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Filosofando

La vita e' una filosofia

 

 

La Regione Bruxelles Capitale veste il Manneken Pis in onore dei morti greci del 1922

Post n°28 pubblicato il 24 Settembre 2022 da serena0_01bis

 

La Regione Bruxelles Capitale veste il Manneken Pis con abito tradizionale  della regione greca di Traccia,in onore ai morti greci del 1922 durante la Catastrofe dell'Asia Minore e del genocidio in Anatolia

 

 

 
 
 

La legislazione Antimafia Parte 2

Post n°27 pubblicato il 28 Aprile 2022 da serena0_01bis

La legge Rognoni-La Torre - la legge 646/82

Pio La Torre in realtà che ben conosceva il fenomeno mafioso.

Partiamo dalla legge  Rognoni-La Torre.

La legge Rognoni-la Torre, la legge 646 del 1982 porta il nome dei due onorevoli che l'hanno presentato: l'onorevole Rognoni e l'onorevole La Torre ma in realtà dietro dietro questa legge ci sono i due volti: uno è  il volto del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e l’altro è il voto di Pio La Torre.


 Il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa è stato il prefetto che è stato inviato 1982 a Palermo con l'obiettivo di studiare il fenomeno è di proporre delle soluzioni al governo. A 100 giorni dall'inizio del suo incarico è stato barbaramente assassinato proprio dalla consorteria mafiosa.

L’onorevole,invece, Pio La Torre  ha  una storia che bisogna  apprezzare perché lui è uno di quei sindacalisti che nel periodo del dopoguerra andava nelle campagne siciliane a leggere ai lavoratori siciliani che erano sfruttati lo Statuto dei lavoratori, i diritti del lavoratore.

Quindi,ha fatto parte di quel movimento sindacalista che ha lottato per i diritti dei Lavoratori ma in quel contesto sociale ove la maia era predominante lavorare per i diritti dei Lavoratori significava lavorare contro la mafia perché chiaramente era un contesto pienamente interessato dal fenomeno mafioso.


Quando l'onorevole Pio La Torre è stato eletto in Parlamento, prima ha fatto parte del consiglio siciliano  e poi è andato al Parlamento italiano, ha proposto agli altri parlamentari di introdurre nel nostro ordinamento il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso perché non c'era.


Prima del 1982 la parola mafia non compariva nel codice penale, non c'era.

Sappiamo che in Italia, così come nel resto dei paesi civilizzati vale il principio di legalità.

 Il principio di legalità è il principio che prevede che è reato solo quello che la legge dichiara come reato. Questo è un principio valido anche per la CEDU e per le Convenzioni 

 Internazionali. il principio sul quale si basano tutte le democrazie.


Dire che non c’è la mafia, non c’è il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso significa dire che quello  non è un reato.

E’  un’affermazione di principio, è una presa di posizione.

Così come al contrario dire che nel nostro codice penale c'è una regola  che incrimina e punisce l'associazione a delinquere di stampo mafioso significa dire che la mafia esiste e che l'ordinamento si pone a contrasto della stessa.


 Questo è quello che ha fatto Pio La Torre e questo gesto rivoluzionario per l'epoca ha fatto sì che lui diventasse bersaglio della mafia che ha compreso come questo inserimento di una norma avrebbe determinato di lì a poco processi per quel reato, condanne per quel reato.



Il motivo è proprio questo. Quello che esisteva prima del 1982 era il reato di associazione a delinquere, l’art. 416 c.p.  che puniva quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti.


Quindi puniva il fatto di associarsi cioè di creare una struttura stabile idonea alla commissione di un numero indeterminato di delitti.

 L’obiezione potrebbe essere che potrebbe anche starci, ma allora poteva essere tranquillamente ricondotta qui l'associazione a delinquere di stampo mafioso.


 In realtà nelle relazioni preparatorie di Pio La Torre è emerso come il reato di associazione a delinquere non era affatto sufficiente e non era affatto bastevole.

 Cioè, non consentiva la condanna perl’ associazione a delinquere di stampo mafioso perché perché l’associazione a delinquere di stampo mafioso è un’associazione che si crea non solo allo scopo di commettere delitti ma allo scopo di assoggettare un contesto civile.

Anche attraverso condotte che  non sono ascrivibili necessariamente ed esclusivamente all’ingiuria, percosse, lesioni,danneggiamento, omicidio ma che sono condotte astratamente lecite che pero’ se commesse da loro acquiscono un’alea di illeceità.


Per esempio: Siamo un gruppo di imprenditori  che dobbiamo partecipare ad una gara di appalto.Tutti noi siamo possibili imprenditori che vogliono partecipare a questa gara d'appalto. Ognuno di noi prepara una sua  busta con un'offerta all'interno con la quale ritiene di poter realizzare il lavoro per il quale viene concesso un finanziamento pubblico.  Tutti noi siamo pronti a partecipare. Nel momento in cui arriva un imprenditore connesso ad una cosca criminale e si presenta insieme a noi il giorno della presentazione delle liste a presentare la sua busta tutti noi ce ne andiamo, senza presentare la busta.

 Noi ce ne siamo andati perché siamo stati minacciati? No.  Ce ne siamo andati perché siamo stati percossi o lesi? No. 

Ce ne siamo andati perché abbiamo saputo quel soggetto, era un soggetto facente parte di quell’ organizzazione criminale è che se noi avessimo partecipato e per caso vinto saremmo stati vittima di qualcosa che lui non ha avuto bisogno di minacciarci.  Perché il solo fatto di conoscere la storia criminale di quella associazione, di quel contesto ci ha reso intimiditi e omertosi.

Si tratta solo di un esempio ma in realtà era quello che sistematicamente accadeva prima del 1982. Laddove l'associazione a delinquere di stampo mafioso per la sua struttura e per il fatto che fosse pienamente conosciuta e permeando l’intero territorio non aveva bisogno di commettere reati o delitti per avere una supremazia, per determinare una condizione di assoggettamento e di omertà.

Questo ha detto Pio La Torre ai suoi colleghi parlamentari che più o meno avevano tentato di obiettare con le parole del vostro collega: ma c'è già, c'è l'associazione a delinquere oppure ci sono i singoli delitti.


 Ecco,  Pio La Torre ha spiegato nella sua relazione, nella sua proposta del 31 marzo 1980 ha scritto:

l'articolo 416 non riesce a comprendere tutte le realtà associative di mafia che talvolta prescindono da un programma criminoso affidando il raggiungimento degli obiettivi alla forza intimidatrice del vincolo mafioso in quanto tale” E dunque, serviva un reato specifico che andasse a normare questa modalità di azione che prescinde dai reati ma che comunque crea una sopraffazione. Questa forma è stata introdotta con il 416- bis quindi ,dopo il 416 è stato introdotto l'articolo 416- bis che prevede che:

“ chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone è punito con la reclusione da 10 a 15 anni”.


Focalizziamoci su passaggio per passaggio. Qui viene punito chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso, quindi, il  partecipe, il partecipante, diciamo l'associato viene punito perciò solo con la pena da 10 a 15 anni.


 La domanda è: ma se lui non ha commesso nessun reato viene pulito? Lla risposta è: sì; perché la costruzione di questa fattispecie fa sì che si venga puniti per il solo fatto di partecipare.

 Cioè, per il solo fatto di mettersi a disposizione permanente di un vincolo associativo e  cioè in un'associazione di tipo mafioso.


Però ancora non c'è stato detto In che consiste questa associazione e dobbiamo aspettare un altro comma. Perché al secondo comma ci dice: “coloro che promuovono, dirigono, organizzano l'associazione sono puniti per ciò solo con la reclusione da 12 a 18 anni”.


Cioè, il capo mandamento, l'organizzatore, il fondatore, il capocosca, il capoclan, a prescindere da come lo si chiami, cioè, colui il quale esercita una attività di promozione e direzione dell’organizzazione viene punito “perciò solo”, cioè per il solo fatto di  svolgere questo ruolo con la pena da 12 a 18 anni.


Anche se non c'è stato rubato uno spillo, anche se tu non hai rubato uno spillo personalmente. Ma per il fatto di aver creato un'associazione che è idonea ad alterare l’ordine pubblico e, quindi, l'ordine democratico e la sicurezza dei cittadini, vieni punito per cio’ solo.


Il Metodo mafioso


 Ma ancora non si è stato detto che cos'è  questa associazione di tipo mafioso.

Questo ci viene detto al comma 3 che è un esempio di articolo penale su base sociologica.

Che quindi va ad abbracciare completamente lo spirito del nostro corso perché il nostro è un corso di sociologia del diritto e questo è un articolo sociologico-giuridico  in cui si descrive una fattispecie penale utilizzando le categorie sociali quindi, andando ad unire tutto quello che voi avete studiato fino adesso.


 Ovviamente lo fa in giuridichese cioè in questa  lingua del diritto che non è proprio narrativa e poesia però dentro c’è  questa fusione vediamo in che termini.

Il comma 3, quindi alla famosa domanda: che cos'è un'associazione a delinquere di stampo mafioso, la risposta è questa:

 è il comma 3 “l'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno fatte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva”.

Cioè l'Associazione è di tipo mafioso dei partecipanti, gli associati possono avvalersi della forza di intimidazione che promana direttamente dall'esistenza dell'associazione. E quella forza di intimidazione crea il rapporto di causa-effetto intimidazione e dunque assoggettamento e omertà.


Cioè, l’associazione è di tipo mafioso quando i suoi partecipanti si avvalgono della forza che provata dal vincolo associativo cioè, dall'esistenza dell'associazione e questa forza è una forza di intimidazione che crea in un rapporto di causa-effetto assoggettamento e omertà.


Quindi, l'assoggettamento e l'omertà non derivano dai singoli reati che vengono commessi, non derivano da minacce espresse ma derivano dalla conoscenza dell'esistenza dell'associazione,  come l'esempio che ho fatto prima con le buste.


 E questo è il cosiddetto Metodo Mafioso,  cioè, il metodo utilizzato dai membri dell'associazione che si avvalgono della forza di  intimidazione del vincolo e dell’ assoggettamento e l’omertà che ne deriva.


Le finalità


Forza d’intimidazione, quindi questo è il metodo e le finalità è l’altra caratteristica di questa associazione  che abbiamo detto che non ha solo la finalità di commettere delitti ma ha altre finalità che sono quelle collegate al controllo di un territorio.


E l'articolo 416- bis cerca di sintetizzare in che cosa consiste il controllo del territorio con una serie di esempi specifici:

 Quindi, “per commettere delitti che è una delle possibilità ma non l'unica oppure per acquisire in modo diretto indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti o servizi pubblici”.


Cioè, di tutto quello che ruota attorno ai fondi pubblici “oppure per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri oppure per impedire o ostacolare il libero esercizio di voto o procurare voti a sé o ad altri in occasione delle consultazioni elettorali”.


Quindi, l’alterazione del  libero sistema di voto.


 Quindi, noi qui vediamo in realtà uno specchio molto chiaro in sintesi: commettere delitti acquistare profitti o vantaggi ingiusti, alterare il sistema economico, alterare il sistema politico.

Ma non serve avere tutte queste cose insieme. E’ come se fra una e l’altra ci fosse un “oppure”. Quindi, non tutte, è sufficiente che ci sia una associazione a delinquere che sia finalizzata almeno ad una di queste situazioni. La verità è che le associazioni a delinquere di stampo mafioso, in realtà, mirano a realizzare tutti questi scopi.


La storia, la verifica della realtà ci racconta che le associazioni a delinquere di stampo mafioso fanno tutte queste cose. Pero’  si possono anche trovare una associazione a delinquere di stampo mafioso che è finalizzata, utilizzando il metodo mafioso ad alterare il sistema degli appalti, quindi ne basterebbe una, pero’ in realtà la storia ci racconta che ci sono tutte queste ipotesi.

 

 

 

 
 
 

Legislazione Antimafia Parte 1

Post n°26 pubblicato il 28 Aprile 2022 da serena0_01bis

La Legislazione Antimafia

Introduzione


In questo post cerchero' di darvi un quadro illustrativo della legislazione Antimafia.

Ci sono due materie che sono ancillari rispetto a quello di cui parliamo oggi, anzi sono centrali e noi le intercettiamo in qualche modo e sono il diritto penale e  la procedura penale. 

In realtà faremo anche dei cenni al diritto amministrativo e anche al cosiddetto Diritto Speciale o diritto della prevenzione così disciplinata dal cosiddetto codice Antimafia.

 

Quindi  riprendiamo a mano taluni principi e daremo una lettura particolareggiata per andarli ad incastrare all'interno dello spettro della legislazione Antimafia, interamente sottesa.


Partiamo da una definizione molto generica di che cos'è la mafia, perché se parliamo di legislazione Antimafia ci riferiamo ad un corpo normativo o meglio ad un sistema di regole di norme che sono state introdotte nel nostro ordinamento per contrastare, prevenire e fronteggiare il fenomeno mafioso.


 Quindi, diamo una definizione del fenomeno mafioso per capire su che cosa interviene questo corpo normativo.

La mafia  che è un fenomeno sociale.  E’ un fenomeno che non ha una caratura esclusivamente criminale perché non è finalizzato solo ed esclusivamente a commettere reati o delitti ma è finalizzato a ottenere il controllo sociale,  il controllo di un corpo sociale e dunque il controllo dei gangli vitali di una società civile organizzata.


Quindi, è un'organizzazione che ha una dimensione criminale non si riduce esclusivamente ad un'organizzazione di tipo criminale ed è per questa ragione che la legislazione Antimafia, nell'affrontare il fenomeno, non lo può fare solo con lo strumento del diritto penale che è il diritto che viene utilizzato per contrastare i fenomeni criminali.


 Lo deve fare con un armamentario, questo è il linguaggio di guerra che si usa quando si fa riferimento alla legislazione antimafia che nel corso degli anni ha avuto un’evoluzione, tant’è che oggi si parla di un bouquet di strumenti, dalle armi al bouquet, due immaginari completamenti diversi, cioè, un insieme di strumenti che attingono a diverse branche dell’ordinamento.


E, comunque,  la legislazione antimafia si caratterizza per due peculiarità:


 E’ una legislazione caleidoscopica

e una legislazione di tipo emergenziale.

 

E’ caleidoscopica perché trova le sue radici, i suoi istituti, la sua storia, le sue fonti in più branche nell'ordinamento. Sicuramente nel diritto penale, nella procedura penale senz'altro ma anche nell'ordinamento Penitenziario, anche del diritto di prevenzione tecnicamente detto, anche nel diritto amministrativo.


 Dunque, è una legislazione che mette in dialogo, metti insieme, prende istituti provenienti da diverse branche dell'ordinamento e questo comporta è fatto che nella registrazione Antimafia, queste diverse branche dell'ordinamento, debbano dialogare fra loro ma avendo principi diversi questo incontro può trasformarsi in uno scontro tra principi e dunque è sempre necessario trovare una composizione affinché la legislazione Antimafia raggiunga il tuo obiettivo che è quello di prevenire, contrastare e reprimere le infiltrazioni criminali derivanti dalla organizzazione di stampo mafioso che però, cme obiettivo, non solo quello di commettere reati ma quello di controllare un corpo sociale.


E’ una legislazione inoltre, che tipo emergenziale.

 Questo In realtà è un dato, se vogliamo, negativo e mi spiego meglio.

 Non c'è e non c'è mai stato originariamente un movimento legislativo unitario che, visto un fenomeno, ha cercato unitariamente, sistematicamente, di costruire degli strumenti per prevenirlo e per contrastarlo.

Quindi, non c'è una legislazione sistematica, unitaria, programmatica; è una legislazione emergenziale.


Questa sua emergenzialità trova il suo riscontro nella storia, nel senso che il Parlamento italiano si è determinato ad introdurre all'interno dell'ordinamento italiano delle norme volte a prevenire e contrastare il fenomeno quando storicamente questo fenomeno è diventato più visibile o quando storicamente questo fenomeno ha fatto l'ingresso dirompente nella storia della Repubblica italiana.


Ed è per questo che molte delle norme, che noi studiamo oggi, hanno delle date di introduzione nel nostro ordinamento che sono delle date che ci racconta una storia.


Se io dico 1982 in Italia, io racconto la storia di un anno drammatico e tragico per la storia della nostra Repubblica perché in quell'anno hanno perso la vita ad esempio ma non solo  esemplificativamente, il Generale Dalla Chiesa e Pio La Torre, quindi, un prefetto mandato in Sicilia per contrastare il fenomeno mafioso e un onorevole del Parlamento italiano che ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Se io dico 1992, cioè, questa norma è stata introdotta nel 1992 inevitabilmente io sto dicendo che è stata introdotta subito dopo le stragi.

Se io dico 93, 94, 95 sto dicendo che sono state introdotte delle norme che erano state presentate da Falcone.


Quindi, è una legislazione emergenziale perché è stata introdotta nel nostro ordinamento all'indomani di fatti storici che hanno determinato una fibrillazione dell'ordine Democratico.


La necessità e l'esigenza di creare un sistema attorno a queste norme, che sono state create comunque, dagli anni 80 in poi, nasce negli anni 2000 , 2010 laddove al legislatore  effettivamente viene in mente di fare  una delega al governo affinché  crei il cosiddetto codice Antimafia. Cioè, un codice unico, un testo unico che nell'idea del legislatore dell'epoca avrebbe dovuto ricomprendere tutta la legislazione esistente: andando ad attingere dal diritto penale, dalla procedura penale, dal diritto amministrativo, dal diritto carcerario. L'intento del legislatore era quello di poter consegnare agli studiosi della materia  e operatori del diritto un unico corpo normativo nel quale studiare le legislazioni antimafia.

Cioè, il codice della legislazione antimafia, il  cosiddetto codice Antimafia.


Questo progetto, nel 2010, viene emarginato dal  Parlamento che, effettivamente, scrive una legge delega e affida al governo il compito di creare questo testo unico compilativo.


 Senno’ che il governo non riesce in questo intento per il motivo che vi ho detto prima: perché si sarebbe trattato di dover andare ad attingere da fonti del diritto diverso, difficilmente convoliabili in un unico libro, in un unico testo materialmente .


E, quindi, quello che noi chiamiamo codice Antimafia comunemente l'avete sentito già nominare, il decreto legislativo 159 del 2011, non è un vero e proprio codice con la legislazione .

Cioè, tutto quello che io vi racconto qui, non lo trovate solo in quel testo perché quello è il risultato di un'operazione che comunque il governo ha svolto attraverso questo decreto legislativo ma il governo in questo decreto legislativo è riuscito a racchiudere solo parte della legislazione antimafia ed in particolar modo le misure di prevenzione e la documentazione Antimafia.


 Quindi, quando citatiamo il decreto legislativo 159/2011 bisogna chiamarlo cosiddetto codice antimafia perché questo dire cosiddetto, fa comprendere che abbiamo proprio nelle mani la storia della legislazione Antimafia e che sappiamo perfettamente che nella storia della Repubblica Italiana c'è stato un intervento emergenziale, che sono state introdotte norme diverse, in corpi normativi diversi, e che il tentativo del 2010 non è stato portato a compimento, se non in misura parziale.


Il codice Antimafia decreto legislativo 159 del 2011 contiene: la regolamentazione delle misure di prevenzione che interessano l'area della criminalità economica, anche di tipo mafioso e la documentazione Antimafia che fa parte del diritto amministrativo: il sistema delle interdittive in diritto amministrativo.


Perché la legislazione Antimafia, abbiamo detto attinge, da diverse branche dell'ordinamento vediamo quali sono queste branche:

Il diritto penale. Sicuramente il diritto penale è importante nella legislazione Antimafia perché configura il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, che nel nostro ordinamento entra solo nel 1982.


Diritto Penale


Il codice penale, cosiddetto codice Rocco è anteriore rispetto alla Costituzione e pensate dunque, che per 40 anni non c'è stato nel nostro ordinamento penale un reato che si chiamasse associazione a delinquere di stampo mafioso.

E’ entrato solo con la legge Rognoni -La Torre la 646 del 1982 che è stata approvata solo dopo l'uccisione di Pio La Torre e del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Il  diritto penale quindi, configura i  reati e con i reati le pene  perché al  reato è connessa la pena, cioè, l'applicazione di una sanzione che può consistere in una misura

 personale 

o patrimoniale.


Personale se incide sulla libertà del soggetto,

Patrimoniale se incide sulla disponibilità dei beni


Nell'area del diritto penale noi facciamo rientrare anche l'aggressione patrimoniale e che può essere disposta alla fine di un procedimento penale nella forma di misura di sicurezza patrimoniale ossia la confisca.


 Quindi, l'aggressione patrimoniale nell'ambito del diritto penale  la troviamo come prototipo nell' articolo 240 del Codice Penale, è configurata come  misura di sicurezza perché può essere applicata nell'ambito di un processo penale per il quale si procede nella ricerca dell'accertamento della responsabilità penale di un soggetto rispetto a un reato. Siamo nell'ambito di un processo penale nel quale si decide se il soggetto A ha commesso il reato B. Al termine di quel procedimento può essere disposta anche, unitamente alla pena, una confisca che chiameremo “penale” ma lo metto tra virgolette perché perché non è prorpiamente detto.  Però io per semplificare e per introdurre all'argomento bisogna  dire che questa aggressione patrimoniale, che chiamiamo confisca, è una confisca “penale” perché in realtà è una misura di sicurezza, però è sempre nell'ambito penale. Cioè, disposta alla fine di un procedimento penale nel quale si ricerca la responsabilità di un soggetto rispetto ad un  reato.


 Perché ho aggiunto tutti questi dettagli però bisogna enfatizzare la differenza tra il diritto penale e diritto di prevenzione e lo si riesce a fare solamente enfatizzando queste caratteristiche.


Il Diritto di Prevenzione


Il diritto di prevenzione Infatti, è un diritto speciale. E’ un diritto speciale perché la parola

 prevenzione in senso lato, in senso generico “prevenire meglio che curare” potrebbe comprendere tutte le norme di cui parliamo perché servono per prevenire che la mafia si infiltri in un determinato territorio.

Da oggi in poi utilizzeremo il termine prevenzione in senso tecnico, nel senso dunque, delle misure di prevenzione.


Che cosa sono le misure di prevenzione


La definizione: Sono delle misure che possono essere a carattere personale o patrimoniale cioè colpire la libertà del soggetto o la libera disponibilità dei beni di un soggetto che possono essere applicate prima o a prescindere dell'accertamento della responsabilità penale di un soggetto.


 Cioè,rispetto a quello che abbiamo detto prima: prima o a prescindere dell'accertamento della responsabilità di un soggetto all'interno di un processo penale.

E dunque, se non si basano sulla responsabilità penale su che cosa si basa su queste misure di prevenzione?

Si basano sulla pericolosità sociale.


 Infatti accanto alla parola prevenzione c’è pericolosità come categoria.

Anche all’interno delle misure di prevenzione è prevista una forma di aggressione patrimoniale, anche quella forma di aggressione patrimoniale prende il nome di confisca ma quella forma di aggressione patrimoniale si chiama confisca di prevenzione.


In un libro che si chiama il “circolo della legalità” si parla della giungla delle omonimie. Nel nostro ordinamento c'è una giungla di omonimie nel senso che ci sono molti istituti che si chiamano allo stesso modo ma facendo qualche branche dell’ordinamento diverse, in realtà, hanno regole diverse.

 Questo è un caso. Nella parte precedente abbiamo parlato della confisca misura di sicurezza, quindi la confisca “penale” , in questo ambito parliamo della confisca di prevenzione che ha regole sue proprie, che viene disposta in relazione alla pericolosità sociale di un soggetto nel momento della accumulazione patrimoniale, è questo fa parte delle misure di prevenzione. 


Il Diritto Carcerario


Diritto penale, diritto di prevenzione ma per contrastare e prevenire il fenomeno mafioso è necessario qualcosa di più; è necessario anche un particolare approccio al diritto carcerario.

Tant'è che noi all'interno della legge sull'ordinamento carcerario che è del  1975 troviamo delle regole speciali che sono rivolte a un trattamento carcerario di coloro i quali vengono condannati, in via definitiva, per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Questo  perché questi soggetti, nel momento in cui devono fare il loro ingresso all'interno delle pareti carcerarie non possono essere trattati come gli altri ma necessitano di un trattamento particolareggiato che è funzionale a mantenere la loro sicurezza, la sicurezza degli altri detenuti ma soprattutto a recidere i loro rapporti con l'esterno e vediamo in che cosa si traduce questo trattamento carcerario particolare che voi avete sentito nominare in termini di carcere duro, giornalisticamente viene chiamato carcere duro o 41 bis che è l'articolo della legge sull'ordinamento carcerario che prevede questo istituto.



La DIrezione Investigativa Antimafia


Tuttavia, ancora la legislazione Antimafia non è ancora sufficiente, ci vuole ancora qualcosa. Andiamo a vedere cosa ci manca.

Per effettivamente contrastare il fenomeno mafioso sono anche necessarie delle investigazioni particolari. Quest’anno si stanno celebrando i 30 anni della DIA, della Direzione Investigativa Antimafia. Nel nostro ordinamento, soprattutto a partire da 92 in poi, sono state introdotte delle particolari tecniche o dei particolari strumenti che consentono agli investigatori di accentrare le investigazioni, a livello Distrettuale  e Nazionale, In modo tale da avere un coordinamento ma che consentono anche agli investigatori di procedere con tempi e tecniche che sono più lunghe o più particolari rispetto alle tecniche e i tempi previsti per tutti gli altri reati.


 Pensiamo per esempio al sistema delle intercettazioni o delle intercettazioni ambientali che ad esempio per i reati di mafia possono avere una durata superiore rispetto alle  investigazioni per altri tipi di reati.


E poi, ovviamente, pensiamo all'organizzazione della Direzione Distrettuale Antimafia che è l'organizzazione delle procure che Indagano per questi reati o all'organizzazione di un corpo investigativo che è la direzione investigativa Antimafia.


Il Diritto Amministrativo


Poi c’è una parte che è dedicata al diritto amministrativo. Perché?  Perché il diritto amministrativo può svolgere una funzione di anticipazione della tutela soprattutto quando il diritto amministrativo viene dotato di strumenti che servono ad evitare che imprese che presentano degli indici di contaminazione mafiosa possano accedere ad appalti pubblici e, dunque all'utilizzo di Fondi Pubblici.

Questa è in grandissima sintesi la ratio della Documentazione Antimafia.


La Documentazione Antimafia è quella documentazione che deve essere prodotta dall’azienda e che è certificata dalla Prefettura di competenza rispetto alla sede dell’azienda, che dimostra che all’interno di quell’ azienda non vi siano soggetti che sono in qualche modo connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso e che dunque, siano in grado di contaminarne l'esercizio e l'attività.



Il Diritto Speciale


 L’ultima parte della legislazione antimafia è un diritto veramente particolare e che non si incastona in nessuna branca propriamente detta, perché è contenuta in leggi speciali e sono tutte quelle norme che disciplinano il trattamento dei collaboratori di giustizia nei testimoni di giustizia.


Ci si è resi conto, infatti che proprio per la struttura dell’i organizzazione criminale di stampo mafioso, la condizione di omertà  e intimidazione sulla quale questa organizzazione poggia fa sì che ci sia una scarsa immersione  del fenomeno  e che quindi, questo fenomeno  di natura criminale ma non solo criminale, possa viaggiare sotto le trame dell'osservazione e quindi garantire la propria sopravvivenza.


Quindi ci si è resi conto di dover introdurre delle norme che possano, in qualche modo, fornire dei ponti d'oro ai collaboratori, cioè a coloro i quali facevano parte del contesto e vogliono collaborare con lo Stato, per intenderci, con gli organi investigativi per scardinare l’organizzazione o con i testimoni che sono soggetti estranei all'organizzazione ma che per le più disparate ragioni, non ultima quella di esserne stati vittima sono appunto appunto testimoni cioè, hanno la possibilità di testimoniare contro membri che fanno parte dell'associazione.

E dunque ci sono tutta una serie di regole che cercano di far emergere questo fenomeno puntando sulla tutela dei testimoni e sulla emersione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.


Questo è il quadro generale degli argomenti che tratteremo e adesso lo andiamo a prendere uno per uno.


 Anche perché possiamo dirlo con un certo orgoglio cari amici connazionali che è vero che l'Italia ha esportato la mafia all'estero ma oggi l’Italia sta esportando la legislazione Antimafia perché dal momento che questo fenomeno è veramente incardinato con la storia della nostra Repubblica: dalla Portella della Ginestra e a tutti gli eventi drammatici che hanno caratterizzato la storia del nostro paese hanno fatto sì che il nostro legislatore si sia ingegnato per cercare delle soluzioni e avendole affrontato ormai da un centinaio d'anni, oggettivamente abbiamo creato una legislazione che è avanzata rispetto agli altri paesi europei e a livello internazionale.


Tant'è che la convenzione delle Nazioni Unite, la convenzione che Palermo ha approvato l'anno scorso la cosiddetta Risoluzione Falcone. Cioè, una risoluzione nella quale sostanzialmente vengono resi pubblici e vengono adottate delle direttive valide per tutti gli stati delle Nazioni Unite quindi, stiamo parlando a livello globale e queste direttive provengono direttamente dalle teorizzazioni del giudice Falcone e dalle acquisizioni di Pio La Torre in materia di aggressione patrimoniale.  Quindi, la nostra legislazione oggi viene guardata con grande interesse dalla comunità internazionale.




 
 
 

Principi Costituzionali del Diritto Penale

Post n°25 pubblicato il 20 Aprile 2022 da serena0_01bis
 

Che cos’è il diritto penale

Il Diritto Penale potrebbe sembrare una materia un po’ diversa dagli altri rami del diritto perché è un diritto che presenta qualche affinità anche con la filosofia, con la sociologia e quindi, sicuramente ha degli aspetti apparentemente, soprattutto all’inizio, un po’ filosofici, un po’ teorici che richiedono un ragionamento, che richiedono collegamenti.

Magari è meno mnemonico di altri diritti, meno sistematico di altri diritti e, quindi all’inizio potrebbe anche un attimo disorientare e questo perché c’è un’abitudione a studiare il diritto in un altro modo.

La teoria del reato, quindi, la teoria che studia l’illecito penale, il reato, il diritto penale, nonstante il nostro codice sia del 1930, quindi, più che consolidato, è ancora molto dibattuta, c’è ancora molto dibattito aperto.

Ci sono molte opinioni che si contrappongono, per cui possiamo vedere che in molti casi si fa riferimento alle varie teorie, opinioni, che è una modalità di approccio tra le varie teorie.

In linea di massima per capire il diritto penale, tutte queste teorie, tutti questi passaggi vanno capiti e vanno saputi.

Non basta dire: ok, fammi vedere come va a finire, mando avanti e arrivo in fondo. Non è cosi, nello studio del diritto penale si richiede proprio questa elaborazione un po’ concettuale degli istituti.

Questo serve soprattutto nella parte generale, nella parte speciale la cosa diventa un pochino più tecnica.

Intanto, cerchiamo di capire questo anche per chiudere il discorso sulla materia. Quando si parla di diritto penale, la prima cosa che noi dobbiamo tenere a mente è che il diritto penale è completamente, presenta degli aspetti di totale diversità rispetto agli altri strumenti di intervento del’lordinamento giuridico, cioè, al diritto civile, al diritto amministrativo.

Perché? Qual è l’elemnto chiave che distingue il diritto penale come strumento di intervento dei poteri dello Stato, dell’ordinamento?

Qual’è l’elemento che lo distingue fondalmentalmente dagli altri rami, dagli altri strumenti giuridici?

È la sua sanzione, è la pena. Pena vuol dire sanzione criminale, sanzione penale. La pena, la sanzione del diritto penale, la sanzione con cui il diritto penale agisce, con cui opera, è una sanzione assolutamente unica rispetto a tutte le altre sanzioni.

Nel panorama delle sanzioni giuridiche, ne troviamo una grande quantità, molte di loro sono di carattere ripristinatorio come per esempio il risarcimento del danno. Il diritto civile opera molto con sanzioni che hanno una funzione di ripristinare lo status quo, ma anche al diritto amministrativo pensiamo alla demolizione di edifici costruiti abusivamente o in assenza delle necessarie autorizzazioni. Queste sono sanzioni che hanno una funzione, una natura di carattere ripristinatorio.

Poi, ci sono sanzioni che magari hanno una funzione di carattere conciliativo. Cioè, trovare comunque la conciliazione nel diritto comemrciale, nel diritto civile, ecc.

Il diritto penale si serve esclusivamente di sanzioni, cosiddette punitive. Cioè, le pene sono delle sanzioni fondalmentalmente che hanno una natura punitiva. La sanzione penale, cioè la pena è l’unica sanzione, del nostro ordinamento, che va ad incidere su uno o anche più beni, diritti dell’individuo, del reo cioè del soggetto agente, di chi ha commesso il reato, diritti fondamentali, personalissimi. Pensiamo ad esempio la sanzione penale, la sanzione criminale per eccellenza che è la sanzione dettentiva, quindi la pena carceraria.

Che è la situazione classica anche se oggi non è più certamente l’unica, anzi, si assiste sempre più ad una aspirazione alla decarcerizzazione, quindi a sostituzione della pena dettentiva con altre misure, con altre sanzioni sostitutive, alternative. Pero’ di fatto la sanzione penale, la pena ha questa caratteristica che è una caratteristica sua unica e propria che è la sua capacità di incidere sulla libertà personale. Cioè, su uno dei diritti fondamentali tuteleato anche dalla nostra Costituzione, dalle Convenzioni internazionali, su uno dei diritti fondamentali dell’uomo.

È l’unica sanzione che incide e puo’ incidere direttamente attraverso la pena dettentiva o coincidere indirettamente perché per qualche ipotesi di reato puo’ avere anche natura pacuniaria, puo’ essere prevista una sanzione pacuniaria pero’ se poi il soggetto non ha la possibilità di pagare la pena pecuniaria, attraverso la sostituzione si converte in sanzione pecuniaria o il lavoro sostitutivo e poi eventualemnte in pena dettentiva.

Inoltre, la condanna penale o anche lo stesso processo penale, non c’è neanche bisogno arrivare alla condanna, qualche volta basta essere sottopposto a processo penale, l’accusa penale ha una capacità di stigmatizzazione dell’individuo, ha una capacità simbolica di incidere sulla dignità anche personale, quindi, anche laddove non si arrivi ad una lesione della libertà personale attraverso l’inflizione della pena carceraria, certo è che essere sottopposti a processo penale, essere accusato di un reato, essere condannato comunque per un fatto che ha rilevanza penale, ha certamente una forza di stigmatizzazione negativa molto forte che va spesso ad incidere sulla stessa dignità personale, altro diritto ovviamente fondamentale protetto dalla nostra Costituzione di grandissima pregnanza, di grandissima efficacia. Tutto questo non accade, naturalmente, in presenza di sanzioni civili, amministrative, ecc. e hanno tutt’un altro valore, tutt’un altro valora anche dal punto di vista simbolico.

Ci prestiamo molto meno attenzione a notizie che abbiano degli illeciti civili rispetto a quelle che abbiamo alla commissione di un reato, alla sottopposizione al processo penale di certe persone ecc. non fanno neanche notizia.

La caratteristica, in qualche modo fondamentale e che rende unico il diritto penale è che il diritto penale è uno strumento che per difendere, per proteggere, tutelare e garantire dei diritti, degli interessi fondamentali del cittadino utilizza quest’arma che è la sanzione penale che è un’arma che a sua volta pero’ va a offendere, a incidere a violare in maniera molto pregnante dei diritti fondamentali che sono la libertà e la dignità della persona.

Quindi, è un’arma a doppio taglio ed è stato definito in mille modi la ius terribile, arma a doppio taglio perché si deve districare fra questi due poli.

Da un lato la difesa, i diritti fondamentali, la protezione dei diritti fondamentali attraverso la previsione delle fattispecie di reato, ecc.,

dall’altra pero’ la violazione dei diritti fondamentali attraverso l’infizione della sanzione penale, della pena.

Questo è un dato che incide, porta con sé tutta una serie di conseguenze che riguardano proprio la stessa disciplina, le stesse regole fondamentali del diritto penale e del reato e del diritto penale in genere.

Cioè, noi abbiamo una serie di principi che hanno, nella maggior parte, una valenza costituzionale e anche convenzionale perché oggi è diventato assolutamente imprenscindibile, anche cio’ che è sancito anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che hanno anche una importanza, una influenza sempre maggiore anche nel nostro diritto, anche al diritto penale in particolare. Una serie di principi che valgono solo per il diritto penale, per la materia penale e che sono dei principi fondalmentalmente di garanzia.

Cioè, sono dei principi che servono a garantire il singolo cittadino, il reo in particolare, quindi, il destinatario della norma penale, il potenziale reo o il reo una volta che è stato accertato, da una eccessiva dilattazione, da un eccessivo uso privo di controllo, privo di limiti, privo di vincoli dello strumento penale.

C’è una serie di principi che valgono solo per il Diitto Penale e che sono dei principi di garanzia. Cioè, sono dei principi che servono a garantire il singolo cittadino, in particolare il reo, quindi il destinatario della norma penale.

Garantire il potenziale reo o una volta che è stato accertato da una eccessiva dilattazione, da un eccessivo uso, privo di controllo, privo di limiti, privo di vincoli dello strumento penale.

Cioè, limitare il più possibile l’uso del diritto penale perché bisogna limitare il più possibile l’uso della pena. La violazione, l’offesa di questi beni fondamentali. Il diritto penale, lo strumento penale dovrebbe essere l’ultima spiaggia, l’ultima alternativa che l’ordinamento ha a disposizione per proteggere interessi in gioco. Dovrebbe essere l’estrema ratio, l’ultima ratio solo laddove non ci sia altra possibilità a intervenire. O con misure anche extra giuridiche o con altri rimedi di carattere giuridico che pero’ siano meno invasivi nei diritti della persona.

Quando si parla di reati, istintivamente, ci poniamo dalla parte della vittima, ci viene naturale sentirci le vittime e quindi solidarizzare con le vittime. Pero’ il diritto penale è uno strumento che ci porta a porci anche dall’ottica del soggetto che è stato sottopposto sotto processo o condannato. Il Diritto Penale, nei confronti di questi soggetti, cioè del soggetto reo, del soggetto attivo è uno strumento che rischia di essere oltremodo offensivo, lesivo della persona. Delle prerogative della persona. E lo è stato.

Il diritto penale garantistico che trova dei limiti, delle limitazioni, delle regole nasce nel periodo dell’illuminismo. Con l’esigenza della certezza del diritto, l’esigenza della legalità, le pene umane, le pene proporzionte. Il diritto penale moderno, di cui stiamo parlando che ha bisogno di garanzie e richiede delle garanzie è quello che nasce nel periodo dell’illuminismo.

Prima c’erano le pene corporali con la totale mancanza di giusti processi, il processo inquisitorio, le confessioni false o estorte, con la mancanza di leggi certe, la impossibilità di sapere cosa era giusto e cosa era sbagliato, il reato poteva tranquillamente essere deciso dal sovrano assoluto quello che era penale o non penale in un momento piuttosto che in un altro. Si veniva puniti per atteggiamenti semplicemente immorali. C’era una commistione tra cio’ ce era immorale e cio’ che era penalmente rilevante o tra cio’ che era peccato e quindi la mancanza totale delal laicità.

Per esempio le pene infamanti e tutta una serie di situazioni che dimostravano come lo strumento penale privo delle garanzie necessarie fosse uno strumento terribile un ius terribile di intervento e di lesione dei diritti fondamentali della persona. E questo continua a essere nei paesi totalitari dove non c’è un freno, non c’è un controllo e mancano le garanzie che abbiamo noi oggi. Tutto questo nasce dalla particolare natura della sua sanzione, la sanzione penale.

Ed è da li che nasce tutto questo insieme di principi e di regole che noi troviamo, nella maggior parte, nella stessa Costituzione o comunque tratti dalla Costituzione attraverso l’interpretazione sistematica delle varie norme costituzionali che ne è stata data nel corso del tempo.

La pena la sua funzione

Storicamente la pena ha in sé una natura afflittiva, cioè nasce con in sé l’idea del castigo. La pena come castigo, come sofferenza da infliggere. Come “ricompensa” in negativo, la sofferenza, il castigo per un male che è stato apportato: La vilazione delle norme, i comportamenti immorali.

Fino al periodo dell’illuminismo si autolegittimava. Siccome era stato commesso qualcosa che era considerato meritevole di pena come una sorta di castigo, di retribuzione per quello che era stato fatto veniva applicata.

Il senso era quello di ricambiare la sofferenza con la sofferenza. Nel corso degli anni, a partire dal periodo del’lilluminismo, la pena come sofferenza, come castigo non si puo’ più auto giustificarsi. Puo’ essere inflitta, puo’ essere prevista solo se ha una sua utilità. Cioè, la pena in sé, la sofferenza puo’ essere data solo se in qualche modo porta ad uno scopo. Deve avere una funzione e non deve essere solo far soffrire, solo castigare. Ma attraverso il castigare, attraverso il portar questa sofferenza l’ordinamento deve poter arrivare ad uno scopo.

Qual è lo scopo principe della sanzione e in particolare della sanzione penale?

Lo scopo più importante, sicuramente il primo che viene in gioco, è quello di prevenzione. Punisco perché punendo o minacciando, addirittura di punire, cerco di distogliere i consociati dal commettere quei fatti. Se io so che commettendo un certo fatto poi conseguirà una certa pena, la sanzione penale, questo mi dovrebbe servire come una sorta di controspinta psicologica rispetto il mio desiderio, la mia spinta verso il crimine. Dovrebbe controbilanciare in questo modo la spinta verso il crimine e distogliere, persuadere a non commettere crimini.

1. Questo è il meccanismo della c.d. prevenzione generale, cioè la minaccia della pena, in teoria, previene la commissione di reati perché la comunità generalmente si arresta davanti alla paura di essere sottopposti a pena e anche perché fa vedere ai consociari (quasi in modo pedagogico) quali sono i valori sposati dall’ordinamento. (prevenzione generale negativa- non realizzare i reati) La prevenzione, secondo qualcuno deve essere intesa anche in modo positivo.

Cioè, puo’ essere utile perché porta i consociati quali sonoi valori e spingerli ad abbracciarli, a conformarsi a questi valori. Abbandonare eventuali valori propri che sono negativi ed abbracciare quelli che l’ordinamento coglie. (Prevenzione generale positiva)

Quindi questa è la prevenzione generale negativa e prevenzione generale psotiva. In qualche modo dovrebbe avere una funzione educativa. Questa è una funzione principale che da sempre si era voluti attribuire alla pena.

Questa funzione ha pero’ un rischio: in questo modo per prevenire la commissione di reati si possa in qualche modo strumentalizzare la persona e per tutelare in qualche modo al massimo i valori dell’ordinamento prevedere delle pene stratosferiche, delle pene eccessive, assolutamente sproporzionate.

Ed è quello che molto spesso si fa alzando sempre più la penaquando per esempio c’è una particolare diffusione, in un dato periodo storico di determinate forme di criminalità, le prime proposte in genere sono quelle di aumentare la pena sperando di distogliere, allentare la morsa della criminalità. Ma se si arriva ad eccedere alla misura della pena una volta che questa persona viene effettivamente condannata si trova che per un fatto che tutto sommato ha un disvalore relativo a dover essere condannato e scontare delle pene srpoprzionate rispetto alla gravità del fatto. Questo è il rischio in cui si incorre se si dà troppa rilevanza alla funzione di prevenzione della pena.

2 . La pena ha anche una funzione di prevenzione c.d. speciale.

Qui entriamo un po’ al discorso della rieducazione. La prevenzione speciale è quella forma di prevenzione che è rivolta al soggetto specifico che ha già commesso il reato. Cosa deve fare la pena nei confronti di chi ha già commesso il reato? Ha un senso? La pena nei confronti di questo soggetto si dice, deve essere tale da avere una funzione di prevenzione speciale.

Cioè, deve far si che il soggetto non tornerà nuovamente a delinquere. La prevenzione speciale nel corso dei secoli ha avuto moltissime modalità ed è stata intesa in molti modi. In certi ordinamente la prevenzione speciale è stata ed è ancora intesa come neutralizzazione. ( ergastolo e pena di morte o anche la castrazione chimica per gli autori di reati sessuali sono forme di neutralizzazione del reo) Certamente impediscono che commetta altri reati.

In Italia c’è una fetta, una parte del sistema sanzionatorio che è rappresentato dalle misure di sicurezza, sottoporre a misure quali il ricovero negli ospedali psichiatrici giudiziari o alle colonie agricole, sono misure volte a, hanno la funzione di eliminare la pericolosità del soggetto, del reo, cioè l apossibilità che tornerà a delinquere. Una forma particolare che è quella che oggi viene comunemente accolta, prevalete nel nostro ordinamento, è legata alla rieducazione. 3. La funzione rieducativa della pena.

È la funzione che è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla Costituzione. L’art. 27, co. 3 Cost. dice che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato.

Cosa vuol dire rieducare il soggetto?

Vuol dire consentirgli in qualche modo di recuperare, di riappropriarsi di quelli che sono i valori che ha violato attraverso la commissione del reato, attraverso la violazione della legge penale.

La pena deve avere questa funzione sempre. Sia nel momento in cui il legislatore pensa di punire un certo fatto con una pena, con una sanzione penale, un reato attraverso la sanzione penale, cioè la pena prevista dalla norma deve essere pensata come capace di rieducare un determinato soggetto. Deve essere proporzionata anche al disvalore del fatto, deve essere una pena che presenta delle caratteristiche che siano collegate al tipo di autore, al tipo del fatto che viene incriminato. (Principio di proporzionalità)

Anche nel momento dell’esecuzione è importante che possa svolgere questa finalità rieducativa.

Nel nostro ordinamento, soprattutto dagli anni ’70 in avanti anche poi con le legge di riforma dell’ordinamento penitenziario sono state introdotte tutta una serie di misure proprio nell’ottica di questa idea di rieducazione. Sia per la pena detentiva in carcere sono tantissime le misure introdotte che possono favorire la rieducazione e non soltanto neutralizazione e isolamento epoi tutta una serie di misure come: ( i permessi premio, la libeazione anticipata, e altre misure che portano progessivamente a consentire un recupero dei valori.)

È la finalità principale ma non l’unica. Ma sappiamo che la pena deve avere una funzione di rieducazione, deve consentire di rieducare.

Quindi si giustifica solo nella misura in cui ha questa finalità ed è in grado di avere questa finalità. Questa è l’idea.

Ovviamente una funzione importante dell apena rimane ache quella di prevenzione generale anche se dal punto di vista empirico, di studi sociologici empirici che ci sono stati fatti nel corso degli anni hanno un pochino ridimensionato quest’idea. Cioè, in realtà non sono cosi tante le persone che si fanno condizionare, nel commettere o non commettere dei reati dalla previsione di una sanzione penale. Sono molti altri fattori che spingono o che distolgono dal commettere reati, sicuramente c’è una fetta ancora sicuramente di persone che hanno questo condizionamento pero’ una volta si credeva che fosse fondamentale.

Oggi questa idea della prevenzione generale è un po’ in cirsi. Questo proprio per dire che la pena proprio perché è cosi afflititva, proprio perché è sofferenza, proprio perché è violazione dei diritti fondamentali puo’ e deve essere scelta dal legislatore come sanzione, come conseguenza di un determianto fatto solo nella misura in cui puo’ trovare una di queste giustificazioni.

In sostanza: La scelta di criminalizzazione attraverso l’imposizione di una sanzione penale da parte del legislatore non puo’ essere una scelta priva di qualsiasi vincolo, completamente discrezionale.

È vincolata ad alcune fondamentali regole, ad alcuni fondamentali principi.

a.Uno di questi è la funzione della pena. Come deve giustificarsi la pena. Cioè, la pena deve essere scelta se puo’ avere una di queste funzioni e in particolare se puo’ avere la funzione rieducativa.

Questo sia di astratto, come scelta di base, sia nella quantità, nel tipo di pena. Non ha senso partare di funzione rieducativa se si dà 20 anni di reclusione per un furto. La pena sproporzionata e priva di qualsiasi legame con il fatto, con la gravità del fatto e anche la capacità a delinquere del soggetto non ha né la funzione di deterrenza né la funzione di rieducazione.

Non ha senso pensare di rieducare un ladruncolo che magari non ha una casa condannandolo a 20 anni di reclusione. Perde completamente di legittimazione e di significato.

 
 
 

Diritto Penale- delitto tentato che il concorso di persone

Post n°24 pubblicato il 20 Aprile 2022 da serena0_01bis
 


Sia il delitto tentato che il concorso di persone nel reato sono tutti istituti, tutti argomenti sono generalmente dai manuali ricondotti ad un grande capitolo, ad una grande sezione che è intitolata:

le forme di manifestazione del reato. Perché è dedicata alle forme di manifestazione del reato e perché le forme di manifestazione del reato.

E’ dedicata alle forme di manifestazione del reato perché di fatto sono particolari forme, delle modalità in cui il reato si può manifestare.

E sono forme di manifestazione diverse rispetto a quella comune del reato consumato, quindi realizzato in tutti suoi elementi costitutivi o del reato monosoggettivo, cioè realizzato da una singola persona o nelle circostanze aggravate nel reato base non aggravato che appunto in presenza di circostanze aggravate puo’ invece assumere una forma aggravata, una forma diversa.

Perché forme di manifestazioni del reato? Perché noi il reato lo possiamo anche avere che si manifesta o come tentativo, o come delitto tentato, reato tentato o nella sua forma concorsuale, quando più soggetti realizzano il medesimo reato, o nella sua forma aggravata quando appunto, viene realizzato in presenza di alcune situazioni che sono considerate da aggravata attenuata quando si presentano, viene realizzato in alcune situazioni che o aggravano secondo il legislatore, o possono aggravare o possono attenuare la pena prevista dalla fattispecie incriminatrice e dalla fattispecie base.

Tra queste forme di manifestazione del reato tratteremo il delitto tentato e il concorso di persone nel reato.

Quindi, sono delle forme ulteriori, rispetto a quella standard, quella base che abbiamo visto trattando degli elementi costitutivi del reato, della struttura del reato. Sono altre forme in cui il reato può manifestarsi. C’è, tentativo/il delitto tentato, c'è il concorso di persone nel reato anche in un altro modo, un'altra forma di manifestazione del retto. Sono per esempio le circostanze.

Cioè, quelle che abbiamo visto vanno ad alcune situazioni che vanno ad aumentare o diminuire la pena. Anche in quel caso lì, il reato si può manifestare in una forma parzialmente diversa da quella comune, da quella base ordinaria e sarebbe, si parla in quel caso di reato circostanziato ed è un reato che si manifesta con anche l'aggiunta di ulteriori situazioni che lo vanno in qualche modo a qualificare come più grave o meno grave. Quindi, sono forme ulteriori in cui il reato si può manifestare e che, naturalmente, comportano delle differenze sul piano della disciplina. Il tentativo o delitto tentato articolo 56 del Codice Penale

Quindi, il primo istituto di cui noi oggi parliamo è il tentativo o delitto tentato che è disciplinato all'articolo 56 del Codice Penale. In linea molto basica, di prima approssimazione: Quand'è che si ha delitto tentato. Quand'è che si ha il tentativo di un reato. Il tentativo è quella situazione in cui il soggetto realizza una parte della fattispecie incriminatrice ma non puo’, non riesce a portarla completamente a consumazione. Si ha tentativo quando un soggetto, un soggetto attivo, l'autore mette in essere alcuni fatti, alcuni atti per realizzare un delitto, quindi, un fatto che corrisponda alla fattispecie penale incriminatrice ma non lo porta a termine. Quindi, diciamo, il reato non arriva quel momento fondamentale perché si possa ritenere, appunto, realizzata la fattispecie penale incriminatrice che è il momento della consumazione.

Quindi, c’è qualcosa, qualcosa viene realizzato ma non si arriva alla consumazione del reato. In alcuni ordinamenti del passato, per esempio, il tentativo, cioè, l’aver posto in essere solo una parte di tutta la fattispecie penale incriminatrice ma non aver completato nei suoi elementi il fatto tipico non era affatto punito e in alcuni casi, invece, in alcuni ordinamenti, era addirittura stato punito allo stesso modo del reato consumato. Il nostro ordinamento che è un ordinamento, diciamo, che tiene conto sia gli aspetti di carattere oggettivo, quindi, che ci sia un comportamento materiale esteriore che sia in qualche modo offensivo per il bene giuridico, sia però tiene conto anche dell’aspetto legato alla colpevolezza, quindi, la presenza della volontà di realizzare un fatto criminoso. I due aspetti nel nostro ordinamento sono entrambi rilevanti. Non basta solo la volontà di realizzare un fatto se non si realizza almeno un comportamento, un fatto che sia offensivo sotto qualche forma o anche solo la messa in pericolo di un bene tutelato, il nostro ordinamento, quindi, punisce il tentativo, ma lo punisce non allo stesso modo del reato consumato ma con una pena diminuita. Questo in linea di massima, il nostro ordinamento è uno di quegli ordinamenti che sceglie di punire il tentativo, di punirlo in modo ridotto rispetto alla al fatto consumato.

Questo perché, naturalmente, c’è una minor carica di disvalore, c’è dal punto di vista oggettivo un’offesa che è una offesa meno meno intensa, meno pregnante rispetto al reato consumato. il nostro codice, il codice Rocco sceglie, perché il problema fondamentale che si pone e che si sia sempre posto con riferimento al delitto tentato Qual è. E’ capire qual è il limite sotto il quale un comportamento, il compimento di determinati atti non sono punibili, non possono essere puniti per i principi di garanzia, per il principio di offensività e, invece, quindi, qual è la linea di discrimine, oltre la quale si può cominciare a punire dei fatti che non corrispondono perfettamente a una fattispecie penale incriminatrice perché non sono portati a termine ma comunque sono meritevoli di sanzione penale.

Qual è la linea? Qual è la linea di discrimine? Fino a dove si può considerare che una determinata attività posta in essere da un determinato soggetto, che magari vuole realizzare un reato, ma non riesce a realizzarlo? Non deve essere neanche rilevante ai fini penali e qual è il momento, invece, a partire dal quale si può considerare quel comportamento come rilevante. E che per il diritto penale, quindi, può considerarsi, comunque, un fatto punibile.

Questo è il problema. Il problema da sempre, quindi, è stato quello per l'ordinamento, per i codici penali individuare dei criteri per una suddivisione più possibile univoca in modo che il giudice possa arrivare, interpreti, naturalmente, anche il giudice possa con dei criteri più possibile univoci, valutare i fatti e stabilire se il fatto realizzato non merita una sanzione penale, perché per esempio è ancora troppo lontano dal bene giuridico dalla capacità offensiva del bene giuridico, è ancora troppo poco per poter essere considerato punibile alla stregua del diritto penale e qual è il momento dal punto a partire dal quale, invece, si può parlare di rilevanza penale, di punibilità seppure in maniera ridotta rispetto, ovviamente, al reato consumato.

Quindi, il punto è qual è la linea di discrimine, quali sono i criteri che possiamo utilizzare per distinguere tra non punibilità e punibilità e tentativo punibile. Mentre per esempio il codice precedente, il codice Zanardelli utilizzava un criterio che era un criterio abbastanza tradizionale, cioè, distingueva tra atti preparatori e atti esecutivi e diceva: Gli atti preparatori al reato non sono ancora integranti del tentativo, quindi non sono punibili. Gli atti, invece, esecutivi cominciano diciamo a dare esecuzione al reato e quindi sono già punibili, anche se in maniera, ovviamente, ridotta rispetto ad un reato consumato, realizzato in tutti i suoi elementi.

Quindi, il codice Zanardelli si basava su questa distinzione: tra atti preparatori e atti esecutivi. Il problema, ovviamente, qual era. stabilire anche dei criteri per capire quando effettivamente gli atti finivano di essere meramente atti preparatori e cominciavano a essere atti esecutivi.

Quindi, questo era un problema e lì c'erano varie teorie: non c'erano criteri univoci, quindi era un criterio che, si, voleva essere univoco ma in definitiva poi portava a delle incertezze sia da un punto di vista applicativo.

Quindi, questa era la precedente strategia di intervento del codice del 1889, del codice Zanardelli. Il codice Rocco, invece, sceglie una strategia differente. Utilizza un criterio che è un criterio, invece, differente. Il criterio differente è quello che viene chiaramente esplicitato dall'articolo 57 del Codice Penale in cui si stabilisce che: chi compie atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere un delitto tentato se l'azione non si compie e l'evento non si verifica

(segue)

 
 
 

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