Creato da: casilli2010 il 04/11/2010
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Anonymous, attacco hacker in Cina:

Post n°1075 pubblicato il 06 Aprile 2012 da casilli2010
 

 I governi di numerose città cinesi stanno cercando di rimettere in funzione i loro siti web attaccati dal gruppo di hacker "Anonymous". Il gruppo ha annunciato di aver violato otto siti governativi, facendo comparire sugli schermi la scritta: "Per tutti questi anni, il governo comunista cinese ha imposto leggi ingiuste, sappiate che non siete infallibili. Oggi vengono violati i vostri siti, domani sarà il vostro vile regime a cadere".

I siti colpiti appartengono a uffici governativi di otto province, e tutti hanno nel loro indirizzo l'indicazione "gov.cn". Quello di Anonymous è l'attacco più massiccio finora subito dal governo di Pechino, secondo il South China Morning Post. In giugno un forte attacco informatico contro siti legati al governo cinese era stato condotto da hacker vietnamiti, in un momento di accesa polemica tra Hanoi e Pechino sul Mar della Cina meridionale.

Anonymous è un gruppo internazionale di hacker che in passato ha condotto "attacchi" in tutto il mondo, di solito in difesa della libertà di navigazione su internet.
 
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farmacista avvelenato da un crodino

Post n°1074 pubblicato il 06 Aprile 2012 da casilli2010
 

Un aperitivo con gli amici. Quello del farmacista 64enne Luigi Fontana, però, conteneva cianuro in quantità letale. Ora l'uomo si trova in coma, ricoverato alla clinica Città studi di Milano, e i medici non lasciano spazio alle speranze. Qualcuno ha tentato di avvelenarlo. La vittima aveva aperto un contenzioso legale - già risolto - con il socio con cui gestisce la farmacia. Quando Fontana è stato avvelenato il socio non era con lui.

Nel sangue del farmacista sono state riscontrate seimila parti di cianuro, una dose dodici volte superiore a quella letale. L'uomo, titolare della farmacia milanese di via delle Forze Armate, intorno alle 13.00 di lunedì 2 aprile, si era recato al bar di fronte per un aperitivo con gli amici. Appena bevuto il suo Crodino, Fontana ha smesso di respirare ed è crollato a terra. Immediatamente soccorso dagli uomini del 118, la vittima è stata trasportata d'urgenza all'ospedale Niguarda per poi essere trasferito alla clinica Città Studi.

Il farmacista, sposato e con due figlie, è un dei due soci dell'attività, tra i quali vi sarebbe un contenzioso amministrativo. Secondo la polizia, però, si tratterebbe di una disputa societaria che non avrebbe mai assunto caratteristiche di minaccia o della lite violenta. E sia la moglie sia i collaboratori avrebbero tutti riferito di non avere notizia di problemi particolari nella vita del farmacista. In Questura, però, si fa presente che al momento non è nemmeno certo se l'avvelenamento subito dall'uomo sia doloso o accidentale. Gli inquirenti non escludono nessuna ipotesi.

 
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BOSSI ECCO LE PROVE DELL'INCHIESTA

Post n°1073 pubblicato il 06 Aprile 2012 da casilli2010
 

Spuntano le prime intercettazioni tra una militante della Lega e l'ex tesoriere del partito, Francesco Belsito, indagato per appropriazione indebita. Quest'ultimo parla delle spese private pagate ai Bossi (costi per lauree, Porsche, case) con i soldi pubblici destinati al Carroccio. Belsito si sfoga alla vigilia di una convocazione da parte di Bossi. E salta fuori anche la vendita di un appartamento ricevuto in eredità ma mai dichiarato.

Soldi a Umberto Bossi e a Calderoli
Negli atti dell'inchiesta gli investigatori scrivono che dalle intercettazioni telefoniche emerge che il denaro sottratto alle casse della Lega è andato, tra gli altri, "a favore di Bossi Umberto" e di "Calderoli Roberto".

Nella cassaforte di Belsito la cartella "family"
I carabinieri del Noe e della Guardia di finanza hanno ispezionato la cassaforte di Belsito e, tra la documentazione contabile sequestrata, hanno trovato anche una cartella con l'intestazione "The family". Gli investigatori ipotizzano che i documenti siano legati alle elargizioni ai familiari di Bossi. Gli atti sono ora all'esame dei pm di Napoli, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e John Henry Woodcock.

Sequestrato anche un carnet di assegni per Bossi
Tra i documenti trovati nella cassaforte del tesoriere c'è anche un carnet di assegni con la scritta "Umberto Bossi". Il carnet, relativo al conto corrente della banca sul quale vengono versati i contributi per il Carroccio, è ora all'esame dei pm di Napoli e di Milano.

Spunta anche il nome di Berlusconi
Dagli atti delle inchieste emerge un episodio legato a un presunto fascicolo sul figlio di Bossi che sarebbe stato "affossato" da Silvio Berlusconi. Al telefono con Francesco Belsito a parlare è la dirigente della Lega, Nadia Dagrada. La donna parla di un fascicolo e chiede. "E' vero che continuano a dire ai magistrati di mettere sotto il fascicolo?... Ma prima o poi il fascicolo esce".

Intercettazioni: le rivelazioni del tesoriere e dell'impiegata
Le telefonate sono state intercettate dai carabinieri del Noe. Belsito stava parlando con l'impiegata amministrativa leghista Nadia Dagrada, che non risulta indagata. L'argomento erano proprio le "elargizioni fatte ai Bossi e alla vicepresidente del Senato Rosy Mauro", come scrive il "Corriere della Sera". A questo punto, Belsito viene consigliato di "fare tutte le copie dei documenti che dimostrano i pagamenti fatti a loro favore e di nascondere gli originali in una cassetta di sicurezza". E lui replica: sono "in possesso di copiosa documentazione e di una registrazione compromettente per la Lega".

La conversazione X avviene prima che Belsito venga convocato da Bossi a Roma. Una convocazione che il tesoriere legge come l'anticipo della sua defenestrazione. Motivo: nel partito c'è chi (pare Castelli e Stiffoni, stando a quanto crede Belsito) lo vuole buttare fuori dopo le notizie sui rimborsi elettorali investiti dallo stesso tesoriere in Tanzania. La conversazione continua con la leghista che consiglia a Belsito di dire chiaro e tondo a Bossi che, se qualcuno si mette a guardare i conti, vengono fuori tutte le spese. E verrebbe fuori, continua la signora, che i soldi non sono finiti in Tanzania, ma a moglie e figli del leader del Carroccio. E chiude, la Dagrada: "Papale papale glielo devi dire: ragazzi, forse non avete capito che, se io parlo, voi finite in manette o con i forconi appesi alla Lega".

Tutti i soldi per i figli del leader

E via con l'elenco dei "costi" del partito. Ci sono le spese per il diploma di Renzo Bossi, i 670mila euro per il 2011 di cui non ci sono giustificativi, le auto (tra cui una Porsche) affittate per uno dei tre figli, Riccardo Bossi, fatture sempre per l'avvocato di Riccardo, una casa in affitto a Brescia, 300mila euro per la scuola Bosina di Varese di Manuela Marrone, moglie di Umberto. E poi, "l'ultima macchina del Principe (cioè Renzo Bossi), 50mila euro... e certo che c'ho la fattura!", si sente nell'intercettazione. Ci sono i "ragazzi di Renzo" (pare che sia la scorta), per cui servono 151mila euro, e gli alberghi sempre per quei "ragazzi". E ancora, le spese per la ristrutturazione della casa di Gemonio.

Via Bellerio, Renzo Bossi portò via i documenti sulla sua casa
Dall'inchiesta emerge poi che "Renzo Bossi e la sua fidanzata, Silvia Baldo, sono stati insieme alla sede della Lega di via Bellerio e si sono portati via i faldoni della casa (ristrutturazioni?) per timore di controlli, visto il periodo critico". Gli investigatori lo annotano in un atto dell'inchiesta Belsito.

Ma lui si difende: "Non ho mai occultato i faldoni"
"Non ho nascosto alcun faldone, un mese e mezzo fa ho preso nel mio ufficio in via Bellerio due raccoglitori relativi al mio conto bancario personale". Lo ha detto Renzo Bossi.

Bossi dava soldi in nero al partito
Negli atti dell'inchiesta si parla poi "chiaramente del nero che Bossi dava tempo fa al partito". Circostanza che emerge sempre da una telefonata tra Belsito e la segretaria Nadia Dagrada. Per gli inquirenti "ovviamente il significato del nero è riconducibile alla provenienza del denaro contante che può avere varie origini, dalle tangenti, alle corruzioni o ad altre forme di provenienza illecita e non tracciabile".

Il giallo della casa ereditata
Spunta infine anche una casa data in eredità da una signora mantovana innamorata del Carroccio. Caterina Trufelli, racconta "Libero", lascia la sua casa all'onorevole Umberto Bossi, "quale segretario della Lega Nord", come si legge nel testamento della signora. Lui accetta l'eredità e vende la casa per 480mila euro, tenendosi i soldi. "Che, essendo destinati alla Lega - scrive "Libero" - sulla base della normativa sulle 'erogazioni liberali' che tutti i militanti e politici fanno, dovrebbero finire nelle casse del partito". Quei soldi non sono mai arrivati alla Lega.

 

 
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PRETE PROIETTA VIDEO PORNO

Post n°1072 pubblicato il 06 Aprile 2012 da casilli2010
 

Un nuovo scandalo ha colpito la Chiesa cattolica dell'Irlanda del Nord dove un prete ha mostrato ad un gruppo di genitori un video pornografico al posto della proiezione di diapositive sulla prima confessione dei loro figli. E' successo nella scuola elementare St. Mary's, nel villaggio di Pomeroy. Il sacerdote, Martin McVeigh, sostiene di non sapere in che modo i materiali porno siano finiti sulla chiavetta Usb da lui usata. Il Vaticano indaga.

I genitori sono sul piede di guerra e hanno subito chiesto in una lettera che il prelato venga sospeso e che gli sia vietato di occuparsi dei preparativi per la prima comunione dei bambini.

Quel giorno, hanno scritto i genitori, McVeigh ha tolto la chiavetta e "si è precipitato fuori dalla stanza". Il prete, ha detto il cardinale Sean Brady, sostiene di "non sapere nulla delle immagini oltraggiose" e sta aiutando la Chiesa nelle indagini.
 
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UN ALTRA PRESA IN GIRO

Post n°1071 pubblicato il 06 Aprile 2012 da casilli2010
 

La Commissione Giovannini sulle retribuzioni di parlamentari e amministratori pubblici rimette il proprio mandato al governo. Nel giorno della pubblicazione del suo rapporto, spiega che "i vincoli della legge, l'eterogeneità delle situazioni e le difficoltà nella raccolta dati non hanno consentito di produrre i risultati attesi". "Nonostante l'intenso lavoro svolto nei mesi scorsi, i vincoli posti dalla legge, l'eterogeneità delle situazioni riscontrate negli altri Paesi e le difficoltà incontrate nella raccolta dei dati non hanno consentito alla Commissione di produrre i risultati attesi", si legge nel comunicato stampa che accompagna la pubblicazione del rapporto finale della commissione Giovannini, riferito al 2011.
A pochi minuti dalla diffusione del comunicato Palazzo Chigi ha fatto sapere che "proseguirà la propria azione nell'obiettivo di giungere ad una razionalizzazione dei trattamenti retributivi in carico alle amministrazioni pubbliche". "Il governo - si legge nella nota - è consapevole della necessità di completare nel più breve tempo possibile il percorso avviato nel luglio 2011 e proseguito con l'attuazione delle norme contenute nel decreto Salva Italia per il contenimento delle retribuzioni dell'alta dirigenza nei limiti del tetto previsto".
Nella nota diffusa dalla Commissione Giovannini si legge che "solo in nove casi su 30 è possibile stabilire una buona corrispondenza tra le istituzioni e gli enti italiani" da esaminare (dalle Camere alle authority, dalla Corte costituzionale agli enti locali) "e quelle di tutti e sei i Paesi" europei scelti per il raffronto. Inoltre "per nessuno dei nove enti in cui si è trovata una corrispondenza è stato possibile acquisire, per tutti e sei i Paesi i dati necessari, né dati con la precisione richiesta, né comunque dati ragionevolmente affidabili sotto il profilo statistico".
"Nessun provvedimento - si legge ancora - può essere assunto dalla Commissione per i fini previsti dalla legge". La normativa prevedeva infatti di individuare un livello retributivo europeo, da porre come limite massimo agli stipendi italiani in organi ed enti dello Stato. Ma ciò, alla luce del lavoro effettuato dai professori della commissione presieduta da Enrico Giovannini, non si è rivelato possibile. "Alla luce dell'esperienza maturata e delle evidenti difficoltà incontrate nello svolgimento dei propri lavori, anche a causa della formulazione della normativa vigente, la commissione ritiene dunque doveroso rimettere il mandato ricevuto. Il presidente della commissione, indicato dalla legge nel presidente dell'Istat, rimane necessariamente in carica. Qualora il governo ritenesse che la commissione debba proseguire nei suoi lavori, lo si invita ad esprimere tempestivamente il proprio orientamento, anche procedendo ad una nuova nomina dei suoi membri".
Conclusione: secondo il presidente Giovannini, di fatto, per ora, risulta impossibile ridurre gli stipendi alla Casta. Ottimo lavoro, presidente

 
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le fondazioni bancarie?niente imu

Post n°1070 pubblicato il 06 Aprile 2012 da casilli2010
 

Le fondazioni bancarie non pagheranno l’Imu, la tassa sugli immobili. Lo hanno deciso le Commissioni Bilancio e Finanze del Senato, che hanno bocciato un emendamento al dl fiscale.
Le Commissioni hanno votato in conformità alle indicazioni del governo. L’esecutivo aveva espresso parere contrario all’emendamento con una motivazione che ha dell’incredibile: "Le fondazioni sono associazioni benefiche".
Per il governo Monti le fondazioni bancarie sono enti di beneficenza. Un po’ come le varie Onlus sparse nel Paese, da quelle che assistono i disabili a quelle che portano un pasto caldo agli anziani. Le fondazioni bancarie fanno beneficenza, quindi. E per loro niente Imu: esenzione totale.
Peccato però che in Italia, a differenza degli altri paese, la proprietà delle banche stia quasi tutta nelle mani delle fondazioni bancarie. Proprio così. Altro che beneficenza! Per altro c'è da dierc che solo una minima parte delle attività di queste fondazioni si risolve in opere filantropiche o in sostegno alla cultura, ecc. Le fondazioni bancarie perlopiù fanno affari.
Esentate dal pagamento dell'Imu, però. Che resterà invece a carico di tutti i cittadini. Persino ai proprietari di pollai. Questa sì che è equità.

 
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BOSSI SI E' DIMESSO

Post n°1069 pubblicato il 05 Aprile 2012 da casilli2010
 

BOSSI HA PRESENTATO LE DIMISSIONI COME PRESIDENTE DELLA LEGA NORD,DOPO LO SCANDALO DEGLI ASSEGNI TROVATI INTESTATI A LUI,ORMAI LE INCHIESTE CONDOTTE DAGLI INQUIRENTI SONO UN FIUME IN PIENA,BOSSI ERA IL LEADER PIU' LONGEVO DI UN PARITO.

 
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ORA BASTA!

Post n°1068 pubblicato il 04 Aprile 2012 da casilli2010
 

LA BENZINA AUMENTA,LE TASSE AUMENTANO,IL SIGN.MONTI SALVA LE BANCHE METTENDOCELA NEL CULO A NOI ITALIANI SIAMO RIDOTTI ALLA FAME,E ANCORA ANDIAMO A VOTARE ANCORA COMPRIAMO QUOTIDIANI CHE DICONO SEMPRE LE STESSE COSE....SIAMO DELLE PECORE..LA COLPA E' NOSTRA BOICOTTIAMO QUESTI MAGNACCI BOICOTTIAMO QUESTI LADRI,I QUOTIDIANI SONO ARRIVATI A 1,30 L'UNO,L'IVA CRESCE PERSONE CHE SI SUICIDANO CI STANNO TOGLIENDO LA DIGNITA',ANZIANI CHE NON ARRIVANO A FINE MESE CI PRENDONO PER IL CULO,I SINDACATI NON FANNO NIENTE SONO DEI POLITICI ANCHE LORO,SCRIVO QUESTE POCHE RIGHE CON IL CUORE,E CON TANTA RABBIA PERCHE' MENTRE NOI MORIAMO DI FAME LORO SI ARRICCHISCONO CON VIAGGI VILLE E CONTI CORRENTI DA CAPO GIRO,CI RIEMPIONO DI CHIACCHIERE E NOI CI CREDIAMO...ORA BASTA NON RIUSCIAMO AD UNIRCI E SCENDERE IN PIAZZA CONTRO QUESTI BASTARDI???LA NOSTRA RABBIA PER I NOSTRI DIRITTI VIOLATI NON DEVONO RIMANERE IN QUESTI BLOG MA USCIRE FUORI FARCI SENTIRE,RIPRENDIAMOCI I NOSTRI DIRITTI LA NOSTRA DIGNITA',PROPIO MENTRE SCRIVO QUESTO POST VENGO A CONOSCENZA DELL'ENNESIMO SUICIDIO DI UN IMPRENDITORE DI ROMA,DOPO LA DONNA SUICIDA PER AVERSI VISTO ABBASSARE LA PENSIONE,LORO CE L'HANNO SULLA COSCIENZA QUESTE VITE,CI POSSONO PRENDERE I SOLDI MA NN LA DIGNITA',CHE FUTURO DAREMO HAI NOSTRI FIGLI????COSA POTREMMO LASCIARGLI?MISERIA E POVERTA'?NO IO NON CI STO PIU',VENIAMO IGNORATI DA QUESTE PERSONE ALLORA FACCIAMOCI SENTIRE E RIPRENDIAMOCI LA DIGNITA',DEVE GOVERNARE CHE VERAMENTE SA I PROBLEMI DEL NOSTRO PAESE NON SEMPRE I STESSI,UNIAMOCI E BASTA PAROLE FACCIAMO I FATTI...FACCIAMO CIRCOLARE QUESTE PAROLE E BASTA ORA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!IO NON HO PAURA E VOI???INSIEME SI PUO' RICORDATEVELO SEMPRE

 
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LA VERA STORIA DEL TESORIERE CHE HA INGUAIATO LA LEGA

Post n°1067 pubblicato il 04 Aprile 2012 da casilli2010
 

Ma come diavolo li scelgono, i tesorieri dei partiti? Le cose emerse via via intorno al leghista Francesco Belsito, dal diploma taroccato a Napoli alle lauree fantasma, dal giro di assegni «strani» all'investimento in Tanzania, ripropongono dopo lo scandalo del margheritino Luigi Lusi e la rissa sul «patrimonio sparito» di An, una domanda fastidiosa: che fine fanno i rimborsi elettorali?

«Nessuno può permettersi di sindacare dove e come la Lega impiega i suoi soldi», ha detto al Corriere del Veneto il senatore Piergiorgio Stiffoni, che con Roberto Castelli affianca, in seconda fila, Belsito. Una tesi indigesta non solo a tanti leghisti che hanno tempestato di proteste Radio Padania e i siti simpatizzanti ma anche a Roberto Maroni ed esponenti di spicco come Bepi Covre, che sul «Mattino di Padova» ha risposto che no, non sono soldi della Lega, ma dei cittadini italiani. Anche di quelli che leghisti non sono e devono pagare l'obolo dei rimborsi elettorali per una legge che ha aggirato la solenne bocciatura del finanziamento decisa nel referendum.
Soldi che dovrebbero essere spesi in modo limpido ma spesso (solo il Pd fa fare una certificazione esterna) non lo sono. Tanto che Bersani e Casini, nel pieno delle polemiche sui soldi «evaporati» della Margherita, si impegnarono a presentare subito una legge per obbligare i partiti a rendere trasparenti bilanci e patrimoni. Di più, basta soldi ai partiti già morti: quelli già destinati devono tornare allo Stato. Cioè ai cittadini. Gli unici «proprietari», appunto, di quei denari.

E lì si torna: come vengono scelti, i tesorieri? Ne abbiamo visti di ogni colore, negli anni. Dai tesorieri «perbene» come Severino Citaristi che finì per la Dc in 74 filoni d'inchiesta senza che alcuno osasse immaginare che si fosse messo in tasca un soldo («Se tornassi indietro, non rifarei nulla di ciò che ho fatto», avrebbe poi confidato a Stefano Lorenzetto) fino appunto a Luigi Lusi, che sui denari della Margherita ha detto: «Mi servivano, li ho presi». Per non dire degli «uomini della cassa», come Alessandro Duce, Romano Baccarini o Nicodemo Oliviero sotto il cui naso sparì l'immenso patrimonio immobiliare democristiano, finito attraverso il faccendiere Angiolino Zandomeneghi a società fantasma con sede in una baracca diroccata della campagna istriana e intestate a un croato che scaricava cassette a Trieste.

La stessa Lega Nord, sulla carta, avrebbe dovuto essere stata ammonita dall'esperienza col precedente tesoriere, Maurizio Balocchi, che oltre a finire in prima pagina per l'incredibile «scambio di coppie» con il collega Edouard Ballaman (ognuno assunse la compagna dell'altro per aggirare i divieti contro il familismo) fu tra i protagonisti dell'«affaire Credieuronord». La «banca della Lega» salvata dalla catastrofe grazie al faccendiere Gianpiero Fiorani dopo avere sperperato il capitale in pochi prestiti «senza preventiva individuazione di fonti e tempi di rimborso» (parole di Bankitalia) come quello alla società (fallita) «Bingo.net» che aveva tra i soci Enrico Cavaliere (già presidente leghista del consiglio del Veneto) e appunto il tesoriere Balocchi, sottosegretario e addirittura membro (da non credersi...) del cda della banca.
Bene, pochi anni dopo quel pasticcio, digerito malissimo da tanti leghisti (a partire da quanti avevano messo tutti i loro risparmi nella banca collassata) chi si ritrova il Carroccio come tesoriere? A leggere la micidiale inchiesta in tre puntate di Matteo Indice e Giovanni Mari pubblicata dal Secolo XIX di Genova, città di Belsito, c'è da restare basiti.
Vi si racconta di «assegni spariti o falsificati. Fallimenti a catena e amicizie pericolose. Un «tesoro» ottenuto da un (ex) amico ammanicato alla peggiore Prima Repubblica, che oggi lo accusa di averlo ridotto sul lastrico. E una serie di acrobazie finanziarie sul filo di due inchieste archiviate per un pelo che ne raccontano un passato finora ignoto, in cui parrebbe aver messo da parte non si sa come almeno due miliardi delle vecchie lire».
Una carriera spettacolare e spregiudicata, sbocciata nella promozione ad amministratore dei rimborsi elettorali del Carroccio (oltre 22 milioni di euro nel solo 2010), nella sbalorditiva collocazione nel cda di Fincantieri e nell'ascesa a sottosegretario di Calderoli nell'ultimo governo Berlusconi. Il tutto partendo dal ruolo di autista dell'ex ministro Alfredo Biondi.

Le accuse del quotidiano genovese, che alle minacce di querela ha risposto dicendo d'avere i documenti e facendo spallucce, sono pesanti. C'è di tutto. Una condanna per guida senza patente. Il coinvolgimento in vecchie inchieste dalle quali uscì peraltro senza danni. Il fallimento «della Cost Service, impresa dall'oscura mission, a sua volta intermediaria di un altro gruppo fallito di cui sempre Belsito faceva parte: la Cost Liguria, specializzata (si fa per dire) in operazioni immobiliari». Per non dire dell'abitudine di parcheggiare la lussuosa Porsche Cayenne nei parcheggi dei poliziotti o del contorno di personaggi dai profili oscuri.
Non ci vogliamo neppure entrare. Sui reati, eventuali, deciderà la magistratura. Roberto Calderoli spiega d'avere avuto assicurazione che è tutto a posto anche se «un'operazione come quella in Tanzania era da matti, che non si doveva fare»? Buon per lui. Roberto Maroni, che da tempo si lamenta (giustamente) perché il consiglio federale non approva né il bilancio preventivo né quello consuntivo ma delega tutto alla sovranità di Bossi, non è d'accordo. E non fa mistero di considerare la situazione «a dir poco imbarazzante».

Ma certo, nel resto dell'Europa, dove un ministro tedesco si dimette per avere copiato la tesi, la sola storia delle lauree vantate farebbe saltare, al di là dei soldi in Tanzania o a Cipro, qualunque tesoriere che maneggia pubblico denaro. Sostiene dunque Belsito di avere una laurea in Scienze della comunicazione presa a Malta e una (lo scrisse perfino nel sito del governo quando era sottosegretario) in Scienze politiche guadagnata a Londra. L'unica cosa certa, scrive il Secolo XIX , è che l'Università di Genova non solo gli annullò ogni percorso accademico ma, sentendo puzza di bruciato, smistò il diploma alla magistratura.
Risultato? Stando al fascicolo, il «titolo» di «perito» preso nel '93 all'Istituto privato napoletano «Pianma Fejevi», a Frattamaggiore, sarebbe taroccato. Rapporto della Finanza: «Il nome di Belsito non risulta nell'elenco esaminandi». Di più: «La firma del preside non corrisponde». E se vogliamo possiamo aggiungere un dettaglio: la scuola non esiste più dopo esser stata travolta da un'inchiesta con 160 imputati su una montagna di diplomi venduti. Lui, il tesoriere, marcato dai cronisti, sbuffò: «Ancora la storia della mia laurea? Ho altro cui pensare, chiedetemi di cose serie». Provi a dare una risposta così in un Paese serio...

 
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La sede della Lega era il bancomat del Trota

Post n°1066 pubblicato il 04 Aprile 2012 da casilli2010
 

Il Trota, si sa, è riuscito a diplomarsi per il rotto della cuffia. Non è mai stato, insomma, una cima. Ma questo non gli ha impedito di essere eletto nel Consiglio regionale della Lombardia. Con un uno stipendio da capogiro: 15.000 euro al mese. E si sa che fu il padre Umberto a imporlo nel listino bloccato, a dispetto di altri militanti leghisti, diciamo così, più meritevoli. E già questa storia rappresenta di per sé uno scandalo.
Ma ora che veniamo a sapere che Il Trota usava la sede della Lega come una specie di bancomat, la nostra indignazione raggiunge livelli altissimi. E alla beffa dello stipendio da consigliere regionale, si aggiunge la brutta faccenda dei fondi neri dei rimborsi elettorali. Proprio così: era Belsito stesso, il tesoriere, a farsi carico di nutrire il rampollo. Allora ci passano davanti agli occhi un paio di istantanee: Il Trota che fa le ore piccole nei locali più fighi di Milano; Il Trota che si presenta alle sagre padane alla guida di maxi Suv di colore argento; Il Trota che fa viaggi lontani soggiornando in alberghi lussuosi; Il Trota che acquista mega appartamenti a Milano e a Brescia.
Alla faccia dei cittadini che si devono bruciare lo stipendio in tasse e giocare la casa per i debiti con Equitalia.
Ma fosse solo Il Trota. Ci sono anche gli altri figli del Bossi. Ecco allora la grossa tenuta vicino a Gemonio, dove abita il senatore, per Roberto, quello del gavettone di candeggina, che è appassionato di agricoltura. E le somme di denaro per il figlio di primo letto di Bossi, che ha una passione per il rally.
Malignità, pettegolezzi, voci, dicono. Ma ora che la bolla della truffa leghista è scoppiata, è difficile negare lo scandalo. Negare l'uso disinvolto dei soldi dei cittadini e l'appropriazione delle risorse pubbliche. E questo perché Renzo Bossi detto Il Trota potesse fare la vita del nababbo tonto.

 
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