall'Azienda stessa.E questi colossi non ci pensano minimamente a "smettere" di essere tedeschi.


Meditate gente, meditate....

 
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"MORTE DI UN BRAVO RAGAZZO. L'INCREDIBILE STORIA DI MARIO BIONDO."

La Repubblica - Palermo, 13 Novembre 2018


La morte di Biondo un giallo lungo cinque anni na «storia incredibile» di misteri e di archiviazioni, indagata in un libro-dossier che prova a ricostruire, tra memorie private, perizie mediche e documenti d'archivio, il caso di Mario Biondo, il cameramen palermitano trovato morto cinque anni fa a Madrid. È una favola nera raccontata con la precisione di un cronista, il libro di Paolo Gentili, "Morte di un bravo ragazzo" (Sovera Edizioni): un contributo a una verità mancata a cui l'autore, con il contributo della madre della vittima, Santina Biondo, tenta di avvicinarsi, ricostruendo la vita privata del giovane con la moglie giornalista Raquel, più volte interrogata sui fatti, e le incongruenze di quattro armi di indagini, tra sms e dati estratti dal computer del giovane, poi compendiate in un atto scritto dai magistrati inquirenti, dove la vicenda Biondo resta ancora una storia irrisolta. Serve, allora, alla memoria capace di farsi domanda, anche la più semplice operazione letteraria su un giallo di cronaca. Perché di morte di può morire due volte, la seconda è quando si viene dimenticati.


 

 

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Da Roma a Yale nel Connecticut, dagli archivi segreti del Vaticano alle stanze asettiche della Cia, dalla Buenos Aires della "sporca guerra" dei desaparecidos alla quiete irreale di Salò sul Garda e di Sherbrook nel Quebec, dalle birrerie di Monaco di Baviera ai monasteri benedettini di Subiaco a Roma. Attraverso i dialoghi incalzanti fra chi complotta per imporre sull'intera umanità il dominio satanico della Confraternita della Morte (che ha come motto "Guerra, Sangue e Miseria") e chi invece, nel nome dell'umanesimo di matrice cristiana, tenta di opporsi a questa infernale macchinazione, si snoda l'ingranaggio narrativo costruito da Paolo Gentili, che, mediante una prosa di forte impatto giornalistico, tesse la sua ragnatela di cospirazioni ad alto livello.

 
 

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