Quid novi?Letteratura, musica e quello che mi interessa |
CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
AREA PERSONALE
TAG
OPERE IN CORSO DI PUBBLICAZIONE
Cliccando sui titoli, si aprirà una finestra contenente il link ai post nei quali l'opera è stata riportata.
________
Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
________
Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)
Centoventi sonetti in dialetto romanesco (di Luigi Ferretti)
De claris mulieribus (di Giovanni Boccaccio)
Il Novellino (di Anonimo)
Il Trecentonovelle (di Franco Sacchetti)
I trovatori (Dalla Prefazione di "Poesie italiane inedite di Dugento Autori" dall'origine della lingua infino al Secolo Decimosettimo raccolte e illustrate da Francesco Trucchi socio di varie Accademie, Volume 1, Prato, Per Ranieri Guasti, 1847)
Miòdine (di Carlo Alberto Zanazzo)
Palloncini (di Francesco Possenti)
Poesie varie (di Cesare Pascarella, Nino Ilari, Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio)
Romani antichi e Burattini moderni, sonetti romaneschi (di Giggi Pizzirani)
Storia nostra (di Cesare Pascarella)
MENU
OPERE COMPLETE: PROSA
Cliccando sui titoli, si aprirà una finestra contenente il link ai post nei quali l'opera è stata riportata.
I primi bolognesi che scrissero versi italiani: memorie storico-letterarie e saggi poetici (di Salvatore Muzzi)
Il Galateo (di Giovanni Della Casa)
Osservazioni sulla tortura e singolarmente sugli effetti che produsse all'occasione delle unzioni malefiche alle quali si attribuì la pestilenza che devastò Milano l'anno 1630 - Prima edizione 1804 (di Pietro Verri)
Picchiabbò (di Trilussa)
Storia della Colonna Infame (di Alessandro Manzoni)
Vita Nova (di Dante Alighieri)
OPERE COMPLETE: POEMI
Il Dittamondo (di Fazio degli Uberti)
Il Dittamondo, Libro Primo
Il Dittamondo, Libro Secondo
Il Dittamondo, Libro Terzo
Il Dittamondo, Libro Quarto
Il Dittamondo, Libro Quinto
Il Dittamondo, Libro Sesto
Il Malmantile racquistato (di Lorenzo Lippi alias Perlone Zipoli)
Il Meo Patacca (di Giuseppe Berneri)
L'arca de Noè (di Antonio Muñoz)
La Scoperta de l'America (di Cesare Pascarella)
La secchia rapita (di Alessandro Tassoni)
Villa Gloria (di Cesare Pascarella)
XIV Leggende della Campagna romana (di Augusto Sindici)
OPERE COMPLETE: POESIA
Cliccando sui titoli, si aprirà una finestra contenente il link ai post nei quali l'opera è stata riportata.
Bacco in Toscana (di Francesco Redi)
Cinquanta madrigali inediti del Signor Torquato Tasso alla Granduchessa Bianca Cappello nei Medici (di Torquato Tasso)
La Bella Mano (di Giusto de' Conti)
Poetesse italiane, indici (varie autrici)
Rime di Celio Magno, indice 1 (di Celio Magno)
Rime di Celio Magno, indice 2 (di Celio Magno)
Rime di Cino Rinuccini (di Cino Rinuccini)
Rime di Francesco Berni (di Francesco Berni)
Rime di Giovanni della Casa (di Giovanni della Casa)
Rime di Mariotto Davanzati (di Mariotto Davanzati)
Rime filosofiche e sacre del Signor Giovambatista Ricchieri Patrizio Genovese, fra gli Arcadi Eubeno Buprastio, Genova, Bernardo Tarigo, 1753 (di Giovambattista Ricchieri)
Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
Rime inedite del Cinquecento Indice 2 (di vari autori)
POETI ROMANESCHI
C’era una vorta... er brigantaggio (di Vincenzo Galli)
Er Libbro de li sogni (di Giuseppe De Angelis)
Er ratto de le sabbine (di Raffaelle Merolli)
Er maestro de noto (di Cesare Pascarella)
Foji staccati dar vocabbolario di Guido Vieni (di Giuseppe Martellotti)
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877 (di Luigi Ferretti)
Li fanatichi p'er gioco der pallone (di Brega - alias Nino Ilari?)
Li promessi sposi. Sestine romanesche (di Ugo Còppari)
Nove Poesie (di Trilussa)
Piazze de Roma indice 1 (di Natale Polci)
Piazze de Roma indice 2 (di Natale Polci)
Poesie romanesche (di Antonio Camilli)
Puncicature ... Sonetti romaneschi (di Mario Ferri)
Quaranta sonetti romaneschi (di Trilussa)
Quo Vadis (di Nino Ilari)
Sonetti Romaneschi (di Benedetto Micheli)
« L'assicurazzione de la vita | Ar Pincio » |
Terze Rime 5-8
Post n°771 pubblicato il 09 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
Terze Rime di Veronica Franco Abdelkader Salza, Bari, Laterza 1913 V Della signora Veronica Franca [Non ama più colui, che la prese con la beltà sua caduca; ora la ragione, vinto il senso, la fa desiderosa di riavvicinarsi all'uomo virtuoso, da lei trascurato per quello.] Signor, la virtù vostra e 'l gran valore e l'eloquenzia fu di tal potere, che d'altrui man m'ha liberato il core; il qual di breve spero ancor vedere collocato entro 'l vostro gentil petto, e regnar quivi, e far vostro volere. Quel ch'amai più, più mi torna in dispetto, né stimo più beltà caduca e frale, e mi pento, ché già. n'ebbi diletto. Misera me, ch'amai ombra mortale, ch'anzi doveva odiar, e voi amare, pien di virtù infinita ed immortale! Tanto numer non ha di rena il mare, quante volte di ciò piango: ch'amando fral beltà, virtù eterna ebbi a sprezzare. Il mio fallo confesso sospirando, e vi prometto e giuro da dovero mandar per la virtù la beltà in bando. Per la vostra virtù languisco e pèro, disciolto 'l cor da quell'empia catena, onde mi avolse il dio picciolo arciero: già. segui' 'l senso, or la ragion mi mena. VI Risposta d'incerto autore per le rime [L'uomo è lusingato e lieto del pentimento di lei, e spera di provarle la sua fede.] Contrari son tra lor ragion e Amore, e chi 'n Amor aspetta antivedere, di senso è privo e di ragion è fuore. Tanto più in prezzo è da doversi avere vostro discorso, in cui avete eletto voler in stima la virtù tenere; e, bench'io di lei sia privo in effetto, con voi di possederla il desio vale, sì che del buon voler premio n'aspetto: e, se 'l timor de l'esser mio m'assale, poi mi fa contra i merti miei sperare, ché s'elegge per ben un minor male. Io non mi vanto per virtù d'andare a segno che, l'amor nostro acquistando, mi possa in tanto grado collocare; ma so ch'un'alma valorosa, quando trova uom che 'l falso aborre e segue il vero, a lui si va con diletto accostando: e tanto più, se dentro a un cor sincero d'alta fé trova affezzion ripiena, come nel mio, ch'un dì mostrarvi spero, se 'l non poter le voglie non m'affrena. VII D'incerto autore [Un amante, non corrisposto da Veronica, si lamenta della crudeltà di lei, e la supplica umilmente di riamarlo, invocando l'aiuto d'Amore.] Dunque l'alta beltà, ch'amica stella con sì prodiga mano in voi dispensa, d'amor tenete e di pietà rubella? Quell'alma, in cui posando ricompensa di molt'anni l'error la virtù stanca, dar la morte a chi v'ama iniqua pensa? Lasso, e che altro a far del tutto manca orribile ed amara questa vita, e rovinosa in strada oscura e manca, se non che sia col mal voler unita d'una bellezza al mondo senza eguale la forza insuperabile, infinita? Ma perché da l'inferno ancor non sale Tesifone e Megera ai nostri danni, se scende a noi del ciel cotanto male? Ben sei fanciul più d'ingegno che d'anni, Amor, e d'occhi e d'intelletto privo, se 'l tuo regno abbandoni in tanti affanni. Te, cui non ebbe di servir a schivo Giove con tutta la celeste corte, e ch'a Dite impiagar festi anco arrivo; te, del cui arco il suon vien che riporte spoglie d'innumerabili trofei, contra chi più resiste ognor più forte; te, cui soggetti son gli uomini e i dèi, non so per qual destìn, fugge e disprezza, con la mia morte ne le man, costei. Ma, se contrario a quel che 'n ciel s'avezza, ella sen va da le tue forze sciolta, per privilegio de la sua bellezza, a la tua stessa madre or ti rivolta, ch'unico essempio di beltà fu tanto, pur piagata da te più d'una volta: e, s'a lei toglie la mia donna il vanto d'ornamento e di grazie, a lei che giova l'esserti madre poi da l'altro canto? èe vinta da costei Venere è in prova, e se Minerva in scienzia e in virtute a costei molto inferior si trova, tanto più scegli le saette acute: ché più gloria ti fia di questa sola, che di tutt'altre in tuo poter venute. Per l'universo l'ali stendi, e vola di cerchio in cerchio, Amor, e sì vedrai che questa il pregio a tutte l'altre invola; e, s'al tuo imperio aggiunger la saprai, quanto 'l tuo onor sovra i dèi tutti gìo, tanto maggior di te stesso verrai: benché lo sventurato in ciò son io, che, benché stata sia costei sicura da l'armi ognor del faretrato dio, non è stata però sempre sì dura, che non abbia ad Amor dato ricetto per pietà nel suo sen, non per paura Com'ad ubidiente umil soggetto, ad Amor ansioso e di lei vago l'adito aperse del suo gentil petto; quinci 'l suo desir proprio a render pago, al suo arbitrio d'Amor l'armi rivolse, qual le piacque a fermar solingo e vago: sì che, dovunque saettando colse col doppio sol di quei celesti lumi, a sé gran copia d'amadori accolse, e con leggiadri e candidi costumi dilettò 'l mondo in guisa, che la gente d'amor per lei vien ch'arda e si consumi. Gran pregio, in sé tener unitamente rara del corpo e singolar beltate con la virtù perfetta de la mente: di così doppio ardor l'alme infiammate senton lor foco di tal gioia pieno, che, quanto egli è maggior, più son beate. Anch'io lo 'ncendio, che mi strugge il seno, sempre più bramerei che 'n tale stato s'augumentasse e non venisse meno, s'io non fossi, né so per qual mio fato, in mille espresse ed angosciose guise da lei, miser, fuggito e disprezzato: ché, se 'l trovar l'altrui voglie divise da le nostre in amor, è di tal doglia, che restan le virtù del cor conquise, quanto convien ch'io lagrimi e mi doglia di vedermi aborrir con quello sdegno, che di speme e di vita in un mi spoglia? E, s'io mi lagno, e se di pianto pregno porto 'l cor, che 'l duol suo sfoga per gli occhi, miser qual io d'Amor non ha 'l gran regno. Non basta che Fortuna empia in me scocchi tanti colpi, ch'altrui mai non aviene che 'n questa vita un sì gran numer tocchi; ché sospirar e pianger mi conviene di ciò, che la mia donna, fuor d'ogni uso, al mio strazio più cruda ognor diviene; e s'io, del pianto il viso smorto infuso, del cielo e de le stelle mi richiamo, ed or Amor, or lei gridando accuso, che poss'io far, se, in premio di quant'amo, giunto da l'altrui orgoglio a tal mi veggo, che la morte ancor sorda al mio mal chiamo? E col pensier, ond'io vaneggio, or chieggo d'Amor aita, ed or per altra strada sempre invano al mio scempio, oimè, proveggo. Ma, poi che 'l ciel destina, e così vada, che per sicura e dilettosa via, dove 'l ben trovan gli altri, io pèra e cada, sàziati del mio mal, fortuna ria; poi, di me quando sarai stanca e sazia, qual tuo gran pregio e qual acquisto fia? E tu, Amor, dentro e fuor mi struggi e strazia, ché tanto m'è 'l mio affanno di contento, quant'ei l'orgoglio di madonna sazia. Ben ai successi de le cose intento, di lei m'assale immoderata t'ma, che 'n lei vendichi 'l cielo il mio tormento. Questo fa in parte la mia gioia scema, anzi, s'io voglio raccontar il vero, son sempre oppresso da una doglia estrema: ché, se meco madonna usasse impero, gratissimo il servirla mi saria con affetto di cor vivo e sincero; ma, che invece di spender signoria, a dilettar la circostante turba mi strazie sotto acerba tirannia, questo m'afflige l'animo, e mi turba. N', per le mie querele e i miei lamenti, l'opera incominciata ella disturba, ma, quasi mar nei procellosi venti, nel mio chieder mercé via più s'adira, e cela di pietà gli occhi suoi spenti: da me torcendo altrove i lumi gira, e gran materia è di sua crudeltate quanto per me si lagrima e sospira. O donna, pregio de la nostra etate, anzi di tutti i secoli, se 'n voi non guastasse l'orgoglio la beltate, ond'avvien che 'l mio amor così v'annoi? E, s'a morir davanti non vi vengo, ancora offesa vi chiamate poi: quanto faccio, e di quanto ch'io m'astengo, di me le vostre voglie a render paghe, vi spiace, e merto di vostr'odio ottengo. Ma, perché 'l vostro sdegno ognor m'impiaghe, dolci son di quel volto le percosse, e de le vostre man candide e vaghe. Qualunque affetto in voi giamai si mosse, tutto fate con grazia: de' vostri atti chiunque il dotto e buon maestro fosse. Quai tenesse con voi natura patti, ancor de l'ire vostre e de l'offese tutti gli uomini restan sodisfatti. Farvi perfetta a tutte prove intese l'influsso, donator d'ogni eccellenza, e benigno la man verso voi stese: quinci del ciel l'altissima potenza si vede in molti effetti discordanti, c'han di virtute in voi tutti apparenza. Oh che dolci, oh che cari e bei sembianti, ch'alte maniere quelle vostre sono, da farvi i dèi venir qua giuso amanti! E se, com'io pur volentier ragiono de le grazie, che 'l ciel tante in voi pose con singolar, non più veduto dono, non mi teneste d'ogni parte ascose quelle vostre divine e rare parti, di che vostra persona si compose, non fôran sì angosciosi da me sparti sospiri, né di lagrime vedresti avampando, cor misero, innondarti. Ma, dond'avien che 'n me, lasso, si desti la speme, che per prova intendo come faccia sempre i miei dì più gravi e mesti? E pur chiamando di mia donna il nome, vera, unica al mondo eccelsa dea, convien ch'a lei mi volga, e ch'io la nome. Deh, non mi siate così iniqua e rea, che 'l mio mal sia 'l ben vostro e che m'ancida quella vostra beltà, che gli altri bea! Ma quell'Amor, che v'ha tolto in sua guida, e che tien nel cor vostro il suo bel seggio, la crudeltà per me da voi divida; ch'io piangendo umilmente ancor vel chieggio. VIII Risposta della signora Veronica Franca [Veronica risponde dicendosi ancor soggetta ad uomo indegno, che le fa trascurare ogni altro amante. Forse un giorno, libera dal giogo, verrà a chi ora la supplica invano.] Ben vorrei fosse, come dite voi, ch'io vivessi d'Amor libera e franca, non còlta al laccio, o punta ai dardi suoi; e, se la forza in ciò d'assai mi manca, da resister a l'armi di quel dio, che 'l cielo e 'l mondo e fin gli abissi stanca, ch'ei s'annidasse fôra 'l desir mio dentro 'l mio cor, in modo ch'io 'l facessi non repugnante a quel che più desio. Non che sovra lui regno aver volessi, ché folle a imaginarlo sol sarei, non che ch'un sì gran dio regger credessi; ma da lui conseguir in don vorrei che, innamorar convenendomi pure, fosse 'l farlo secondo i pensier miei. Ché, se libere in ciò fosser mie cure, tal odierei, ch'adoro; e tal, ch'io sdegno, con voglie seguirei salde e mature. E poi ch'Amor anch'io biasmar convegno, imaginando non si troveria cosa più ingiusta del suo iniquo regno. Egli dal proprio ben l'alme desvia; e, mentre indietro pur da ciò ti tira, nel precipizio del tuo mal t'invia. E, se 'l cor vostro in tanto affanno ei gira, credete che per me certo non meno, sua colpa, si languisce e si sospira; e, se voi del mio amor venite meno (nol so, ma 'l credo), anch'io d'un crudel angue soffro al cor gli aspri morsi e 'l rio veneno. Così, quanto per me da voi si langue, vedete ristorato con vendetta de le mie carni e del mio infetto sangue. E, se 'l mio mal vi spiace, e non diletta, anch'io 'l vostro non bramo, e quel ch'io faccio contra voi 'l fo da l'altrui amor costretta; benché, s'oppressa inferma a morte giaccio, com'è ch'a voi recar io possa aita nel martìr, ch'entro grido e di fuor taccio? Voi, s'a lagnarvi il vostro duol v'invita meco, nel mio languir soverchio impietra e rende un sasso di stupor mia vita: via più nel cor quella doglia pen'tra, che raggela le lagrime nel petto, e l'uom, qual Niobe, trasfigura in pietra. Il vostro duol si può chiamar diletto, poiché parlando meco il disfogate, del mio, ch'al centro il cor chiude, in rispetto. Io vi rispondo ancor, se mi parlate; ma le preghiere mie supplici il vento senza risposta ognor se l'ha portate, se pur ebbi mai tanto d'ardimento, che in voce o con inchiostro addimandassi qualche mercede al grave mio tormento. E così portar gli occhi umidi e bassi convengo, e converrò per lungo spazio, se morte al mio dolor non chiude i passi. Del mio amante non dico; ché 'l mio strazio è 'l dolce cibo, ond'ei mentre si pasce divien nel suo digiun manco ognor sazio. E dal suo orgoglio pur sempre in me nasce novo desio d'appagar le sue voglie, ch'unqua non vien che riposar mi lasce; ma dal mio nodo Amor l'arretra e scioglie: forse con lui fa un'altra donna quello, ch'egli fa meco; e qual dà, tal ritoglie. Così di quanto è 'l mio desir rubello ai desir vostri, a la medesma guisa ne riporto supplizio acerbo e fello. Fors'ancor voi del vostro amor conquisa altra donna sprezzate, e con la mente dal piacerle v'andate ognor divisa; e, s'a lei sète ingrato e sconoscente, in suo giusto giudizio Amor decide ch'un'altra sì vi scempia e vi tormente. Fors'anco Amor del comun pianto ride, e, per far lagrimar più sempre il mondo, l'altrui desir discompagna e divide; e, mentre che di ciò si fa giocondo, de le lagrime nostre il largo mare sempre più si fa cupo e più profondo: ché, s'uom potesse a suo diletto amare, senza trovar contrarie voglie opposte, l'amoroso piacer non avria pare. E, se tai leggi fùr dal destìn poste, perché ne la soverchia dilettanza al ben del cielo il mondan non s'accoste, tant'è più 'l mio dolor, quant'ho in usanza d'innamorarmi e di provar amando quest'amata in amor disagguaglianza Ben quanto a l'esser mio vo ripensando, veggo che la fortuna mi conduce ove la vita ognor meni affannando; e, se potessi in ciò prender per duce quella ragion, ch'or, da l'affetto vinta, d'Amor sotto l'imperio si riduce, sarebbe nel mio cor la fiamma estinta de l'altrui foco, e di quel fôra in vece del vostro l'alma ad infiammarsi accinta. E, se l'ordine a me mutar non lece, s'a disfar o corregger quel non viene, ch'o ben o mal una volta il ciel fece, posso bramar che chi cinta mi tiene d'indegno laccio in libertà mi renda, sì ch'io mi doni a voi, come conviene; ma, ch'altro in ciò fuor del desir io spenda, e questo ancor con non picciola noia, non è che più da voi, signor, s'attenda. Ben sarebbe compìta la mia gioia, s'io potessi cangiar nel vostro amore quel ch'in altrui con diletto mannoia. A voi darei di buona voglia il core, e, dandol, crederei riguadagnarlo nel merito del vostro alto valore: così verrei d'altrui mani empie a trarlo, e in luogo di conforto e di salute aventurosamente a ben locarlo. Anch'io so quanto val vostra virtute, e de le rare eccellenti vostr'opre molte sono da me state vedute. Chiaro il vostro valor mi si discopre, e s'io non vengo a dargli ricompensa, Amor non vuol che tanto ben adopre. Com'io 'l potessi far, da me si pensa; e, se, dov'al desio manca il potere, il buon animo i merti ricompensa, che v'acquetiate meco è ben dovere: forse ch'a tempo di miglior ventura ve ne farò buon effetto vedere. Tra tanto l'esser certo di mia cura conforto sia, ch'al vostro dolor giovi, e mi faccia stimar da voi non dura, fin che libera un giorno io mi ritrovi |
Inviato da: Vince198
il 25/12/2023 alle 09:06
Inviato da: amistad.siempre
il 20/06/2023 alle 10:50
Inviato da: patriziaorlacchio
il 26/04/2023 alle 15:50
Inviato da: NORMAGIUMELLI
il 17/04/2023 alle 16:00
Inviato da: ragdoll953
il 15/04/2023 alle 00:02