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BOMBE SI, IMMIGRATI NO!

Post n°191 pubblicato il 14 Aprile 2011 da diefrogdie
 

BOMBE SI, IMMIGRATI NO!

Non può non risaltare l’evidente sproporzione tra la massiccia invadenza delle istituzioni comunitarie in materie – come la famiglia e la vita, che peraltro sono di pertinenza esclusiva dei singoli stati - e la preoccupante e imbarazzante assenza in questioni politicamente decisive.

Da una parte troviamo una ossessiva pretesa di intervenire nelle legislazioni nazionali in fatto di aborto, unioni gay, e diritti umani vari; dall’altra un’incapacità di leggere gli avvenimenti epocali e di prospettare un indirizzo al di fuori degli angusti confini comunitari.

In queste ore e in questi giorni convulsi, quel club di ventisette nazioni che si proclama come "Unione Europea" ha offerto al mondo una delle peggiori immagini possibili: è stata respinta la proposta italiana di protezione temporanea per i profughi dai Paesi del Nord Africa, la benedetta e ormai famigerata "Direttiva 55" che prevede l’immediata concessione dello status di rifugiato per un periodo di tempo limitato «a tutte quelle persone che fuggono da Paesi in cui la loro vita sarebbe a repentaglio in caso di rientro».
Un ritratto quasi perfetto di quelle migliaia di migranti in fuga dalle coste del Nord Africa, ma al tempo stesso un identikit che non convince la commissaria per gli Affari Interni Cecilia Malmström e ancor meno gli Stati membri, che hanno sonoramente bocciato le richieste italiane, concedendo soltanto un’estensione dell’accordo italo-francese sul pattugliamento delle coste tunisine.

Sul drammatico problema dei profughi nordafricani, l’Europa non ha fatto altro che considerare questi poveri migranti come un vascello di appestati da tenere alla larga dalle mura fortificate del continente.
Quella stessa Europa che – pur nel guazzabuglio politico e diplomatico nel quale è usa navigare - ha impiegato molto meno tempo ad adottare l’opzione militare.

Come dire: bombe sì, profughi no.

Del resto una visione politica nasce da un patrimonio di valori ed esperienze figlio di una identità culturale ben definita.
E qui sta il nocciolo del problema europeo: una volta che si è rifiutato di guardare e prendere sul serio le proprie radici storiche e culturali, non c’è nulla su cui poggiare per guardare al futuro.

Resta soltanto la faticosa negoziazione giorno per giorno, problema per problema, con decisioni anche contraddittorie suggerite da interessi immediati e transitori e condizionate dall'arroganza e invadenza di burocrati e tecnocrati che da Bruxelles, in questo vuoto, pretendono di dettare i comportamenti quotidiani dei cittadini europei.

Una Unione Europea è necessaria e auspicabile. Ma questa Europa, è evidente, non ha futuro; c’è bisogno di ricominciare partendo proprio da quelle domande che si sono volute fin qui censurare: cos’è che ci fa Europa? Quali sono le radici della nostra civiltà e qual è la nostra vocazione?

L'Italia, invece di minacciare l'uscita dalla Ue, dovrebbe cominciare a porre con chiarezza queste domande.

 

 
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