Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Messaggi di Giugno 2008

Se gli anni non sono passati invano

Post n°452 pubblicato il 27 Giugno 2008 da Praj
 

Se, con l'avanzare degli anni e il distacco da molte seduzioni, si realizza un buon stato di Consapevolezza, si può cominciare a staccare man mano gli ancoraggi che ci tengono legati al corpo. Pur rispettandolo e non rinnegandolo, si smette di considerarlo la nostra identità, anche se si sa che è il tempio in cui abbiamo vissuto e tuttora viviamo. Sebbene si è fatti per vivere una vita probabilmente lunga, si sa di essere più prossimi alla fine del viaggio rispetto a qualche anno prima. Quindi si è in grado di cogliere le bellezza del tempo che scorre. Si può sentire meglio ogni istante di vita come un regalo meraviglioso.
Più consapevoli di disporre di un tempo a scadenza, non ci si dispone a grandi progetti: ci si accontenta sempre di più di quello che si ha, non di quello che si potrebbe avere; di quello che si è, non di quello che potrebbe essere. Si lascia che le speranze si dissolvano, sfumino, e quando cessano le speranze, sparisce anche l'ansia e la paura.
Si può smettere di attaccarsi all'effimero. Ogni cosa che incrociamo è un dono ricevuto: le piccole gratificazioni, la tenerezza che ci scalda il cuore come un balsamo, gli scambi gentili con gli esseri umani, la capacità di essere di conforto agli altri, i delicati segnali dei sensi…
Perciò, se si matura bene, non significa decadere mentalmente né diventare vecchi. Soprattutto se ci si è preoccupati di mantenere in salute il nostro corpo. Meglio ancora se ci è dedicati a fare ogni giorno un pò di esercizio fisico, a contemplare o meditare sul senso della vita.
Naturalmente questo se non si è colpiti da gravi malattie o da gravi tragedie familiari. Situazioni che, comunque, si affronteranno senz'altro meglio, se saremo presenti ad esse con una certa saggezza conquistata attraverso le esperienze lungo il percorso esistenziale. Se si ha imparato cose nuove sviluppando una tranquilla umiltà di fronte all'impermanenza, si può mantenere fino alla fine una buona lucidità mentale.
Forse si è anche più creativi, perché ora non si cerca di creare per una qualche forma di successo esteriore, ma solo per il piacere di farlo, di esprimerci senza condizionamenti.
Si può trasformare la maturità in una splendida fase della nostra vita. Inoltre, possiamo essere liberi da tante illusioni, ambizioni, attaccamenti insensati, angosce;
Essere liberi dal bisogno di approvazione e riconoscimento. Liberi dunque di rilassarci a fondo. Si può essere sereni e in grado di accettare le critiche e le offese, di mettere a tacere la mente petulante, di aprirci ancora in molte le direzioni.
Viene poi spontaneo essere disponibili ad aiutare gli altri a liberarsi dalla sofferenza e, in particolar modo, ad indicare, con l'esempio e le parole, a chi è molto più giovane di noi il cammino, se interessati, per un possibile Risveglio interiore.

 
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Perchè non sboccia l'Amore incondizionato

Post n°449 pubblicato il 24 Giugno 2008 da Praj
 

Solo quando l'amore ordinario è libero da ogni aspettativa e attaccamento diventa Amore.
Dall’amore mondano da quel momento è sbocciato l’Amore incondizionato. Tutto ciò che ora è osservato e sentito è impregnato da una calorosa e amorevole Presenza che fa scomparire il senso di separazione. Ora non è più la cosa vissuta che è essenziale, ma è la continuità d’Amore ciò che conta.  Non è più l’atto d’amore che è importante. E’ semplicemente l’Amore che è vissuto in ogni cosa e situazione.
Anche se la manifestazione può prendere diverse forme, sentiamo che la  nostra ricerca è sempre stata lì, in noi. Il cuore da quel momento non è più dipendente dall’esterno, perché ha trovato la Fonte autentica dell'Amore.
Quando lo realizziamo, non possiamo più rimanere nella credenza che, permettendo che la mente controlli tutto, sarà possibile realizzare la propria ricerca d’Amore, di Pace, del Sé… 
Siccome la natura della mente è quella di funzionare nella separazione, con un soggetto e un oggetto, quando siamo identificati con essa, dietro ogni azione voluta, controllata da lei, si nasconde l’attesa, per quanto sottile e mascherata. E se c’è attesa, c’è desiderio di arrivare, di ottenere. La coscienza tesa e orientata verso l’oggetto esterno oscura la capacità di discernere. L’individuo dunque non vive più libero da ciò che desidera e da ciò che attende. 
E nella separazione l’amore non può essere libero.
Finché c’è un ego e un oggetto d’amore, c’è desiderio di possederlo, di unire l’ego all’oggetto. Vivere l’Amore è non essere più separati, è realizzare che lo spazio tra l’ego e l’oggetto è sofferenza, disagio, patimento, possesso, gelosia... che in realtà non sono che tormenti frutti di formazioni mentali. Quando invece la mente tace, lo spazio, l’ego, l’oggetto, sono assorbiti nella Pace e l'Amore accade istante dopo istante in qualsiasi situazione noi siamo. In questa dimensione l'Amore si esprime sia una relazione di coppia, come in una qualunque altra relazione anche più ampia, perché esso ora è fondato sul senso dell'unità che sostiene tutti e tutto.

 
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Contemplando e amando il Ciò che E'

Post n°448 pubblicato il 20 Giugno 2008 da Praj
 

Rispetto al Sé presente in ognuno di noi, passiamo gran parte della nostra vita senza ascoltarlo, senza volerlo incontrare, scansandolo con i nostri rifiuti. Invece di farlo crescere un albero rigoglioso, abbiamo sacrificato il suo seme, coprendolo con il senso dell'ego. Ma se ora volessimo riconoscerlo dobbiamo liberarci di  travestimenti e maschere e accettare di essere quello che siamo davvero.
Dobbiamo abbandonare la nostra costante attitudine a far progetti per dedicarci soltanto a eliminare gli orpelli che ci sovraccaricano. Tutto quello che saremo, potenzialmente lo siamo già. Ma dobbiamo realizzarlo. E quello che siamo veramente è il Sé.
Questa è la nostra Essenza. Per cui facciamoci guidare da Essa e Fidiamoci perché è la nostra natura fondamentale.
Dobbiamo smettere di parlare del Divino in nome di qualcuno dei nostri ego e deciderci finalmente a concepire che esiste!  Anzi, di più, ci siamo permessi di dargli la parola, di udire quello che poteva pensare sebbene il pensare non è un'attività propria della sua Realtà. Perché Essa non ha bisogno di un cervello né tantomeno di un corpo per Essere.
Non dobbiamo aspettarci né un sentimento, né un desiderio e neanche un bisogno; perché queste sono reazioni che si verificano ad un livello che non corrisponde al Suo. E non dobbiamo cercare in Esso qualche impurità, limite, dualismo... perché è quel che è in tutta la manifestazione del suo Essere Uno.
Esso non può essere nemmeno considerato in termini di spazio, tempo e causalità. Aprendoci dunque sempre di più, dovremmo sentire la fiducia illimitata con la quale sostiene la nostra trasformazione.
La nostra realizzazione è l'epressione della sua Grazia. Accettarlo non significa scomparire, ma integrarci nell'unità creatrice. Onnipresente; e questa non conosce la liberazione né la schiavitù, è pura libertà e beatitudine.
Dis
chiudiamo perciò l'occhio dello spirito e la porta del cuore e subito lo avremo dinnanzi, in tutta la sua grandezza e splendore.
E' sempre qui, dentro e fuori di noi. Contempliamolo e amiamolo ora: perchè è l'infinito e sacro ciò che è, il Tutto e anche il Sè!

 
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La caduta originaria non appartiene al tempo

Post n°447 pubblicato il 16 Giugno 2008 da Praj
 

Rispetto alla nostra condizione umana, abbiamo sempre una grande opportunità per rimediare al nostro essere precipitati in una qualche crisi esistenziale, derivata dal senso di separazione da ciò che ci circonda.
Crisi che è il segno della caduta, che si esprime in varie forme, nella quale ogni ego si ritrova. Va riconosciuto invece che il nostro destino spirituale si determina, in ogni momento, nel vertice del presente immacolato della nostra consapevolezza.
La maledizione della caduta non ha origine temporale, in una ereditato errore e deficienza come spesso si crede, ma ha un’origine istantanea. Istantaneità sempre vergine nella quale in ogni momento si perde o vince la partita, nel gioco dell'esistenza. Ma ciò che è meraviglioso in questo apparente problematico stato di cose, è che abbiamo in noi il potere di risorgere a quella momentaneità per riparare i danni.
La rinascita nell'eterno presente è possibile ma controcorrente a noi stessi, verso la nostra sorgente, fino ad arrivare ai bordi della fonte, dove sorgono i fenomeni negativi che tutti conosciamo.
La meraviglia è che quella risalita è possibile; è molto sottile e delicata, ma non richiede particolare capacità o particolare energia. Richiede piuttosto molto coraggio e molta sensibilità, oltre che una attenta e distaccata osservazione.
Non abbiamo però nessuna possibilità di fare quella ascesa, se non abbiamo l'ardore, l'onestà e l'intrepidezza, per essere capaci di andare contro tutte le obiezioni che la nostra mente ci offre. Questo spirito è necessario al fine di smetterla con tutti i pregiudizi che si manifestano ostili al momento di quella ascensione orientata al riscatto. Ma, nonostante questi ostacoli, il viaggio di ritorno che ci redime dalla caduta originaria è attuabile da subito. Purchè non lo si voglia continuamente rimandare ad improbabile futuro illusoriamente risolutore.

 
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Dall'opposto al complementare... all'Uno

Post n°446 pubblicato il 13 Giugno 2008 da Praj
 

Durante il mio pellegrinaggio interiore, ad un  punto che considero decisivo, per poter comprendere la prospettiva non duale, non solo sul piano concettuale e intellettuale, ho dovuto rendermi conto che ero prigioniero, condizionato, da certi pregiudizi e schemi mentali che mi facevano sempre vedere le cose in modo duale e frammentario.
Per ritrovare la visione non duale, mi sono abituato a riconsiderare le “parti-oggetto” della mia usuale conoscenza, nel loro rapporto con  altre “parti-oggetto” in modo da ottenere una visione globale sempre più estesa nella quale
le opposizioni e conflitti si trasformavano in complementarietà armoniosa
. Bisognava però estendere al massimo questa “totalità”.
Procedendo verso questa espansione della visione d’insieme, mi si è poi improvvisamente presentata davanti una realtà che sentivo in stupendo equilibrio, la quale mi ha poi condotto ad avere l’insight della visione unitaria.
In quel momento ho constatato che, in questo processo, tutti i problemi e tutti i conflitti avevano come causa una visione separativa. Mano a mano che la mia visione diveniva meno divisa e di conseguenza più globale,
ho visto le contraddizioni ridursi in opposizioni e le opposizioni attenuarsi a poco a poco per divenire complementari. I complementi allora mi sono apparsi  come aspetti dell’unità. Arrivato a questo punto sentivo che ero sulla soglia della Comprensione Essenziale. Mi trovavo di fronte ad una unità oggettiva percepita da un soggetto. Non c’era che un passo da fare per capire che questa dualità soggetto-oggetto era ancora irreale e che il Reale era soltanto l’Uno
.
Poi, non so come, è accaduto che questo senso di unità lo realizzassi dentro di me. Da allora il mio vedere si è totalmente trasformato fino a vedere il mondo come un immenso e perfettamente imperfetto mandala in continuo mutamento.

 
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Vedute... con distacco

Post n°445 pubblicato il 10 Giugno 2008 da Praj
 

Ritornando sul tema del male o ingiustizia, direi che riguardo ad una profonda  visione di essi vi è una ignoranza basilare: l'ignorare che tutti gli esseri e tutte le cose sono fondamentalmente e sostanzialmente "Uno". Ogni situazione vista in modo adeguato, cioè con il suo rapporto essenziale con il Tutto, è valida e ha una sua armonica ragion d'essere, anche se ordinariamente non può essere colta.
In un'ottica cosmica e illuminata, il male e l'ingiustizia non esistono. Questo punto è molto importante comprenderlo. Finché non lo si è assimilato, nessuna reale "ascesa" interiore è possibile. E' fondamentale soprattutto non confondere questo distanziarsi dal male o dall'ingiustizia, che è un superamento e una liberazione, con l'egoismo e l'indifferenza comuni. Il comportamento dell'individuo consapevole e distaccato rassomiglia qualche volta a quello dell'indifferente egoista, mentre il genuino distacco non ha invece niente a che vedere con la non compassione, l'insensibilità. Egli è', come si dice, "nel mondo ma non più del mondo". Nei fatti.
Per questo motivo egli non è vittima delle sensazioni di paura, di aggressività, di desiderio... Le sofferenze e dolore altrui, non più dei suoi mali d'altronde, non lo "toccano" anche se si sente in unione con tutti gli esseri. Appena può andare in aiuto, procede spesso per via diretta, in genere la più efficace, ma al tempo stesso anche la più difficile.
Questo significa che egli cercherà ogni volta di estendere i suoi punti di vista e trasformare le vedute parziali e relative in vedute globali e assolute. I metodi comuni, ordinari, di contrasto e lotta contro il male che consistono nel neutralizzare una spinta attraverso una spinta contraria, non coinvolgono colui che è consapevolmente distaccato, che ne vede l’inconsistenza, la vacuità. E' questo che forse lo fa così sovente apparire come un specie di egoista e di indifferente. Ma per vederlo sotto una luce più obiettiva è sufficiente considerare l'impotenza e le assurdità di coloro che hanno provato a cambiare l’essere umano e le società con metodi coercitivi, sistemi educativi orizzontali - rivoluzionari, riformisti, filantropi e anime caritatevoli - che, nella loro opera  non riescono che a spostare il male e l'ingiustizia e mai a dissolverlo o tagliarlo alla sua radice.
L'uomo consapevole, distaccato e centrato,che poi è il saggio compassionevole, è dunque, malgrado le apparenze, il più attivo che ci sia, in realtà è il solo veramente attivo (anche se "agisce" poco). Egli sarà comunque spesso impotente perché
la visione globale non può essere imposta né donata come un mazzo di fiori, ma soltanto comunicata a chi è maturo, pronto a riconoscerla.

 
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Non si muove foglia...

Post n°444 pubblicato il 06 Giugno 2008 da Praj
 

Dobbiamo sforzarci o meno per conoscere noi stessi, spiritualmente parlando? 
Per questa domanda si potrebbe dare una risposta che, a mio avviso, mette fine ad ogni ambiguità creata dall'ego rispetto al punto in questione. 

La faccenda dello sforzo personale e della volontà individuale è difficile da capire ed è molto sottile. Tuttavia è assolutamente indispensabile, non solo capirla, ma anche includerla nel nostro essere. C'è molta confusione, ci sono molti equivoci, perchè nella maggior parte degli insegnamenti spirituali la predestinazione è proclamata solo teoricamente, ma in pratica si crede nell'esistenza della libera determinazione personale.
Antiche massime, libri sacri e tradizioni spirituali, sotto ogni latitudine, condensano il loro messaggio fondamentale nel detto: " non si muove foglia che Dio non voglia". Perchè dunque crediamo allora che la foglia siamo noi a muoverla? E' una evidente contraddizione. Soltanto istituzioni religiose che hanno teologie che si sostengono su dogmi e voli pindarici di ogni genere possono non registrare. Perchè ciò metterebbe probabilmente in crisi il dualismo sul quale fondano il loro potere mondano.
Perciò se un individuo, nell'intento di raggiungere uno scopo personale, nonchè spirituale, pensa che dipenda dal suo sforzo individuale, sta rinnegando implicitamente l'onnipotenza del Divino. Di fatto considera il creatore come un ente separato dalla sua creatura. In effetti questa è la visione dualista della maggior parte delle religioni. Cosa che una realizzazione non duale del Divino non contempla quando si comprende esistenzialmente e misticamente il principio dell'Uno senza secondo. Fino a che si prega e si desidera qualche cosa dall'Onnipotente, dall'Onniscente, si rifiuta indirettamente il precetto fondamentale: "Sia fatta la Tua Volontà". Non c'è Fiducia in Dio... e con questo, di fatto, avviene la mitica e spirituale caduta umana dall'Eden, luogo coscienziale libero dal senso dell'ego, immacolato e innocente abbandono al Suo Disegno.
Amare Dio significa invece arresa alla Sua Volontà, senza nessun desiderio, nessuna invocazione... nessuna pretesa.
Inoltre, finchè permane una persona che si considera separata e che vuole essere uno con Dio la fusione in Dio non potrà avvenire.
Il dissolvimento in Dio avverrà soltanto quando non ci sarà più alcuna persona, e dipende dalla volontà del Divino se queste avviene o meno. Anche se va detto che la separazione non c'è mai stata se non nella mente sognante dell'ego identificato nel corpo mente. Ma, come dice il Saggio, noi perdiamo la Verità perchè è troppo semplice da Vedere.

 
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 ... più semplice anche se non più facile

Post n°443 pubblicato il 03 Giugno 2008 da Praj
 

Se si capisce che il senso dell'ego non è fondamentale, la prospettiva esistenziale si trasforma. Se si intuisce questo principio non duale, la vita diventa più semplice, anche se non necessariamente più facile.
Tutto resta come prima, perché in realtà non cambia niente. Se prima dovevamo prendere delle decisioni continueremo a doverle prendere, perché la vita significa fare delle scelte. Prima, quando dovevamo scegliere, pretendevamo che i risultati di queste decisioni fossero in accordo con la "nostra" volontà e ci sentivamo frustrati se il risultato era diverso dalle nostre aspettative.
Con la comprensione profonda, continueremo a fare scelte e fare il possibile affinché si concretizzino i risultati sperati, ma accetteremo qualsiasi esito perché sappiamo che non dipende da noi.
E’ in ciò che sta la differenza essenziale.
Anche quando questa comprensione succede solo a livello intellettuale, essa già produce degli effetti rimarchevoli: le interferenze della mente concettuale, emotivo-reattiva, sulla mente funzionale – quella che non ha bisogno del senso dell’ego - diventano meno frequenti e si è consapevoli del fatto che le conseguenze dell'azione sfuggono al nostro controllo.
Una volta libera dagli influssi e condizionamenti della mente identificata, la mente funzionale diventa sempre più efficiente e qualsiasi cosa ci accingiamo ad attuare è certo che la faremo in maniera più efficace.
Perciò è utile analizzare, al fine di vedere come funzioniamo realmente, le nostre azioni e cercare di scoprire se sono veramente "nostre" come crediamo, o se sono eventi che non dipendono da noi.
Approfondendo questa obiettiva e impersonale osservazione attraverso l'esperienza reiterata, l'ego non può che indebolirsi sempre di più ed, in concreto l’approccio alla vita si semplifica e si fa più spontaneo perché, con questa realizzazione, c'è meno senso di sè, orgoglio, meno sensi di colpa, meno odio e invidia... tutte cose che sono legate al senso dell’ego, alla erronea percezione di essere agente personale,
Ciò non vuol dire che questi sentimenti non si mostreranno più, ma non ne resteremo coinvolti o, almeno, lo saremo sempre meno, non più come prima. Fino al punto che, un giorno, non ci saranno più.
Allora il vivere sarà fluido e naturale come potrebbe sempre essere se ci fosse la comprensione di chi Siamo.

 
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