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Marforio

Foto di valerio.sampieri

Marforio è il nome di una delle principali statue parlanti romane. La satira popolare dava, per così dire, voce ad alcune statue, ai cui piedi venivano posti alcuni brevi componimenti alquanto critici nei confronti del potere e del Papato in particolare. Unitamente a Pasquino, al quale per lo più faceva da "controcanto, Marforio fu la principle di dette statue parlanti.

Di tali duetti se ne trova ampia traccia nei tre volumetti "Curiosità romane", scritti da Costantino Maes alla fine del 1800, da me spesso citati in alcuni post degli anni scorsi. Poco si sa di Marforio, se non che si tratta di una grande statua dell' epoca antica, adagiata su una fontana. Si ignora chi essa rappresenti -senza dubbio una dività pagana, alcuni dicono Giove, altri Nettuno, altri formulano diverse ipotesi- e donde derivi il suo nome, certamente frutto di una distorsione: secondo taluni la fontana anticamente sorgeva in un tempio nel Foro di Marte; secondo altri il nome Marforio deriva da quello della famiglia Marfori o Marfoli o Marfuoli che ne ebbe cura (altri ancora attribuiscono al Foro di Marte tale nome). Il nome potrebbe anche derivare dalla distorsione di una iscrizione sulla fontana stessa: Mare in foro.

Fatto sta che Papa Sisto V nel 1588 la traferì sul Campidoglio, nel cortile di Palazzo Nuovo dei Musei Capitolini, ove tuttora essa si trova. Come ho detto in precedenza, la voce alle statue veniva data dal popolo romano, che lasciava ai loro piedi brevi componimenti di contenuto altamente corrosivo. Erano queste le celebri pasquinate, redatte per lo più in rima da ignoti autori.

Anche se il bersaglio preferito delle pasquinate erano il Papa ed il clero, anche le personalità dell'epoca era prese di mira in quanto anch'esse simbolo del potere. Celebre è la pasquinata della quale fu fatta oggetto Olimpia Maidalchini, la famosa "Donna Oimpia", alla quale è ora intitolata una strada romana, nota per la sua ambizione, avidità, arroganza e, perché no, licenziosità. Ebbe la sventura di essere maestro di camera di Olimpia un ecclesiastico di nome Fiume e la comune maldicenza volle sostenere che il rapporto non fosse di carattere propriamente spirituale. Il poveretto ebbe notevoli grattacapi a causa di tale diceria.

All'epoca, in occasione delle piene del Tevere, era usanza apporre sulla riva una iscrizione recante le parole "Fin qui arrivò il fiume", evidenziata dal disegno di un dito che puntava verso di essa. Un bel giorno apparve, ai piedi della statua di Pasquino (che c'entra Pasquino se il post è su Marforio? Perchè le pasquinate di Marforio non me le ricordo, è ovvio. Diversamente avrei intitolato il post "Pasquino" ed avrei narrato di uno scritto di Marforio) il disegno di una donna completamente nuda, con le sembianze di Olimpia, la quale col dito indicava la sua patonza. A fianco era disegnata una iscrizione che diceva: "Fin qui arrivò Fiume".

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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