La economía española mejor que la italiana

Post n°723 pubblicato il 21 Luglio 2017 da mariopulimanti
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La economía española mejor que la italiana

 

En los últimos años, España ha tenido un triple crecimiento en comparación con Italia: el PIB español es, de hecho, en 2016 y 2017 se ha incrementado en un 4%.
España ha hecho una política de austeridad, gracias a las reformas laborales que han dado vía libre para el dueño del negocio para hacer lo que quieren (lo que nos arrepentimos de las leyes franquistas como un modelo garante).
Pero en Italia, mientras que hace estragos el período más oscuro de la crisis, la política fiscal resta recursos a la economía, ya que gasta menos de lo que recauda.
Sin embargo, la financiación pública no fue la única diferencia entre Italia y España.
la recuperación de España ha sido impulsado principalmente por dos factores: el consumo y las exportaciones.

Una gran proporción de dinero público fue en subsidios, y de hecho el ingreso disponible aumentó como España e Italia.

Por otra parte, los españoles han ahorrado menos de la italiana (o, dicho de otra manera, mostró una mayor propensión a consumir).

El otro factor fue exportaciones, que han tenido un fuerte crecimiento, impulsado por devaluación interna: las relaciones comerciales de España están muy orientados hacia América Latina, y entonces el país no ha sufrido como en Italia las sanciones a Rusia y la situación problemática de los países del norte de África.
Por otra parte, los españoles han sido realizadas fundamentalmente en el interior, en la alimentación, hoteles y tiendas, y las importaciones aumentaron menos que los italianos.

Otra ventaja del factor de España era más amplia disponibilidad de crédito, también se debe al hecho de que la crisis de la banca española se ha disparado de inmediato, debido a su alta exposición a la burbuja inmobiliaria.
 
Esto ha obligado a Madrid a buscar la ayuda europea a más de 40 mil millones de euros y ha resuelto básicamente el problema.

 Los problemas bancarios italianos son más hijos de una política equivocada (europeo, sino también italiano) y de otra manera.

En resumen, España ha hecho una política exitosa en términos de vista del crecimiento del PIB, la combinación de devaluación interna y el gasto público (para los mercados de exportación, la crisis bancaria explotó en el momento adecuado y también porque los españoles han decidido ahorrar menos y gastar más).
 
El éxito del PIB fue, sin embargo, pagó caro por los trabajadores, y en especial por aquellos que trabajan a los perdidos.

Como de costumbre, los grandes capitalistas y banqueros son un gran problema, ya los pobres se les llama para solucionarlo.

Y no hay que subestimar el hecho de que España está funcionando muy bien una nueva fuerza política (que actuaría también en Italia, está bien).

Estoy hablando de Podemos que fue fundada 16 de de enero de, 2014 Pablo Iglesias, que sigue siendo portavoz y miembro de la vista. Iglesias, de 35 años, es un escritor, periodista y académico, pero es particularmente famoso por ser el anfitrión de varios programas de televisión y periodismo han sido un invitado frecuente de numerosos charla políticos españoles muestran también es un ex miembro del Partido Comunista Español .

Iglesias fue elegido para el Parlamento Europeo en las últimas elecciones, la primera en la que participó su partido. Podemos consiguieron un 8 por ciento de los votos, ganando cinco asientos y convirtiéndose en el tercer partido español sólo cuatro meses después de su fundación.

La agenda política de Podemos se centra con razón sull'ambientalismo sobre la lucha contra las grandes empresas, bancos y finanzas.

Proporciona incentivos a las pequeñas empresas, la producción local de alimentos, el transporte público y la nacionalización de gran parte de los servicios públicos.
 
Podemos no se opone sólo a la clase política española actual, que él llama "la casta", sino como Syriza Alexis Tsipras en Grecia también ha tomado posiciones fuertes en contra de la Unión Europea y Alemania, visto como la causa principal de la situación actual económico del país, apelando a todas las fuerzas que luchan contra el sistema, no sólo a las que se refieren a la izquierda.

 ¡Viva Podemos!

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

 
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L’economia spagnola migliore di quella italiana

Post n°722 pubblicato il 21 Luglio 2017 da mariopulimanti
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L’economia spagnola migliore di quella italiana

Negli ultimi anni la Spagna ha avuto una crescita tripla rispetto all’Italia: il Pil spagnolo è infatti nel 2016 e nel 2017 é aumentato del 4%.

La Spagna ha fatto una politica di austerità, grazie alle riforme del lavoro che hanno dato mano libera agli imprenditore di fare quel che vogliono (facendo rimpiangere le leggi franchiste come un modello di garantismo).

Invece in Italia, mentre infuria il periodo più nero della crisi, la politica di bilancio sottrae risorse all’economia, perché spende meno di quanto preleva.

Comunque la finanza pubblica non è stata la sola differenza tra l’Italia e la Spagna.

La ripresa spagnola è stata spinta soprattutto da due fattori: i consumi e le esportazioni.

Una parte consistente di soldi pubblici sono andati in sussidi, e infatti il reddito disponibile è salito più in Spagna che in Italia.

Inoltre gli spagnoli hanno risparmiato meno degli italiani (o, detto in altro modo, hanno mostrato una più elevata propensione al consumo).

L’altro fattore sono state le esportazioni, che hanno avuto una crescita vivace, favorite dalla svalutazione interna: i rapporti commerciali della Spagna sono molto orientati verso l’America Latina, e quindi il paese non ha subito come in Italia le sanzioni alla Russia e la situazione problematica dei paesi del Nord Africa.

Inoltre gli spagnoli hanno speso soprattutto all’interno, nell’alimentare, alberghi e pubblici esercizi, quindi le importazioni sono aumentate meno di quelle italiane.

Un altro fattore di vantaggio della Spagna è stata una più ampia disponibilità di credito, derivante anche dal fatto che la crisi delle banche spagnole è esplosa subito, a causa della loro forte esposizione con la bolla immobiliare.

 Questo ha costretto Madrid a chiedere gli aiuti europei per oltre 40 miliardi di euro e ha sostanzialmente risolto il problema.

 I problemi bancari italiani sono figli più di una politica sbagliata (europea, ma anche italiana) che di altro.

Insomma, la Spagna ha fatto una politica di successo dal punto di vista della crescita del Pil, unendo svalutazione interna e spesa pubblica (per mercati di esportazione, per la crisi bancaria esplosa al tempo giusto ed anche perché gli spagnoli hanno deciso di risparmiare meno e spendere di più).

 Il successo sul Pil è stato però pagato duramente dai lavoratori e soprattutto da chi il lavoro l’ha perso.

Come al solito, i grandi capitalisti e banchieri fanno grandi guai, e i poveracci sono chiamati a rimediare.

E poi non va sottovalutato il fatto che in Spagna sta lavorando molto bene una nuovo forza politica (che servirebbe anche in Italia, eccome).

Sto parlando di Podemos che è stato fondato il 16 gennaio 2014 da Pablo Iglesias, che ne è tuttora il portavoce e membro più in vista. Iglesias, 35 anni, è uno scrittore, giornalista e accademico, ma è famoso in particolare per essere il presentatore di alcuni programmi di giornalismo televisivo e per essere stato spesso ospite di numerosi talk show politici spagnoli: è anche un ex membro del Partito Comunista Spagnolo.

Iglesias è stato eletto al Parlamento europeo nelle ultime elezioni, le prime a cui ha partecipato il suo partito. Podemos ha ottenuto l’8 per cento dei voti, conquistando cinque seggi e diventando il terzo partito spagnolo appena quattro mesi dopo la sua fondazione.

Il programma politico di Podemos è giustamente centrato sull’ambientalismo, sulla lotta alle grandi imprese, alle banche e alla finanza.

Prevede incentivi alla piccola impresa, alla produzione locale di cibo, al trasporto pubblico e la nazionalizzazione di gran parte dei servizi pubblici.

 Podemos non si oppone soltanto all’attuale classe politica spagnola, che chiama “casta”, ma come Syriza di Alexis Tsipras in Grecia ha preso anche posizioni molto forti contro l’Unione Europea e la Germania, vista come la causa principale dell’attuale situazione economica del paese, facendo appello a tutte le forze che lottano contro il sistema, non soltanto a quelle che fanno riferimento all’area di sinistra.

 ¡Viva Podemos!

Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

 

 

 
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FINE DI UN MATRIMONIO

Post n°721 pubblicato il 28 Aprile 2017 da mariopulimanti
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Fine di un matrimonio

 

E’ molto difficile che un matrimonio sopravviva a una crisi economica grave e all’angoscia che ne deriva, ma è pure molto difficile che sopravviva all’agiatezza e alla noia.

Non solo, direi che le difficoltà economiche uniscono e, addirittura caricano un matrimonio di progetti, ma il denaro separa, e carica un matrimonio di problemi. Io credo che le difficoltà spesso inizino quando le coppie risolvono i loro problemi e gli rimane il tempo di veder morire la sera nei loro salottini, guardandosi in faccia.

Quando hai problemi, non vedi la faccia; vedi il futuro. Quando non ti resta che la faccia, è un brutto affare.

Penso, infatti, che la noia tra i coniugi sia uno dei grandi problemi che affliggono l’Italia. Anzi l’Europa. Anzi il mondo!

Bisognerebbe inventare una legge per porvi rimedio.

Credo inoltre che le grandi crisi domestiche si origino così.

Per una coppia di sposi è molto facile avere un progetto di vita comune: entrambi pensano allo stesso tempo ad andarsene di casa, trovare un appartamento, ammobiliarlo, sfogliare i dépliant delle agenzie di viaggio e pianificare una scopata.

Questo gli fa pensare che la vita abbia un senso e che siano nati l’uno per l’altra.

Ma gli anni di matrimonio a poco a poco modificano la situazione, con la persistenza di una goccia d’acqua: nulla garantisce che il progetto di vita che desidera il marito coincida con il progetto di vita che desidera la moglie; non solo, uno dei due finisce per intralciare l’altro.

Dopo un po’ sono due perfetti sconosciuti che si incontrano, si guardano, si rifiutano e cercano rifugio altrove.

Ma non c’è comunque nulla da temere, poiché la saggezza occidentale ha previsto tutto: ormai ci sono rifugi eccellenti, come il lavoro, i pettegolezzi con le amiche. Il cinema, il teatro e il campionato di calcio.

Chi crede che in una casa ci sia un mondo, si sbaglia: ci sono due mondi. Nemmeno i figli rinnovano il primo progetto comune, perché per i figli ciascuno ha un progetto diverso.

In definitiva ci sono due sistemi perché una coppia consumata si prenda ancora per mano e rimanga unita.

Uno è trovare un nuovo progetto di vita comune, come per esempio comprarsi un nuovo appartamento e altri mobili. Ma questo non è sempre possibile.

L’altro sistema consiste in pratica nel non aver mai avuto un progetto di vita.

E questo può sembrare terribile, lasciarsi vivere e non essere nessuno. Ma proprio lì potrebbe esserci una delle chiavi della felicità.

Certo però è triste vivere così.

Puzza di sconfitta.

 

 Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

 
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mare o campagna?

Post n°720 pubblicato il 27 Aprile 2017 da mariopulimanti

Dico la verità: a mia moglie piace la vita in campagna.
Ad una sua amica, Simonetta come lei, dice: “Ti rendi conto lo squallore? Palazzi brutti, macchine, cartelloni arrugginiti. Io sono nata in campagna in mezzo alle mucche. Questa roba non fa per me. Prima o poi prendo Margot e me torno al paese”.
Si gira a guardarla. “A Collevecchio, in Sabina. Ci sei mai stata?”
“No. E’ bella?”
“Ovvio, è Sabina, non ti basta?” risponde con un’alzata di spalle.
L’amica tira un respiro. “Che palle. Vabbé, andiamo al bar. Ti va un tramezzino?”
“Come ce li hanno, nel cellophane o sotto il tovagliolo?”.
Lei guarda dura. “E secondo te io vado in un bar dove il tramezzino sta nel cellophane?” La ritengo un’offesa personale, Simo”.
Ed escono chiudendo la porta.
In casa lo spostamento dell’anta causa la caduta di tre colonne di fogli di Diritto Notarile di Gabriele che volano a terra come foglie morte. Così come gli appunti di letteratura tedesca di Alessandro.
Vedete, Simonetta è così.
Le piace stare seduta a guardare il sole che tramonta.
Ha sempre desiderato avere una casa con un panorama meraviglioso, vicino al campo di olivi, alle vigne, al giardino di rose, ai gelsomini che profumano l’aria della sera.
Avrebbe gradito, infatti, crescere i nostri due figli alla maniera degli antenati.
Lei stessa avrebbe insegnato loro a fare il vino e ad allevare le api.
Ed i nostri figli -a suo dire- sarebbero cresciuti in pace e sarebbero vissuti in serenità all’ombra di grandi alberi solitari, ascoltando il pigolio degli uccelli che, dopo essersi rincorsi in cerimonie di corteggiamento, cercano il nido su querce così alte che sembrano reggere il cielo.
Al contrario, a me piace il mare.
Il mare è lo specchio dei nostri pensieri, e sfortunatamente anche di quelli più profondi e malinconici.
Riflette ciò che sta nascosto nelle profondità del nostro animo, le nostre paure inconfessate, perfino il volto della morte sembra trasparire, a volte, sotto la sua superficie liquida e mutevole, dietro l’orizzonte che fugge sempre più lontano, che non si fa mai raggiungere. Di sera, la luna sorge dal mare illuminandolo.

E la superficie scagliosa del mare riflette i raggi della luna in mille sfaccettature tremolanti. Dite che sto parlando a coda di porco, intorcinata, non in forma esplicita?
Vabbè, ok.
Mi siedo sul divano, di fronte al mare.
Ascolto Bob Dylan, a luci spente.
Mi inganna l’oscurità.
Sono un mercante di libri maledetti.
Fuori dal tempo.
Forse, non ho capito nulla.
Né qui, né altrove.
E morirò.
In terre lontane?
A Collevecchio?

A Ostia?
Sicuramente, sotto una cupola stellata.
Alle radici del cuore.
Addio arcobaleno, ciao.
Con un sospiro, mi raggomitolo sul divano e rimango ad ascoltare il mare.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

 
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Attenzione alla dolce morte: fino all’ultimo momento l’uomo è un essere vivente.

Post n°719 pubblicato il 28 Febbraio 2017 da mariopulimanti

Attenzione alla dolce morte: fino all’ultimo momento l’uomo è un essere vivente.

 

Molti vorrebbero una legge su testamento biologico ed eutanasia, specialmente dopo  la storia di Dj Fabo, che ha trovato volontariamente la morte a 39 anni in Svizzera, dove grazie all’Associazione Luca Coscioni ha potuto avviare il percorso del suicidio assistito. Sono perplesso. Infatti non sempre chi soffre, anche in un reparto ospedaliero di lunga degenza vuole morire. A volte è la nostra inconsapevole incapacità di accettare il dolore che ce lo fa pensare. Del resto non penso che debba essere un altro uomo a dover decretare quando e come un suo simile deve morire. Il compito della medicina è curare l’ammalato non sopprimerlo deliberatamente, anche se negli ospedali alcuni medici segretamente, per togliere dolori orribili, fanno coscientemente una dose di morfina che regala un sonno senza risveglio. Comunque ho qualche perplessità, soprattutto sulla vera volontà di morire delle persone. Del resto oggi, che il politicamente corretto regna in maniera assoluta, è politicamente corretto pronunciarsi a favore dell’eutanasia. E così i sostenitori dell’eutanasia credono di difendere la dignità umana chiedendo ai medici di praticare l’eutanasia sui pazienti per i quali non esiste alcuna possibilità di guarigione. La Chiesa Cattolica è contraria: Papa Benedetto XVI ha detto che " l'eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell'uomo", mentre Papa Francesco l’ha definita “un grave delitto contro la vita”. Personalmente, credo si tratti di un problema bioetico di notevole complessità, poco adatto ai ferrei e irrinunciabili convincimenti e che dia adito, invece, sempre secondo la mia modesta opinione, a dubbi personali, ripensamenti e perplessità. Da un lato, la nostra educazione moderna, laica e illuminista, sensibile in sommo grado ai diritti umani, ci porta a pensare che siamo legittimi proprietari della nostra vita, liberi di condurla come ci piace e perciò anche di interromperla quando l'esistenza ci appare troppo dolorosa o priva di significato. Come abbiamo il diritto di vivere riteniamo di avere anche il diritto di morire. Dall'altro, la nostra anima cristiana, cattolica, romantica, che sopravvive persino in quest'epoca di sbadata secolarizzazione, magari in forma larvata e inconscia, ma vigorosa, ci avverte che la sfera del razionale non spiega tutto e che la vita umana possiede un valore incommensurabile e una sacralità, che nessun dolore e nessuna disabilità autorizzano a scalfire. Conciliare e armonizzare questi due poli dialettici all'interno della nostra coscienza non è compito facile. Spesso la sintesi e l'equilibrio raggiunti sono provvisori e soggetti a ripensamenti. In ogni caso ritengo che sostenere il diritto inappellabile all'eutanasia come ad altre pratiche, non equivalga affatto ad affermare un principio di libertà e di civiltà ma risponda piuttosto a una visione della società che fa della fuga dalle responsabilità, individuali e collettive, una propria costante. Ciò non significa però che anche quelle posizioni meritino rispetto e debbano avere pieno diritto di cittadinanza nell'ambito di un dibattito su un tema complesso e delicato come quello del fine vita. Infatti il dolore e la morte sono temi con cui l'uomo contemporaneo non ama intrattenersi e preferisce rimuovere ed esorcizzare, stordendosi nell'attivismo e nel divertimento.  In altre parole, rifiutando sia l’accanimento terapeutico che l’eutanasia, sono diffidente verso un'eutanasia affidata alla discrezione di un comitato di medici e infermieri, ai calcoli economici degli amministratori, agli interessi egoistici dei familiari.  Certo, tutti abbiamo un diritto di morire bene, serenamente, evitando cioè sofferenze inutili. Perciò abbiamo il diritto di essere curati e assistiti con tutti i mezzi ordinari disponibili (per esempio il ricambio metabolico, l’alimentazione e l’idratazione, la terapia del dolore, ecc.) senza ricorrere a cure pericolose o troppo onerose e con l’esclusione di ogni accanimento terapeutico. Però c’è anche da considerare che il diritto di morire con dignità non coincide con il diritto all’eutanasia, la quale è invece un comportamento essenzialmente individualistico. Forse anche di ribellione. Solo un ultimo particolare: ho letto che i rimedi al dolore ci sono, e la necessità di chiedere la morte per sfuggire a un dolore insostenibile esiste solo nei quesiti delle inchieste che vogliono far passare tutti come sostenitori dell’eutanasia. Non a caso i più convinti sostenitori dell’eutanasia non hanno mai parlato di medicina palliativa e invece continuano a fare i loro sondaggi sull’eutanasia domandando se si preferisce morire piuttosto che soffrire dolori insopportabili. E’ ovvio il risultato, chiunque preferirebbe morire. Ma se i dolori sono trattabili, quasi tutti preferiscono vivere sino alla fine naturale: non è infatti vero che la vita ha senso solo se si è sani e autonomi, ma le esperienze di molti medici dimostrano che fino agli ultimi istanti l’uomo è un essere vivente. Inoltre nella mia mente si insinua pure un dubbio inquietante. Nelle nostre società ci sono tanti anziani, tante pensioni da pagare, tante cure da prestare, e se l’eutanasia fosse una soluzione economica, una risposta tecnica a un problema pratico, celata dietro la nobile richiesta di una morte dignitosa? Questo pensiero mi fa ribollire il sangue nelle vene, più della pressione alta. Ok, ora basta: esco dall’ufficio e mi confondo in mezzo alla gente, sentendomi infreddolito e fragile, sotto il tiepido sole dei primi di marzo che splende sui tetti con lo stesso calore e la stessa indifferenza di sempre. Un grazie con l’inchino e  il cappello piumato e svolazzante a chiunque abbia letto queste mie parole.

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

 

 
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