Prigione dei SogniCercare adagio, umilmente, costantemente di esprimere, di tornare a spremere dalla terra bruta o da ciò ch'essa genera, dai suoni, dalle forme e dai colori, che sono le porte della prigione della nostra anima, un'immagine di bellezza che siamo giunti a comprendere: questa è l'arte. James Joyce |
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« Messaggio #110 | Messaggio #112 » |
La prima volta che sentii quella voce avanzavo nel fango, reduce da una guerra che mi aveva consumato il corpo e l’animo.A tentoni, nel buio, cercavo la strada, cercavo una strada.
Non riuscivo a procedere, perché il mio animo era a volte così pesante da impedirmi di andare avanti, altre volte così leggero da confondere le mie percezioni. Andavo così a rilento che ogni passo mi sembrava una conquista, quasi come se sguazzare nella melma iniziasse a piacermi.
Gli occhi erano sempre bassi, non so quale incanto mi impedisse di alzarli.
Sembravo più un’ombra che un uomo.
Poi iniziai a sentirla, prima in lontananza poi sempre più vicina: una voce soave accompagnata dal flebile suono di un’arpa.
Non distinguevo le parole, ma vi assicuro che non mi importava. Il silenzio attorno a me era di colpo sparito e l’unica cosa che volevo fare era raggiungere quella melodia. Volevo tendere ad essa con tutte le mie forze!
Fu così che iniziai di nuovo a muovermi, un' ignota energia era nata in me e si espandeva istante dopo istante nel mio corpo ridonandogli vigore.
Eppure questa melodia era indicibilmente triste; dolce di una dolcezza così malinconica che avrebbe dovuto commuovermi invece di rincuorarmi. Straziante eppur così lieve, forse era questo che aveva toccato il fondo della mia anima smuovendolo. Sentivo come se qualcuno che stava soffrendo sommessamente, facesse risuonare quel canto di dolore in cerca di aiuto.
Solo una dea in catene avrebbe potuto scandire simili note accarezzando leggera le corde dell’arpa e disegnando con armonia ed eleganza il suono che stava penetrando nel mio cuore.
Eppure era proprio la sua prigionia che stava gettando le basi della mia una nuova libertà.
Ora mentre avanzavo a passo spedito mi sembrava quasi ti tener chiusi gli occhi come in uno splendido sogno, come se quelle buie caverne si fossero tramutate istantaneamente in un verde giardino. Volevo salvarla, volevo che quella voce intonasse un nuovo canto di gioia al mondo intero, o magari solo a me. Non sentivo stanchezza.
Cercavo quella musica con tutto me stesso e volte, vi giuro, ero convinto che fosse così vicina che se avessi girato l’angolo l’avrei finalmente trovata; altre volte invece il dubbio di aver sbagliato strada si impossessava di me perché la sentivo morire nell’aria. In quei momenti ero veramente disperato, tuttavia, per fortuna, dopo qualche istante il suono dell’arpa diventava più forte e mi facevo coraggio.
Sto ancora vagando in questo dedalo, sto ancora seguendo quella voce. Questo è tutto quello che rimane di me: non più un’ombra vagante nel buio ma un uomo in cerca di qualcosa. Cosa accadrà se un giorno riuscirò a trovarla? Ci sarà la mia dea leggiadra ad aspettarmi oppure sarò stato condotto alla rovina dal canto di una sirena? Tuttavia non posso fermarmi, non più…
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