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L'AQUILA ASPETTA IL MIRACOLO

Post n°157 pubblicato il 27 Febbraio 2010 da diefrogdie
 

Bellissimo articolo de L'Espresso che racconta quanto non ci dicono i tlegiornali sulla situazone de L'Aquila ad un anno quasi dal terremoto.
Quì c'è solo un sunto, l'articolo completo è:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio//2120844/&print=true

L'Aquila aspetta il miracolo
di Primo Di Nicola

Sfollati a quota 40 mila. Macerie ancora da rimuovere. Rischi inquinamento. È lungo l'elenco dei problemi irrisolti. A dieci mesi dal sisma

 
Vigili al lavoro davanti al palazzo del Governo
La nomina a ministro annunciata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, una commossa lettera di addio agli abruzzesi su una pagina del 'Centro'. Così Guido Bertolaso, capo della Protezione civile, alla fine di gennaio ha passato le consegne al nuovo commissario per la ricostruzione, il presidente della Regione Gianni Chiodi e al suo vice, il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente.
Se ne è andato con la riconoscenza dei terremotati per il modo in cui la Protezione civile ha offerto i suoi generosi aiuti e l'orgoglio per quanto realizzato per avviare il rientro alla normalità, a cominciare dal Progetto Case (Complessi antisismici ecocompatibili ecocostenibili), oltre 180 edifici, per non parlare di qualche migliaio di Map, le casette in legno.
In tutto, Bertolaso ha speso oltre 1 miliardo e mezzo di euro per assistere la popolazione e completare opere in grado di dare un tetto sicuro a oltre 20 mila persone. Un successo, insomma, anche se non sono solo rose.
Nell'eredità che lascia a Chiodi ci sono anche problemi: il numero degli sfollati ancora in alberghi e case private; una situazione incandescente nei comuni fuori dal cratere del sisma; una città intasata di macerie; i guasti ambientali provocati dal Progetto Case.

La carica dei 40 mila Il problema più grande è senza dubbio quello degli sfollati aquilani. A oltre dieci mesi dal terremoto e nonostante le promesse del premier che aveva assicurato una casa per tutti entro il 31 dicembre, sono oltre 40 mila gli aquilani che continuano a vivere in hotel (6 mila), caserme (1.100), appartamenti lungo la costa (2.400) e soprattutto in autonoma sistemazione in case in affitto o altro (più di 31 mila).
Come mai così tanta gente non è riuscita ad avere un nuovo alloggio o a rientrare nelle proprie abitazioni? La questione non è di poco conto visto che, a parte tutto il resto, assistere questa massa di sfollati costa tantissimo: un giorno in albergo vale fino 70 euro a persona, gli affitti arrivano a un massimo di 800 euro. Morale: dallo scorso aprile sono già stati spesi oltre 220 milioni per dare ospitalità agli aquilani. Certo, i terremotati da sistemare sono risultati tanti, oltre 70 mila, ma le ragioni per le quali ancora oggi circolano tutti questi sfollati, secondo Giustino Masciocco, assessore alle Politiche abitative del comune, "vanno fatte risalire alle stime sbagliate della Protezione civile sul fabbisogno delle abitazioni da costruire per coloro che avevano visto la propria distrutta dal sisma e nei ritardi con i quali si stanno riparando le case poco danneggiate". Una tesi confermata da Cialente che definisce tutto ciò "la nostra Waterloo". Cominciamo dall'errore di calcolo.


Conti in rosso  [...]


Avanti piano Ma la fetta più grossa dei 40 mila è senza dubbio quella costituita dagli abitanti meno danneggiati e le cui abitazioni sono state classificate B e C (le A sono quelle agibili), circa 15 mila case riguardanti 30 mila persone. Vista la lieve entità dei danni, riparabili in poche settimane, proprio la veloce sistemazione di queste abitazioni avrebbe dovuto favorire il rientro degli sfollati. Invece, gli interventi più leggeri si stanno rivelando una via Crucis visto che ancora all'inizio di febbraio pochissimi lavori sono partiti. Colpa del caos normativo provocato dai decreti del governo in materia di ricostruzione che ha spinto la gran parte dei terremotati a temporeggiare; della mancanza del prezzario della Regione Abruzzo varato solo a metà settembre; dei lenti controlli sulla regolarità delle pratiche; dell'allungamento dei termini per la presentazione delle richieste di contributo prorogati fino al 31gennaio. Un circolo vizioso che dovrebbe spezzarsi ora che Cialente dice di voler usare il pugno di ferro con l'obbligo di inizi lavori entro sette giorni dalla concessione del contributo pena la perdita dello stesso e di qualsiasi forma di assistenza. Un giro di vite che dovrebbe consentire al massimo entro il mese di agosto il rientro nelle case dei 40 mila sfollati aquilani.

Terremotati invisibili Sono quelli dei comuni fuori dal cosiddetto 'cratere' del sisma dimenticati persino dalle statistiche della Protezione civile (nel suo sito non compaiono). Quanti siano esattamente nessuno lo sa. E già questo la dice lunga sulla delicatezza della questione. Una stima fatta dal consigliere regionale Giuseppe Di Pangrazio, fa ammontare a quasi 10 mila il loro numero. Si tratta di persone di paesi che ricadono dentro le province dell'Aquila, Teramo e Pescara. Solo a Sulmona ce ne sono quasi mille e vivono in albergo o ospiti in abitazioni di amici e parenti.
Da questi sfollati 'invisibili' si levano proteste per il diverso trattamento rispetto all'Aquila. Nel loro caso non è stata la Protezione civile a farsi carico dell'assistenza. A queste incombenze hanno dovuto pensare i comuni che, come Pratola, dallo Stato hanno avuto solo 250 mila euro, 100 mila dei quali per fronteggiare l'emergenza e i restanti per finanziare la ricostruzione dei fabbricati. Una miseria considerando che, a Pratola, le richieste di contributo sono state 150 con importi che quasi sempre superano i 40 mila euro. E non basta: avere il contributo non è semplice, occorre dimostrare la relazione tra il danno subito e il terremoto. Il che è facile solo a dirsi, vista la macchinosità dei controlli. La presidente della provincia Stefania Pezzopane chiede per questo "la cessazione della disparità di trattamento". Anche per evitare il ripetersi di quello che è successo a Natale quando nello stesso albergo la Protezione civile ha consegnato pacchi dono ai terremotati dell'Aquila lasciando a mani vuote gli 'invisibili'del cratere.

Un muro di macerie Tra quelli aperti lasciati in eredità dalla Protezione civile, secondo l'assessore alle politiche ambientali dell'Aquila Alfredo Moroni, quello delle macerie "è il problema dei problemi". Nonostante un'intesa raggiunta con il comune nei mesi scorsi per risolvere lui la questione, Bertolaso ha passato le consegne lasciando per le vie del centro storico ancora chiuso circa 4 milioni di tonnellate di materiale frutto di crolli e demolizioni. E ora questa enorme massa impedisce la circolazione dei mezzi necessari ad avviare anche la minima riparazione degli immobili danneggiati, come a piazza S. Maria Paganica oppure nella storica via Cascina.
La questione non è trascurabile: "Se non liberiamo le strade", spiega Moroni, "non è possibile nemmeno avviare la ricostruzione". Per questo Cialente aveva scritto a Bertolaso sollecitandolo ad allestire i siti necessari allo smaltimento dei rifiuti. Il sindaco aveva addirittura invocato l'impiego del Genio militare. Ma senza successo. Così oggi per la drammatica emergenza aquilana è in funzione un solo sito per lo smaltimento delle macerie, mentre altri due potrebbero essere allestiti a breve. Ad appesantire la situazione c'è poi la circostanza che la normativa in materia è particolarmente spinosa. E gli amministratori preferiscono procedere con i piedi di piombo per evitare guai giudiziari. Se comunque anche gli altri due impianti verranno aperti, con una spesa di 30 milioni di euro nel 2010 verranno rimosse 1 milione di tonnellate di detriti, quasi un terzo del totale. Ma occorre fare di più: con questo ritmo ci vorranno infatti tre anni per aprire le vie del centro storico ai mezzi necessari alla ricostruzione. Troppi.

Chi inquina di più L'emergenza del terremoto in Abruzzo si è aggiunta a un'altra, quella ambientale del fiume Aterno. A questo fiume il cui bacino è da sempre assediato dagli scarichi fuori norma di molti paesi e persino della facoltà di ingegneria ambientale dell'università dell'Aquila, la Protezione civile ha assestato un altro colpo con le fogne non depurate di alcuni insediamenti del Progetto Case: quelli di Assergi, Camarda e Paganica che vanno a inquinare l'affluente Vera; ma soprattutto quello di Bazzano, per il quale l'associazione Libera si appresta a scendere sul sentiero di guerra, completato in fretta e furia per consentire a Berlusconi di consegnarlo ai terremotati il 29 settembre, giorno del suo compleanno.

Il caso di Bazzano [...]
L'Espresso (11 febbraio 2010)
 
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