Iniziare una lettera intima, un quaderno che racconta di sè, un diario, un percorso personale è sempre una piccola violenza.
Un foglio che non tornerà mai più vergine, una tela che non sarà mai più bianca, un nuovo mondo scoperto e contaminato per sempre.
Ho sempre avuto una prevenzione per il blog, l'idea di un diario pubblico entrava in collisione con la mia di autoprotezione, di selezione, di intimità da regalare e condividere per scelta.
L'uno nessuno e centomila che si moltiplica negli occhi di chiunque legga è un concetto che mi ha sempre creato una sorta di pacato malessere.
Gelosa delle mie ombre che appaiono solo quando e se io spengo la luce.
Ma in questi giorni un amico mi ha aperto le sue porte, semplicemente portandomi nell' estensione eterea di sè stesso.
Ed ho compreso che i percorsi a volte sono strani, speciali e così lievi da sapere quasi di magia.
Non ho ancora in mano tutte le chiavi per aprire le stanze di cui per adesso vedo dall'esterno solo le bellissime finestre e forse non le avrò mai, ma ho finalmente intuito che questo non è affatto l'essenziale.
Ciò che lo è, invece, è la sensazione personale, riflesso non di chi scrive ma di chi legge.
Per questo oggi nasce il mio blog, dedicato ad una persona che resterà, comunque, sempre speciale per tutto questo.
Ho scelto di cominciare questo percorso con il testo di una canzone scritta da un grande amico, da una persona unica che più di una volta ha dipinto le mie ombre con le sue ed ha perso e ritrovato sè stesso centinaia di volte per comprenderle.
L'ho scelto perchè racconta di ombre, e di ombre racconterà questo diario.
Mi scuso, quindi, della poca luce che pervaderà questi luoghi.
Ad A.
Sarah.