Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Messaggi di Novembre 2007

Il nudo Segreto

Post n°366 pubblicato il 30 Novembre 2007 da Praj
 

Dopo aver perso la strada di Casa
egli cerca il Segreto dell'Originaria Identità.
Ma quel Segreto non si può pronunciare              
senza spezzare il senso
del suo nascondimento.
Perchè anche se esposto a parole
esso rimane velato alle orecchie indegne,
così come pur se è velato
rimane visibile all'occhio limpido.
Questo è il sogno della vita
e questa è la vita del sogno.
L'alato caprone ora vola, ora scalcia
guardando in cielo, al paradiso
ma sguazzando nell'inferno,
mai godendo realmente il dono
del Regno della Terra
su cui poggiano i suoi zoccoli
e sbattono le sue ali.
Dovrà gemere e soffrire ancora
e ancora...
prima di presentarsi nudo a Sè stesso
e ritornare ad Essere
quel che E' sempre stato
prima che fosse uomo.

 
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Post N° 365

Post n°365 pubblicato il 28 Novembre 2007 da Praj
 
Foto di Praj

I buoni sentimenti mostrati con enfasi 
a volte nascondono cattivi sentimenti
pensati e vissuti con senso di colpa.

Praj

 
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La libertà di scegliere

Post n°364 pubblicato il 26 Novembre 2007 da Praj
 

La libertà di scelta, nel pensiero e nell'azione, è direttamente proporzionale alla consapevolezza del fatto che questa scelta non l'abbiamo. Tanto più siamo coscienti di ciò tanto meno saranno disattese le nostre aspettative. La libertà di scelta deriva dalla scelta dei pensieri a nostra disposizione... e questa è influenzata da cosa abbiamo scelto e pensato precedentemente. Quindi è una libertà chiaramente relativa, per non dire marginale, forse illusoria.
La libertà di scegliere cosa pensare è improbabile quanto il pensare cosa scegliere di non pensare. A meno che... si sia liberi dal pensiero meccanico, accidentale.

 
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La droga... una chiave falsa

Post n°363 pubblicato il 23 Novembre 2007 da Praj
 

L’assunzione di sostanze stupefacenti è diffusa su vasta scala. Si va dal consumo di quelle definite “pesanti” a quelle “leggere”. Ogni classe sociale ne è toccata. E ciò succede in ogni parte del mondo, più o meno considerato civilizzato.

Sulle cause del dilagare di queste fenomeno sono stati scritti fiumi d’inchiostro, fatte discussioni di ogni tipo e livello. Sono state analizzate, sotto tanti aspetti, le motivazioni psico-sociologiche che indurrebbero gli uomini a usare queste sostanze che alterano lo stato di coscienza in maniera evidentemente pericolosa e nociva, per sé e per la società in generale. Gli allarmi su questo problema sono fatti in continuazione, ma il fenomeno sembra incrementarsi nel tempo anziché diminuire, purtroppo. Ci sarebbero tanti punti sui quali discutere: dagli interessi economici che stanno dietro al consumo di massa delle droghe, alla difficoltà che hanno molte persone a reggere lo stress imposto da un certo modello sociale per cui tendono ad assumente sostanze che credono possano aiutarle… Per non parlare del desiderio di affermazione di una identità più forte di quella che realmente abbiamo, di mostrarsi “vincenti”, forti e disinibiti… oppure lo stordirsi in uno pseudo divertimento, in una chimica euforia o esaltazione passeggera. Ma non è questa per me la radice del bisogno dello stupefacente, del paradiso artificiale. Personalmente sono contrario all’assunzione in generale di queste sostanze, ma non voglio limitarmi a condannare questo comportamento da un punto di vista morale o etico, ce ne sono già tanti, questa perniciosa quanto negativa tendenza umana, ma vorrei che si cercasse anche di capire qual è il richiamo di fondo che avvince, ammalia, chi cerca lo sballo. Vorrei che si indagasse in profondità il perché uno si fa tentare e poi intrappolare nella dipendenza dalle droghe. Da dove proviene questaffascinazione, questa seduzione, che poi cattura, imprigiona e gradualmente ammala o fors’anche uccide?

Cosa sta cercando l’individuo quando si droga, aldilà della apparenza, delle motivazioni superficiali che uno si da? Cosa vuol dimenticare… cosa vorrebbe ricordare… da che cosa vuole fuggire… cosa vorrebbe sentire, percepire, raggiungere in quella specie di delirante peregrinare nei meandri della psiche? Che vuoto vuole colmare? Io credo che, aldilà di tutto quello che può sembrare o quello che uno può raccontarsi, il drogarsi sia un distorto quanto sbagliato tentativo di riconnettersi ad una dimensione perduta. Una stupida quanto improbabile scorciatoia tesa ad un paradiso interiore a cui si vorrebbe accedere però con chiavi non idonee. Io penso sia un misero cercare l’accesso a quel nostalgico luogo di pace e potenza che ognuno di noi ha dentro, ma che andrebbe riscoperto naturalmente, con vie dolci e corrette, e che non può essere fatto in modo artificioso, artificiale. Fondamentalmente violento. Non si può entrare il quello spazio di beatitudine con grimaldelli o espedienti da falsario, da scassinatore. E’ un imbrogliarsi poco fruttuoso: anzi è un nuocersi, un vicolo chiuso, un percorso distruttivo e autodistruttivo. Se non lo si capisce la pena è la perdita di sè nei gironi infernali della dipendenza. Le porte della felicità, della gioia interiore, della serenità richiedono invece, per aprirsi al nostro cuore, al nostro genuino anelito di conoscenze sublimi, un processo di purificazione, dei passaggi di maturazione obbligati: ovvero, richiedono un “lavoro” interiore che, necessariamente, prima ci liberi dalle scorie dell’orgoglio e della vanità. Che ci temperi bene nella sofferenza vissuta consapevolmente. Che dunque ci faccia crescere in pazienza, in perseveranza, in volontà. Altrimenti rischiamo di auto condannarci a percorrere i gironi dell’illusione, la bolgia del dolore, della mancanza d’amore sia per noi stessi che per chi ci sta intorno. La droga, questa malefica sirena tentatrice, aldilà di ogni letteratura che possa anche darle una valenza di strumento atto ad esperienze psudo-sciamaniche, non può portare che alla devianza, introdurre in un percorso altamente rischioso, degradante e degradato. I mezzi autentici, sani e positivi, per colmare quel bisogno interiore di abbandono rilassato, quel senso di Presenza e di energia psico fisica positiva, ancor meglio spirituale… ci sono. Basta cercarli con una vera voglia di star bene, che sa andar oltre l’inganno dell’immediata quanto inutile evasione momentanea. Per far questo bisogna avere il coraggio di essere onesti e amorevoli con se stessi.

 
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Il valore dei pensieri

Post n°362 pubblicato il 21 Novembre 2007 da Praj
 
Foto di Praj

Il valore delle pensieri è tanto più grande quanto più essi possono valere per tutti e in ogni contesto.
Ci sono pensieri che esprimono principi nei quali ogni uomo può riconoscere la parte più profonda di sé. Sono pensieri che non sono condizionati dalle contingenze culturali e ambientali nelle quali l'uomo si trova a vivere. I pensieri che realmente rimangono nell’animo dell’individuo non sono quelli che si rifanno alla cronaca, nemmeno alla storia, ma sono quelli ispirati, che appartengono ad una dimensione senza tempo, ad uno spazio senza confini, ad una Conoscenza eterna, universale.
Questi pensieri attingono alla Sapienza ignorante che è innata in ogni Essere, e possono donare senso alla nostra esperienza umana. Chiunque può sentirne la risonanza vibrare nel cuore, solo se sgombra
la mente da quanto è andato accumulandosi nel tempo, caricandosi di un peso, di una zavorra, che impedisce allo spirito di volare alto, verso il Cielo limpido.

 
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E' possibile rimuovere le radici della violenza?

Post n°361 pubblicato il 19 Novembre 2007 da Praj
 
Foto di Praj

Noi vediamo violenza dappertutto, di ogni tipo, manifestazioni di crudeltà diffusa. Respiriamo violenza dalla mattina alla sera, attraverso la cronaca, film, spettacoli d’intrattenimento. E’ un fattore insito nell’uomo o si può fare qualcosa per invertire questaderiva, questo stato di cose così diffuso. Questo fattore è inscritto nei nostri codici genetici, è indotto da un certo tipo di cultura trasmessaci: è insomma una aspetto del nostro essere che è sia innato che ambientale.
Allora cosa fare per rimuovere questa forma di brutalità che mina le relazioni umane, i rapporti individuali e sociali.
Secondo me, bisognerebbe appunto andare a riscoprire le radici di quella violenza. Alcune sono inscritte nel DNA certamente, come sottolinea giustamente g
li scienziati, e appartengono alla parte meno evoluta del nostro cervello.
Sono ed erano, soprattutto, funzionali a meccanismi della sopravvivenza,
dell'autodifesa. Altre sono forme più sofisticate di violenza che sono l’evoluzione degli stessi bisogni primari che, attraverso le regole della convivenza sociale che sono andate via via formandosi, e si sono
trasformate trovando nuovi canali per la loro manifestazione. 
Per cui, sono entrate nel nostro bagaglio culturale, nel nostro costume,
nelle nostre abitudini. Da ciò poi discende tutto ciò che tanti interessanti studi sulle sue cause hanno ben messo in rilievo del perché della volenza istintiva, violenza sociale, violenza culturale, politica... e, addirittura; sul divertimento basato sulla violenza più o meno sublimata.
Però, di fronte a questa meccanicità, che esprime violenza in tantissime forme, nonostante  le regole morali propugnate, i valori etici insegnati, i quali dovrebbero frenarla un po’ perlomeno, c'è un elemento essenziale che esce da questa logica che sembrerebbe necessità: ed è la Consapevolezza.
La Consapevolezza, materia sconosciuta nell’ambito educativo, purtroppo, può saltare questo circuito mentale o fisico che "obbliga" alla violenza, perché è una dimensione che sa vedere, dal di fuori del meccanismo stesso che, invece, è indotto ad agire e reagire... compulsivamente, coattamente. Quindi, per me, l'antidoto alla violenza è innanzitutto il riemergere della Consapevolezza individuale. Poi, per quanto riguarda un discorso collettivo, se ne può parlare, a ragion veduta, e non solo in termini sociologici o psicologici, solo se  siamo in grado in grado almeno di gestirla, se non di superarla, prima di tutto noi. E per arrivare a questo è necessario quel famoso viaggio alla scoperta di sé. Non si può prescindere dalla conoscenza di sé.
E solo allora, rischiarando l’oscurità in cui
affondano le radici della violenza,
questa si manifesterà sempre meno.

 
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Cosa s'intende per "Consapevolezza"

Post n°360 pubblicato il 16 Novembre 2007 da Praj
 
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Dato che in questo blog si fa spesso uso del termine Consapevolezza, vorrei esporre delle considerazioni che condivido pienamente e che possono essere chiarificatrici, per ciò che intendo anch’io quando uso la parola “Consapevolezza”. Si può dire che è uno stato non duale acquisibile solo tramite esperienza diretta e non attraverso parole… ma che ora è doveroso e inevitabile tentare di esprimere quella realtà con le parole… Bisogna inoltre rammentare che queste parole sono solo il dito che indica la Luna.

Cosa significa consapevolezza, dunque?

- non è pensiero: essere consapevoli non vuol dire pensare o essere introspettivi. Se si pensa non si riesce ad essere consapevoli; la consapevolezza è l'esperienza diretta di ciò che accade senza passare per il pensiero.
- non è concentrazione: la concentrazione è attenzione focalizzata sul punto che si sta analizzando escludendo tutto il resto.
- non è valutazione ma assenza di valutazione e di giudizio, la consapevolezza è osservazione senza giudizio.
- non è tensione; non richiede sforzo, non c'è niente in essa che richieda sforzo.
- non è spirito di osservazione: non ha bisogno di una ricerca intenzionale.
La consapevolezza è esser presenti a noi stessi.
- non è un concetto, non possiamo quindi esprimerla a parole, né tanto meno con concetti dualistici; non è teoria da studiare, non richiede particolari comportamenti: si raggiunge con l'osservazione di noi stessi fino a scoprire la nostra vera natura.
- non è erudizione, non può quindi essere approfondita con la mente perchè è al di là della mente stessa.
- non esiste come qualcosa di concreto: benché risplenda direttamente, non può essere osservata, altrimenti sarebbe un oggetto; benché esista dappertutto, non la si comprende; non ha un'immagine come supporto, ed è svincolata dalla mente: è l'essenza di noi stessi.
- non è una cosa determinabile, non è neppure nulla: è la piena coscienza di ciò che realmente siamo, al di là di qualsiasi concetto mentale.
- non esiste all'esterno, ma in noi stessi; riguarda il nostro stato primordiale, la nostra natura intrinseca: è la natura originaria della nostra coscienza al di là della distinzione fra causa ed effetto, cambiamento e morte.
- non è un luogo di felicità: è al di là dei concetti dualistici di felicità e dolore.
- è pura limpidezza priva di movimenti: essa conosce ogni cosa in modo chiaro ma senza alcun concetto; in essa ogni cosa appare chiaramente, ma priva di un'esistenza separata.
- è conoscenza: la conoscenza porta responsabilità; ma vogliamo veramente la responsabilità? Anche se la gabbia è aperta, vogliamo veramente uscire??
La consapevolezza è comprensione dell'impermanenza, è la visione del cambiamento dei fenomeni senza partecipare ad essi; è l'osservazione della natura fondamentale di ogni fenomeno. Tuttavia non è concettuale; è nuda, cioè senza pensiero, non è condizionata da opinioni, semplicemente osserva le esperienze così come sono senza alterarle..


Estratto dal mensile Vidya nel capitolo: Considerazioni su “La Consapevolezza”,

di Giorgio S. (Giugno 2007)

 
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La forza interiore

Post n°359 pubblicato il 14 Novembre 2007 da Praj
 
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La nostra Forza interiore è direttamente proporzionale alla capacità di riconoscimento e ammissione delle nostre debolezze. 
Senza questo riconoscimento e ammissione non è possibile che emerga la nostra forza, perchè sarà sempre occultata e negata dalle maschere con cui vorremmo ipocritamente essere visti dal mondo. Quindi, la nostra vera forza comincia con il dichiarare la nostra debolezza, fragilità, vulnerabilità.
Se questo guardarci e riconoscerci viene fatto con onestà, e spirito coraggioso, si apre una porta nel nostro cuore che ci indica un percorso che gradualmente ci farà rifiorire. Ciò è nell'ordine delle cose.
In questo crescere reale, coltivato dall'essere, per quanto è possibile, si è sempre più autentici, non soggiogati dal bisogno di apparenza e voglia di fase dimostrazioni, la nostra vera Forza troverà sempre più spazio per manifestarsi. E in questa condizione fiorente non avremo più bisogno di digrignare i denti o mostrare pugni ad alcuno per difendersi o attaccare, perchè il sorriso aperto e disarmato della Forza interiore
basterà a se stesso.

 
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Rinunciare, ritirarsi... è necessario ?

Post n°358 pubblicato il 12 Novembre 2007 da Praj
 
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Molte volte si sente dire che un individuo inserito nella realtà mondana non può praticare una concreta ricerca interiore, perché è troppo occupato a far fronte a tanti impegni di vario genere che gli impediscono di dedicarsi a quello che, invece, chi si ritira in uno spazio consono, di tranquillità e di silenzio, può fare molto meglio. Come ad esempio: monasteri, ashrams, comunità spirituali...

Si crede che chi è oberato da molte incombenze non possa praticare un lavoro su se stesso, come chi invece ha preso la via della rinuncia al mondo, andando a vivere in realtà protette da molte situazioni ritenute disturbanti il proprio cammino. Si ritiene, erroneamente a mio avviso, che le interferenze dovute agli obblighi sociali o famigliari siano un problema, il quale offre scusanti per giustificarsi rispetto all'indisponibilità verso la propria evoluzioni spirituale. 
Invece vorrei dire che gli obblighi sociali e famigliari certamente possono interferire, interferiscono, ma sono proprio questi "ostacoli" che mettono in evidenza la qualità della nostra comprensione e crescita. Sono proprio le difficoltà del vivere nel mondo che ci mostrano quanto sia solida e non velleitaria la nostra maturità interiore.
Se non c'è questa continua verifica, il nostro sentirci spirituali è un fatto effimero, astratto, fumoso. La "fuga" dal mondo trasforma la ricerca in una specie di droga, in un bisogno di pace e tranquillità, senza le quali non siamo in contatto con l'essenza di noi stessi. Invece, per me è proprio nella routine, nella bagarre del mondo che va ritrovato il punto d'equilibrio e di serenità interna, comunque sia. Altrimenti ci stiamo raccontando delle balle. Abbiamo paure e desideri che non vogliamo vederci e con le quali non vogliamo confrontarci.
La crescita spirituale può benissimo accordarsi con la vita nel mondo materiale. Non c’è contraddizione. Bisognerebbe però tener presente una cosa: le problematiche materiali dovrebbero avere una funzione subordinata, e la crescita spirituale dovrebbe rimanere la priorità. Mai la crescita spirituale dovrebbe essere sacrificata alla dimensione materiale. In qualunque momento, qualora fosse necessario, l’aspetto materiale può essere sacrificato alla vita spirituale. Se questo è chiaro, non ci sono problemi. Il problema si presenta solo perché il lato materiale diventa il padrone, e nonostante ciò si desidera ancora la crescita spirituale. La spiritualità non può crescere come dimensione secondaria. Lo spirito non può essere un servitore del corpo. La spiritualità deve essere l’elemento primario, allora tutto può avere la funzione subordinata ed essere utile. Allora la vita materiale, con le sue difficoltà e pericoli, diventa una sadhana, una utile disciplina con cui fare i conti, una palestra che può aiutare la nostra evoluzione spirituale. Quindi ritengo che la rinuncia non debba essere connessa al rinunciare al mondo, ma a ciò che il mondo vorrebbe – con
 i suoi valori, i suoi beni - noi ci identificassimo, rinunciando a riscoprire la nostra Essenza, la nostra profonda natura spirituale.

 
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Ma quale Segreto...?!

Post n°357 pubblicato il 09 Novembre 2007 da Praj
 
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Da mesi c’era in atto una campagna pubblicitaria per lanciare il libro “The Secret” il quale, si annunciava strombazzando con grandi spot, avrebbe rivelato alle masse, finora ignare di tanta sapienza, il segreto del successo conosciuto dai grandi geni ma mai rivelato al pubblico.

Ecco, ora era arrivato il tempo di sapere.
Il libro è uscito nelle migliori librerie. Addirittura messo in colonnette che lo mettono in evidenza e che lo reclamizzano, separato da altri libri. Incuriosito da tanto battage, ho voluto sfogliarlo bene in libreria, prima di comprarlo, eventualmente. C’è anche stampato un sigillo sulla copertina che allude ad un libro tenuto nascosto nei secoli. Intanto però avvertivo già un qualche odorino di furbizia e businnes.  

Chissà quali informazioni esoteriche potevano essere messe davanti agli occhi di un povero ricercatore spirituale come me, mi domandavo. Non potevo non dargli una bella occhiata. Ero vittima anch'io del potere del marketing.  E così, alla prima occasione l'ho fatto. Pagina dopo pagina, non trovavo però niente di segreto, di sorprendente, di realmente interessante, per me. Niente che chi abbia una certa dimestichezza con tali argomenti non sapesse già. Niente che molti non conoscono e applicano già da tempo.

Invece, con sempre crescente delusione, ho riscontrato alla fine che si trattava della solita roba americana sul pensiero positivo. Informazione trita e ritrita, cose risapute da chiunque abbia cincischiato con la letteratura New age. Roba da ultimi scampoli, fondi di magazzino da vendere agli ancora bisognosi di facili sentieri, di comode prospettive, di banali consolazioni  di allettanti promesse.
Mercanzia strasvenduta, anche se in altre salse e confezioni, su come diventare te stesso e diventare un qualcuno in sette giorni o giù di lì. Luoghi comuni spirituali senza la Luce della reale Conoscenza di chi siamo veramente.
Sembrava essere diossacchè, e invece sono le solite quattro formulette che ribadiscono l’arcinoto potere dell’intenzione e dell’attrazione. Tutto lì. Spiegato sinteticamente da diversi “maestri” del successo mondano. Del Vero Segreto - 
quello che non si vende - non c’è nemmeno l’ombra. Quello che viene insegnato è piuttosto l’apoteosi dell’ego che vorrebbe l’universo (quantico?!) al servizio dei sui ambiziosi, quanto megalomani e avidi desideri. Pensa così e diventerai cosà. Tu sei quello che pensi, sarebbe un segreto? Lo dicevano tutti saggi già migliaia di anni fa a chiunque li ascoltasse.

Quindi, niente di nuovo sotto i ponti, nessun serio e profondo segreto rivelato, ma solo una abile quanto speculativa operazione commerciale in grande stile per attirare il consumista quanto sprovveduto curioso ricercatore di benessere e di auto affermazione.
Materiale oggi ampiamente messo in vendita attraverso workshops, corsi, Dvd e libri, atti a far crescere l’autostima, l’affermazione personale, la ricchezza e tutti i trip legati al senso dell’ego. Ben altri sono i segreti da conoscere, da sperimentare e realizzare.

Certo, ciò che è scritto in questo libretto può anche essere utile a chi ha un livello di consapevolezza e autostima basso, a chi non ha mai  ricevuto nessuna informazione su tali tematiche e argomenti, ma da questo, al tentativo di farlo passare, assieme al video correlato, come qualcosa di sensazionale ce ne passa,  secondo la mia modesta mia opinione.

La mia critica, sostanzialmente, è rivolta a quest’aspetto: da come viene proposto e alla pretesa che mostra a quel che può offrire in realtà corre una sproporzione macroscopica.
In poche parole: molto fumo e poco arrosto.


P.S. Vorrei segnalare l'ottimo articolo di Fabrizio Ponzetta su questo argomento nel sito di Riflessioni.it, che mi ha stimolato la riflessione in merito a questo libro.
Esso indica in maniera chiara e lucida l'ambiguità di questa operazione commerciale e culturale.
Oltre a trovarla molto interessante, condivido sostanzialmente la sua brillante e profonda analisi, e le sue acute intuizioni.

http://www.riflessioni.it/deipnoblog/segreto.htm

 
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L'amore che conta... non calcola

Post n°356 pubblicato il 08 Novembre 2007 da Praj
 
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Per non essere portatori di un'amore sterile, dobbiamo sapere che non conta nei fatti che si creda d'amare, ma conta il fatto che coloro che crediamo d'amare riconoscano il nostro amore.

Anche se stiamo amando convinti di farlo al meglio delle nostre possibilità, se ciò non è riconosciuto dall'altro, vuol dire che lo stiamo facendo in maniera inefficace, in quel momento, per i bisogno dell'amato.

A questo punto bisogna diventare consapevoli che probabilmente non sappiamo ancora amare noi stessi in modo appropriato, e che è forse per questo che manchiamo di dare amore in modo efficace. Perchè in realtà ancora sotto sotto lo elemosiniamo, mentre ostentiamo il contrario. Che è un finzione che il cuore di chi ci sta intorno percepisce.

Manca la generosità di quell'amore che, sovrabbondante, dovrebbe traboccare da noi, se solo fossimo pieni dell'amore per noi stessi innanzitutto, in quanto degni figli della terra e del cielo, non sciocchi narcisi persi nell'auto adorazione ma sempre bisognosi di conferme esterne.

La certezza di amare può essere espressa soltanto quando il dono è disinteressato, non pretende nulla in cambio ed è senza aspettative di sorta; quando si rivolge soprattutto alla dimensione essenziale dell’altro.
Allora la qualità e la potenza  di quest'amore cosciente e libero non può che contagiare, non può che toccare il cuore di chiunque ne venga in contatto.
Solo in questo caso, chi rifiuta il nostro amore, si deve prendere la responsabilità della chiusura della porta d’accesso al suo cuore dei doni che vengono offerti.

 
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Trovare se stessi

Post n°355 pubblicato il 06 Novembre 2007 da Praj
 
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Se qualcuno ti indica la via per trovare te stesso,
dandotela per certa,
è probabile che sia più perso di te.

L'unica via per trovare te stesso,
per quanto ti riguarda,
è quella che stai facendo, anche tuo malgrado.

Praj

 
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La Felicità...

Post n°354 pubblicato il 05 Novembre 2007 da Praj
 
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La felicità accade quando cessa
anche il più piccolo e nascosto
desiderio d'ottenerla.

Praj

 
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Quando... non sei libero

Post n°353 pubblicato il 02 Novembre 2007 da Praj
 
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Quando sei interessato ad avere influenza
su cose o persone,  
inevitabilmente,
ne sei posseduto.

Quando ti aspetti l’approvazione di qualcuno,
questi ti dominerà, anche senza volerlo.

Quando non vuoi essere condizionato da nessuno,
stai ammettendo che tutti ti stanno condizionando.

Praj

 
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