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UN ALTRO MARTIRE IN TURCHIA

Post n°166 pubblicato il 04 Giugno 2010 da diefrogdie
 

UN ALTRO MARTIRE IN TURCHIA

L’autista di mons. Luigi Padovese, ucciso ieri davanti alla sua casa a Iskanderun è stato formalmente accusato di omicidio da un tribunale turco. La polizia conferma i disturbi psichici dell’uomo che per oltre quattro anni è stato vicino al vescovo ucciso. Ma diversi dubbi serpeggiano sulla sua malattia e da più parti si chiede alle autorità di approfondire l’inchiesta sui motivi dell’assassinio.
 
Tra i fedeli e il mondo turco si fa fatica ad accettare la sola tesi della malattia psichica del giovane, divenuta evidente solo qualche mese fa. Diversi attentati negli anni scorsi sono stati compiuti da giovani definiti “instabili”, rivelatisi poi in legame con gruppi ultranazionalisti e anti-cristiani.
 
A diversi osservatori pare che governanti, politici, autorità civili turche evitino di riflettere con serietà su questi avvenimenti. E si rischia di liquidare tutta questa violenza dicendo solo che non si è d’accordo, che è il gesto di un pazzo isolato, un gesto occasionale di un giovane fanatico dell’Islam.
 
Fra i “gesti isolati” di persone squilibrate vi sono: il ferimento di p. Adriano Franchini, cappuccino italiano, a Smirne il 16 dicembre 2007; quello di p. Roberto Ferrari, minacciato con un coltello da kebab nella chiesa di Mersin l’11 marzo 2006;  p. Pierre Brunissen accoltellato in un fianco il 2 luglio 2006 fuori della sua parrocchia a Samsun. Questi tre attentati si sono conclusi senza conseguenze fatali.
 
Non così è stato per don Andrea Santoro, ucciso a colpi di pistola il 5 febbraio 2006 mentre pregava in chiesa a Trabzon; stessa sorte per il giornalista armeno Hrant Dink assassinato il 19 gennaio 2007 appena fuori dalla sua redazione in una via affollata di Istanbul. E ancora più tragica la morte il 18 aprile 2007 di tre cristiani protestanti, tra cui uno tedesco, torturati, incaprettati e uccisi a coltellate mentre lavoravano a Malatya nella casa editrice Zirve, che pubblica Bibbie e libri di matrice religiosa cristiana.
 
Fra i cristiani e alcune ong turche vi è la richiesta che le indagini non si fermino all’arresto dello squilibrato di turno, ma scavino più in profondo.
 
 
Mi piace, poi, riportare uno stralcio di una conferenza tenuta da Monsignor Padovese nel 2007, che illumina sul dramma che vivono i cristiani in Turchia. La sua lettura della situazione politica, culturale e religiosa della Turchia era molto realistica, lontana dalla cartolina da sogno dipinta dai politici turchi, bisognosi evidentemente del lasciapassare europeo.

L’agenzia MissiOnLine del Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano ha rimesso in rete la predetta conferenza dopo la sua uccisione Nella parte finale, monsignor Padovese sintetizzava così – “per evitare facili irenismi” – l’abisso che separa la visione cristiana di Dio da quella musulmana:

Grande è la distanza che separa le due religioni. Occorre anzitutto sapere che l’islam si considera la rivelazione ultima, più completa e più razionale. Ne consegue che quanti non la seguono sono su un piano di netta inferiorità; diventare cristiano, per un musulmano, significa regredire a uno stato inferiore. Stando così le cose, richiedere la reciprocità in rapporto alla libertà religiosa è un’utopia. La potrà richiedere un islamico in un paese cristiano, ma non l’inverso. Concretamente la libertà di coscienza non esiste nell’islam e l’esercizio delle altre religioni non è libero, bensì tollerato.

Per ebrei e cristiani Dio ha creato l’uomo ‘a sua immagine e somiglianza’.
Per l’islam ciò appare un’assurdità, perché contrasta con la trascendenza assoluta di Dio. In effetti, questo versetto della Genesi non compare nel Corano, che pure riporta l’episodio biblico della creazione. La ragione è che Dio non può uscire dal suo isolamento. Il confine tra Dio e l’uomo rimane invalicabile con la conseguenza che il primo è troppo trascendente per poter amare ed essere amato. Soltanto i mistici sufi – presumibilmente per influenze cristiane – hanno messo l’accento sull’amore di Dio per l’uomo e dell’uomo per Dio.

“Un’altra conseguenza riguarda il concetto di dignità dell’uomo, che per cristiani ed ebrei si fonda a partire da questa stessa dottrina biblica di essere a immagine e somiglianza di Dio.

Tanto per esemplificare, osserviamo come la lotta per il riconoscimento della dignità e libertà umana abbia trovato in ambito cristiano motivazioni e impulsi profondi a partire dalla ‘parentela’ intrecciata da Dio con l’uomo (maschio e femmina!) e restaurata in Cristo.
Le teologie che intendono liberare l’uomo dalle diverse schiavitù dei nostri giorni non trovano forse il loro fondamento ultimo nel testo della Genesi (1, 26): ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza’?

Non così per l’islam, che trae tutta la sua normativa dal Corano. Proprio considerando questa vicinanza tra Dio e l’uomo, mediata poi da Cristo, si capisce come l’etica cristiana primitiva si configura più come risposta nella fede a questo Dio inteso come partner che non come adeguamento a una norma.
La cosa risulta tanto più chiara se si osserva che tra i 99 titoli riservati a Dio nell’islam manca quello di Padre e, dunque, manca un principio ispiratore della morale personalista cristiana”.

  

 
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