Prigione dei Sogni

Cercare adagio, umilmente, costantemente di esprimere, di tornare a spremere dalla terra bruta o da ciò ch'essa genera, dai suoni, dalle forme e dai colori, che sono le porte della prigione della nostra anima, un'immagine di bellezza che siamo giunti a comprendere: questa è l'arte. James Joyce

 

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Il frammento di un sogno

Post n°94 pubblicato il 16 Maggio 2006 da Notram
 

L’osservava sempre. Ormai, da qualche settimana, al suo rientro a casa si precipitava alla finestra per vedere se ci fosse.
C’era sempre. Era lì, alla pensilina dell'autobus, sola sola. Quella bambina era lì ogni volta, senza mai nessuno che le facesse compagnia.
Doveva avere sei o sette anni. Di solito a quell’ora, i bambini di quell’età tornavano da scuola, ma lei non aveva né cartella nè grembiule.
Sara era sempre stata una persona molto decisa, una che sa il fatto suo. Nel corso della sua vita aveva voluto dimostrare a tutti di potersela cavare da sola ed ora,alla soglia dei trentacinque anni, poteva dirsi soddisfatta. Aveva un lavoro, una casa spaziosa ed era benvoluta e rispettata da tutti. Forse aveva consacrato la sua vita al successo, ma non se n’era mai minimamente pentita.
Tuttavia da quando aveva notato per la prima volta quella bambina non aveva più potuto fare a meno di osservarla da lontano. Vegliava su di lei.
Molte volte fu tentata di scendere e rivolgerle la parola. Ma pensava che sarebbe stato troppo strano. Insomma, con le cose che si sentono in giro, chissà come l’avrebbero guardata tutti!
Un giorno però pioveva violentemente e la povera piccina si stringeva tremolante nel suo cappottino blu. Persino in quelle condizioni nessuno si curava di lei, era come trasparente. Che razza di genitori potevano permettere ad una bambina così piccola di stare tutto quel tempo da sola?
Quando scese e la coprì con il suo ombrello la bambina le sorrise dolcemente. Sara allora le domandò il suo nome e dove fossero i suoi genitori, ma la piccola si limitò a guardarla con quei suoi occhietti neri neri e non rispose.
Restarono così, in silenzio, fino all’arrivo del suo autobus.
Da quella volta in poi tutti i giorni Sara fece compagnia a quella bimba durante l’attesa. Le prime volte stette in silenzio, poi iniziò a raccontarle tante cose, della sua infanzia, del suo lavoro, cose vere e storie inventate. La bambina l’ascoltava in silenzio, ridendo agli aneddoti divertenti e facendosi seria seria durante i racconti d’avventura.
Mai una volta, però, proferì parola.
Quell’oretta quotidiana diventò, col passare del tempo, il momento più felice di tutta la giornata per Sara. Dopo tanti anni si sentiva di nuovo una persona come tutte le altre, con dei sentimenti e, per quanto strano, le sembrava di aver costruito una specie di piccola famigliola.
Un giorno, appena finito di lavorare, si fermò davanti ad una libreria e vi entrò per dare un’occhiata. La sua attenzione fu subito attirata dalla copertina di un libro per bambini –  "La bimba portafortuna” – e non seppe resistere alla tentazione di comprarlo.
“ Oggi ti ho portato un regalo” esordì dandole il pacco.
Il modo irruento con cui i bambini aprono i regali e quel loro non curarsi affatto di nascondere i propri sentimenti è la misura della grandezza dell’umanità, pensava, osservando il faccino emozionato della piccola mentre sfogliava le pagine del libro.
“ Vuoi che te lo legga?”, le chiese.
Di tutta risposta la bimba le afferrò la mano e, per la prima volta, le rivolse la parola:
“ Tu ce l’hai una casa signora? Me la fai vedere?”le disse.
Appena aprì la porta la bambina si precipitò all’interno, andando in esplorazione di tutte le stanze.
“ Come è grande questa casa signora. Tu ci vivi con tuo marito e i tuoi figli?”
“No, ci vivo da sola”
“ Ma questa casa è grandissima! Perché ci vivi da sola, non ti senti triste?”
“Perché ho sempre pensato di voler restare così. Credevo che il mio lavoro bastasse a rendermi felice, in realtà non mi sono mai posta questo problema.”
“ Ma signora, lo sanno tutti che da solo nessuno è felice!” esclamò la bambina.
“Hai ragione piccola, hai ragione…Senti, vuoi che te lo legga questo libro allora?”
“ No, voglio leggertelo io, così non ti sentirai più triste.” E così dicendo si andò a sedere sulle sue ginocchia ed iniziò a leggere.
Sara rimase sorpresa. Aveva dimenticato che un corpo così piccino potesse emanare un calore simile. Aveva completamente dimenticato il tepore che può provocare un gesto spontaneo, la sensazione stupenda che scaturisce dalla vicinanza.
Trascinata da quel tepore e da quelle parole si assopì dolcemente, come ormai non faceva da tempo.

 “C’era una volta una bambina. Questa bambina non aveva un nome, non aveva dei genitori e neppure una casa. Vagava per le città portando il sorriso alla gente che incontrava sulla sua strada. Tutti la consideravano come una fatina che portava fortuna ed erano sempre contenti di vederla. Quando qualcuno le chiedeva il suo nome lei rispondeva: "Sono il frammento di un sogno”e sorrideva teneramente.
Un giorno questa piccolina ne incontrò un’altra, anch’essa sola sola come lei. Diventarono amiche e allora…."
 

Al suo risveglio la bambina non c’era più. Le aveva lasciato il libro sul tavolo ed era sparita. L’indomani Sara la cercò alla pensilina dell’autobus ma lei non arrivò e così nei giorni successivi. Non la rivide mai più.
Ma non fu triste né preoccupata. Evidentemente, pensò, aveva un’altra anima da salvare, era diventata “il frammento di un altro sogno”…

 
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Infinite_Tendency
Infinite_Tendency il 17/05/06 alle 12:34 via WEB
E' una bella storia, scritta molto bene, di quelle che si possono raccontare vicino al camino nelle fredde notti d'inverno. E' tranquilla, leggera, dolce, sognante... Una volta tornati alla realtà, però, quello che resta è sempre e soltanto una casa vuota, e tutto ciò che sei riuscito a costruire da solo. G.
 
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