Creato da wildbillhickok il 09/12/2007

Il prima ed il dopo

Questo blog è un contenitore nel quale finiranno tutte le cose che ho scritto fino ad oggi e quelle che scriverò in futuro. Si riempirà compatibilmente con la mia vena creativa, con il mio tempo, con i miei umori. Parte di ciò che leggerete sarà magari terribile, perchè fa parte di un passato nel quale il mio modo di scrivere e di pensare erano totalmente differenti da ciò che sono oggi. Ma è giusto che anche quegli scritti abbiano il loro posto qui dentro...

 

 

« Due Parole (2)Umore (parte seconda) »

Due Parole

Post n°61 pubblicato il 12 Luglio 2009 da wildbillhickok

 

 

Erano le 16:15 del 9 luglio 1977.

Le pale del ventilatore da soffitto giravano troppo lentamente per portare un po’ di beneficio nella sala d’attesa dello studio medico,  così la signora Mary si faceva aria con un grosso ventaglio in stile liberty, portatole dal marito da un viaggio in Indonesia.

 

Adelaide, seduta sulle sue gambe, sfogliava una rivista di gossip indicando le immagini e rivolgendo lo sguardo alla madre che, sorridendo, annuiva preoccupata.

 

La bambina aveva lunghi capelli biondi, pieni di boccoli, ed un visetto paffuto e solare.

Gli occhi vispi, neri e profondi, denunciavano una incredibile curiosità per le cose del mondo, accompagnata da un totale sprezzo del pericolo.

Era una bambina difficile Adelaide, difficile da tenere a freno, sempre pronta ad arrampicarsi, saltare, scivolare, scavalcare, e compiere qualsiasi gesto le potesse permettere di raggiungere il proprio scopo che, nella maggior parte delle occasioni, consisteva nell’agguantare qualche oggetto non a portata di mano.

 

Adelaide aveva tre anni, tre anni e tre giorni per la precisione, ed era una bambina piuttosto precoce quasi in tutto.

Aveva imparato a camminare dopo appena sei mesi; ad otto comprendeva quasi tutto ciò che le veniva detto. A 10 mesi era in grado di riconoscere numeri e lettere senza esitazione e, soprattutto, senza che nessuno glielo avesse mai insegnato.

 

Ad Adelaide, insomma, non mancava praticamente nulla.

Nulla ad eccezione della parola.

 

 

 

La stanza del dottore si aprì lentamente ed una distinta signora ne uscì ripetendo più volte frasi di ringraziamento e di scuse nei confronti del medico. Si trascinava dietro un ragazzino visibilmente imbarazzato e con i pantaloni bagnati sul davanti, al quale non venne risparmiato un sonoro scapaccione appena la porta della stanza si chiuse alle loro spalle.

 

Nel compiere quel gesto la madre si guardò attorno, come a dover dimostrare agli astanti la propria severità nel non lasciare impunito il gesto sconsiderato del figlio.

Il bambino lacrimò visibilmente ma non profuse né parole né lamenti, conscio di essersi lasciato andare ad un istinto al quale proprio non doveva cedere.

 

 

Adelaide guardò la scena con i suoi soliti occhi investigativi, poi si rivolse con aria interrogativa alla madre che chiuse rapidamente la questione sussurrando un “Non si fa”, proprio mentre la distinta signora usciva dallo studio salutando la segretaria e porgendole una grossa mancia per comprare il suo silenzio.

 

 

La ragazza intascò il denaro, salutò, poi lasciò la scrivania e si diresse verso la stanza del medico; aprì la porta di quel tanto che bastava per infilarvi dentro la testa e chiedere qualcosa al dottore, poi ne usci e, rivolta verso la signora Mary, abbozzò un falso sorriso e la invitò ad entrare dal pediatra.

 

 

Adelaide scivolò via dalle gambe della madre, senza che questa le avesse dato alcun ordine, e le si piazzò davanti in attesa che lei si alzasse e le porgesse la mano.

Ma Mary, invece di tenerle la mano, la prese in braccio e si diresse verso la porta.

 

E’ permesso? –

Avanti. –

 

Lo studio del dott. Calvin era meraviglioso, o almeno era così che lo vedeva Adelaide.

Aveva un intenso profumo di camomilla e ed un sacco di strumenti interessanti da farsi raccontare ogni volta che il dottore la visitava.

Uno scheletro umano, perfettamente assemblato, campeggiava accanto alla scrivania lucida in legno di noce.

Doveva essere quello di un bambino, a giudicare dalle sue dimensioni, e ad Adelaide piaceva particolarmente perché quando la porta dello studio si apriva, la corrente d’aria faceva cozzare le ossa tra di loro producendo un sinistro ma simpatico ticchettio.

 

Buongiorno - disse il dottore avvicinandosi a loro.

 

Poi si sfilò lo stetoscopio dal collo e lo avvicinò alle orecchie di Adelaide che si protese in avanti per facilitare l’operazione. Una volta pronta, prese la placca metallica e la poggiò sul petto del dottore sorridente.

 

Sto bene? – Chiese il medico.

 

Adelaide fece di sì con la testa.

 

Bene, allora possiamo cominciare – 

 

La bambina si tolse lo stetoscopio e lo porse nuovamente al dott. Calvin.

 

Mi dica signora Quant, c’è qualche motivo preciso per il quale mi venite a trovare, oppure si tratta di una semplice visita di controllo?

Dottore – rispose la signora Mary con aria preoccupata – Adelaide non parla ancora…

Signora Quant, so bene quanto la cosa la preoccupi ma ne abbiamo già parlato. Adelaide non ha nessun problema di natura fisica. Le sue corde vocali sono a posto e sappiamo che il suo pianto è chiaro, forte e regolare, quelle poche volte che piange. Adelaide è soltanto un po’ pigra, del resto non ha bisogno di chiedere per farsi capire, le bastano i suoi sguardi e le sue espressioni. Verrà il giorno in cui comincerà a parlare, le dia tempo, ha mai visto un quarantenne non parlare?

Beh no, a meno che non fosse muto davvero.

Ecco, allora vuol dire che prima o poi si comincia. Stia tranquilla.

Dottore, e se non parlasse mai?

Se non parlasse mai, cosa del tutto improbabile, se la caverebbe lo stesso egregiamente, di questo può starne certa. Vero Adelaide?

 

Ancora una volta Adelaide accennò un sì con la testa, mentre con la mano si divertiva a far girare il mappamondo di legno poggiato su uno degli scaffali della libreria. Certi discorsi non li capiva ancora benissimo, ma sapeva quando un “sì” era la risposta che ci si aspettava da lei.

 

 

Mary lasciò lo studio del dottore visibilmente infastidita. Adelaide le stava ancora in braccio e giocava con i suoi capelli, mentre scendevano le scale dell’edificio e si infilavano nell’auto in cui un uomo attendeva alla guida. Aveva il cappello poggiato sul viso perché la luce del sole non interrompesse il suo riposo, così allo scattare delle portiere che si aprivano fece un sobbalzo.

 

Come è andata tesoro?

Male! - rispose Mary infastidita - Calvin continua a dire che non c’è da preoccuparsi e che prima o poi parlerà. –

Beh? Allora perché tanta rabbia?

Perché non è possibile che Adelaide non parli ancora! Non lo accetto. Le figlie delle mie amiche cantano tutte le canzoni di Elvis a memoria, ormai, mentre mia figlia non è in grado nemmeno di dire “buonagiorno” quando il postino bussa alla porta!

Mary, questo non mi sembra giusto, ti preoccupi più per la figura che puoi fare con le tue amiche piuttosto che per nostra figlia?

Non mi preoccupo per Adelaide perché so che non ho motivo di preoccuparmi per lei, Alex! Lo sai bene. Ma questa cosa non mi và affatto! No, non mi va, non posso farci niente!

Ok, allora preoccupati soltanto di avere un po’ di pazienza. Il dottor Calvin è un esperto, se dice che si tratta di un ritardo non troppo preoccupante vuol dire che Adelaide prima o poi parlerà.

 

Il dott. Calvin era, in effetti, un esperto pediatra.

Professore della materia ad Oxford e medico di praticamente tutti i figli delle amiche di Mary.

C’era da fidarsi, insomma.

C’era da fidarsi perché il dottor Calvin non si sbagliava mai.

 

Quasi mai.

 

Ci vollero altri 6 anni perché il dottore si convincesse che Adelaide non avrebbe mai parlato.

Al medico sarebbe piaciuto poter studiare un po’ più approfonditamente la bambina per capire l’origine del problema, ma Adelaide si rifiutò categoricamente di sottoporsi a tre giorni di analisi, lontana da casa, tra sconosciuti che l’avrebbero obbligata a pratiche ed esercizi fastidiosi e stancanti.

 

Mary non riuscì in alcun modo a convincerla; si era quasi decisa ad obbligarla se Alexander non si fosse messo dalla parte della bambina.

Mary, Adelaide è così ed è ora che tu cominci ad accettare questa cosa. Sei la madre più amorevole del mondo fino a quando non ti torna su questo pallino della parola; ed ogni volta che accade sembra che questa sia la cosa più importante dell’universo. Ti prego, finiscila. Adelaide non parlerà. Ne ora ne mai. Fattene una ragione. 

 

La donna guardò Alexander con gli occhi lucidi, quasi incredula di aver sentito quelle parole, si girò su se stessa senza proferire verbo e si diresse in camera da letto per sfogare la sua frustrazione.

 

 

Alexander la raggiunse, dopo essersi assicurato che Adelaide stesse ripetendo a mente la lezione di storia che avrebbe disegnato sulla lavagna il giorno seguente,durante l’interrogazione in classe.

 

Si sedette accanto a Mary, le accarezzo i capelli, e le sussurrò dolcemente:

Forse sono stato un po’ brusco tesoro, ma sai come la penso, abbiamo una figlia splendida, frutto del meglio di ognuno di noi, e non è giusto che una sciocchezza del genere  possa tramutarsi in un problema per noi e per lei.

Adelaide cresce rapidamente, impara ancor più in fretta. Ha ottimi voti a scuola ed ha già imparato ad  utilizzare il telaio e tagliare la stoffa per le tue creazioni.

Tra poco sarà una donna e, secondo me, un’ottima modella per tutte le tue creazioni.

 

 
 
 
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