Creato da Noneraunsogno il 21/05/2009
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« in quell'altrove ideale.Effetto notte (a sud-est... »

Tizio e suoi fratelli

Post n°182 pubblicato il 26 Aprile 2014 da Noneraunsogno

    TiZIO E  I SUOI FRATELLI

Da tempo stava meditando su come abbandonare quella vita di indeterminatezza,   su come  cambiare aria, nome e linguaggio.

Finalmente, lontano dagli esempi in cui spesso veniva catapultato stava ritrovando l' identità negatagli; occorreva avere la forza di cambiare aspetto per poterle dare corpo e, soprattutto, ci voleve ancora   forza per  trovare  nuovi significati da appiccicarle addosso.

Segnali gli giungevano che il momento era propizio. Per la prima volta aveva sentito l'espressione di un uomo farsi titubante, caricarsi di emozione nel dare  voce alla sua descrizione.

il suo nome,  figlio di una dubbiosa conoscenza, aveva sollevato nel bel mezzo di una discussione una forma interrogativa di incertezza, facendo balenare, per un attimo, fra quelle menti, le  verità su certe cose dette per onor di firma, senza una ragione precisa, tanto per riempire le risposte con  capri espiatori da condannare  a morte.

Lui non sarebbe stato più sinonimo d’uso comune da spiattellare ai quattro venti nelle giornate incerte del linguaggio. Oramai aveva deciso, il passo da fare era breve. Ne avrebbe parlato quella sera stessa alla sua gente.

 All’ora di cena rincasò e trovò i suoi fratelli ad attenderlo in cucina, seduti attorno al grande tavolo di legno. Salutò sua madre che era intenta ai fornelli a scaldare un intruglio che rassomigliava vagamente ad una zuppa minimalista di ceci e porri. Prese posto proprio quando il più anziano di tutti, Sempronio, puntò il suo sguardo su di lui chiedendogli “ adesso dicci perché hai voluto che fossimo tutti presenti.”.
Tizio scrutò l’arcigno fratello, poi rivolse lo sguardo a Caio, che lo stava guardando di sottecchi,  e, rischiarando un poco la voce, iniziò a parlare:” Fin da quando ero bambino mi sono sempre chiesto se questo nostro essere additati come persone indefinite, non fosse in realtà un modo per non farci crescere e prendere coscienza che nessuno può rimanere sconosciuto nei rapporti umani. Sono abbastanza grande da capire che io voglio vivere una vita fatta di chiarezza, una vita in cui io possa, come gli altri, essere chiamato con un nome che racchiuda in sè la bellezza dell'appartenere ad un discorso più ampio, alla comunità propria delle frasi felici, a quella meravigliosa storia che è stampata nelle iniziali dei corredi umani.

Da troppo tempo trascino dentro me il fardello pesante che mi diede il buon Irnerio prima e poi il vecchio Diocleziano, quando nell’annunciare al mondo me, te, o Grande Sempronio, e il tuo gemello Caio, volle che fossimo per sempre gli esempi eterni.”

“ Avrei voluto amare come gli altri, innamorarmi di una donna dal nome certo e breve, provare l'emozione di essere l'eroe che tutti ricordano per il suo coraggio ed il suo valore;  ma voi ve lo siete mai chiesto cosa pensano di noi le ragazze quando comunichiamo i nostri nomi? Ridono di noi, ci chiamano "i vaghi" oppure " gli illustri sconosciuti".

E anche voi Mevio, Filano e Calpurnio, pensate forse che io non veda quanto sofferenza c’è nei vostri occhi quando passando fra le parole, gli altri vi mettono da parte,  vi citano con disprezzo, magari cambiando umore, chiamandovi fantasmi oppure più semplicemente  –Mevio, Filano e Calpurnio-, quasi a non voler andare oltre un certo discorso volutamente nebuloso ed oscuro?

“E che dire del piccolo Pinco Pallino messo alla berlina dai suoi giovani compagni   che gli fanno pagare  la colpa di non contare quasi nulla in questi tempi di effimere onnipotenze?”.

 Intanto,  era sceso sui presenti  un silenzio quasi teatrale; nella stanza si sentiva solo il bisbiglìo dei ceci e dei porri che risalivano inesorabilmente a galla dopo aver opposto all'acqua bollente una debole resistenza. La donna tolse la pentola dal fuoco, la poggiò sul marmo bianco. Riempì le loro scodelle, poi,  si girò e asciugò le sue mani sul grembiule che le stava appeso ai fianchi. Fissò a lungo i suoi figli, uno dopo l'altro, scavando dentro i loro occhi trincee invisibili e profonde che sarebbero, da lì  a poco, in qualche modo, potuto servir loro  come riparo o rifugio sicuro. Poi, lasciò che Sempronio, come sempre, ringraziasse il Cielo di averli conservati anche per quel giorno vivi. Si sedette accanto a Tizio, gli afferrò le mani, mentre gli altri figli si erano già catapultati nel fondo delle loro scodelle.

“ Vedi figlio mio, tu hai ragione, io ti capisco. Tu vorresti passare il guado, tu vorresti andare oltre. Ma non noi non siamo come gli altri, noi non viviamo di eccessi. Siamo povera gente, citazioni a cui tutti eviteranno di dare volto o una benchè minima possibilità di scelta o di progresso. A torto o a ragione, non si può sfuggire al proprio destino di perdenti.
Tuo padre è andato in barca, ha attraversato la notte insieme a tanti altri sperando di trovare
nelle  parole di altre lingue una vita migliore di questa che noi trasciniamo  duramente.
Eppure il suo sogno si è infranto contro le onde giganti della notte.".

"E' stato uno dei tanti", disse frapponendo, a caso, brevi pause  nella ripetizione all'infinito   di  quel concetto striminzito.
"Uno fra i tanti, così dicono di lui su Google. Padre e Dio assoluto degli esempi.
Per questo non sarà un nome a mantenerci in vita, figlio mio, ma il battito del cuore che regala in silenzio a chi lo sente  un altro attimo di follia dirompente ".

Poi scese dal tetto una pioggia di stelle, di stelle generiche, di quelle che cadono senza tanti riconoscimenti, senza code o carri a bardarne i fragili lineamenti; Tizio guardò i suoi fratelli e li vide abbracciarsi l'uno con l'altro. Gli anonimi segni di inquietitudine, che ne marcavano i profili, si erano, ad un tratto, dai loro visi,  dileguati. Non c'era campo per il dolore dalle  parti della loro vita.

La loro pelle profumava di mare e di frontiera.  Macilenta, se ne stava a terra l'ombra stanca dell'attesa.

Attraverso i vetri trasparenti di una lente di ingrandimento si accorsero che  una motovedetta, in lontananza, stava lanciando ripetuti segnali fumanti; forse, pensarono i fratelli,  non erano bengala i lampi apparsi all'improvviso sopra le loro teste, ma fuochi di temporali in arrivo da occidente.

La follia, come un ladro,  stava, nel frattempo,  scartinando la paura che li teneva in ostaggio, scartinando la paura per liberare il coraggio. Stava arrivando, inarrestabile come una valanga, anche se loro non  riuscivano  a vederla, pur avvertendone vicino la presenza.  Qualcuno disse dal fondo di una bottiglia  " chi è stato? " Qualcun altro rispose, balbettando  "Tizio e Caio" .

C'era del sangue sulla mano del comandante ed il sangue brillava come falò acceso nella lunga  notte degli 8 dicembre.

C'era odore di porri nell'aria e ceci sparsi dappertutto.

Fu allora che il tavolo di legno si richiuse su  se stesso assumendo le sembianze di un  vocabolario in disuso.

Qualcuno, allora,  strappò via una pagina da quel tabernacolo sapiente, una pagina che piegò più volte prima diventare una  barca di carta senza onde.  Tizio, per primo ci si sedette sopra, inaugurando il viaggio.

A prua, qualcun altro stava ridendo a crepapelle rileggendo ad alta voce questo ultimo passo.

Tossiva forte  il buonumore clandestino a bordo del Presagio. Tossiva contagiando l'umana marea che si stava muovendo.

Salpò di nascosto l'ultimo racconto lasciandosi dietro una piccola scia sgrammaticata   e senza senso.

Salpò da un villaggio del deserto di cui il vento nasconde continuamente posizione e tracce.

Da un villaggio senza porto, incastonato fra le rotte invisibili del Mediterraneo.

Da un villaggio senza porto, perchè non hanno  più lacrime da versare gli occhi di coloro che ce lo indicheranno.


 

 
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Commenti al Post:
mpt2003
mpt2003 il 26/04/14 alle 15:04 via WEB
Letto riletto e riletto ancora. Leggo ammirata la tua fantasia il tuo nascondere dietro parole altre parole altri discorsi altri pensieri applicabili a tutti quelli che stanno leggendo le lettere che compongono i tuoi pensieri così che i pensieri di tizio caio e sempronio si applicano a qualsiasi altro tizio caio sempronio che si trova a transitare qui ...e prendono una vita propria , finalmente con un nome valido per tutti.
(Rispondi)
 
 
Noneraunsogno
Noneraunsogno il 26/04/14 alle 23:04 via WEB
Un tizio, un giorno, mi raccontò una leggenda che riassumo qui, facendola breve: " quando non sai che cosa dire, chiudi gli occhi e prova ad immaginare che tu sia un quaderno bianco e la vita un pezzo di carbone. Così facevano i pastori di una antica etnia di un grande desertopoli.". Il resto viene da dire è solo frutto dell'amore per il mare.
(Rispondi)
 
 
 
mpt2003
mpt2003 il 27/04/14 alle 01:17 via WEB
è nella vastità del mare che si trovano le più grandi storie perchè il mare è pieno di pesci, grandi o piccoli che siano che lo animano e lo rendono vivo. il mare poi ti lascia immaginare altre vite altre strade altre storie ed è dal mare che arriva l'altro e con esso tutto la ricchezza che con esso deriva sebbene a volte lo si attenda con paura e con uno spirito poco incline all'amicizia, e in quei casi la paura prevale sulla fantasia e l'uomo perde una qualità importante.
(Rispondi)
 
 
 
 
Noneraunsogno
Noneraunsogno il 02/05/14 alle 00:41 via WEB
Elogio del mare, incredibilmente al centro dell'universo. Mi piace che sia così, in fondo io vivo su una isola che con il mare condivide la fantasia e la propria anarchia. Ma davvero, poi, prevale la paura? O, forse, è la qualità importante che è, da un pò di tempo, latitante. Un abbraccio a chi approda spesso a questa riva.
(Rispondi) (Vedi gli altri 2 commenti )
 
 
 
 
mpt2003
mpt2003 il 02/05/14 alle 23:42 via WEB
credo che la paura non permetta agli uomini di essere tali, forse però non solo e non necessariamente una paura nei confronti dell'altro ma una paura insita nel non sapere cosa sarà di essi stessi se solo poco poco si dimostrassero umani.....come siamo arrotolaati nei ragionamenti , troppo!, se avessimo la semplicità tutto sarebbe più facile. Ma come è difficile lasciarsi andare!!! un abbraccio a chi approda a questo mare.
(Rispondi)
 
 
 
 
Noneraunsogno
Noneraunsogno il 04/05/14 alle 10:57 via WEB
la semplicità, a volte, è un mezzo di trasporto inaffondabile e sicuro. Trasporta quello che ognuno di noi ha realmente dentro: ricordi, sogni, emozioni e anche le parole di amici senza tempo. Però, siamo difficili da sempre e amiamo complicarci la vita con demo-ragionamenti, per cui sarebbe meglio dire che la semplicità non naviga dalle mie parti. Una dose di autocritica aiuta a far pulizia. Buona navigazione!
(Rispondi)
 
oltreL_aura
oltreL_aura il 30/04/14 alle 09:16 via WEB
Il mare assomiglierebbe ad un oasi neutrale:lasciva la scia, verra' cancellata dal tempo, e la ri_generazione e ri_costruzione del"se" si tramutera' con forza in un cognizione definita del proprio Essere.

Ti rileggo con piacere...non svanire piu'.IL mio saluto.
(Rispondi)
 
 
Noneraunsogno
Noneraunsogno il 02/05/14 alle 00:32 via WEB
Il mio saluto somiglierebbe all'oasi ideale se solo avesse cognizione dell'essere tempo senza scia, che non si dissolve per effetto di un'assenza del "se" che ha finito la carica a molla della propria vita. Il piacere di leggere e rileggere è la parte più bella della poesia. Adesso faccio un salto... oltrel_aura di questo commento. Grazie.
(Rispondi)
 
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