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CHIARIMENTI
Le notizie riportate nel presente blog, ove altrimenti non specificato, sono affidate alla memoria dell' autore e non possono pertanto essere considerate degne della minima fede. Ritengo sia mio preciso obbligo morale diffondere bufale, spacciandole per vere e viceversa. Chi si fida di me sbaglia a farlo, ma, volendo, potrebbe prendere spunto da quel bel po' di verità che sarà in grado di trovare in ciò che scrivo, per approfondire l' argomento, se gli interessa, altrimenti, ciccia.
Chi volesse comunque riferirsi a fonti ancor meno affidabili di una vacillante memoria di un incallito bufalaro, potrà consultare Wikipedia o, peggio ancora, la Treccani Online che a Wikipedia spesso rinvia. Degno di considerazione è il fatto che le idiozie di cui Wikipedia è spesso -non sempre, siamo onesti- intrisa fino al midollo sono consultabili gratis, laddove per la redazione della Treccani online lo Stato ha erogato all' ente, presieduto da un non bene amato ex ministro di nome Giuliano, due bei milioncini di euro nostri: che fine avranno fatto? Non c'è alcuna malizia da parte mia, s'intende, nel formulare questa domanda: solo semplice curiosità.
La lettura di questo blog è vivamente sconsigliata a chi ignora cosa sia l'ironia e/o non è in grado di discernere il vero dal falso.
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Piccola biblioteca romanesca (I miei libri in dialetto romanesco)
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Cento sonetti in vernacolo romanesco (di Augusto Marini)
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Il Dittamondo (2-24)
Post n°873 pubblicato il 21 Dicembre 2014 da valerio.sampieri
Il Dittamondo di Fazio degli Uberti CAPITOLO XXIV Era vivuto un anno men di venti questo nobil signor con la mia insegna, quando la morte il morse coi suoi denti. Arrigo primo apresso di lui regna (il primo, dico, che me prima tenne) con la sua Cunegonda santa e degna. Mille e tre anni correan, quando venne di Baviera a me questo mio Arrigo per la corona e per le sacre penne. Poi fece tanto costui ch’io ti dico, che Stefan, ch’era re in Ungaria, credette in Cristo e dispregiò il nimico. E vidi allor tra la mia chericia la discordia tal, che funno eletti piú papi, di che nacque gran resia. E perché il mio dir piú ti diletti, dico che allora Fiorenza disfece Fiesole tutta di mura e di tetti. Questo signor, del qual parlar mi lece, in Buemme, in Sansogna e ne la Magna molte battaglie con vittoria fece. Al fin colei, che niuno non sparagna, dopo li dodici anni e alcun mese prese e chiuse costui ne la sua ragna. Currado primo, poi, a me discese, lo qual non per ricchezza ad Aquisgrani, ma per valore la corona prese. Costui, trovando i Melanesi strani, orgogliosi e superbi, gli assalio guastando la cittá e i suoi bei piani. Odi miracol che di questo uscio: che lá, dov’era, incoronato Augusto, folgor cadere e forti tuon s’udio. E fu veduto col volto robusto Santo Ambruogio in contro a lui venire 35 e minacciarlo col capo e col busto. Con gran podere e con molto ardire passâr su la Calavra i Saracini, quando per forza li fece fuggire. Costui vidi da’ suoi e da’ Latini 40 essere amato e temuto sí forte e io per lui ne le mie confini. Due volte diece tenne la mia corte e dèi saper che molto trista fui, quando detto mi fu de la sua morte. 45 Arrigo il secondo apresso lui seguio; e se sapessi, quando nacque, perché Currado il diede in mano altrui, e poi udissi dir sí come ei giacque, mandato per morir, con la sua sposa, 50 ben potresti veder quanto a Dio piacque. Non è qui da tacere un’altra cosa, che si vide nel tempo ch’io favello, ch’assai parve fra noi miracolosa: che fu trovato intero in uno avello 55 un gigante di sí fatta statura, che ne vidi segnare questo e quello. E non solo al gigante ponean cura, ma perché ne la tomba ardeva un lume, che parea incantamento e non natura. 60 Per gran franchezza e per nobil costume e per larghezza ti dico che degno è da notare in ciascun bel volume. Costui Campagna, Puglia e tutto il Regno per forza vinse e prese Pandolfo, 65 che ne la Magna tenne poi per pegno. Costui, veggendo tra’ cherici il zolfo acceso per tre papi, ne fe’ uno, cacciando quei tre via per ogni golfo. Cinque con cinque e sette anni aduno 70 che questo imperadore visse meco e che la morte il punse col suo pruno. Arrigo terzo a la mente ti reco, figliuol del primo Arrigo, col qual poi mi vidi assai contenta viver seco. Al tempo suo si racquistò per noi la Terra santa, dove tal cristiano fu Gottifré, che ’l par non so ancoi. Fedele a Dio, pietoso, umile e piano e in arme tal, che fece spessamente 80 con Corboran lacrimare il Soldano. Sopra costui, pregando molta gente Iddio d’un re, una colomba scese dal ciel, che vista fu visibilmente. Per lo miracol grande allor si prese 85 una corona d’or per farlo re, la qual del tutto di portar contese, dicendo lor: – Non si convene a me portar corona d’oro, dove Cristo d’aguti spin la portò sopra sé –. 90 Ancora in questo tempo avresti visto Ruberto Guiscardo, che d’argento ferrò i cavai per fare il bel conquisto. E come fu sottil ne l’argomento, cosí veduto l’avresti pietoso 95 e pien contro a’ nimici d’ardimento. E se sapessi sí come il lebbroso si puose in groppa e poi in su la sella e nel suo letto per darli riposo, molto ti piacerebbe la novella. 100 Similemente Matelda contessa vivea, di cui tanto si favella. La madre fu, per quel che si confessa, figliuola d’uno imperador di Grezia, ch’al suo piacer prese marito in pressa. 105 E se ben vuoi saper quanto si prezia Matelda per valore e intelletto, e perché col marito prese screzia, iscritto il truovi ov’è San Benedetto in Mantovana e quivi il corpo giace". 110 Allor diss’io fra me: Il ver m’ha detto, ché il vidi giá; ma ’l come qui si tace. |
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il 20/06/2023 alle 10:50
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