Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

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Messaggi di Ottobre 2008

Oltre l'indecisione

Post n°497 pubblicato il 31 Ottobre 2008 da Praj
 

Non domandiamoci se, di fronte ad una scelta, sia giusto fare una cosa invece di un’altra.
E’ inutile e logorante cercare la soluzione da quella condizione mentale: perdiamo solo energia in un dibattito interiore estenuante. Domandiamoci piuttosto quanto siamo presenti a noi stessi in quel momento, aldilà del rumore dei pensieri.
Rilassiamoci e troviamo quello spazio silenzioso – meditativo - sempre presente: la consapevolezza neutrale.

Da questo stato coscienziale, cessa il conflitto ed emerge naturalmente la risposta adeguata alla situazione.  
Solo da quello spazio svanisce il rimuginare sulla scelta fatta.

 
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Non combattere la mente

Post n°496 pubblicato il 30 Ottobre 2008 da Praj
 

Ho il piacere di pubblicare un post bello e chiaro che ho trovato nel Web.
Lo propongo perchè lo sento in risonanza con quello che vado dicendo da tempo nel mio blog riguardo a questo tema.

Lascia che la mente sia presente, non combatterla. Non cercare di fermarla, nè di controllarla. Osserva la sua natura... la mente sorge e si dissolve, cambia continuamente nei suoi contenuti. Lottare la mente è solo un'altra attività della mente stessa, è il modo sottile in cui essa si mantiene, alimentando l'attenzione su di sè.
Ciò che cerchi è pace, ma la pace è già presente. Pace è ciò che osserva il conflitto, la ricerca. Semplicemente lascia che la ricerca sia presente, e in questo lasciare andare lo sfondo si renderà più evidente. E' l'ossessione con la mente e il tentativo di dissolverla che dà sempre più attenzione alla mente stessa. Lo sfondo della mente è quindi completamente ignorato, mentre esso è proprio ciò che si va cercando, ovvero quell'assenza, quella quiete in cui la mente si manifesta. Ecco il malinteso, la pace non arriva alla fine del conflitto, bensì è ciò in cui conflitto si mostra, la pace è presente prima, durante e dopo il conflitto, non come risultato di un dibattito mentale bensì come vuoto contenitore della mente.
Lascia quindi che la mente si mostri. In questa attitudine di lasciare andare diverrai familiare con il semplice essere, senza intervenire, senza manipolare. Pian piano questa familiarità lascerà spazio al riconoscimento che tu sei lo sfondo, tu sei il contenitore, tu sei quella pace che andavi cercando, come se essa fosse separata da te.

Shakti

tratto da:  http://avasashakti.blogspot.com/2008_07_01_archive.html

 
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Se arrivano tempi duri...

Post n°495 pubblicato il 29 Ottobre 2008 da Praj
 

Se arrivano i tempi duri, di austerità, il che sembra possibile, osservando la realtà dei grandi fenomeni  economici, ambientali... che ci stanno venendo incontro, si crea una grande occasione per riscoprire la sobrietà come valore, la rinuncia come disciplina, la semplicità come stile, la solidarietà come sostegno reciproco, oltre che un maggior equilibrio sociale come necessità.
La sobrietà materiale, che comporta l'abbandono dell'effimero, del superfluo,  la benevolenza scambievole come attenzione all'altro, una saggia giustizia, sono la solida piattaforma per il volo verso l'essenzialità spirituale, purtroppo molto carente carente in molti di noi. E' dalle difficoltà che nascono possibilità di crescita umana, interiore. S'impara e si evolve soprattutto quando s'incontrano il dolore, le difficoltà e il sacrificio. Non va mai dimenticato che niente succede per caso, sia agli individui che alle società. Se affrontassimo  i possibili tempi duri con più sensibilità ed intelligenza, benevolenza, in misura delle nostre responsabilità e possibilità, potremmo uscirne un pò tutti migliorati, in ogni senso.

 
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La Fede senza tutori  

Post n°494 pubblicato il 28 Ottobre 2008 da Praj
 

Il Divino che scaturisce dalla nostra interiorità va cercato e ritrovato ... non può esserci impartito o elargito dall'esterno ... è gia in noi ... attende soltanto che lo si riscopra.
Tuttavia, se poi siffatto straordinario e stupefacente anelito ultraterreno non si manifesta come amore per la vita, compassione per noi stessi e per gli altri, consapevolezza della bellezza e armonia del tutto, gratitudine ... non è possibile sostenere o credere che sia stato ritrovato sul serio.
Spesso, ciò in cui crediamo, é soltanto una sua parvenza, un simulacro del Vero.
A furia di ripeterne il nome, immaginarlo, evocarlo, è molto semplice che ci si s'illuda d'averlo rinvenuto o persino conseguito.
Al contrario, può trattarsi di una semplice e banale proiezione, la rappresentazione immaginifica del film della storia che il tempo ci ha già concesso di vivere innumerevoli volte.
Questa é la differenza imprescindibile fra il credere e l'avere fede. Chi ha fede ha trovato ... il Divino in sé stesso. Chi "crede" soltanto, oltre a non averlo ancora nemmeno rintracciato, si è arenato nel dominio psichico.
Ed è per questo che gli uomini di Fede tendono e vogliono incontrarsi, condividere reciprocamente la propria gioia ... mentre i cosiddetti "credenti", sovente ipocritamente timorati, lottano, combattono sino allo stremo, per affermare e imporre le loro presunte "verità"; circostanza ritenuta affatto saggia per chi, invece, ha esperito il senso dell'Unità interiore ed esteriore.
La Fede è Una, le "credenze" sono tante. Esse vanno tutte rispettate, sicuramente: sono vie, ma non sono la propria dimora, il tempio.
Lo so, forse non sono esattamente in linea con lo sviluppo ed il tenore delle discussioni religiose sulla pseudo-spiritualità contemporanea, ma il mio senso di appartenenza è onnicomprensivo.
Rispetto tutti i credi, e non mi permetto di provocare nessuno in merito alle proprie convinzioni religiose, qualunque esse siano, anche se mi piacerebbe rilevare che siffatto intendimento fosse, per lo meno, vicendevole. E che i credenti delle varie confessioni si dimostrassero sempre davvero tolleranti e non solo nel momento in cui intravedono il tragico risultato che le idee fondamentaliste comportano, di converso e riflesso, negli altri. E' davvero triste credersi brava gente e ravvisarsi repentinamente rispecchiati, seppure in minima parte, nei fratelli seguaci di altre ideologie alternative.
Ciò nondimeno, riguardo le "mie convinzioni spirituali", invece, sono completamente in accettazione di qualsiasi irrisione, satira, sberleffo.
Mi sento completamente immune da questa problematica.
Il senso del Divino che è in me suscita tutt'altre sensazioni ... che lotta, divisione e competizione.

 
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Post N° 493

Post n°493 pubblicato il 26 Ottobre 2008 da Praj
 

La nostra Visione è realmente spirituale solo quando tutto ciò che viene osservato è visto come una misteriosa
e Sacra rappresentazione del Divino.
  

Praj

 
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Staccarsi dall'effetto domino

Post n°492 pubblicato il 24 Ottobre 2008 da Praj
 
Foto di Praj

Non è difficile notare come molti di noi non siano persone libere nei loro comportamenti, ma molto influenzabili dalle scelte altrui.
Spesso proclamiamo con arroganza una autonomia di scelta che poi nei fatti non sappiamo dimostrare. La psicologia delle masse, la logica perversa dei gruppi, lo testimonia in ogni occasione.
Anche molti di coloro che credono di non essere condizionati, perché suppongono di avere competenze e abilità particolari, sono vittime del contagio dell'informazione e della cultura assorbita passivamente, sia nel verso positivo che negativo. Difficilmente riusciamo ad avere una riflessione critica e obiettiva sulle cose, sui fatti, e andare controtendenza, anche se per noi sarebbe la via giusta. Non sappiamo prenderci la responsabilità di essere liberi, perché abbiamo paura di sentirci isolati, soli con le nostre idee.
Siamo sempre in preda alle suggestioni indotte dall'esterno.
Altre volte questo succede perché vogliamo seguire un mero interesse personale, un tornaconto. Preferiamo trovare conforto nel seguire chi già corre o si dirige in una direzione, non rendendoci conto che così facendo alimentiamo una situazione di cui non abbiamo ben precisamente compreso le motivazioni reali. Ma lì c'è la comodità e la consolazione del sentirci maggioritari. E ci si illude che se si è maggioranza in qualche maniera si deve avere ragione.
Ci piace stare all'ombra di ciò che percepiamo come potere economico, culturale, informativo. Così facendo contribuiamo ad incrementare la spirale, il circolo vizioso dove la quantità, il numero, assumono la priorità rispetto alla qualità esistenziale, ai valori dell'essere.
Solo coloro che sono svegli dal sonno della consapevolezza invece sono al di fuori da questo effetto domino perverso che fa perdere la testa quando si diffondono il virus della paura, il seme dell'avidità, la smania del controllo.
Forse, oggi più che mai, sarebbe bene che fossero i filosofi, detto in senso realizzativo: ovvero amanti della Sofia, della conoscenza interiore, non della Doxa, dell'opinione, ad avere più voce in capitolo riguardo agli orientamenti riguardanti la dimensione sociale ed esistenziale.
Sarebbe bene che fossero almeno un pò più considerati: questo per dare un pò di chiarore e qualche indicazione a questa umanità persa negli oscuri labirinti della mente opportunista e miope, affinché non si verifichino profezie catastrofiche auto avveranti sostenute dall'effetto domino. Questo ben lo sapevano già i saggi antichi, ma si è preferito ascoltare urla e braccia prepotenti che poi, purtroppo, hanno portato tanti frutti amari nella storia.

 
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                                          Trapasso di Luce

Post n°491 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da Praj
 

Un magico sussurro vibra 
fra lacrime e ricordi 
come canto sommesso dello spirito
a celebrar il sacro passaggio...
per chi ha lasciato l'involucro
ormai consunto, esaurito 
alla sua sacra funzione.
Già pronto però al ripartir
per nuovo viaggio
immemore dei passi precedenti.
Intorno
sentimenti di ogni colore volteggiano
indossando strane domande. 
Solo alcuni
pochi a dire il vero
sorridono al trapasso della Luce
da corpo in corpo nuovo
di avventura in avventura
tesa al rientrar nella Casa perduta.

 
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La speranza è l'oblio dell'Essenza

Post n°490 pubblicato il 22 Ottobre 2008 da Praj
 

L'esperienza dell'ego ci dice che la speranza è l'ultima a morire.
L'osservazione delle cose, fatta con lo stesso ego, ci mostra anche che è anche la prima a nascere. Direi che la speranza nasce proprio con l'ego.
Di fatto, la speranza è un sentimento che accompagna la nostra mente tutta la vita, del quale si crede che non se ne possa fare a meno.
Controcorrente, sostengo che se si riuscisse a fare in modo che la speranza fosse la prima a morire invece che l'ultima, creeremmo le condizioni per non averne mai bisogno: perché sapremmo stare di fronte ad ogni situazione, così come ci accade, in modo naturalmente sereno e gioioso, senza la voglia di volere una realtà diversa da come è.
Liberarsi della speranza corrisponde all'uscire dal sogno e, finalmente, incontrare il vero, faccia a faccia.
E quando si è in grado di incontrare il vero, senza più speranze, ogni benedizione ci viene incontro.
Allora il futuro, che è il fantasma del passato, non ci fa più paura.
L'aderire con passione
ardente all'attimo presente ci fa capire che la speranza è solo un desiderio nato dalla dimenticanza della nostra autentica identità. La speranza, in fondo, è principalmente l'oblio della nostra Essenza.

 
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Competendo si può perdere... anche l'anima 

Post n°489 pubblicato il 20 Ottobre 2008 da Praj
 

L'atteggiamento competitivo, sebbene possa migliorare le prestazioni, anche se non è aggressivo e sembra positivo, quasi sempre accresce l'egocentrismo di chi ne fa uso.
Perciò, da un punto di vista spirituale, è fondamentalmente deleterio. Si può crescere per se stessi, nelle proprie abilità e capacità, senza il bisogno di confrontarsi necessariamente con gli altri.
Possiamo fiorire comunque nell'unicità che ci contraddistingue, senza per questo misurarci nella competizione. La competizione esaspera e incentiva la divisione, nonostante venga mascherata da intenti positivi.
Questa attitudine egoica, se sviluppata a vari i livelli e in tanti campi, intossica le relazioni e l'etica, oltre inquinare il senso di unità che invece dovremmo sviluppare per vivere insieme in modo più cooperante..
E' andato in gran parte perduto lo spirito del gioco non competitivo, divertente e creativo, fine a se stesso, per far posto alla mania crescente della competizione, della performance sempre più estrema, del volere essere meglio degli altri.
Questa purtroppo è una malattia dello spirito che va risanata al più presto: pena l'aumento della conflittualità e dell'inimicizia fra individui, gruppi e nazioni. Non è vero dunque che c'è una sana competizione e una malata, perché entrambe , seppur in varia misura, portano in sé il seme dell'orgoglio, della vanità e della presunzione che in sostanza sono i pilastri che sostengono l'ego, il quale crea il malessere dell'anima.

 
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L'impossibile desiderio

Post n°488 pubblicato il 17 Ottobre 2008 da Praj
 

Si possono avere una infinità di desideri, tutti più o meno realizzabili, ma ce n'è uno assolutamente irrealizzabile:
è il desiderio di non desiderare.
L'assenza dei desideri sorge solo con  la comprensione che sta alla base del meccanismo desiderante.  
Solo allora  i desideri cadono come foglie morte dall'albero della consapevolezza. 

 
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Speculazioni rovinose

Post n°487 pubblicato il 16 Ottobre 2008 da Praj
 

La parola speculazione nasce dal termine latino specula (vedetta) e da specere (osservare, scrutare), ovvero colui che compiva l'attività di guardia.
Mi fa effetto vedere invece come si è degradato il significato di questo termine e di come oggi è concepito prevalentemente: attività, azione intesa a conseguire un vantaggio personale, sfruttando senza scrupoli una situazione sfavorevole ad altri.
E pensare che una volta lo si considerava anche come la ricerca avente come unico scopo il conoscere senza intenti pratici o applicazioni tecniche l’attività del pensiero che si esplicava su oggetti non dati dall’esperienza. Oppure, la sua accezione dal punto di vista culturale era: studiare, indagare con la mente concettuale, con la meditazione filosofica o, anche, con l’osservazione scientifica, cercando di far luce sui "misteri della natura" e dello spirito.
In sintesi era l'osservare da una posizione elevata la fenomenologia delle cose o dell'animo umano con l'intento di far crescere la nostra comprensione su ciò che si stava indagando.
Se il significato etimologico del termire "speculazione" era quello di "guardare lontano" e "guardare in profondità con attenzione", trovo altresì incredibile che oggi lo si usi, soprattutto o soltanto, nella sua volgare accezione economica e politica, con riferimento al mercato finanziario, al mondo commerciale e all'ambiente politico.
Questo vuol dire dunque che l'uso comune e corrente della parola "speculazione" è: ottenere profitti o vantaggi personali, anche con mezzi illeciti, poco etici, sfruttando una situazione, un fatto, ecc. a scapito di terzi; che si vuole approfittare di disgrazie, errori, ingenuità, ignoranza o buona fede altrui.
Con ciò constato che, dal valore positivo di una volta, si è passati a quello negativo sempre più marcato che ha assunto storicamente.
Non vorrei che fosse un altro segno dei tempi, che sta a mostrare la degenerazione a cui siamo esposti e che ci può portare alla rovina collettiva, se non si ritorna a dar valore a significati originari delle parole, delle idee, dei principi. Oggi la speculazione non guarda più lontano, guarda vicino, troppo vicino. Pericolosamente.

 
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Residui passati e nuova consapevolezza 

Post n°486 pubblicato il 14 Ottobre 2008 da Praj
 

Se nella penombra di una stanza ci appare improvvisamente una sagoma scura che ci fa spaventare, perchè crediamo sia un pericolo, e poi ci accorgiamo che è solo un oggetto innocuo del nostro arredamento, realizziamo all'istante una verità che ci rasserena e che cambia il nostro stato di coscienza,. Ma se nello spaventarci per quell'ombra siamo caduti e ci siamo fatti male, necessariamente pagheremo sul nostro corpo le conseguenze della caduta procurata dallo spavento dovuto alla erronea percezione di ciò che era  il reale stato delle cose in qul momento.
Questo perchè le conseguenze sul piano fisico- emotivo sono legate alla legge inevitabile di causa ed effetto, anche se la consapevolezza sorta è del tutto nuova e sa che le ombre non sono che riflessi della realtà.
La realizzazione del vero ci ha ora liberato dalla paura, ma gli effetti della incomprensione precedente dovremo portarceli addosso, non si sa per quanto, pur essendo adesso liberi dall'ignoranza passata.
La metafora che è stata usata potrebbe essere indicativa per intuire quel che accade a chi riconosce l'illusorietà riguardante  tutto il mondo fenomenico. La consapevolezza diventa libera, mentre il corpo-mente scontano il passato, fino ad esaurimento degli effetti causati dall'ignoranza pregressa.


 
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L'arte dell'ammirazione

Post n°485 pubblicato il 13 Ottobre 2008 da Praj
 

L’osservazione rilassata e costante del ciò che è, senza l'intrusione del pensiero valutativo e comparativo, accompagnata da uno stato d’animo non turbato negativamente da interferenze emotive, porta gradualmente a sviluppare il senso dello stupore e della meraviglia: ovvero, l’arte dell’ammirazione.

Quest’ultima è la capacità di rendere artistica la contemplazione del reale, del naturale, attraverso un approccio verso l'osservato che coniuga lo spirito di gratitudine con l’intelligenza metafisica.

L'assorbimento estatico dell'osservatore in ciò che sta osservando restituisce all'apparente dualismo il senso dell'unità creativa. Da ciò scaturisce l'arte dell'ammirare.

 
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Camminando sull'orlo del baratro... follia o rinsavimento?

Post n°484 pubblicato il 10 Ottobre 2008 da Praj
 

Se un individuo o un sistema sociale, quando sono in crisi profonda, non vanno a ricercare, con onestà e intelligenza, le ragioni reali che li hanno condotti a quella condizione, sono destinati a precipitare sempre di più.
Se insistono pervicacemente nel mettere la testa sotto la sabbia, come fa lo struzzo di fronte al pericolo, rischiano di essere travolti ineluttabilmente dagli accadimenti e situazioni, alle quali non sapranno più come stare di fronte, in maniera lucida e consapevole.
Purtroppo, c'è sempre la tentazione di mettere lo"sporco" sotto il tappeto, ovvero: il volere evadere dal problema per non vederlo. Questo. per paura di cambiare il modello che ci ha fatto fallire e la messa in discussione delle nostre convinzioni, evidentemente erronee se siamo a quel punto.
Generalmente, per evitare l'incontro con la realtà, si usano mille espedienti: dai più sofisticati ai più grossolani. Ciò vale sia dal punto di vista psicologico per l'individuo, nondimeno per quello politico e sociale per la collettività.
Il
 tentativo di eludere la realtà della crisi, inevitabilmente, non può che portare a nulla di buono. Anzi, peggiora in continuazione lo stato delle cose, fino alla caduta.
Questo è quello che sta succedendo all'umanità, e al singolo, seppur in modalità e sotto forme variegate.
Ognuno tragga le sue considerazioni, per quanto gli compete ed è in grado di valutare.
Le profezie pessimistiche si auto avverano quando facciamo di tutto per non volerle fare accadere, quando le fuggiamo, soprattutto. Quando abbiamo la paura della trasformazione. Allora ci verrà imposta dagli eventi, perché dovremo prendere consapevolezza, necessariamente.
Quando ci rifiutiamo di guardarci allo specchio, soli e collettivamente, andiamo incontro al nostro destino, confusi e smarriti.
Ebbene, di fronte alla nostra coscienza, guardandoci dritti negli occhi e con il cuore pulito, dovremmo tutti chiederci, senza ipocrisia e senza paura: che responsabilità ho avuto io in ciò che accade, se le cose stanno come sono? Cosa posso fare per far sì che da ora le cose cambino in modo virtuoso; che contributo posso dare ora, indipendentemente dai miei o altrui errori passati?
Altrimenti le profezie apocalittiche, presto o tardi, non sembreranno più cose così assurde e strampalate, fatte da qualche visionario o pazzoide in cerca di notorietà. Saranno tristissime realtà.
Qualcuno ha detto che la follia è in atto quando chi è di fronte a degli errori palesi continua a ripetere gli stessi comportamenti e mantenere le stesse convinzioni, sperando che le cose cambino. Non credo avesse torto. Stiamo andando verso la follia o un salutare rinsavimento?

 
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Tagliare alla radice il disagio esistenziale

Post n°483 pubblicato il 08 Ottobre 2008 da Praj
 
Tag: Essenza

Arriva poi il tempo in cui non si vuole dare più energia ad un genere di speculazioni intimistiche, esistenzialiste... riguardanti il disagio psicologico e spirituale che prova una persona in crisi.
Oggi, non m'interessa rispondere continuamente a domande sul senso della vita individuale o ricercare risposte concettuali, filosofiche o religiose sul perché del disagio dell'ego. Lo trovo inutile e dispersivo. Essere in balia della mente discorsiva non porta lontano. Porta, in realtà, sempre più distanti dal centro dell'essere: in pratica, fa solo girare in tondo gli interrogativi, senza mai cogliere il punto fondamentale, la vera domanda, che è: Chi sono io?
Quest è la domanda  di fondo da cui parte l'indagine risolutiva.
La struttura cognitiva e psicologica basata su un senso di essere un ente personale è impostata su una illusione, su una fragile impalcatura fatta di pensieri e sentimenti, destinata inevitabilmente a creare insicurezze, disagio e malessere, variamente espresso.
La filosofia, la psicologia e la sociologia e molte altre discipline umanistiche non fanno altro che tentare di rispondere ai quesiti scaturiti suscitati da questo disagio che cerca disperatamente risposte.
Ma con quali risultati sostanziali, soddisfacenti e duraturi?
Basta guardarci attorno per vederlo.
Io ho preferito invece, ad un certo punto, cercare comprendere a chi apparteneva questo disagio ed andare direttamente alla radice, alle cause di questa entità esistenzialmente persa fra i mille dubbi e fra infiniti perché. Ossessivi interrogativi che oltretutto non portano altro che ad successive domande, in una sequela senza fine.
Cosa ho trovato? Niente che potesse appagare la sfera mentale, ma piuttosto l'essenza della mia natura, la quale ha dissolto il disagio esistenziale, perché mi ha mostrato inequivocabilmente ciò che ero realmente rispetto a che ciò che credevo d'essere. Mi ha posto in un'ottica totalmente diversa riguardo allo sguardo precedente sulla vita, facendomi ritrovare un senso più autentico al percorso vitale umano.
Purtroppo, questa realizzazione non si può trasferirla: bisogna riscoprirla in sé. Al massimo si può indicarla, alludere per metafore ad essa, ma va sperimentata direttamente: così come non si può spiegare cos'è un sapore o l'odore di una cosa, se non lo si è mai gustato o odorato prima.
E' comunque alla portata di tutti, anche se quasi tutti fanno di tutto per non ricercarla e scoprirla.
E, quando la si ricerca, la si va a cercare lontano, quando invece è la cosa più vicina al nostro cuore.

 
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Avidità dilaganti

Post n°482 pubblicato il 06 Ottobre 2008 da Praj
 

Oggi più che mai, intorno a noi, dentro di noi, nel mondo, vediamo e percepiamo squilibri di ogni genere. Una delle cause che determinano tutto ciò è l'avidità individuale, che poi si proietta ed espande in altre forme, più o meno grandi, più o meno organizzate, di aggregazione umana.
L'avidità ha le radici nella paura. Questa si nutre dell'avidità di sicurezza, di avidità egoica centrata sull'ambizione, di avidità emotiva, economica e finanziaria e di tante altre forme di avidità, non esclusa quella spirituale, la quale è solo più sottile e meno visibile di quelle materiali.
Ma tutto ciò che si basa sull'avidità è inevitabilmente destinato ad entrare in crisi prima o poi, è destinato a causare squilibri ovunque si collochi, ovunque si ramifichi, ovunque regni. Perciò la somma di tutte le variegate avidità ha reso la realtà mondana così confusa e disarmonica.
E tutti noi, in varia misura, abbiamo concorso a renderla così com'è.
Avendo dunque origine nella paura – l'avidità - ne sarà sempre schiava e dipendente. Per questo non renderà mai possibile il pieno rilassamento, l'abbandono, la fiducia: in sostanza, essa non può che essere in contrasto con la giustizia, con la serenità e la gioia, sia individuale che sociale.
Che fare dunque per disfarsi dell'avidità, la quale porta nelle nostre vite solo disarmonie e squilibri, irrigidimenti e scetticismo?
Bisogna, secondo me, andare a scoprire le fonti della paura che la alimentano. E, ancora una volta, ci troviamo di fronte alla necessità di percorrere un viaggio in noi stessi per dissolvere quella paura originaria che è la sorgente di ogni sofferenza e che erroneamente cerchiamo di coprire, cancellare, con ogni genere di avidità. Quella paura proviene dalla disconnessione con la dimensione Divina che portiamo in noi stessi. Risolvendo la nostra primaria paura interiore, oltre che a farci ritrovare la pace, farà sì che saremo in grado poi di contribuire ad espandere questa attitudine fiduciosa intorno e facilitare un clima psicologico dove l'avidità – figlia dell'egoismo - avrà sempre minor peso.
Ciò permetterà sempre più a rilassare e armonizzare gli animi a tanti livelli, a far crescere una maturità interiore e consapevolezza spirituale, oltre che portare gradualmente più gioiosità, amorevolezza e giustizia sociale nel mondo. Altrimenti saremo destinati ad affrontare sempre più gravi e disastrose esperienze, sia personali che collettive, e a sopportare pesanti conseguenze, anche se differenziate, a cui nessuno potrà sfuggire.

 
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L'arresa assoluta

Post n°481 pubblicato il 04 Ottobre 2008 da Praj
 

Quando la totale disidentificazione coincide con la totale identificazione con ciò che si è senza ulteriori condizioni, quella è l'arresa assoluta... al Divino.
A quel punto il potere della mente reattiva si dissolve perchè non c'è più divisione interiore. In quell'accettazione senza sforzo fiorisce la consapevolezza e il silenzio. Da quel fiorire, la dualità fra il sè e il non sè scompare e rimane il reale senza sovrapposizioni mentali.

 
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Un film chiamato vita

Post n°480 pubblicato il 02 Ottobre 2008 da Praj
 

Non basta darsi un copione esistenziale basato su una qualsiasi forma di pensiero positivo, anche se è preferibile rispetto a quello negativo, per gustarsi al meglio la vita, per trovare un senso al non senso.
Sarebbe invece bene ricordare che, comunque, sempre di un copione in continua scrittura si tratta. Di una commedia o dramma eseguiti sulla dettatura ricavata dalle impressioni della mente. Di un copione interattivo fatto con altri soggetti nella stessa condizione coscienziale.
Si dovrebbe anche rammentare che il film che osserviamo, con alterne emozioni, resta sempre una rappresentazione che si svolge sullo schermo della Coscienza Universale, di cui il nostro corpo-mente è strumento particolare soggetto a specifica lettura dando adesione al piano fenomenico.
Inoltre, non andrebbe mai dimenticato che siamo essenzialmente spettatori-creatori di questo film
che creiamo e interpretiamo finché siamo in un corpo.
Questo perché – lo abbiamo dimenticato - noi siamo la coscienza immortale che tutto produce e crea.
Lo siamo, nonostante questa consapevolezza spesso arretri e ci faccia immedesimare negli attori a cui ci leghiamo con il laccio invisibile dell'identificazione e, a volte, dell'immaginazione.
Questa consapevolezza però è sempre presente, e rimane al di fuori della scena in movimento: perché essa è la Luce ed anche il proiettore che illumina il palcoscenico.
Noi, se ci identifichiamo nel veicolo corpo-mente, diveniamo uno degli attori inconsapevoli che entrano nella rappresentazione, nella differenzazione, assumendo la parte che la Coscienza ci assegna, visto che siamo in cerca di una formale identità, non sapendo chi realmente siamo.
Questi attori spesso soffrono e talvolta gioiscono ma, tuttavia, alla fine sempre muoiono, così si spegnendo le luci della loro ribalta, mettendo dunque fine allo spettacolo a cui assistevano e partecipavano come personaggi del sogno.
Allora ci si potrebbe domandare: quanti copioni diversi dovrà ancora crearsi lo spettatore-creatore per non dimenticarsi più che quanto crede d'incarnare sono solo sue proiezioni personali, sogni di una lunga notte, e non la sua reale identità? Quanti films dovremo vedere ancora prima di realizzare che noi siamo quell'Unica Coscienza che tutto crea e tutto distrugge e non l'inconsistente fenomeno che ci assorbe addormentandoci metafisicamente?

 
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Scolpita nel Cielo

Post n°479 pubblicato il 01 Ottobre 2008 da Praj
 

La Verità ineffabile si fa sentire solo quando c'è il silenzio nella mente.
Non c'è possibilità che il Verbo dell'Uno accada quando c'è la parola chiassosa del molteplice.
Il dialogo con il Divino in fondo è il dialogo con la nostra pura Essenza.
Questa è lo specchio, il quale non può che essere silenzioso e neutro, in cui la mente si riflette continuamente. 
L'unione dell'essere manifesto esteriore con l'immanifesto interiore si rivela solo quando i due silenzi - della mente e dell'Essenza - si fondono nel centro del cuore, umano e spirituale.
Solo allora le nuvole del pensiero discorsivo e delle emozioni dell'animo  si diradano e lasciano che la Verità senza volto sia scolpita nel cielo dell'infinita Coscienza, illuminando chi ha ardentemente voluto Vedere.

 
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