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« Pugni chiusi.Lettera della prima volta. »

Figli dell'Orsa Minore.

Post n°172 pubblicato il 03 Maggio 2013 da Noneraunsogno

Di certe notti si potrebbe farne a meno. Soprattutto, di quelle notti senza stelle, proiettate alla rinfusa dietro i profili opachi delle case, o di quelle in cui il tempo si dilata  all'infinito lasciandosi dietro solo l'eco o la scia di un brevissimo respiro.

Fuori piove e c'è caldo, nonostante  che sia il Primo Maggio. In tv passano le ultime note del Concertone. Piove anche lì, a dirotto, come se non ci fossero in cielo che lacrime per questo amaro giorno.

Ecco mio figlio. E' lì in terza fila, senza ombrello, senza  riparo. Ride, saluta con la lingua dei segni, abbraccia una ragazza e lancia baci  come a volere rassicurare, a distanza, sua madre.

Ci fu un tempo in cui, avvicinandomi troppo a quello che credevo, rimasi impigliato nelle braccia  di un dio che io stesso avevo costruito.

Ci fu violenza, allora,  e ci fu il peccato.
Perduti gli amici, uno dopo l'altro, perduti i sogni e le speranze, lasciai che mi abbandonassero  anche le parole che, sebbene precarie, mi sarebbero potuto servire come esseohesse o come salvagenti.

Imparai, come una stella, a fingere la luce, ad essere presente nel silenzio, a cercare nell'oscurità un qualunque nascondiglio, quasi come  un animale braccato e senza scampo, condannato a vagare in eterno.

Adesso so che quelle luci  crocifisse nel cielo sono tutti i miei giorni diventati all'improvviso notti.

Guardo la folla di ragazzi che riempe Piazza San Giovanni e la vedo urlare contro  come se volesse, per davvero, ucciderla la notte.

Non sanno che lì dentro ci siamo noi, sepolti sotto cumuli di ricordi ormai morti.

Piove, ed Arcas se ne sta in piedi  sotto il palco.

Da un tempo dimenticato Artemide lo spinge ad uccidere la bestia.

Non importa se sia tutto frutto  di un complotto, non importa se in quel corpo ci sia il cuore di chi lo ha messo al mondo.

Si diventa uomini sfidando il  destino o, magari, uccidendo amori ed affetti.

Una maledizione è fiorita in cielo, tanto che le stelle dell'Orsa Minore sembrano non tramontare mai. Quasi come me, che sto sveglio ad aspettare, inutilmente, tue notizie.

Hanno spento i riflettori e  la musica non ha più volume.

Leggo i titoli di coda per manifesta incapacità di alzarmi e raggiungere il telecomando che se ne sta  sul tavolo, in bella vista.

Intanto, fuori, una sirena si fa largo, con veemenza,  lungo le  strade bagnate e deserte della periferia.

Cresce dentro una nuova tensione, come se dovesse da un momento all'altro finire tutto. La vita, questa luce antica, illumina oramai a malapena una striscia di cemento.

C'è una strada nel cielo ed è senza transenne. Qui la gente si riconosce, nonostante la musica che evapora dalle loro piccolisime cuffie. Alcuni sono padri, altri sono figli, appartengono tutti alla stessa sorte, alla stessa costellazione.

Brillano i destini degli uomini, finchè si sentono liberi.

 

 

 

 

 

 
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